Sabato 29 novembre 2014 - Verona, stadio M. Bentegodi - Chievo VR-Lazio 0-0 Campionato di Serie A - XIII giornata - inizio ore 20.45
CHIEVO VERONA: Bizzarri, Frey, Cesar, Gamberini, Zukanovic, Birsa (81' Bellomo), Izco, Radovanovic, Hetemaj, Meggiorini (68' Pellissier), Paloschi (83' Maxi Lopez). A disposizione: Seculin, Bardi, Dainelli, Cofie, Sardo, Biraghi, Mangani, Lazarevic, Botta. Allenatore: Maran.
LAZIO: Marchetti, Basta, de Vrij, Radu, Braafheid, A. Gonzalez, Biglia, Parolo, Candreva (61' Felipe Anderson), Djordjevic (82' Klose), Mauri (74' Keita). A disposizione: Berisha, Strakosha, Konko, Cana, Ledesma, Novaretti, Onazi, Ederson. Allenatore: Pioli.
Arbitro: Sig. Banti (Livorno) - Assistenti Sigg. De Luca e Di Liberatore - Quarto uomo Sig. Stefani - Assistenti di porta Sigg. Giacomelli e Minelli.
Note: la Lazio ha giocato con il lutto al braccio in memoria di Lucidio Sentimenti IV scomparso il giorno precedente. Ammonito Cesar per gioco scorretto. Angoli: 2-12. Recuperi: 0' p.t., 4' s.t.
Spettatori: 5.000 circa.
La Gazzetta dello Sport titola: "La Lazio non fa gioco, Bizzarri salva il Chievo. È un brodino per due".
Continua la "rosea": Un brodino per due. Ma non di quelli gustosi, Chievo e Lazio hanno cucinato il dado in troppa acqua e così la pastina è risultata insapore. Raramente lo 0-0 fotografa con tanta esattezza quanto accaduto. La formazione di Pioli (applaudito dagli spalti veronesi) ha lasciato a Formello i propositi di riscatto dopo i due k.o. di seguito: pressing e furore agonistico? Occorre ripassare. La squadra di Maran si è ben presto accontentata di muovere un altro passettino sulla strada della guarigione (siamo al quarto risultato utile). E ringrazia il suo anziano portiere (Bizzarri è un 1977) che si è ben disimpegnato quando i laziali, pur fra mille difficoltà di manovra, sono arrivati in modo insidioso dalle sue parti: una deviazione da due passi di Djordjevic in apertura e un'inzuccata velenosa di de Vrij all'89'. Nel mezzo, due tentativi da fuori area di Candreva e Mauri, più serio il secondo. Tutto qui.
La squadra romana ha sbattuto contro il muro di centrocampo avversario e non è mai riuscita ad azionare Djordjevic e comunque a sfociare in modo pericoloso nei pressi dell'area. Questa grave carenza di gioco la si può spiegare in due punti: 1) Né Candreva, né Mauri hanno sfondato sulla loro corsia. E siccome giocano agli opposti e quindi non possono triangolare fra loro, alla Lazio sono venuti meno gli elementi di maggior qualità, oltretutto mai supportati da un fattivo movimento dei terzini Basta e Braafheid. Per giunta i due esterni non erano al meglio della condizione, non è un caso che siano stati sostituiti; 2) Centralmente questa Lazio può contare solo su mediani di rottura, per cui se le si chiudono le fasce, ecco che Djordjevic (o Klose) non può ricevere passaggi che esaltino le sue qualità. Parolo ha i tempi di inserimento di un Marchisio, ma ieri quando si è liberato al tiro ha concluso malissimo. Dato consolatorio: dopo 9 reti in 5 gare, porta inviolata. L'ultimo 0-0 risale al derby di febbraio.
Rolando Maran sta adoperando la sua squadra con grande cautela, come facevano con i loro pazienti i vecchi medici di famiglia. Quindi centrocampo da battaglia e pazienza se le punte non ricevono assistenza: contava muovere la classifica, e la missione è andata a buon fine. Nell'ultima fase del match l'allenatore ha cercato di dare impulso all'attacco inserendo Pellissier e Maxi Lopez e piazzando alle loro spalle Bellomo. Ma forse queste modifiche sono state fatte più nel tentativo di incutere un po' di soggezione agli avversari che con la reale speranza di andare a rete. Tre pareggi e una vittoria fanno un apprezzabile filotto di sei punti. E oggi da Atalanta-Cesena sono attese buone nuove.
Il Corriere dello Sport titola: "La Lazio non sa più vincere. L'ex Bizzarri para tutto: dopo due sconfitte arriva un pari che lascia tanto amaro in bocca".
Prosegue il quotidiano sportivo romano: Pioli non riesce più a vincere, Maran allunga la serie positiva. Grigia e senza lampi, la Lazio si è dovuta accontentare di un punto al Bentegodi, terra di conquista negli ultimi sette campionati. Questa volta non è riuscita a mettere sotto il [[[Chievo]] e il pareggio vale come una mezza sconfitta, perché arriva dopo il doppio ko con Empoli e Juve e perché la prestazione è stata deludente. C'è stato l'impegno, molto meno il gioco che nella prima fase del girone d'andata era stato il marchio di fabbrica di Pioli. La Lazio si è accesa soltanto nell'ultimo quarto d'ora, sulla forza dei nervi e della volontà, ma anche e soprattutto per l'imprevedibilità e la freschezza portata dai giovani, più Keita di Felipe Anderson, ancora troppo titubante e incerto nei momenti che contano, ma vivace e scattante. E' stato l'ex laziale Bizzarri a metterci una pezza con due prodezze (su Mauri e alla fine su de Vrij) per consentire a Maran di allungare l'imbattibilità che dura da quattro giornate. Il Chievo ha fatto l'unica partita possibile, buon primo tempo e ripresa di sofferenza. La Lazio, troppo lenta e vecchia dal punto di vista anagrafico (de Vrij unico under 27 in campo), ha ruminato gioco senza trovare varchi e ha trovato ampiezza solo nel finale, quando il tecnico si è accorto che diventa dura giocare senza esterni offensivi. Serve altro per muovere la classifica. Unico dato confortante: non ha preso gol e l'impatto di Radu centrale è stato positivo.
Pioli voleva una partenza feroce e in avvio s'è vista una squadra proiettata in avanti e capace di prendere in pugno la partita. La qualità superiore e un minimo di pressione hanno prodotto tre occasioni in pochi minuti. Sul cross di Candreva, Djordjevic è stato anticipato davanti a Bizzarri da Gamberini e Frey. de Vrij, sugli sviluppi dell'angolo successivo, è andato vicino al gol di testa e poi Parolo, servito da un assist di Mauri, ha sparato fuori di sinistro da buona posizione. Il Chievo s'era sistemato dietro, sapeva di dover resistere alla sfuriata, ma poi ha messo il naso fuori e s'è messo a combattere. La difesa a zona sui calci piazzati voluta da Pioli fa spesso venire i brividi. Come a Empoli, tutti fermi a guardare: Zukanovic s'è trovato sul destro il pallone buono per segnare, ma il suo tocco centrale non ha spaventato Marchetti. Meggiorini, lasciato solo, non è riuscito a toccare un cross velenoso di Birsa. Gamberini, al primo angolo a favore, ha schiacciato troppo di testa, divorandosi un gol fatto. Alla resa dei conti tre occasioni per parte, solo una supremazia per la Lazio, che prima dell'intervallo ha tentato di nuovo con un inserimento di Parolo e un siluro dalla distanza di Candreva, respinto da Bizzarri.
Pesando la prestazione, sono emersi i soliti dubbi. Manovra lenta e poco produttiva negli ultimi trenta metri. Pioli ha ripescato Mauri, di fatto rinunciando al tridente. Voleva sfondare al centro, beneficiava dell'ultimo passaggio del capitano, che agiva da quarto centrocampista, ma non riusciva a trovare ampiezza in attacco. A sinistra si proponeva solo Braafheid. Poco servito (e male) Djordjevic, spesso costretto a decentrarsi per toccare un pallone. Ne ha lavorati bene diversi, senza trovare assistenza. Candreva era poco sollecitato, anzi spesso tamponato da Basta che cercava la sovrapposizione. Sotto ritmo Gonzalez, non proprio lucido Biglia. Parolo si lanciava a rimorchio. Un gioco complicato, faticoso, dispendioso. E il Chievo era tignoso, cattivo nei contrasti, sempre pronto a sbranare il pallone. Sembrava anche più fresco e con una condizione atletica migliore, altro dato su cui riflettere a Formello. Spezzettando il gioco, si è arrivati all'intervallo. Per una volta la Lazio è almeno riuscita a superare il primo quarto d'ora della ripresa senza prendere gol, come spesso succede, e Pioli nel tentativo di trovare il cambio di passo ha inserito Felipe Anderson e ha tolto Candreva, l'unico capace (anche se non in serata) di mettere qualche pallone in mezzo all'area di rigore. Il grigiore assoluto è stato interrotto da una sberla volante di Mauri. Bizzarri s'è superato deviando in angolo. Subito dopo Pioli si è giocato finalmente la carta Keita. Lo spagnolo ha portato imprevedibilità e creato superiorità sulla fascia, era l'unico a far capire che potesse succedere qualcosa, coadiuvato a intermittenza da Felipe Anderson, poco concreto nei momenti decisivi. Il forcing finale, dopo l'ingresso di Klose, ha prodotto un colpo di testa di de Vrij, sventato da un'altra prodezza di Bizzarri e una raffica di angoli ma il gol non è arrivato. E la Lazio è tornata a casa delusa. Questa doveva e poteva vincerla.
Il Messaggero titola: "Lazio, un piccolo punto".
Prosegue il quotidiano romano: Un pareggio che il sapore di una sconfitta. La nona vittoria consecutiva non è arrivata, il punto non luccica ed è buono soltanto per tenere intatte le speranze del Chievo di restare agganciato al treno-salvezza. La Lazio, che ha fatto confusione e non ha avuto la feroce determinazione di vincere, ha nuovamente deluso le attese, al culmine di una sfida nella quale ha dimostrato carenze tecniche e limiti tattici. Il Chievo ha impostato una gara di contenimento, badando soprattutto a coprire bene il campo, a non concedere spazi anche portando 9-10 elementi sotto la linea del pallone. Ha lasciato l'iniziativa agli avversari, sperando nel contropiede e nei calci piazzati. La Lazio ha così fatto la partita, agitandola soprattutto sulla fascia destra con Candreva, che ha spesso forzato la zona e scodellato alcuni interessanti palloni nel cuore di un'area, dove i compagni latitavano. Non una manovra corale, articolata, avvolgente, ma frammentaria, frutto di azioni sporadiche. Non è riuscita ad alzare i ritmi e i veneti hanno cloroformizzato la gara per lunghi tratti del primo tempo, nell'intento di presidiare i valichi senza mai scoprirli. Un incontro senza squilli, deludente, persino neghittoso, che ha finito per favorire la tattica della squadra di Maran, aggressiva e determinata ma con una cifra tecnica modesta. Un paio di occasioni per i biancocelesti in avvio, altrettante per i gialloblù: tutto qui con la manovra che raramente è uscita dalle sue vischiose situazioni di fondo. Biglia non è riuscito a conferire gli imput necessari al gioco, Djordjevic ha latitato troppo ai margini dell'area e la difesa clivense ha avuto buon gioco davanti al sicuro Bizzarri.
La Lazio timida della prima frazione è diventata ancora più morbida nella seconda quando il Chievo, ha conquistato il centro del ring e costretto gli avversari a difendersi. Una situazione sorprendente. Ancora più sorprendente è stata la mossa di Pioli che ha tolto Candreva, decisamente il più positivo, per inserire Felipe Anderson. Il brasiliano ha cominciato a destra, poi è andato a sinistra, scambiandosi di posto con Mauri che ha vagato per il campo come un bandolero stanco. Un tiro da fuori e nulla più, davvero poco per un calciatore che avrebbe dovuto rivitalizzare la manovra laziale, rimasta involuta e priva di qualità. Senza testa e senza cuore i biancocelesti hanno finito per soffrire oltre il lecito al cospetto di un avversario che ha cercato in tutti i modi di sopperire ai propri limiti. Pioli ha cercato di velocizzare il gioco inserendo Keita e riportando a destra Felipe Anderson ma la sostanza non è cambiata, perché l'assetto tattico ha lasciato a desiderare e perché i veneti hanno dimostrato di avere più birra. La Lazio, ancora una volta, è calata alla distanza confermando un trend che va avanti da troppo tempo e che dovrebbe aprire qualche interrogativo. Nel finale Pioli ha giocato anche la carta Klose al posto di un impalpabile Djordjevic che ha fatto rimpiangere il tedesco, tenuto troppo tempo in naftalina. Una brutta Lazio che ha steccato per la terza giornata consecutiva, uscendo ridimensionata anche contro il piccolo Chievo, salvato dall'ex Bizzarri in chiusura di match. Sono mancati gioco, qualità, cuore e gambe, così ha avuto poco da recriminare per un pareggio che è stato lo specchio della sua opaca serata. Un punto e un gol in 3 partite: altro che Champions League.
Tratte dal Corriere dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
Ha il sapore di una mezza sconfitta. Niente gol, solo un punto e arriva dopo due ko consecutivi con Empoli e Juve. C'è delusione, perché la Lazio si è fermata in classifica, non riesce più a trovare la porta. Ha prodotto occasioni in avvio e nel finale, quando Keita e Felipe Anderson hanno creato imprevedibilità e sussulti sulle corsie esterne. Pioli non può essere contento e nella pancia del Bentegodi, dove ha ricevuto un'accoglienza calorosa dai suoi vecchi tifosi del Chievo, ha assolto la Lazio. "Dopo due sconfitte pesanti, ho visto una reazione, non è culminata con una vittoria, ma la reazione c'è stata". Magra consolazione, rientra nell'analisi della prestazione. Il risultato brucia. "Tutti volevamo vincere, è chiaro". Quando poteva volare verso il terzo posto, la Lazio si è spenta. Cosa è successo. "Abbiamo perso due partite, dei demeriti ci sono stati, soprattutto a Empoli. Qui a Verona è mancata la zampata vincente". Mancavano Lulic e il cambio di passo sulla linea mediana. Il tecnico ha difeso i suoi centrocampisti. "Non li ho visti sotto tono, la partita l'abbiamo fatta, creando tante situazioni pericolose, è mancato il gol, non possiamo essere soddisfatti. Ho visto la voglia, non tante mancanze. Gli interni hanno lavorato tanto, Parolo e Gonzalez hanno fatto quello che dovevano, Parolo è arrivato diverse volte alla conclusione. Ho visto episodi in cui non siamo stati fortunati, per esempio quel pallone sfilato davanti a Djordjevic che non è finito in rete". E ancora. "Ci si aspettava la vittoria, tutti la volevamo, credo che la squadra ci abbia provato sino alla fine, ho visto 60-70 palloni nell'area del Chievo. Prima o poi il gol tornerà ad arrivare. Qui anche Bizzarri ci ha impedito di segnare. Il campo era brutto e ci ha tolto qualità nelle giocate".
Altra perplessità tattica sull'ampiezza del gioco e la partecipazione degli esterni offensivi. Pioli ha risposto alla domanda. "Sapevamo che il Chievo si sarebbe chiuso molto, un giocatore nell'ampiezza lo abbiamo sempre avuto, non credo di sbagliare ma penso che questa sia stata la partita in cui siamo andati di più negli ultimi venti metri. Forse è mancato l'attacco alla porta. Se poi crossi con Candreva, Mauri o Braafheid è lo stesso. I difensori del Chievo hanno avuto la meglio. Certo, è vero, il calcio si decide negli ultimi 25 metri". Keita e Felipe Anderson forse sono entrati tardi. "Hanno grande qualità e abilità nell'uno contro uno, ma non puoi avere solo questa caratteristica per scardinare le difese. Servono profondità e capacità di attaccare lo spazio. Abbiamo tanti giocatori offensivi con qualità, tutti devono essere bravi a farsi scegliere". Pioli ha tolto Candreva per scelta tecnica. "Aveva giocato bene all'inizio, poi ho visto che si stava spegnendo e avevamo bisogno di brillantezza, per questo motivo ho preferito sostituirlo".
Le occasioni non sono mancate. Pioli l'ha sottolineato più volte. "L'unica partita in cui non abbiamo creato è stata con la Juve. Dobbiamo migliorare, essere ancora più incisivi, tante volte è mancato l'ultimo passaggio. Felipe Anderson non è stato preciso con gli assist, Keita non ha controllato il pallone che gli avrebbe permesso non dico di segnare, ma almeno di tirare. Il rimpianto c'è perché volevamo i tre punti". La notizia positiva è l'impatto di Radu da centrale. "Tutti hanno lavorato bene nella fase difensiva. Radu l'ha interpretata bene, tenendo alta la linea difensiva: possiede la personalità per reggere quel ruolo. L'assetto difensivo ha funzionato, siamo rimasti compatti, non abbiamo concesso il contropiede al Chievo". Non è bastato per vincere e ripartire.
Da Il Messaggero:
Un solo punto nelle ultime tre gare. Decisamente un passo indietro dal punto di vista dei risultati ma soprattutto per quanto riguarda il gioco. Il bicchiere è mezzo vuoto a giudicare lo scialbo zero a zero del Bentegodi ma Pioli la vede in modo diverso: "Abbiamo fatto la gara e provato a vincere, il terreno di gioco ci ha penalizzati – dice il tecnico della Lazio, che sale a quota 20 in classifica – Dal punto di vista dell'atteggiamento è stata una buona prestazione: ci è mancato il gol, a volte l'ultimo passaggio. La squadra ci ha provato dall'inizio alla fine". Deluso? "Solo per il risultato e per non aver fatto gol, per il resto sono contento della reazione della squadra. Abbiamo creato molto e rischiato quasi niente. Il risultato fa la differenza, ma per me la prestazione rimane positiva". La classifica però dice che ora la Lazio deve assolutamente vincere a Parma se non vuole essere risucchiata dal vortice delle squadre che sono sotto di lei. Il biancoceleste delle maglie laziali ha finito per virare al grigio come il cielo di Verona. Da salvare c'è poco e quel poco è in difesa, il reparto più bersagliato da inizio anno. La Lazio torna a non subire gol, cosa che non succedeva dal 2-0 in casa della Fiorentina alla settima giornata. "La fase difensiva ha funzionato – spiega Pioli – non abbiamo concesso ripartenze al Chievo, siamo stati compatti ma ci è mancata un po' di velocità". Promosso dunque l'inedito duo de Vrij-Radu che ha agito da centrale di difesa. Male invece dal centrocampo in su come rimarca il tecnico laziale: "Abbiamo provato a giocare un calcio offensivo fin dall'inizio, nel finale ho scelto giocatori più offensivi come Keita per dare un po' più di sprint: lui e Felipe Anderson (entrati entrambi nella ripresa, ndr) hanno le qualità per scardinare difese schierate, ma possono e devono ancora crescere".
Pioli lo preferisce ad Onazi in mezzo al campo, l'uruguaiano sfodera una prova di quantità e sacrificio ma anche lui finisce per avvilupparsi nella mediocrità generale di tutta la squadra: "Giocare contro una squadra così difensiva è davvero molto difficile. Siamo arrivati tante volte al cross, che però quasi mai ha trovato qualcuno al centro. Loro poi sono stati anche bravi a chiudere". Poi una piccola polemica: "Per un giocatore di sostanza non è facile stare tanto fuori. Io ho bisogno di continuità e non la sto trovando. Avevo giocato solo trenta minuti un mese fa, ma ho dato il massimo. Volevamo i tre punti, ma dobbiamo lavorare di più". Infine un applauso a Bizzarri, ex compagno di squadra e autentico protagonista della serata: "E' un grande amico, ma anche un grande portiere: lo sappiamo tutti".