29 febbraio 2020 – Roma, stadio Olimpico - Campionato di Serie A, XXVI giornata - inizio ore 15.00
LAZIO: Strakosha, Patric, Luiz Felipe, Radu, Lazzari, Milinkovic-Savic, Leiva, Luis Alberto (61' Parolo), Jony, Correa (74' Cataldi), Immobile (83' Caicedo). A disposizione: Proto, Guerrieri, Lukaku, Silva, Bastos, Vavro, A. Anderson, D. Anderson, Adekanye. Allenatore: S. Inzaghi.
BOLOGNA: Skorupski, Tomiyasu, Danilo (71' Skov Olsen), Bani, Denswil, Poli, Schouten (58' Sansone), Soriano, Orsolini (59' Santander), Palacio, Barrow. A disposizione: Da Costa, Sarr, Corbo, Dominguez, Medel, Baldursson, Juwara. Allenatore: Mihajlovic.
Arbitro: Sig. Abisso (Palermo) - Assistenti Sigg. Liberti e Bottegoni - Quarto uomo Sig. Robilotta - V.A.R. Sig. Rocchi - A.V.A.R. Sig. Del Giovane.
Marcatori: 18' Luis Alberto, 21' Correa.
Note: ammonito al 4' Bani, all'11' Schouten, al 54' Danilo, al 64' Santander, all'83' Radu tutti per gioco fallos. Angoli: 7-5. Recuperi: 1' p.t., 5' s.t.
Spettatori: 40.000 circa.
? La Gazzetta dello Sport titola: "Strapotere Lazio. Luis Alberto gol e assist. A Inzaghi basta solo un tempo. Adesso è primo. Juve e Inter non giocano e allora ecco la svolta in testa alla classifica: contro il Bologna la partita dura appena 21'".
Continua la "rosea": L'euforia che avvolge la Lazio è giustificata e sarà prolungata. L’ebbrezza da capolista tiene la gente dentro lo stadio a cantare anche senza più giocatori sul prato: rallegrerà la settimana e forse anche più. Perché la Lazio non era in testa, nel girone di ritorno, da vent’anni e quel precedente portò lo scudetto, proprio quel giorno di maggio, nel 2000. Le rivali sono ferme, per l’emergenza che tutti conosciamo. Ma al momento la banda di Inzaghi ha la consapevolezza di poter restare davanti. La Juve non ha ancora capito, o non vuol capire, il suo allenatore; l’Inter lo ha capito però vive di affanni tra i tanti impegni e alcune mancanze tecniche. Nella capitale biancoceleste non galleggiano incomprensioni, non ci si consuma nello stress da super lavoro. Inzaghi ha anche una classifica vera, senza recuperi e pensieri dell’ignoto. Ha già provato, quando era stato rimandato l’impegno con il Verona, l’incognita dei punti teorici, tanto che quella partita non si concluse con una vittoria. La Lazio è pratica, sicura e spavalda. Allunga a 21 i match senza sconfitta (miglior striscia nell’Europa che conta), ha vinto in 16 delle ultime 18 uscite. Ha anche segnato due gol in almeno 19 gare di campionato: meglio, fra i big, soltanto Liverpool, Manchester City e Paris SG. L’élite.
Allo scoperto. Non è più tempo di nascondersi nemmeno per Inzaghi: "Siamo in testa per merito nostro. Qualcun altro avrebbe voluto essere al posto nostro. Lo spogliatoio è pieno di ragazzi che si vogliono bene e che accettano le decisioni dell’allenatore, come accadeva con Eriksson. Lo ascoltavamo sempre. Se arriverà il titolo sarà qualcosa in più, però lotteremo fino alla fine. Sogno una festa come quella dello scudetto del 2000". Lui la può raccontare perché l’ha vissuta da giocatore, mentre i tifosi più scaramantici si lanciano negli scongiuri. La Lazio deve incamerare vantaggio mentre gli altri sono ai box, e ci riesce bene. Poi si vedrà , a partite pari. Contro il Bologna sembra a lungo una macchina piena di energia: travolgente nella prima mezz’ora, coscienziosa nella seconda, forse troppo accomodante nella terza. I motivi. Così la sesta palla gol diventa l’1-0, dopo soli 18’. E la settima è il raddoppio, tre minuti dopo. Ma la produzione precedente indica quanto la banda di Inzaghi rispetti le consegne. Capita anche che Correa e Immobile tirino fuori alcune chance gustose, che altri tentativi sibilino vicino ai pali o colpiscano il portiere; però voglia, freschezza atletica e raffinatezza di alcuni personaggi dimostrano quanto la Lazio intenda governare questo campionato che sta avendo situazioni imprevedibili.
Capita anche che timbri il successo pur se il capocannoniere da 27 reti non centri mai la porta da vicino, anche in un contropiede della ripresa. E pure se sulle fasce - soltanto sei cross - non passino dei tornado sui bolognesi. Dove vengono squassati, nella decisiva prima parte, è in centro, con sistemi simili. Recupero palla, corsa, verticalizzazione, tempi esatti, ultimo passaggio delizioso. E nella storia che dura una partita, però forse anche un campionato, è Luis Alberto a scegliersi il posto migliore. Apre con l’1-0, manda in porta Correa che segna anche di destro (con deviazione di Danilo), è un punto d’ancoraggio costante. La sua cortesia nell’assecondare i compagni sembra fredda ma è piena di passione, e fa il pari con la tecnica. Aggiungiamo lo spirito di sofferenza, dato che dall’inizio mostra problemi muscolari, ed ecco che la giornata solare si completa. L’amico battuto Sinisa Mihajlovic viene osannato dai 40 mila dell’Olimpico già prima del via, quando sbuca dallo spogliatoio e si dirige verso la curva laziale. In questo mese il Bologna aveva già sistemato la Roma, qui. Stavolta si piega perché si sentono troppo i 25 punti di differenza, perché i settori del 4-2-3-1 si scollano subito di fronte alla furia laziale e gli avversari risalgono il campo senza opposizione, vedi anche il film dei gol. Per dare coraggio alle rivali della capolista, il Bologna si ridesta dopo un’ora (passa al 3-4-1-2), quando esce Luis Alberto, e due gol annullati dalla Var dimostrano come dentro l’area la Lazio senza Acerbi non sia troppo sicura, tanto che Strakosha è fra i migliori. Ma anche un portiere attento serve per restare in testa.
? Il Corriere dello Sport titola: "Lazio, prima e da sola una bellezza. Luis Alberto e Correa illuminano la partita con le loro invenzioni. E vent’anni dopo i tifosi sognano. Juventus-Inter rinviata per l’emergenza Coronavirus, la vittoria sul Bologna da urlo".
Prosegue il quotidiano sportivo romano: Vent’anni dopo il diluvio di Perugia, la Lazio scavalca la Juve e balza in vetta alla classifica nella domenica in cui mezzo campionato si ferma per l’emergenza legata al Coronavirus. Se un onesto e romanzesco finale di campionato nel Duemila aveva consegnato lo scudetto a Eriksson, il suo allievo ed ex centravanti Simone Inzaghi promette di arrivare in fondo al traguardo davanti a Sarri e Conte. Lo meriterebbe, come dimostrano risultati e rendimento degli ultimi mesi, perché sa giocare il calcio più bello d’Italia senza perdere concretezza e disciplina: segna e poi conserva grazie a una difesa super. E poi la fame, la cattiveria, la voglia di vincere dei suoi giocatori oggi potrebbe essere invidiata persino dall’Inter di Conte. Della Juve morbida e sulle gambe di Sarri neanche a parlarne. Si è inchinato anche il Bologna da trasferta e rabbioso di Mihajlovic, salutato dall’Olimpico come meritava un guerriero indomabile. Il vecchio Sinisa ha provato e riprovato, con le sue mosse, a rovinare la festa alla Lazio, ma non ce l’ha fatta, tradito dagli episodi e dall’occhio clinico del Var, intervenuto per annullare (come era giusto da regolamento) i gol di Denswil e Palacio che avrebbero potuto rimettere in discussione il risultato.
Era destino che finisse così. La Lazio ha meritato e stritolato i rossoblù con la prima mezz’ora da fantascienza, illuminata da Luis Alberto, il miglior numero 10 del campionato, un gol e un assist per Correa. Un’aggressione da scudetto. La flessione era inevitabile: alle assenze di Lulic, Acerbi e Marusic si è aggiunto l’infortunio dello spagnolo, anche Milinkovic e Immobile erano in riserva. Il Bologna non si è arreso e ha provato a riaprirla tirando fuori un gran secondo tempo, ma Inzaghi si era già garantito il successo con la doppietta realizzata nel giro di tre minuti a cavallo del ventesimo. Troppa Lazio, spumeggiante e incontenibile, padrona assoluta della Serie A. Ha rimontato e scavalcato Inter e Juve, Sarri e Conte (con una e due partite in meno) non si illudano: Inzaghi promette di andarsene in fuga. Doppietta. La Lazio, vedendo il primato all’orizzonte, si è avventata sulla partita con una forza pazzesca. Pressing assatanato sino al 2-0, interrotto solo dall’occasione concessa a Soriano su cui è girato il risultato. Strakosha ha evitato il pareggio dopo il gol realizzato da Luis Alberto e un istante prima del raddoppio di Correa con la complicità di Danilo. Funzionava come al solito l’uscita dalla difesa con Patric, Luiz Felipe e Radu nonostante il pressing di Barrow, Palacio e Orsolini. Il Bologna proprio non riusciva a vedere la palla, era in costante ritardo, saltavano i duelli e la squadra si allungava, colpita in profondità dalle accelerazioni di Lazzari, Immobile e Correa in campo aperto. I due gol di differenza ci stavano tutti e potevano essere di più se il Tucu e Ciro non si fossero divorati due occasioni davanti a Skorupski. Dentro l’Olimpico imbandierato era già cominciata la festa biancoceleste.
Reazione. Mihajlovic deve essersi fatto sentire nell’intervallo. E poi la trasformazione stile Atalanta con duelli individuali e pressing a tutto campo, così ha tolto palleggio e bloccato le "uscite" della Lazio. Strakosha ha risposto a Orsolini e il Var ha cancellato il gol realizzato da Denswil dagli sviluppi di un angolo. La sofferenza laziale è aumentata quando Sinisa è passato alla difesa a tre. Erano già entrati Sansone per Schouten e Santander per Orsolini, poi ha sostituito Danilo e Skov Olsen ha preso la fascia destra. Dietro erano rimasti Tomiyasu, Bani e Denswil. Barrow è andato su Leiva, Palacio è stato affiancato da Santander, Soriano ha fatto coppia con Poli: 3-4-1-2. Luis Alberto era uscito e Inzaghi, dopo l’ingresso di Parolo, ha cambiato Correa con Cataldi. Solo alla fine, dopo qualche preghiera, Caicedo ha preso il posto di Immobile. Ciro, in contropiede, si era divorato il terzo per chiudere il conto. Dopo il gol annullato a Tomiyasu (fuorigioco di Palacio) gli ultimi sussulti del Bologna. La Lazio, esausta, stava giocando d’attesa e d’astuzia, spendendo minuti per arrivare al novantesimo e continuare a sognare lo scudetto. Ora è prima. Davanti a tutti.
? Il Messaggero titola: .
Prosegue il quotidiano romano:
? Tratte dal Corriere dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
Sommo Inzaghi, re come una volta. Il primo posto ha lo stesso nome da campione di vent’anni fa, il suo. Predestinato alla Lazio, predestinato agli scudetti, è il più abituato a stare lassù, sul ponte di comando. Agli appuntamenti con la storia c’è sempre lui, c’è sempre un Inzaghi che ha voglia di vincere, c’è sempre un Inzaghi che ha voglia di correre a segnare sul campo. Simone è il poeta delle rimembranze: il 14 maggio 2000, nel 3-0 alla Reggina, segnò su rigore e aprì la festa scudetto, aspettando notizie da Perugia. Il 29 febbraio 2020, il suo figlioletto Lorenzo, lanciato in porta a fine partita su assist di papà Inzaghi, ha chiuso la festa del 2-0 al Bologna e il sabato del primato, la giornata più storica degli ultimi vent’anni. Il boato della Curva Nord ha legato le due ere, i due gol, i due primi posti, l’ultimo e il nuovo. Le parole di Simone, papà e allenatore beato, hanno estasiato il popolo laziale tripudiante: "Sogno questo primo posto da quattro anni, da quando ho preso la guida della squadra. E sogno una festa come quella dello scudetto 2000. Siamo in testa per merito, qualcun altro avrebbe voluto essere al nostro posto, lotteremo fino alla fine! Ad agosto nascerà il mio terzo maschietto, ci sarà un Inzaghino in più, un altro bell’attaccante".
Il primo posto della Lazio è un romanzo genealogico, ha un sapore "scudettesco". C’è una familiarità di immagini, personaggi, umori, colori, citazioni e suoni nei quali generazioni di laziali possano ritrovarsi e sentirsi protagonisti. Pare di vedere Tommaso Maestrelli, la sua forza buona, le sue mani tese verso giocatori e tifosi, nella foto che ritrae (in pagina) Simone mentre saluta lo stadio. I ricordi corrono a cercare i record, le insegne scudetto lasciate da Eriksson all’Olimpico, a Formello, nell’albo d’oro della serie A. Inzaghi è l’incarnazione dei miti e dei sogni. Era primo nel 2000, da attaccante. E’ primo ora, da allenatore: "Il 14 maggio 2000, giorno dello scudetto, è una data indimenticabile, sono passati vent’anni e le emozioni sono ancora fortissime. Questi ragazzi mi emozionano altrettanto per quello che danno in campo". Re Simone ha restituito sogni, magie e primati ai laziali: "L’atmosfera di oggi è simile a quella del 2000. Abbiamo un grandissimo spogliatoio, fatto di ragazzi che si vogliono bene. Accettano le mie decisioni. Anche nell’anno dello scudetto eravamo tanti e quello che diceva Eriksson lo accettavamo". Il primo posto l’ha rivendicato con orgoglio: "Siamo in testa per merito. La classifica è un’emozione grandissima, c’è da difendere il primato sapendo che sarà difficilissimo". Simone di scudetto ne parla dal primo posto: "Si deciderà in base alla costanza delle squadre, spero di non perdere giocatori importanti". E’ stupito anche lui: "Se me lo aspettavo? Probabilmente in estate avrei detto che sarebbe stato difficile, ma alla fine del ritiro ero molto fiducioso. I ragazzi mi regalano emozioni da 4 anni".
Inzaghi guida una Lazio di superuomini, da Strakosha a Immobile, passando per tutti quanti: "Sarebbe riduttivo parlare solo di Luis Alberto e Milinkovic, parlerei del gruppo. Abbiamo giocato senza Acerbi, ma ho la fortuna di avere grandi giocatori. Lasciare in panchina Vavro e Caicedo è stato difficilissimo. Strakosha decisivo? Bisogna sempre calcolare che ci sono gli avversari. Potevamo fare più gol". Giura di aver pensato al primo posto solo dopo il 90’ e ha preferito evitare polemiche da calendario: "Il rinvio di Juve-Inter? Non ci ho pensato, abbiamo un problema grave in questo momento, è il coronavirus, dobbiamo sconfiggerlo facendo tantissima prevenzione. Accettiamo le decisioni. Siamo ronti a giocare con le porte aperte, chiuse, anche ad eventuali rinvii". Simone ha lasciato l’Olimpico salutando Sinisa, celebrando Pippo, suo fratello, primo in B col Benevento: "Sinisa? L’ho trovato bene, meriterebbe più punti. Complimenti a Pippo, sta facendo qualcosa che non è riuscita neanche alla Juve". Due Inzaghi al vertice dei loro mondi.