8 novembre 2015 - Campionato di Serie A - XII giornata - inizio ore 15.00
ROMA: Szczesny, Torosidis, Manolas, Rüdiger, Digne, Nainggolan, Vainqueur (72' S. Keita), Iago, Gervinho (76' Iturbe), Dzeko, Salah (58' Florenzi). A disposizione: De Sanctis, Gyomber, Castan, Nura, Emerson, Maicon, Uçan, Ponce, Sadiq. Allenatore: Garcia.
LAZIO: Marchetti, Basta, Mauricio, Gentiletti, Radu (67' B. D. Keita), Parolo, Biglia, Lulic, Candreva (76' Matri), Djordjevic (62' Klose), Felipe Anderson. A disposizione: Berisha, Hoedt, Konko, Onazi, Cataldi, Milinkovic, Mauri, Morrison, Kishna. Allenatore: Pioli.
Arbitro: Sig. Tagliavento (Terni) - Assistenti Sigg. Tonolini e Manganelli - Quarto uomo Sig. Passeri - Assistenti d'area Sigg. Banti e Mazzoleni.
Marcatori: 10' Dzeko (rig), 63' Gervinho.
Note: ammoniti Gentiletti, Biglia, Digne, Felipe Anderson e Vainqueur per gioco scorretto, Radu per comportamento non regolamentare. Angoli: 2-5. Recuperi: 1' p.t., 6' s.t.
Spettatori: spettatori 35.253 per un incasso di euro 1.353.907.
La Gazzetta dello Sport titola: "Derby fra rigore e veleni. Roma vola, la Lazio non c'è. Un penalty in regalo, ma i giallorossi giocano meglio. I biancocelesti (al terzo k.o. consecutivo) colpiscono una traversa con Anderson".
E se il rigore, e se la traversa. Ma alla fine c'è solo la Roma. Del fallo fuori area su Dzeko si parlerà inevitabilmente a lungo. Idem della gestione non impeccabile di Tagliavento e del tiro di Anderson. Se però la Lazio avesse voluto costruirsi un alibi per lo 0-2 avrebbe avuto quasi una partita per farlo, così da poter imprecare contro sorte e arbitro. Invece la Roma - gran collettivo e i due fenomeni di giornata Gervinho e Nainggolan - s'è presa facile il derby (il primo con undici stranieri e le curve in sciopero) e i tre punti che la tengono appiccicata a Inter e Fiorentina. Se non s'inserisce la Juve, lo scudetto diventa gioco a quattro considerando anche il Napoli. E i giallorossi, per fame e senso di squadra, non sono quelli messi peggio. Roma facile facile perché, diciamola tutta, non c'è stata reazione laziale, neanche rabbia per il torto subito. Solo cattiveria quando tutto era ormai perduto, più la traversa di Anderson. Sarebbe meglio dire che non c'è stata Lazio: timida, troppo lontana dall'area romanista per far paura, senza manovra una volta spento Biglia. Se 10 successi e 8 k.o. in 19 gare stagionali significano qualcosa, è che non c'è equilibrio. E 4 sconfitte nelle ultime 5 di campionato sono un allarme. Basta in fondo una Roma non stratosferica ma compatta, di personalità, ben messa e ancor meglio "aggiustata" da Garcia (spostando Falque su Biglia). Il rigore che mette la Roma avanti dopo 10' non c'è, benché a occhio nudo fosse quasi impossibile accorgersene vista la velocità dell'entrata di Dzeko. Ma è peggio il "dopo" che sa tanto di compensazione: a Gentiletti prima, a Lulic in seguito, sono risparmiati due "rossi" evidenti anche a velocità reale. Tagliavento va nel pallone.
E comunque è la Roma quella che sembra in svantaggio per come aggredisce subito (7° gol nei primi 15'), fa girare la palla pur concedendo l'inutile possesso alla Lazio (55%), sfiora il raddoppio con il palo di Nainggolan e il quasi palo di Dzeko, e infine, al 18' s.t., mette a segno il match-ball con il gran gol di Gervinho su lancio "alla" Pjanic di Nainggolan. Ecco, nell'azione del 2-0 c'è il senso della Roma: un collettivo nel quale nessuno è mai lasciato solo, più due interpreti in stato di grazia. Il belga è impressionante per come domina in mediana rubando palloni e ispirando ripartenze. Prepotente, lucido e mai falloso: dall'ennesima iniziativa personale parte il lancio che spacca la difesa laziale e scatena l'ivoriano verso un gol per niente banale. Gervinho va al doppio della velocità di qualunque laziale e copre tutto il campo: non c'è contromisura. Ma quei due non sono tutto: la Roma si chiude e poi riparte in gruppo, lunga e stretta, sviluppando un gioco sul canale centrale che teoricamente lascerebbe alla Lazio spazio sulle fasce. Né Candreva (fiacco) né Anderson (a corrente alternata) ne approfittano. Inoltre andrebbero innescati da un centrocampo che però è tutto nelle mani di Garcia. Una superiorità imbarazzante nel reparto, pur senza lo squalificato Pjanic. Garcia ha ragione a lanciare dal 1' Vainqueur per sbarrare la difesa, ce ne fosse mai stato bisogno.
Nainggolan fa per due e Falque è così al servizio della squadra che dopo 20' si trasforma da mezzala a "finto" 10 (da 4-3-3 a 4-2-3-1) per chiudere Biglia tagliando ogni rifornimento ai compagni sperduti. La condizione precaria di Parolo e la sciagurata corsa di Lulic, che più si lancia più scopre il mezzo sinistra, fanno il resto. Anche la difesa è molto più insicura di quella giallorossa: Manolas e Rüdiger sono blindati, la coppia Mauricio-Gentiletti è graziata dall'assenza di Salah ma va in ginocchio per il gran movimento di Dzeko e l'ira di Gervinho. Cos'ha davvero la Lazio lo sa soltanto Pioli. Può darsi che, come per la Juve, la preparazione anticipata per Shanghai stia giocando brutti scherzi. Di sicuro lui ci mette del suo non togliendo subito Djordjevic e quindi sostituendolo con Klose (uomo d'area, quando in area non si arrivava mai) invece di Keita (le cui iniziative a sinistra sono l'unico, tardivo, segnale di vita). Tentare soluzioni tattiche una volta sotto di due gol (il 4-2-3-1, il disperato 4-2-4 nel finale) non convince. Ma tutto questo non basta a spiegare il gap.
Il Corriere dello Sport titola: "Festa Roma. Poca Lazio. Vince Garcia. Dzeko (su rigore che non c'era) e Gervinho fanno 2-0. Per i biancocelesti solo una traversa di Felipe Anderson".
Prosegue il quotidiano sportivo romano: La Roma ha vinto il suo primo derby senza italiani, senza romanie senza tifosi (in curva). Ma tutto il resto, gioco, idee, forza, convinzione, era presente nella squadra di Garcia in dosi più massiccie che in quella di Pioli e per questa ragione ha vinto. Per la verità, la ragione è anche un'altra e non riguarda le due squadre, ma l'arbitro: Tagliavento ha visto un fallo da rigore di Gentiletti su Dzeko quando invece era solo un fallo fuori area (e non c'era nemmeno Pjanic...). Il derby è cambiato in quel momento, visto che i primi 10' erano trascorsi senza scossoni, quasi senza calcio. La seconda svolta a favore della Roma è arrivata con la traversa di Felipe Anderson al 26'. Grande azione, grande conclusione, Szczesny battuto, ma palla stampata sulla faccia interna della traversa e poi in campo. La Lazio ha riversato in quel periodo le sue qualità migliori nella partita, affidandosi però un po' troppo ai lanci lunghi: non voleva in alcun modo scoprirsi, lanciava e non saliva. Per mezz'ora, ha pensato di riprendere la Roma e lo avrebbe pure meritato, poi però la diversa struttura delle due squadre ha riportato il derby, anche come gioco, dalla parte di Garcia. Già nel finale del primo tempo, la Roma aveva creato tre occasioni per spingere la Lazio fuori dal derby. Una l'ha sbagliata Dzeko non si sa come, sulla seconda palo pieno di Nainggolan, sulla terza Gentiletti ha salvato su Falque.
Come per tutte le avversarie della Roma in questa stagione, anche per la Lazio l'obiettivo era non farsi sorprendere dalla velocità negli spazi larghi di Salah, Gervinho e Falque, ma come accade ormai da un po' di tempo a questa parte il gol rapido dei giallorossi costringe a lasciare qualche metro prezioso ai romanisti. La Lazio ha resistito per tutto il primo tempo, poi nella ripresa ha concessoa Gervinho mezzo campo e l'ivoriano ha chiuso il derby con un gol davvero bello. E' stato un errore della coppia centrale che si è fatta tagliare fuori dal lancio di Nainggolan: se lasci a Gervinho l'uno contro uno con qualunque difensore della Serie A, ti incenerisce. E così è accaduto, con l'aggiunta della complicità di Marchetti che non ha coperto il suo palo. Garcia ha avuto un merito evidente in questa partita, ha impedito alla squadra di accusare l'assenza del centrocampo titolare, del capocannoniere Pjanic, del capitano De Rossi e del motorino Florenzi, entrato solo nel finale. Nainggolan ha fatto un partitone, riunendo in sé tutti i ruoli: regista, interditore e rifinitore come si è visto sul lancio per il gol di Gervinho. Ma anche Vainqueur, assecondando il nuovo capitano belga, ha tenuto bene la posizione. Il tocco finale è stato Falque avanzato sulla linea dei tre attaccanti ma con una funzione difensiva, quella di pressare Biglia. L'idea del tecnico francese ha dato i suoi frutti, così che l'assenza più pesante alla fine è stata quella di de Vrij sul versante opposto.
Pioli non poteva inventarsi niente e si è affidato a Mauricio e Gentiletti, non a caso rappresentanti della seconda peggior difesa del campionato. La Lazio ha accusato dei cedimenti in ogni settore. In difesa si è detto, in mezzo al campo aveva Parolo al rientro e quindi non molto brillante, in attacco era spenta con Djordjevic e Candreva, tutt'e due inghiottiti da una difesa ieri ancora più solida, visto che per la prima volta non ha subito gol all'Olimpico. Va dato atto a Pioli di averci provato in tutti i modi, prima sperando nella classe di Klose (macché: si è mangiato un gol fatto), poi nella velocità di Balde Keita (e qui ha avuto più fortuna), infine col doppio centravanti. Matri, e un finale col 4-2-4. Tutto inutile. La Roma sentiva il derby in mano e non se lìè fatto sfuggire.
Il Messaggero titola: "Apoteosi Roma. Lazio furiosa. Il derby va ai giallorossi: Dzeko apre dal dischetto, Gervinho chiude il conto. Il fallo di Gentiletti era fuori area ma i biancocelesti fanno poco per vincere".
Prosegue il quotidiano romano: Tagliavento è purtroppo il protagonista della sfida dell'Olimpico per il rigore che farà discutere a lungo e che, visto da tutte le angolature, resterà comunque fasullo: l'intervento di Gentiletti su Dzeko, all'alba del match, è fuori area, l'arbitro di Terni ha visto male e il suo collaboratore Manganelli non lo ha certo aiutato. La premessa, però, non giustifica la caduta della Lazio che nel derby ha fatto poco o niente. Solo in 2 casi ha avuto la possibilità di segnare, con la traversa per il possibile 1 a 1 di Felipe Anderson e con la chance sprecata da Klose sul 2 a 0. La Roma ha invece confermato di essere più squadra e più completa: gli 8 punti di differenza in classifica ci stanno tutti. Garcia, come il 25 maggio scorso, si è nuovamente aggiudicato tatticamente il duello con Pioli. Anche questi sono 3 punti che pesano: i giallorossi restano vicinissimi alla vetta, lontana solo 1 punto; i biancocelesti, con il 3° ko consecutivo (il 6° su 12 gare di campionato), sono sempre più distanti dalla zona Champions (7° posto). L'Olimpico, con le curve deserte, ha offerto più tristezza che spettacolo. La Roma ha raccolto il massimo, perché si è presa il successo e anche la passione, contando sulla maggioranza dei tifosi (gli abbonati) che l'ha spinta a vincere il secondo derby consecutivo, come non era più accaduto da 4 anni e mezzo. In partenza senza italiani (e romani), ha subito mostrato di essere fisicamente più attrezzata della Lazio. Merito di Garcia che deciso di utilizzare solo i giocatori in salute. Con De Rossi finito addirittura in tribuna, Maicon è rimasto a guardare in panchina e Florenzi ha avuto spazio solo durante la ripresa. In più Keita, assente dal 26 settembre, ha giocato solo metà del secondo tempo: meglio non rischiare.
Pioli, invece, ha deciso di rilanciare Parolo, fuori da 1 mese esatto e recuperato solo al fotofinish. La forzatura non ha pagato: il centrocampista non è sembrato pronto. La Roma, nell'atteggiamento, ha concesso il bis. Il derby di ieri è stato simile a quello del maggio scorso. L'iniziativa lasciata alla Lazio, l'equilibrio per proteggere la difesa e il contropiede per andare a dama. Senza lo squalificato Pjanic e l'infortunato De Rossi, Garcia ha optato per il 4-2-3-1, con 2 mediani muscolari, Nainggolan e Vainqueur, rispettivamente chiamati a fermare Lulic e Parolo. Da trequartista, dietro a Dzeko, ha inserito Iago Falque con il compito di soffocare Biglia. In fase difensiva, però, ecco il 4-1-4-1, cioè il sistema di gioco vincente del derby da Champions del campionato scorso: con Vainqueur a schermare Manolas e Ruediger. Salah e Gervinho si sono, invece, sacrificati, allineandosi a Nainggolan e Vainqueur. I biancocelesti, sotto dopo 10 miniti, hanno provato a replicare solo fino alla metà del primo tempo, appoggiandosi su Felipe Anderson: a parte la traversa, però, nessun brivido per Szczesny. Proprio come il 25 maggio, 2 tiri nello specchio e 2 gol per la Roma, di nuovo spietata davanti a Marchetti. E che, in questa stagione, vince sempre quando passa in vantaggio: già 9 volte (8 in campionato).
Tagliavento, concesso il rigore alla Roma, è andato in tilt. Ha perdonato Gentiletti: niente secondo giallo (quindi rosso) per fallo su Gervinho nel primo tempo. Nella ripresa ha salvato Radu, spinta a Florenzi. E, sempre nel secondo tempo, non ha visto l'entrata di Lulic sulla caviglia di Salah che ha dovuto lasciare il campo. Garcia non ha fatto una piega: Florenzi a destra. Pioli, dopo aver sostituito Djordjevic con Klose che però non è andato meglio del compagno, ha invece cambiato strategia solo quando Gervinho ha segnato il 2 a 0, abbandonando il 4-3-3 e scegliendo il 4-2-3-1. Per la modifica, dentro il giovane Keita per Radu, con Lulic terzino e Felipe Anderson trequartista. Ha poi chiuso con il 4-2-4, togliendo Candreva e provandoci pure con Matri. I giallorossi hanno atteso la fine con il loro Keita davanti alla difesa che ha resistito senza incassare gol (era successo solo a Frosinone il 12 settembre), con Iturbe a scattare a sinistra e con Garcia a godersi l'imbattibilità nei derby.
Tratte dalla Gazzetta dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
Aveva definito Tagliavento uno dei migliori arbitri italiani alla vigilia del derby. Sono bastati una decina di minuti della stracittadina per far cambiare idea a Stefano Pioli. "Continuo a ritenerlo un buon arbitro, solo che con la Lazio non è mai fortunato. Designazione sbagliata? Non saprei, certo non conoscevo tutti questi precedenti negativi...(13 sconfitte, 6 rigori contro e 8 a favore e 8 espulsioni in 24 partite dei biancocelesti dirette dal fischietto umbro, ndr)". Il tecnico della Lazio, senza trascurare gli errori della sua squadra, trova nell'arbitro il responsabile numero uno della sconfitta nel derby: "Il rigore che ha sbloccato la gara non c'era. Il fallo di Gentiletti su Dzeko è stato commesso fuori dall'area, su questo non ci sono dubbi. È un errore grave, che ha indirizzato la partita. Ed è un errore che non si può commettere. Un rigore lo si dà solo si è sicuri al 100% che il fallo sia stato commesso dentro l'area. E questa sicurezza Tagliavento non ce la poteva avere, quindi non doveva fischiare il rigore. Abbiamo protestato poco? Veramente i giocatori che erano vicino all'azione lo hanno fatto, ma non è bastato".
E a protestare vibratamente ha provveduto pure Igli Tare a fine partita: al rientro negli spogliatoi il d.s. ha "rimproverato" a Tagliavento l'errore iniziale. Dato all'arbitro quel che è dell'arbitro, Pioli se la prende pure con la sua squadra. "La partita è stata decisa da due episodi. E se sul primo l'errore è di Tagliavento, sul secondo è solo colpa nostra. Il 2-0 della Roma è un gol che non si può prendere. È una sconfitta che fa male, soprattutto per l'importanza della partita. E poi perché è il terzo k.o. di fila in campionato, un filotto negativo che non ci era mai capitato. È un momento delicato, ma ne sapremo uscire. Come? Parlando poco e lavorando tanto". Rigore a parte, le recriminazioni non mancano: "La squadra ci ha messo la voglia giusta, specie nel primo tempo. Abbiamo creato parecchie occasioni, purtroppo non siamo riusciti a concretizzarle. Penso alla traversa di Anderson, ma anche ad altre opportunità in cui siamo stati poco cinici". Tutto vero, ma vero anche che questa Lazio sia la copia sbiadita di quella dell'anno scorso. "Sì, c'è meno entusiasmo - ammette Pioli -, ma quello te lo danno i risultati. Dopo la sosta dobbiamo assolutamente ricominciare a vincere. E così tornerà anche l'entusiasmo".
Quei tre volti parlano. Anche se hanno le labbra serrate dalla delusione del derby appena perso. Lucas Biglia, Marco Parolo e Felipe Anderson vanno verso il settore Distinti occupato dai tifosi biancocelesti. Una di quelle scene che può essere frettolosamente etichettata come di "scuse". Per la sconfitta più amara possibile. Ma c'è altro negli occhi dei giocatori della Lazio: la sofferenza per uno stop che inevitabilmente bolla il tanto atteso processo di crescita della formazione di Pioli. Una delusione che in quegli attimi martella ogni cuore biancoceleste: in campo e sugli spalti. Un vice campione del mondo, come capitan Biglia, con le lacrime che partono dal cuore. In quella scena c'è tutto il momento della Lazio al capolinea della domenica del derby. Oltre allo sguardo fisso di Klose, lui campione del mondo, e Gentiletti verso la tifoseria biancoceleste con le mani che cercano un abbraccio. "Tre sconfitte di fila in campionato non le avevamo mai fatte". Così Stefano Pioli scopre subito la ferita della Lazio franata contro la Roma. Mai nella gestione del tecnico emiliano i numeri di questi raffronti erano stati così neri. E diventano ancora più inquietanti se si considera che nelle ultime cinque giornate la Lazio è caduta quattro volte: solo la vittoria col Torino tra gli stop contro Sassuolo, Atalanta, Milan e Roma. In dodici giornate, sei vittorie e altrettante sconfitte. Anche le cifre tengono in bilico l'identità di questa squadra nata nella scia di quella arrivata al terzo posto nel passato campionato.
E il derby molla alla Lazio anche quel distacco dalla Roma salito ora a 8 punti: orizzonti lontani tra chi è a un gradino dal vertice e chi ora teme di rimanere avvinghiato nelle spire anonime di una classifica cortissima. E poi i gol subiti. Ne sono arrivati altri due, così in totale diventano 20: solo il Carpi ha fatto peggio (24). E poi, secondo il calendario, il derby ha portato un'altra sconfitta esterna: la quinta in sei gare in trasferta. Ma questo dato è l'ultimo a poter essere chiamato in causa in un derby come questo. "Abbiamo commesso degli errori altrimenti non avremmo perso sei partite. Ci vuole più attenzione, a volte abbiamo avuto limiti tecnici" riconosce Pioli che, oltre a tutto quello che c'era da dire sul rigore, punta il dito sulle omissioni della sua squadra. "C'era tutto il tempo per riprendere la partita. Non si può subire un secondo gol in quel modo. Le nostre responsabilità ci sono tutte". E il tecnico ha precisato: "Io sono il primo responsabile in questo momento". Ora c'è la pausa del campionato per progettare il rilancio. "Conosco solo un modo: lavorare a testa bassa, parlare poco e parlare con risultati". Pioli ha già pronte le parole per analizzare nello spogliatoio il flop contro la Roma. "Saprò cosa dire alla squadra". L'occasione perduta per il gran salto si avverte immediatamente. "Il derby era molto importante, il risultato negativo ci complica la situazione...". Per diventare grandi. Quel programma di vita che ora sembra esser diventato un'ossessione. Perché quell'appuntamento col proprio destino sfugge sistematicamente a questa Lazio. Lo dicono gli occhi di Biglia, l'espressione di Klose al fischio finale del secondo derby perso in sei mesi. E la faccia incupita di Pioli dinanzi a un futuro che continua a non svelarsi a questa Lazio.