Domenica 8 dicembre 2013 - Torino, stadio Olimpico - Torino-Lazio 1-0 8 dicembre 2013 - Campionato di Serie A - XV giornata - inizio ore 15.00
TORINO: Padelli, Darmian, Glik, Moretti, D'Ambrosio, Basha (68' Brighi), Vives, Farnerud (81' Masiello), Pasquale, Cerci, Immobile (53' Meggiorini). A disposizione: Berni, Gomis, Maksimovic, Rodriguez, Scaglia, Bellomo, Gazzi, Barreto. Allenatore: Ventura.
LAZIO: Marchetti, Konko, Dias, Cana, Pereirinha (46' Keita), Candreva, Onazi, Biglia (62' Floccari), Hernanes (75' Ederson), Lulic, Perea. A disposizione: Berisha, Strakosha, Biava, Ciani, Novaretti, Vinicius, Cavanda, Ledesma, Felipe Anderson. Allenatore: Petkovic.
Arbitro: Sig. Tagliavento (Terni) - Assistenti Sigg. Ghiandai e Schenone - Quarto uomo Sig. Cariolato - Assistenti di porta Sigg. Irrati e Baracani.
Marcatori: 19' Glik.
Note: ammoniti Biglia, Perea, Basha, Cerci, Glik. Angoli 1-15. Recuperi: 2' p.t., 3' s.t.
Spettatori: 15.000 circa.
La Gazzetta dello Sport titola: "Torino, sorridi: Glik. Petkovic sempre piĂą giĂą".
Continua la "rosea": Quadrato e cinico, il Toro. Fragile e per nulla concreta, la Lazio. E allora non può che finire con la vittoria dei granata che non danno spettacolo, ma fanno tutto ciò che è necessario fare per potare a casa i tre punti. Concedono quasi niente all’avversario, soffrendo anche quando c’è da soffrire (specie nella ripresa) e colpiscono al momento giusto. L’unico neo è che non chiudono la gara nella ripresa. E potrebbero farlo se solo sfruttassero meglio le ripartenze. La Lazio fa tutto ciò che si deve fare per tornare a casa a mani vuote e senza neanche troppe recriminazioni pur avendo trascorso quasi tutta la gara nella metà campo avversaria. Manovra lenta, possesso palla sterile, pochissime conclusioni e una smaccata tendenza a farsi bucare quando l’avversario aggredisce. Ventura indovina tutto. E la sorte gli dà pure una mano. Perché l’infortunio di El Kaddouri nel riscaldamento lo costringe a trasformare il preventivato 3-4-1-2 nel più concreto ed efficace 3-5-2 che annichilisce la Lazio. Senza il trequartista e con un centrocampista in più (Basha, che la lascia la fascia a D’Ambrosio) c’è più densità in mezzo al campo e la possibilità di spegnere sul nascere le velleità laziali. Ventura piazza Cerci tutto largo a destra per puntare l’anello debole della retroguardia avversaria, ossia Pereirinha, ma anche per aprire il campo agli inserimenti di centrocampisti e difensori.
Non è un caso che il gol-partita arrivi da dietro, sia pur sugli sviluppi di una palla inattiva. Sull’imbucata in area di Cerci è D’Ambrosio ad addomesticare la palla e Glik a depositarla alle spalle di Marchetti (e il capitano esulta sotto la curva mimando il toro, copyright di Ferrante). Nell’occasione la difesa della Lazio sembra non esserci, una sensazione che si avverte ancora di più due minuti dopo quando Cerci non sfrutta la palla del possibile 2-0. Rotto il ghiaccio, il Toro decide che può bastare. Ed in effetti basta, nonostante dalla mezzora in poi sia la Lazio a tenere in mano il pallino. Ma la squadra di casa erge un fortino sulla trequarti oltre il quale gli ospiti non riescono quasi mai ad andare. Una professione di saggezza quella della squadra di casa che potrebbe essere sublimata dal gol del raddoppio che non arriva perché Cerci (una volta tanto) è in giornata-no e non riesce a capitalizzare le ripartenze che pure ci sono. Non c’è, invece, è non è la prima volta, la Petko-Lazio. Numeri disarmanti quelli dei biancocelesti: una sola vittoria nelle ultime dieci giornate di campionato ed appena tre punti nelle ultime sei partite. Numeri da retrocessione di cui finirà col fare le spese Petkovic, per cui diventano decisive le prossime due partite, giovedì col Trabzonspor e domenica col Livorno (da vincere a tutti i costi per salvare la panca). Forse invece sarebbe il caso di agire subito perché un’agonia del genere rischia di far sprofondare ulteriormente la squadra. Che a Torino prova a fare la partita, ma senza cavare un ragno dal buco.
Appena due le parate che deve compiere Padelli e neppure troppo complicate (sui tiri da fuori di Biglia e Candreva). Una squadra impotente con un allenatore in totale confusione. Anche a Torino solita girandola di moduli: si parte con il consueto 4-3-3 per passare ad inizio ripresa al 4-2-3-1 che poi diventa un inedito e spregiudicato 4-2-4 con l’ingresso di Floccari. Sulla coscienza di Petkovic c’è pure il tardivo impiego (solo dopo l’intervallo) del baby-Keita, l’unico in questo momento in grado di inventare qualcosa. Lotito (stranamente assente ieri a Torino) avrà di che riflettere.
Il Corriere dello Sport titola: "La Lazio scivola sempre piĂą giĂą".
Continua il quotidiano sportivo romano: Il quotidiano Blick lo aspetta ct della Svizzera, Glik lo ha affondato, sfilandogli un altro pezzo di panchina. Lotito gli aveva concesso tre partite di campionato e tempo sino a Natale per risollevare la Lazio: al suo posto non aspetteremmo altre tre ore per sollevarlo dall’incarico. Non solo Petkovic non ha invertito la rotta e s’è giocato malissimo la prima carta, ma neppure è riuscito a dare la sensazione di poter più incidere. Ha perso un’altra volta, sempre nello stesso modo e la sua squadra sta scivolando verso la zona retrocessione. Una sola vittoria nelle ultime dieci giornate. Ora si trova all’undicesimo posto e con soli quattro punti di vantaggio sul Livorno, che domenica si presenterà all’Olimpico per un autentico spareggio salvezza. I giocatori hanno almeno reagito alle frustate di Lotito, che in settimana si è presentato a Formello per scuoterli, e hanno cercato il pareggio sino al novantesimo. Per la voglia lo avrebbero meritato. Non per il gioco e per la confusione tattica creata (non da loro) di nuovo sul campo. Ha vinto il Torino di Ventura, vecchio maestro. Si è difeso bene. E’ ripartito con pericolosità . E ha dato un’altra lezione da campionato italiano a Petkovic, che domina solo a parole e nel conto degli angoli (15-1 alla fine). L’assenza di Klose è pesantissima, quasi insopportabile. Ma il suo calcio non produce occasioni da gol. E il bosniaco ha finito la partita con un assalto scriteriato e il solito improbabile 4-2-4. Perea, Floccari, Keita e Candreva davanti. Ederson mediano. Lulic terzino. La Lazio fa una fatica enorme ad attaccare. Gli altri segnano con il minimo sforzo. E portano sempre a casa tre punti.
Ventura ha aspettato l’ultimo minuto per decidere la formazione, non l’idea di come avrebbe giocata la partita. Sullo, il suo vice, è un asso nello studio degli avversari e il Torino è sceso in campo per giocare sui difetti della Lazio. Dentro D’Ambrosio, fuori il trequartista El Kaddouri, bloccato da un infortunio nel riscaldamento, senza modificare il disegno: 3-5-2 con il trio Basha-Vives-Farnerud in mezzo al campo. Cerci si è sistemato largo per mettere in costante apprensione Pereirinha. E’ molto facile leggere le partite di Petkovic. Sono tutte uguali. Possesso palla e una manovra lenta di aggiramento. Una fatica enorme per arrivare in area. Tante difficoltà a difendere, perché Onazi, Hernanes e Biglia, invece di aspettare, devono salire, provando a prendere "alti" il pallone. Escono e scoprono la propria zona. Ventura aspettava e i suoi interpreti sono stati bravissimi. Basha e Farnerud si infilavano dietro a Hernanes e Onazi. Nessuno riusciva a scalare le marcature e Biglia aveva il fiato grosso, perché il Toro era velocissimo nella circolazione del pallone, che Vives faceva girare da maestro. Così è automatico il contropiede. Giallo a Biglia per una trattenuta su Farnerud che stava filando via. Dagli sviluppi della punizione è nato il gol decisivo della partita. D’Ambrosio è sbucato alle spalle di Perea e ha messo nel cuore dell’area il pallone con cui Cerci aveva scavalcato la linea difensiva della Lazio, come sempre impalata. Cana s’è fatto una bella dormita e Glik, solo soletto, ha bucato Marchetti. Quattro minuti più tardi, ancora da una combinazione con D’Ambrosio sulla fascia destra, è nata l’occasione del raddoppio, sprecata da Cerci.
La Lazio ha ricominciato a giocare nello stesso modo in cui aveva iniziato, lenta e improduttiva: 55% nel possesso palla, 12 cross in area (contro 3 del Torino), 5-1 negli angoli il conto complessivo del primo tempo senza creare vere occasioni, a parte un colpo di testa di Lulic, un tiro dal limite di Biglia e un cross velenoso di Candreva non capitalizzato da Perea. Dopo l’intervallo Petkovic ha sganciato Keita e arretrato Lulic, togliendo Pereirinha. Poi ha inserito anche Floccari per Biglia e nell’ultimo quarto d’ora Ederson al posto di Hernanes. Il Toro si è rintanato nella propria area, difendendo a cinque. La Lazio si è rovesciata in avanti, è stato un assedio continuo (10 angoli a zero) e senza sbocchi. Ci hanno provato da fuori Hernanes (in avvio), Candreva e Keita nel finale. Il pallone buono per il raddoppio è capitato a Cerci, ma lo ha sprecato. E sarebbe stata una punizione troppo pesante per la Lazio, sempre più in crisi. Di gioco, di identità , di risultati.
Il Corriere della Sera titola: "La Lazio è un’ombra triste, il Toro la spazza via con Glik".
Prosegue l'articolo: La Lazio è un’ombra triste: perde anche a Torino (1-0, Glik) e ora barcolla sull’orlo del baratro, a 4 punti dalla retrocessione. Proprio nell’anno che nelle intenzioni doveva essere indimenticabile, il primo mattone verso un fulgido futuro nell’Europa di prima classe, altro che Europa League. E indimenticabile rischia di esserlo davvero, ma nel senso opposto: solo una vittoria nelle ultime 10 partite di campionato, 3 punti nelle ultime 6, un solo successo esterno in tutto il 2013 (sì, avete letto bene: 3-1 all’Inter l’8 maggio). Meno male insomma che c’è proprio la bistrattata Europa League a tenere in piedi la baracca: giovedì a Roma converrà battere il Trabzonspor e soffiargli il primo posto del girone J per poi avere un seguito di torneo più agevole. In campionato la classifica è brutta ma non compromessa, nel senso che in 23 partite è possibile risalirla di qualche posizione, ma di sicuro non così, non giocando come ieri a Torino dove si è vista la solita squadra flaccida, priva di idee ma soprattutto non più in sintonia col suo allenatore.
La storia è questa: Petkovic ha già un tacito accordo con la nazionale svizzera — anche ieri non ha smentito, trincerandosi dietro a un "non ho firmato niente" che lascia il tempo che trova — e la cosa ovviamente non fa impazzire di gioia il suo datore di lavoro, Lotito. "Io penso solo alla Lazio — le parole del tecnico di Sarajevo —. Penso ai miei giocatori, a come uscire da questa situazione". Il problema è che i suoi giocatori non pensano a lui, altrimenti qualcosa in più avrebbero potuto fare, al netto dei meriti oggettivi di un Torino come sempre ben messo in campo, ora a 19 punti. Il club gli ha dato tempo fino a Natale, per la successione si pensa al giovane Yakin del Basilea oppure a Reja (l’usato sicuro) o a Bollini (Primavera, il fatto in casa). Una volta subìto il gol al 19’ del primo tempo (lancio leggibilissimo di Cerci, difesa impalata, D’Ambrosio la aggira e serve Glik che la insacca da pochi metri) la Lazio ha messo insieme solo calci d’angolo (15-1), qualche vano rimpasto tattico (4-3-3, 4-2-3-1, 4-2-4) e il solito infruttifero possesso palla (62 per cento contro 38), più un paio di tiri da lontano respinti da Padelli. Evidente il vuoto lasciato da Klose: è clinicamente guarito dalla lussazione alla spalla ma a Torino non è venuto alimentando le voci secondo cui ha già la testa al Mondiale. "Sì, è vero che la Lazio aveva qualche assente ma la nostra è una vittoria meritata — la versione di Ventura, 100 partite col Toro, prossimo al meritato rinnovo contrattuale —. In realtà non abbiamo sofferto molto, quasi facciamo il secondo gol con Cerci. Siamo stati bravi, alla fine Petkovic ha messo davanti un po’ tutti". Già , ma la sensazione è che non avrebbero mai segnato, neanche giocando fino a Santo Stefano.
Tratte dal Corriere dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
"Siamo con l’allenatore. Abbiamo le qualità per venirne fuori!", Marchetti l’ha detto, Marchetti l’ha garantito. La Lazio continua ad essere con Petkovic e guardando le prestazioni si nota, la squadra segue l’allenatore, lo segue anche negli errori. Ha preso la parola Marchetti a Torino, ha parlato a nome dei compagni: "Viviamo un momento particolare e non possiamo farci condizionare dalle voci esterne, dai discorsi che riguardano il mister, contano poco. Nessuno immaginava questa classifica all’inizio, siamo consapevoli della posizione che occupiamo. L’obiettivo è fare più punti possibili, ogni gara adesso è una finale, abbiamo pochi punti in classifica, dobbiamo vincere contro il Livorno, sarà una partita fondamentale per scacciare tutti i fantasmi". Unione e convinzione, la squadra proverà a rialzarsi seguendo questa doppia strada: "Dobbiamo rimboccarci le maniche, ci assumiamo le responsabilità , lo facciamo tutti insieme, bisogna parlare della squadra, non dei singoli. Lavoro e fiducia, serve questo per uscire dal momento buio". La Lazio prova a difendersi, s’appiglia alla prestazione, al furore espresso in campo pur se non ha portato da nessuna parte: "La prestazione è stata fatta, loro si sono difesi in 10, erano tutti dietro la linea della palla, avremmo potuto segnare solo su calcio piazzato, era difficile passare. Li abbiamo chiusi in area, loro ci hanno punito sfruttando l’unica occasione avuta. Ma quando perdi è difficile analizzare le cose con positività , le azioni le abbiamo create, si sono viste, le abbiamo contate tutte. E’ questo il rammarico, è mancato il gol".
Nello spogliatoio è stato analizzato il vantaggio di Glik: "Ne abbiamo parlato, D’Ambrosio è stato fortunato, voleva stoppare il pallone, ci gira tutto storto. L’umore non è dei migliori, è normale che sia così. Avevamo preparato la partita sapendo che loro tra le linee facevano fatica, ma quando ti aspettano per ripartire non è facile colpire. C’è grande dispiacere, se avessimo pareggiato avremmo creato anche i presupposti per vincerla la gara, ne sono certo. Il Torino non mi è sembrato frizzante come nelle altre partite che ha giocato in casa, non possiamo dire di essere venuti in Piemonte con un atteggiamento rinunciatario". Marchetti difende la difesa: "E’ riduttivo e non è giusto parlare solo dell’assetto difensivo. E’ vero, abbiamo preso più gol dell’anno scorso, ma le analisi devono essere generali. E’ stata una partita strana, dobbiamo rimanere fiduciosi. Più che delusione c’è molta rabbia perché quando crei tanto e non ottieni i risultati sperati diventa dura. Siamo professionisti, dobbiamo affrontare questo momento con la testa, gare come queste vanno vinte". Giovedì c’è l’Europa: "Giovedì avremo l’opportunità di vincere e di sgombrare un po’ la testa, di liberarla senza pensare troppo al campionato anche perché ogni gara deve essere affrontata con il piglio giusto. Dobbiamo fare la partita col Trabzonspor cercando di vincere e di arrivare primi nel girone. Poi da venerdì penseremo al Livorno, penseremo solo a vincere, non abbiamo altra scelta, i tre punti devono essere nostri".
La deriva in classifica è senza freni. L’agonia di Petkovic prosegue. E’ una Lazio piatta. Grigia come i capelli del suo allenatore. Senza scosse, perché ora a Lotito non basta più alzare la voce all’interno dello spogliatoio e confessare i suoi giocatori per invertire la rotta. Servirebbero i gol di Klose o di un attaccante che la società non ha acquistato per sostituirlo. Ci vorrebbero i lampi di Hernanes, sempre meno decisivo: è diventato un giocatore mediocre. Farebbe comodo un allenatore che potesse restituire logica e normalità alla squadra. Vlado, che un anno fa aveva ereditato il lavoro di Reja, niente sta aggiungendo e molto ha tolto alla Lazio, inseguendo un calcio pretenzioso per il campionato italiano e senza gli interpreti giusti. Sta violentando le caratteristiche dei suoi giocatori più forti. Questi sono i risultati. E ieri, giocando sempre nello stesso modo, ha perso la prima mano delle tre carte che gli ha lasciato Lotito per conservare la panchina: esonero probabile, solo rinviato, altre due possibilità per evitarlo.
Vlado è in bilico. Si sente in bilico e non ha faticato a riconoscerlo. "E’ normale. Ogni allenatore, quando la matematica non gli dà ragione, deve mettersi e sentirsi in discussione. Vale anche per il sottoscritto. Si deve tenere la testa alta in momenti come questo. Stiamo lavorando bene, dobbiamo dimostrarlo sul campo, girando i risultati dalla nostra parte. Ci servirebbe sbloccarsi in una o due partite. Sono sicuro che dopo andrebbe tutto in un’altra direzione" ha spiegato in attesa della svolta che non arriva. A Formello, nel giorno di vigilia, era stato caustico. Ieri ha ammorbidito i toni. E ha negato tutto. "Mai avuto problemi. Ci sono state nell’ultimo mese troppe speculazioni, non le verità . Di sicuro non ho dato le dimissioni come avevano detto dopo la partita di Bergamo. Nessuno di questi dieci allenatori che sono stati accostati alla Lazio è arrivato al mio posto. E non ho firmato per la Svizzera". Lotito gli ha concesso tempo sino a Natale. "In questi giorni abbiamo parlato, anche sabato, i rapporti sono gli stessi. Non è cambiato niente".
La Lazio ci ha provato sino alla fine. "Non posso rimproverare niente alla squadra. E’ mancato solo l’ultimo tiro, il gol. E’ un momentaccio. Si deve superare, restare forti, cercando di girare tutto". Per l’impegno, la squadra avrebbe meritato il pareggio. "Non è facile così. C’è soddisfazione per come la squadra è scesa in campo e ha fatto la partita, mancava un tocco, sicuramente meritavamo di più anche in questa partita. Mi fa quasi ridere dirlo. Volevamo, ma non potevamo". Petkovic ha spento anche il caso relativo al centravanti tedesco, fermo dal 10 novembre per un infortunio. "Se Klose stava bene, sarebbe stato convocato. Ha ancora dei dolori alla spalla, non è libero nei movimenti, non se la sentiva di partecipare alla trasferta". Con Livorno e Verona si tratterà di due confronti diretti per la salvezza. Chi lo avrebbe mai immaginato? "Manca la convinzione, ma può arrivare soltanto con i risultati. Tutto è legato. Certe occasioni, certi tiri l’anno scorso andavano dentro. Ora non riusciamo a segnare. Non possiamo buttare tutto via. Non abbiamo dei punti, la classifica lo dice, ma dobbiamo continuare a lavorare, credendoci. Possiamo uscire tutti insieme dalla crisi". La Lazio non segna. E dietro soffre, concede, prende gol con una regolarità impressionante. "Tutto va analizzato insieme, ma non ho visto la mia squadra soffrire nella fase difensiva. Il Torino ha sfruttato un mezzo tiro per vincere la partita e poi ha avuto due mezze occasioni, ma quando la Lazio doveva attaccare e si è sbilanciata. In tutti i reparti si può migliorare, rimanendo compatti".