25 novembre 2018 – Roma, stadio Olimpico - Campionato di Serie A, XIII giornata - inizio ore 18.00
LAZIO: Strakosha, Wallace, Acerbi, Radu (82' Caicedo), Marusic, Parolo, Badelj, Milinkovic (64' Lukaku), Lulic, Luis Alberto (64' Correa), Immobile. A disposizione: Proto, Bastos, Caceres, Luiz Felipe, Patric, Durmisi, Cataldi, Murgia, Berisha. Allenatore: S. Inzaghi.
MILAN: Donnarumma, Abate, Zapata, Rodríguez, Calabria, Kessie, Bakayoko, Borini, Suso, Cutrone, Calhanoglu. A disposizione: Reina, Plizzari, Conti, Simic, Bertolacci, Mauri, Montolivo, Laxalt, Castillejo, Halilovic, Tsadjout. Allenatore: Gattuso.
Arbitro: Sig. Banti (Livorno) - Assistenti Sigg. Meli e Peretti - Quarto uomo Sig. Calvarese - V.A.R. Sig. Irrati - A.V.A.R. Sig. Schenone.
Marcatori: 78' Kessie, 90'+4' Correa.
Note: espulso al 90'+5' il tecnico biancoceleste Simone Inzaghi per comportamento non regolamentare. Ammonito al 33' Milinkovic per gioco falloso, all'86' Donnarumma per proteste. Angoli 9-4. Recuperi: 0' p.t., 5' s.t.
Spettatori: 38.000 circa.
? La Gazzetta dello Sport titola: "Sorpasso mancato. Milan, cuore e cerotti. Ma Correa lo acciuffa al 94'. Rossoneri guerrieri: passano con un autogol di Wallace su tiro di Kessie, poi la Lazio trova il pari nel recupero e resta al 4° posto".
Continua la "rosea": Rino Gattuso aveva danzato la Haka e gonfiato i cuori dei suoi Red&Blacks, incerottati e trasfigurati dalle assenze: Romagnoli, Biglia, Higuain... Al 33’ della ripresa Franck Kessie, il più rugbista di tutti, ha schiacciato in meta (con deviazione) il vantaggio, sulle zolle appena calpestate dagli dei della palla ovale. A quel punto il Diavolo era 4° da solo, oltre la Lazio, in zona Champions, 5 punti sopra la Roma caduta. Sembrava fatta, ma al 94’, con uno scherzo da Romagnoli, Correa ha fatto 1-1. Gattuso può essere orgoglioso della prova dei suoi guerrieri che hanno saputo soffrire nelle difficoltà di una partita dominata a lungo dalla Lazio e poi quasi vinta. Brava la difesa reinventata a reggere alle spallate di Immobile; bravissimi Kessie, il migliore, e Bakayoko, mai così protagonista, in mezzo. Ma troppo grossa è stata l’occasione sprecata per gioire del punticino. Che carica avrebbe dato una vittoria? E lo stesso vale per Inzaghi. Certe partite prese per la gola vanno strozzate. Con una doppia clamorosa sostituzione al 20’ della ripresa ha individuato i colpevoli: Milinkovic e Luis Alberto, i talenti pigri che dovevano monetizzare il predominio. La giocata buona l’ha piazzata un loro sostituto, Correa. Ma neppure Inzaghi, espulso nel finale elettrico, può festeggiare.
L’Inter, terza, si è allontanata a +5; sprecata l’occasione di sprofondare la Roma a -6. Dopo aver perso con Napoli, Juve, Roma e Inter, altri tremori davanti a una big. Quando il dente del giudizio? Pronti, via e il Milan capisce che sarà dura. Perché? Perché Kessie e Bakayoko devono fare muro in mezzo e nello stesso tempo tenere d’occhio Milinkovic e Luis Alberto che gli finiscono regolarmente alle spalle. Accerchiati e in inferiorità. Come con la Juve. Calabria e Borini non possono aiutare troppo perché impegnati a contenere Lulic e Marusic in fascia. La prima idea della Lazio: palla oltre Borini dove c’è un vuoto, perché Rodriguez, che oggi non fa il terzino, tarda a scalare dalla difesa a tre. Inzaghi prende in mano il match e attende la giocata buona di Milinkovic e Luis Alberto. A differenza di questi due, Suso e Calhanoglu restano larghissimi. Troppo. Se già Calabria e Borini sono assorbiti dall’interdizione, chi fa salire la palla? Infatti il Milan fa una fatica cane a impostare e dal 10’ Calhanoglu comincia a deragliare opportunamente dai binari di fascia: stringe, si abbassa e aiuta l’impostazione. Meglio. In questo scenario è paradossale che la prima palla-gol capiti al Milan: Suso lavora bene a destra e crossa per Calha che costringe Strakosha a smanacciare sul palo (16’). La Lazio risponde con il primo tiro in porta (Immobile al 43’) e con Parolo (45’), uno dei più convinti.
Se Inzaghi non ha munto di più dal predominio è colpa dell’anima molle dei creativi (Milinkovic, Luis Alberto) e merito di un Milan organizzato e solidale, animato da Bakayoko. Non cambia il copione a inizio ripresa. Marusic crea subito un pericolo. Lazio padrona delle fasce, accampata sotto le mura di Donnarumma. Dopo un contropiede da guerriglia di Borini (gran tiro, angolo) Inzaghi al 20’ piazza una doppia sostituzione che sembra un colpo di stato, una scossa per svegliare la truppa. Fuori i colletti bianchi Milinkovic e Luis Alberto, che escono con l’allegria di un cipresso, dentro Lukaku e Correa per il 3-5-2. Ancor più carica dalle fasce e infatti un cross al 26’ manda in cielo Wallace che impone il miracolo a Donnarumma. Ma la seconda azione di guerriglia dei rossoneri spacca il match. Il lancio di Suso è proibito ai diabetici, Calabria si allunga e assiste Kessie che schiaccia in meta con la collaborazione decisiva di Wallace: autogol. Il Milan si ritira entro le mura e arriva al 90’ senza troppi affanni. Ma al 94’ Correa, con una magia tecnica (coscia, tiro al volo) fa 1-1. Vero che Gattuso non ha a disposizione la panchina di Allegri e che il timore di intaccare gli equilibri può averlo condizionato, ma il dubbio resta, a prescindere da Salvini: almeno un cambio (un Laxalt...) non avrebbe aiutato un Milan stanco e incerottato a portare in porto la vittoria? Con un cambio Inzaghi ha raddrizzato la barca. Alla fine il punticino è un cucchiaio di legno. Che solo all’Inter appare d’oro.
? Il Corriere dello Sport titola: "Ringhio Correa. Gelato il Milan. Indomabile Lazio: Wallace fa autogol, poi l’argentino rimedia al 94’. Gattuso sogna, Inzaghi espulso. Ma la sfida Champions è senza vincitori".
Prosegue il quotidiano sportivo romano:
All’ultimo respiro un colpo magico, da Champions. L’ha riequilibrata Correa, stop di coscia e destro nell’angolo, tenendo giù la palla di controbalzo, dopo il lancione disperato di Wallace e lo stacco di testa di Kessie, guarda caso proprio i due entrati nel gol del Milan, balzato avanti superata la mezz’ora della ripresa. Da giocoliere, trovando lo spiraglio giusto dentro la muraglia rossonera alzata al limite dell’area, senza pensarci e nell’unico modo possibile per provare a segnare, l’argentino ha bucato Donnarumma facendo esplodere l’Olimpico. Uno così dovrebbe giocare titolare, con o senza Luis Alberto e Milinkovic, perché la qualità fa la differenza, non il modulo. Era il 94' e così la Lazio ha riacciuffato il pareggio, in pieno recupero, quando Gattuso pensava di aver centrato il blitz. Niente allungo, ma neppure sorpasso. Sarebbe stato troppo perdere e il risultato non placa i rimpianti. Inzaghi, che poi sarebbe stato espulso da Banti per aver superato il perimetro dell’area tecnica, ha perso l’occasione per scavare il vuoto, staccare le concorrenti al quarto posto e tornare a vincere un confronto diretto. La rabbia è anche del Milan, la partita era finita. Gattuso l’aveva condotta con coraggio e in emergenza, assorbendo le assenze di Higuain e Romagnoli (più le altre) con intelligenza e spirito di sacrificio, tenendo benissimo il campo, soprattutto nella ripresa. Bene Bakayoko, non solo muscoli, ma raziocinio. Grande disponibilità a interpretare il modulo con Abate e Rodriguez adattati a centrali: il 3-4-2-1 di partenza diventava 5-2-3 in fase difensiva e 4-2-3-1 in costruzione.
Questo Milan ha spirito, anima, mette a frutto il potenziale. In attesa dell’acquisto di Ibra e del ritorno di Higuain, Cutrone non ha beccato palla, ma non era la serata giusta. Immobile, nervoso dopo la delusione azzurra, è stato fermato da Donnarumma e ne aveva troppi addosso. Lazio poco precisa: 21 tiri sono tanti, di cui appena 5 nello specchio. La Lazio ha costruito molte più occasioni e poteva sbloccarla anche a inizio ripresa, se Banti avesse concesso il rigore per la cintura di Kessie su Parolo. Quando il gioco era in pugno, non ha convinto il doppio cambio di Inzaghi. E’ entrato Correa (decisivo), ma sono usciti Luis Alberto e Milinkovic. Lo spagnolo stava decollando e il serbo, seppur ammonito, dava buoni segnali. Gattuso, per dire, ha iniziato e finito con gli stessi undici. Con Lulic interno la Lazio ha smarrito palleggio e geometrie, Parolo e Badelj avevano perso i riferimenti. Lukaku ha dormito ed è stato sorpreso dal raid di Calabria, sfuggito sul filo del fuorigioco. Autogol di Wallace, il tiro di Kessie era fuori dallo specchio. Venti minuti di collasso laziale, quelli fatali per piegare l’inerzia dalla parte del Milan, sempre più convinto a uscire dal guscio e colpire. Simone è stato poi veloce a inserire Caicedo per Radu, virando sul 4-2-4 per l’assalto finale. La Lazio ha dimostrato orgoglio e personalità, ci ha creduto, non si è arresa, trovando maggiore ampiezza con Lukaku-Correa a sinistra, Marusic-Lulic a destra.
Gli esterni orientano le partite. Suso ha innescato l’azione dell’autogol di Wallace e con un’altra incursione aveva creato i presupposti per il destro a botta sicura di Calhanoglu, toccato da Strakosha e respinto dal palo. La Lazio si è divorata un’enormità di palle-gol nel primo tempo perché a destra è mancata la rifinitura giusta di Marusic e dall’altra parte Lulic doveva strappare, con allunghi di 60-70 metri, per creare la superiorità. Immobile, dopo il primo quarto d’ora di fuoco, si è ritrovato solo in mezzo a quattro-cinque milanisti. Troppa fatica. E’ un difetto di fabbrica. O la Lazio riesce a tenere il ritmo altissimo oppure è costretta a rallentare la manovra e salire con molta lentezza, mentre gli avversari si sistemano e chiudono gli spazi. Inzaghi aveva disegnato bene la partenza. Parolo e Milinkovic correvano alle spalle di Kessie e Bakayoko, Luis Alberto galleggiava tra i due mediani e trovava facilmente la palla, illuminando il gioco a destra con i suoi lanci, su cui scattava Marusic. Gli esterni rossoneri, troppo bassi, venivano saltati e messi sotto pressione. Dopo un quarto d’ora in cui ha barcollato più di una volta senza crollare, il Milan ha smesso di aspettare. Borini si è alzato per tenere basso Marusic e Calhanoglu "scendeva" a dialogare con Kessie e Bakayoko. Poco per segnare, tanto per tenere la Lazio lontana. Un equilibrio ristabilito solo alla fine dalla magìa di Correa.
? Il Messaggero titola: "Lazio, anima e Correa. L’argentino pareggia nel recupero il gol di Kessie l’Olimpico fa festa: il quarto posto in classifica è salvo. Inzaghi evita l’ennesimo ko contro una big ma spreca un’occasione d’oro per consolidare la zona Champions".
Prosegue il quotidiano romano: Un punto buono per l’Europa League e due buttati per la Champions. Correa salva la Lazio nel momento più buio suo e della squadra. Un destro in pieno recupero che regala ai biancocelesti l’1-1 contro il Milan. La sensazione, però, è che la squadra di Inzaghi abbia buttato via un’altra occasione per scavare un solco. Primo pari contro una big dopo quattro sconfitte. Un bottino troppo magro. La Lazio resta sola al quarto posto in classifica, ma quanta fatica. Alla fine il punto è addirittura preziosissimo perché i rossoneri, seppur senza 6 titolari, stavano portando a casa una vittoria che avrebbe significato il sorpasso. Tiro di Kessie e deviazione decisiva di Sfortuna Wallace. Inzaghi protagonista nel bene e nel male: rischia il botto con il cambio di Luis Alberto per un Correa apatico ma che per fortuna si fa perdonare in pieno recupero. Sbraita contro Banti (non fischia un rigore a Parolo) che lo caccia ma lui fa resistenza: "Non me ne vado", ripete al fischietto di Livorno mentre continua a dare indicazioni ai suoi. Ribolle conscio di aver rischiato troppo. Al di là di tutto la Lazio continua a palesare limiti di personalità e mancanza di rabbia. Molto meglio il Milan da questo punto di vista che, seppur rimaneggiato, stava conquistando tre punti d’oro.
Inzaghi e Gattuso urlano in continuazione. Corrono su e giù scavalcando continuamente il limite dell’area tecnica. Entrerebbero in campo se potessero. Sentono tantissimo la partita e non potrebbe essere altrimenti per due che si sentono ancora calciatori. La Lazio sfrutta le corsie esterne affidandosi alla corsa di Lulic da un lato e Marusic dall’altro. Luis Alberto accende il gioco con giocate di classe. Finalmente. I biancocelesti creano almeno tre palle gol nel primo quarto d’ora ma mancano di precisione al momento decisivo. Il Milan gioca con rabbia. Gattuso imposta tutto su contropiede e carattere. Suso e Calhanoglu svariano sulla trequarti e Cutrone lì davanti fa continuo movimento. La difesa laziale sbanda in un paio di occasioni regalando ai rossoneri le due occasioni più pericolose della gara: Strakosha è fenomenale a deviare in tuffo un tiro di Calhanoglu. La partita è vivace e ricca di capovolgimenti di fronte. Le due squadre giocano a viso aperto e senza timori reverenziali. Parolo gioca più da incursore tanto che sui suoi piedi capitano due occasioni d’oro. La Lazio sembra avere meno cattiveria e dunque non capitalizza quello che crea. Il paradosso è che è il Milan ad andare più vicino al gol nonostante abbia fatto la metà dei biancocelesti. Immobile lì davanti è un pericolo costante e costringe la difesa del Milan agli straordinari per contenerlo.
Le urla d’Inzaghi diventano di rabbia contro Banti ad inizio ripresa reo di non aver concesso un rigore per una trattenuta in area di Kessie su Parolo che protesta vivacemente contro il fischietto di Livorno. Irrati al Var non interviene. Reazione di carattere della Lazio che chiude il Milan nella propria area. Immobile prima e ancora Parolo sfiorano il gol. Il tecnico continua il suo duello con Banti che non vende un altro fallo di mano, stavolta al limite dell’area. La gara non si sblocca e così cambia le pedine: dentro Lukaku e Correa per Milinkovic e Luis Alberto. Lo spagnolo tra i migliori in campo. L’altro è Donnarumma che fa due miracoli: uno su Immobile e l’altro su Wallace. Il brasiliano è sfortunatissimo nel deviare in porta il tiro di Kessie. Pesano le scelte d’Inzaghi che rende la squadra più prevedibile. E così è costretto a mandare dentro Caicedo passando alla difesa a quattro. Correa, però, rimette tutto a posto salvando tecnico e compagni.
? Tratte dal Corriere dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
Rabbia e rimpianti per Inzaghi e la Lazio. Doveva essere la notte della svolta Champions, dell’allungo sul Milan e sulla Roma, dell’urlo liberatorio. Invece no. L’asso tirato fuori da Correa ha eliminato solo la beffa e la delusione profonda se fosse arrivato il quinto ko di fila in altrettanti confronti diretti con le big. E’ un sorriso a metà. Simone ha respinto qualche critica piovuta in conferenza stampa. Ha difeso la Lazio. "Non sono d'accordo sul giocare meglio, però dovevamo vincere. Nonostante il pareggio all'ultimo minuto sono dispiaciuto per il risultato. Sapevamo che il Milan ci avrebbe aspettato. I ragazzi sono stati bravi a crederci fino alla fine. Sono deluso soprattutto per loro perché volevamo assolutamente vincere. Sarebbe stato importante per noi, per la classifica e per i nostri tifosi". Già, era un’occasione colossale. Un altro minuto e la Lazio avrebbe perso. Perplessità sui cambi decisi dal tecnico nel cuore della ripresa. "Correa è stato bravissimo, come gli altri che sono entrati. Milinkovic era in crescendo ma ammonito, l’ho tolto per questo motivo. Un'eventuale espulsione ci avrebbe fatto sfuggire di mano la partita. Ho preservato la squadra e ho preso questa decisione in una partita fisica. Quando rimani in dieci difficilmente riesci a vincere. Luis Alberto pensavo di tenerlo in campo insieme a Correa, poi ho voluto inserire Lukaku per riordinarla". Nel finale l’ultima mossa l’ha aiutato a trovare il pareggio. "Avrei tolto anche Lulic, ma ho voluto mettermi con il 4-4-2 e ho inserito Caicedo. Per i cambi di modulo c’è sempre tempo per pensarci, dovevamo tenerli larghi con Correa e Lulic".
Troppe occasioni fallite per l’imprecisione al cross. "Sono d'accordo, abbiamo sbagliato gli ultimi passaggi, ma la manovra non era macchinosa. Sono state create tante occasioni. Loro si sono difesi con tanti uomini, Donnarumma è stato bravissimo su Wallace. Secondo me è stata una buona Lazio e avremmo meritato di vincere". Banti l’ha espulso. Non è la prima volta. "Siete voi che potete giudicare e vedere. Non avevo capito il motivo e non volevo uscire, poi mi ha spiegato che avevo superato l'area tecnica. Alla fine mi sono scusato. Probabilmente ero un po' nervoso e frustato perché perdevamo una partita che non meritavamo di perdere. Ci tenevo e ho reagito così. Ma dell’arbitraggio non parlo". Di buono restano il pareggio e il quarto posto. "Volevamo vincere, ma ci teniamo il pari per come è arrivato. Il calcio è così, prendi un gol su deviazione e vai sotto. Siamo stati bravi a rimanere in partita e prendere il pareggio, strameritato. Mi dispiace per i ragazzi, hanno lavorato bene, c’era dispiacere nello spogliatoio. Siamo stati in controllo, abbiamo palleggiato bene e fatto correre il Milan, sbagliando l’ultimo passaggio e siamo stati sfortunati sotto porta. Il gol di Kessie è stata una brutta botta, ma abbiamo reagito bene". Non prenderà la trasferta di Cipro come un’amichevole. La Lazio proverà a sfilare il primato all’Eintracht in volata. "A Limassol andiamo per vincere, il Francoforte avrà una partita tosta con l’Olympique".
Sono gol che vorremmo sempre vedere, peccato tenerli nel cassetto, chissà quanti ce ne siamo persi finora. Con il talento non si possono fare calcoli, non si scende a patti. Il talento non si può sprecare, al talento non si può sottrarre spazio. Ci sono scienza e magia nel colpo del Tucu Correa, tirato fuori dal cilindro quando la sconfitta sembrava segnata, decisa. C’è scienza e magia in quello stop volante, in quella torsione repentina, in quell’allungo, in quel tiro di controbalzo, realizzato tenendo il pallone a terra, centrando l’angolino. Ha fatto venire la pelle d’oca all’Olimpico laziale, l’ha fatto esplodere al momento dei saluti: "Il gol è stato come una liberazione. Non avremmo meritato la sconfitta. Abbiamo giocato bene, siamo contenti, serviva qualcosa di più sotto porta. Il mio minutaggio? Mi alleno sempre bene per essere a disposizione dell’allenatore. Certo, spero di trovare più spazio". Scienza e magia, è il suo calcio, sono i suoi colpi. Il più in forma, il più "top", non gioca sempre, non è detto. Il Tucu Correa, non sembra vero, è il panchinaro d’oro della Lazio. E’ costato 16 milioni più 3 di bonus, è stato pagato un occhio della testa per tenerlo confinato in panchina, per farlo giocare solo una volta da titolare in campionato (a Udine il 26 settembre, poi mai più), per tirarlo fuori dalla naftalina solo in corso d’opera. E’ intollerabile, la questione. Il Tucu Correa va a testa alta e dopo il gol di ieri può urlare al mondo la sua voglia di giocare, è giustificatissima. Non è un intruso, non è un panchinaro, non è una riserva.
Dodici panchine su tredici partite di campionato sono un’enormità. S’è fatto bastare gli scampoli di gare offertigli da Inzaghi. Nel contempo ha segnato tre gol (a Udine e a Parma per la vittoria, contro il Milan per il pareggio). "Niente e nessuno può fermarmi", era stato il messaggio postato prima di Lazio-Milan dall’argentino. "Non ti ferma nessuno", è il messaggio che la bellissima Desirée, la sua fidanzata, ha postato al termine della partita dell’Olimpico. Non lo fermi proprio Inzaghi, il Tucumago argentino. Joaquin Correa ha numeri spettacolari, li ha fatti vedere. Il gol di Udine era stato magico, ieri ha armato il destro e ha confezionato quel gol, un tesoro scintillante. Non aveva avuto occasioni, è riuscito a sfruttare l’ultima saltellando e giganteggiando, colpendo e superando Donnarumma, lanciatosi disperatamente in tuffo. Il Tucu Correa deve giocare di più. Aspetta una nuova occasione da titolare, in campionato, da due mesi. Sono troppi. Inzaghi non s’è mai deciso a sganciarlo, gli ha fatto fare la fine di Felipe Anderson. Ha stradifeso e aspettato Luis Alberto, a costo di rinunciare ai colpi dell’argentino. Correa si è meritato più volte il sorriso della sorte, non quello dell’allenatore. S’è ritrovato sempre in panchina, s’è ritrovato sconfitto nei ballottaggi della vigilia. Prima da vice Luis Alberto, poi da vice Caicedo. Il vice dei vice merita una maglia da titolare. Peccato davvero dover aspettare i suoi gol. Correa è partito dalle retrovie, s’è preso la copertina. Non basta e avanza, il Correa part-time. Peccato averlo e sprecarlo.
Il pari ottenuto in extremis con il Milan è un bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto? È complicato anche per Badelj rispondere a questo dilemma: "Quando trovi il pareggio all’ultimo secondo in genere è un punto guadagnato. Però è dura non uscire con una vittoria dopo una prestazione del genere, forse la migliore della nostra stagione. C’è un po’ di rammarico, per me sono due punti persi, anche perché la Roma era uscita sconfitta con l’Udinese e avremmo potuto prendere più vantaggio. Dobbiamo guardare avanti". Di certo per il centrocampista croato la Lazio avrebbe meritato qualcosa in più rispetto al Milan: "Credo che la nostra prestazione sia stata superiore a quella degli avversari. Purtroppo ci sono stati episodi che ci hanno condannato, come sul gol di Kessie. Lì dovevo essere più sveglio e reattivo. Mi sento però di fare i complimenti alla squadra, perché è dura andare in svantaggio dopo aver dominato per 75 minuti. Nonostante ciò abbiamo risposto con grinta, è stata una reazione di gruppo: poi il "Tucu" è stato strepitoso, ha segnato un gol illegale". Badelj ha risposto in modo positivo alla fiducia di Inzaghi, con una prestazione che non ha fatto rimpiangere l’assenza di Lucas Leiva e gli ha permesso di affrontare la sfida muscolare con Kessie e Bakayoko: "Il Milan comunque è una squadra che con diritto lotta per la Champions League, ci ha messo in difficoltà con merito e nonostante le assenze. Anche stavolta non siamo riusciti a battere una big, è vero. Proveremo a essere più lucidi nelle prossime occasioni".
Pure senza tre punti, intanto, questa può essere la partita della svolta per l’avventura alla Lazio del croato. Fino a questa gara era riuscito a mettere insieme appena 335 minuti (ora 425) in stagione. Quando in estate ha scelto di diventare un giocatore biancoceleste, d’altronde, sapeva che sarebbe stata dura e che avrebbe dovuto lottare per guadagnarsi un posto. L’ex capitano della Fiorentina ha accettato la sfida, si è messo in gioco. Ora inizia a raccogliere i frutti del suo lavoro: "Mi sono sentito bene in campo, finalmente sono pronto per dimostrare le mie qualità. Con Acerbi accanto poi è tutto più semplice, mi ha dato una grande mano in fase di impostazione". Per Badelj è la nona presenza in questa stagione, la quinta partendo titolare: conta di metterne assieme molte altre da adesso in poi. Giovedì nella sfida di Europa League contro l’Apollon Limassol a Cipro potrebbe già avere un’altra occasione, ma il suo pensiero va alla prossima di campionato contro il Chievo: "Al Bentegodi sarà una partita difficile. Lì è sempre una sfida particolare, perché non ci sono mai troppi tifosi e quindi se non sei sveglio loro ti puniscono. Oltretutto sono una buona squadra, la classifica attuale non gli rende merito. Per noi però possono essere tre punti fondamentali". E lui vuole essere in campo per conquistarli.