Away league match played on 09 January 2016.
Kicked off at 6:00 PM

9 gennaio 2016 - Campionato di Serie A - XIX giornata - inizio ore 18.00

FIORENTINA: Tatarusanu, Roncaglia, G. Rodriguez, Astori, Blaszczykowski (54' Pasqual), Vecino, Badelj (59' Ilicic), Marcos Alonso, Mati Fernandes (74' Rossi), Borja Valero, Kalinic. A disposizione: Sepe, Gilberto, Tomovic, Rebic, Bagadur, Suarez, Verdù, Babacar, Baez. Allenatore: Paulo Sousa.

LAZIO: Berisha, Konko, Mauricio, Hoedt, Radu (76' Braafheid), Milinkovic Savic, Biglia, Parolo, Candreva, Djordjevic (64' Matri), Keita (87' Felipe Anderson). A disposizione: Guerrieri, Patric, Mauri, Klose, Bisevac, Onazi, Cataldi, Prce. Allenatore: Pioli.

Arbitro: Sig. Rizzoli (Bologna) - Assistenti Sigg. Di Fiore e Vuoto - Quarto uomo Sig. Di Liberatore - Assistenti di porta Sigg. Calvarese e Nasca.

Marcatori: 45' Keita, 93' Milinkovic Savic, 94' Roncaglia, 96' Felipe Anderson.

Note: ammonito al 19' G. Rodriguez, al 23' Mauricio, al 42' Borja Valero, al 48' Parolo, al 69' Hoedt, al 74' Konko, al 95' Pasqual. Angoli 6-2. Recuperi: 1' p.t., 6' s.t.

Spettatori: 25.361 per un incasso di Euro 464.199 (paganti 4.586 per un incasso di Euro 127.565, abbonati 20.775 per una quota di Euro 336.634).

La Gazzetta dello Sport titola: "Fiorentina infilzata dalle frecce della Lazio. Apre Keita, chiude Felipe Anderson: Pioli impone corsa e qualità. Senza Bernardeschi e con Ilicic acciaccato non è vera Viola".

Continua la "rosea": Prima l'Inter e ora la Fiorentina. La Lazio, la squadra più pazza del momento, dopo aver rovinato il Natale al Mancio avvelena l'anno nuovo alla creatura dei Della Valle con un 3-1 che ci sta tutto. Nonostante questi successi in trasferta di grande prestigio la creatura di Lotito è soltanto ottava in classifica. Verrebbe voglia di voltarsi indietro per cercare di capire il perché di un girone d'andata che non rispecchia il valore della rosa biancoceleste. Possibile che l'eliminazione nel preliminare di Champions e qualche infortunio di troppo abbiano mandato in tilt tutto un progetto tattico? Meglio guardare al futuro. La "nuova" Lazio parte da un'idea vincente di Pioli. Il 4-1-4-1 sta pagando. Biglia, il migliore in campo, è formidabile nella doppia fase: proteggere una difesa vulnerabile e garantire le giuste ripartenze per tutto quel ben di Dio che i biancocelesti hanno davanti. Questa Lazio può tornare velocemente in corsa per un posto in Europa. La Fiorentina rimbalza per più di un'ora contro la linee avversarie. Senza capirci niente. Il gol che sblocca la gara lo realizza al 46' del primo tempo un imprendibile Keita che sfrutta alla perfezione un assist di Djordjevic. Ma la Lazio aveva già costruito azioni importanti con una conclusione ravvicinata del solito Keita e con un colpo di testa di Milinkovic-Savic respinto sulla linea di porta da Astori. Le scelte di Sousa facilitano il compito di Biglia e compagni. Il tecnico portoghese, che già deve rinunciare allo squalificato Bernardeschi, parte con Ilicic in panchina. E ci può stare visto che lo sloveno aveva accusato un leggero fastidio muscolare nel finale della gara di Palermo. Ma perché proporre come trequartisti Borja Valero e Mati Fernandez lasciando fuori Rossi e Babacar?

Senza una spalla vera il generoso Kalinic finisce per fare il torello in mezzo alla difesa avversaria. Sousa vuole rinforzi. Lo ha detto ai dirigenti e lo sta ripetendo da giorni anche nelle conferenze stampa. Ma stavolta anche lui ha qualcosa da farsi perdonare. La Fiorentina è invisibile nel primo tempo e va ancora più in difficoltà quando il tecnico portoghese inserisce in avvio di ripresa Pasqual al posto di un impacciato Kuba, con Alonso, tutto mancino, spostato sulla corsia di destra. Altra confusione. L'infortunio muscolare di Badelj costringe Sousa a tornare alla normalità. Entrano prima Ilicic e al 29' finalmente pure Pepito. Il mosaico viola si ricompone di colpo. Rossi sfiora il gol con un velenoso sinistro a girare e con una conclusione da fuori area. E Parolo salva sulla linea di porta su un colpo di testa di Alonso. Ma la vera Fiorentina è entrata in campo troppo tardi. Regalando spazi agli avversari. Il contropiede della Lazio - con l'eccezione di Matri - non perdona. Nei sei minuti di recupero vanno a segno prima Milinkovic-Savic dopo un numero in dribbling da fenomeno (quasi il gol dell'ex visto che l'estate scorsa il serbo era stato a un passo e anche meno dalla Fiorentina) poi con il discusso Felipe Anderson, entrato al posto di Keita (perfetto l'assist di Candreva). In mezzo ai due gol biancocelesti c'è la rete del momentaneo 1-2 realizzata da Roncaglia con l'evidente complicità del portiere Berisha. Per la squadra viola è uno stop pesante che, tra l'altro, produce a fine gara anche una contestazione nei confronti di Andrea Della Valle. È chiaro che per coltivare sogni ambiziosi (scudetto e zona Champions) servono rinforzi di qualità un po' in tutti i reparti. Ma anche Sousa è chiamato a dare indicazioni chiare. A esempio, il tecnico portoghese è proprio convinto che Rossi non meriti più spazio e che Babacar sia soltanto un'alternativa a Kalinic? Sono solo alcune delle tante domande che aspettano risposta. In fretta.

Il Corriere dello Sport titola: "La Lazio gela la Viola d'inverno. Fiorentina confusa: Keita-Milinkovic-Anderson la fermano, negandole il titolo di gennaio".

Continua il quotidiano sportivo romano: Niente titolo d'inverno per la Fiorentina, fermata sul più bello dalla Lazio. Pioli è fuori dalla crisi e per come ha piegato Paulo Sousa, dopo aver sconfitto l'Inter di Mancini, chiederà ai suoi giocatori perché sono così lontani dalla zona Champions. Un'altra impresa, un capolavoro. Sul campo la differenza scavata dalla classifica non s'è vista. Il tecnico portoghese, invece, dovrà riflettere a fondo sulle proprie scelte prima ancora di reclamare acquisti. Perché Ilicic fuori dopo la doppietta di Palermo? E soprattutto perché Rossi è fuori dal progetto e non può giocare vicino a Kalinic? Troppo tardi è entrato Pepito e con il suo ingresso ha svegliato la Fiorentina, che si è illusa di poter ribaltare nel finale una partita in cui non ha mai capito cosa doveva fare per creare difficoltà alla Lazio, ordinatissima e mai in affanno, almeno sino a quando non è uscito Djordjevic (infortunio) e davanti è saltato il pressing sui difensori viola, vera chiave tattica del confronto. Non è bastata la scossa di Rossi, l'unico davvero pericoloso e capace di aprire dei varchi. E' stato Milinkovic, viola mancato, con un gol pazzesco in pieno recupero ad affondare la Fiorentina e poi Felipe, sempre più sul mercato, a mettere il sigillo dopo il regalo di Berisha a Roncaglia.

Tre gol nei sei minuti di recupero concessi da Rizzoli dopo novanta al altissima intensità. Pioli, come a San Siro, si è difeso mantenendo su tre linee (4-1-4-1) la compattezza della Lazio, così raccolta e corta da controllare i viola con il baricentro altissimo. Una tattica più coraggiosa rispetto a Paulo Sousa. Con palla a Berisha, linea della Fiorentina a quattro con Roncaglia terzino e Borja Valero a scalare a sinistra per coprire Konko. Con palla a Tatarasanu, Konko invece "saliva" in marcatura su Alonso e lasciava lo spagnolo a Mauricio, Biglia andava su Kalinic, Candreva cercava Astori, Djordjevic e Keita pressavano Gonzalo e Roncaglia. Duelli individuali nella metà campo avversaria e poi rapida ritirata. La Fiorentina ha mantenuto a lungo il possesso (primo tempo chiuso con il 62,9%, alla fine 67,6%) ma faticava a superare la linea di centrocampo, perché le tre punte della Lazio erano veloci a rientrare. Fondamentale il lavoro di tamponamento di Milinkovic su Vecino e di Parolo su Badelj. Era in quel fazzoletto di campo che si stava giocando la partita e i due laziali uscivano in costante anticipo. Alla resa dei conti la supremazia del giro-palla viola era sterile perché Pioli si difendeva più "alto" rispetto a Sousa. Questo spiega perché la Fiorentina, tolta una punizione di Mati Fernandez, ha trovato il vero primo tiro a un soffio dall'intervallo con Vecino. La Lazio, invece, è passata in vantaggio al 46' dopo essersi divorata tre occasioni da gol. La prima con Keita, la seconda con Milinkovic e la terza ancora con il serbo, di testa su angolo di Biglia. Il destino ha voluto che proprio Astori, quasi laziale due anni fa, salvasse sulla linea. Così è arrivato meritatissimo il gol di Keita. Errore di Roncaglia, l'ha presa Djordjevic e ha servito subito lo spagnolo, bravo a bruciare sullo scatto Gonzalo prima di battere Tatarasanu in uscita.

La partita nella ripresa non è mai cambiata, è solo aumentata la pressione viola nel finale. Sousa non aveva Bernardeschi, ha tolto lo spento Blaszczykowski per Pasqual, poi ha perso Badelj e ha arretrato Borja Valero inserendo Ilicic. Alonso a destra aveva mosso la partita e solo al 29' è entrato Rossi per Mati Fernandez. Al primo pallone toccato, Pepito ha spaventato Berisha con un diagonale velenoso e dopo due minuti Parolo ha salvato sulla linea il colpo di testa di Kalinic, poi l'albanese ha respinto un altro tiro di Rossi. Matri si è divorato il raddoppio. Milinkovic, invece, di prepotenza ha strappato il pallone a Vecino, ne ha dribblati due e di sinistro ha infilato in rete. Sembrava finita. Invece no. Roncaglia, quasi per caso, l'ha riaperta sorprendendo Berisha. La Lazio non si è spaventata. Discesa di Konko, assist al bacio di Candreva, piattone di Felipe, di nuovo in gol come il suo amico Keita. Ora i gioielli di Lotito costeranno qualche milione in più.

Il Messaggero titola: "Una Lazio ammazzagrandi. Dopo il colpo a San Siro contro l'Inter, i biancocelesti vincono anche al Franchi e si confermano bestia nera della Fiorentina. Keita sblocca a fine primo tempo, poi la squadra di Pioli resiste ai viola. Raddoppia Milinkovic, terzo gol di Anderson".

Continua il quotidiano romano: Dottor Jekyll e mister Hyde. Non si potrebbe definire altrimenti la Lazio. I biancocelesti, inguardabili all'Olimpico contro il Carpi, hanno invece sciorinato calcio contro la Fiorentina. E così, dopo San Siro, ecco altri tre punti d'oro per la rincorsa all'Europa. Il tre a uno è pura musica per i ragazzi di Pioli, completamente trasformati rispetto all'ultima partita. Sarà che quando affronta una grande, la squadra trova gusto a farle lo sgambetto; sarà che il clima da big match esalta la Lazio, fatto sta che mai in questa stagione si era vista una squadra tanto volenterosa e quadrata in campo. Il guizzo di Keita a fine primo tempo, quello dell'odiato Milinkovic e il tris di Anderson alla fine del secondo, regalano aria pulita ai biancocelesti che rischiavano nuovamente l'intossicazione con i fumi avvelenati levatisi in aria il giorno dell'Epifania. La Fiorentina invece mastica amaro, perché la sconfitta riporta tutti con i piedi per terra e sfuma così la possibilità di conquistare il titolo d'inverno. E' mancata la testa, così come varie volte è già capitato in questa stagione, alla squadra di Sousa: ha giocato un calcio bruttissimo che non le appartiene. Probabilmente la gara è stata presa sotto gamba e con troppa superiorità, un errore che la Viola non dovrà più ripetere se non vorrà rimanere solo una bella incompiuta.

La Lazio ha combattuto, è stata in grado di resistere agli assalti della Fiorentina in prima battuta e di colpire nel momento migliore. Una pugnalata, quella di Keita a fine primo tempo, che ha mandato al tappeto i giocatori di Sousa. Il raddopio di Milinkovic e poi il tris di Anderson hanno esaltato i biancocelesti e mandato su tutte le furie i viola, sia in campo che sulle tribune, dove si sono vissuti attimi di tensione. Quadrati a centrocampo i biancocelesti, con Biglia di nuovo padrone e a impostare il gioco, Milinkovic a fare il lavoro sporco tra le linee e Parolo, il più sacrificato, a giocare da incontrista. Non proprio il suo ruolo, visto che va molto meglio quando fa l'incursore. In avanti è Keita a brillare più di tutti. Lo spagnolo è una spina nel fianco per tutta la gara, spinge sull'esterno costringendo i viola ad affannosi recuperi. Chiama il pallone sempre e si propone in tutte le azioni. Sta bene ed è bravissimo a sfruttare la ghiotta palla che gli serve Djordjevic. Aveva ragione chi lo voleva in campo al posto del gemello diverso Anderson. Il primo tempo è praticamente tutto di marca biancoceleste, se si esclude la punizione dopo 4 minuti di Fernandez. Il brivido scuote i biancocelesti che cominciano a macinare gioco sugli esterni, mandando in crisi la difesa della Fiorentina. In mediana il filtro dei viola ha numerose falle e così la Lazio può giocare tanti palloni in tranquillità. La ripresa vede la Fiorentina spingere forte sull'acceleratore. La Lazio è brava a respingere gli assalti degli uomini di Sousa, ma la serata è tinta di biancoceleste e così il tanto odiato (per questioni di mercato) Milinkovic, dopo un gioco di gambe, si trova a tu per tu con Tatarusanu e lo trafigge. Apoteosi al Franchi. Ma la gara non è ancora finita, perché Berisha compie una papera clamorosa e riapre i giochi. Ci pensa Anderson al 96.mo a calare il tris che regala il successo alla Lazio. Quello di Firenze si conferma un campo benedetto per i biancocelesti che nelle ultime sei gare giocate in casa della Viola ne hanno vinte quattro.

Tratte dalla Gazzetta dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:

Eccola, la Lazio migliore della stagione. Solida, spietata, sempre concentrata. Capace anche di fare un regalo agli avversari, ma solo in pieno recupero. Una squadra che si è permessa di sbancare senza problemi il campo della squadra rivelazione del campionato, di quella Fiorentina che, fino a ieri, era in corsa per il titolo di campione d'inverno. La Lazio l'ha annichilita, come già era riuscita a fare a San Siro contro l'Inter, prima di Natale. Una formazione in grado di lottare alla pari con quelle che si giocheranno lo scudetto fino alla fine. E quindi anche lei, in un certo senso, da scudetto. Non perché possa ambire a tanto, ma perché a livello tecnico non ha nulla da invidiare alle prime della classe. Cosa fare da grandi. Se lo chiedeva Pioli dopo lo sconcertante 0-0 di mercoledì col Carpi. Al Franchi è arrivata la risposta. Questa Lazio vuole rimontare in campionato, inseguire quel piazzamento europeo che, nonostante tutto, è ancora possibile. E poi togliersi altre soddisfazioni nelle due coppe nelle quali è ancora in corsa. Se gioca sempre come ha fatto ieri a Firenze può tranquillamente fare tutto ciò, forse anche di più. "Queste sono le nostre qualità, questo è il nostro gioco. Adesso dobbiamo spingere e non fermarci più. La stagione è ancora lunga e c'è tanta strada da fare", gongola Stefano Pioli. Il tecnico sembra finalmente aver trovato quella svolta che attendeva da inizio anno. "Ma aspettiamo almeno la prossima partita prima di dirlo. Quel che è certo è che questa è stata la Lazio migliore dell'anno, più di quella che ha battuto l'Inter. Ora dobbiamo continuare così, non possiamo più permetterci altri passaggi a vuoto come quello di mercoledì col Carpi. Dalla mia squadra d'ora in avanti pretenderò sempre prestazioni come questa di Firenze".

Ieri la Lazio festeggiava il 116° anniversario della sua fondazione e la squadra biancoceleste ha onorato nel migliore dei modi la ricorrenza. "Per noi questo è un motivo in più di soddisfazione - dice il capitano Lucas Biglia -. Ma questa vittoria deve essere solo l'inizio. Vogliamo scalare posizioni in campionato e poi andare avanti in Coppa Italia e in Europa League. Con la Fiorentina abbiamo fatto una grande prestazione, ora dobbiamo trovare regolarità. Se guardiamo la classifica è evidente che non siamo ancora dove dovremmo essere". D'accordo con il capitano anche un altro grande protagonista del successo del Franchi, Sergej Milinkovic. Il serbo ha realizzato il suo primo gol in campionato (il secondo con la Lazio dopo quello col Dnipro in Europa League) e lo ha fatto proprio contro quella Fiorentina che l'estate scorsa aveva provato a strapparlo alla Lazio. "È stato un momento fantastico. Il primo gol in A è qualcosa di emozionante. Il fatto che sia arrivato proprio contro la Fiorentina mi ripaga della scelta fatta a luglio (ndr, dopo il gol ha mostrato ai tifosi viola il simbolo della Lazio sulla maglia). Ora dobbiamo continuare a vincere". Esulta anche il presidente Lotito: "Abbiamo celebrato al meglio i 116 anni del nostro club. Siamo ancora in corsa su tre fronti e faremo il possibile per migliorare i risultati dell'anno scorso".

"E' stata la miglior partita dell'anno" gongola Pioli. "Adesso - prosegue il tecnico - dobbiamo giocare con questa voglia e questa qualità tutte le partite, serve continuità. La Fiorentina ci ha costretto a correre tantissimo, forse più di sempre. Ma lo abbiamo fatto da squadra rimanendo sempre compatti". Li attendi tutto l'anno, li aspetti con la convinzione che prima o poi dovranno pur accendersi. Scruti ogni loro movimento per capire se quel momento sta arrivando. Ma niente, quell'istante sembra non arrivare mai. Poi, quando meno te lo aspetti, bum, ecco che si materializza davvero. Per entrambi. E nonostante, inizialmente, giochi uno solo dei due. Keita Balde Diao e Felipe Anderson hanno scelto il palcoscenico giusto per uscire allo scoperto: quel Franchi di Firenze che da sempre sa distinguere i geni del calcio. Pioli li sta alternando in questa stagione. E non perché non possano coesistere, ma perché nessuno dei due è riuscito a trovare quella continuità necessaria per essere un valore aggiunto invece che un lusso non sempre necessario. Così Keita è diventato il 12o uomo, quello da inserire a partita in corso per rompere gli equilibri. Ruolo che lui non ha mai mandato giù. Ma, ogni volta che Pioli lo schierava titolare, lo spagnolo sembrava volesse fare di tutto per confermare che sì, quella era la sua giusta dimensione. A Firenze il tecnico gli ha concesso una nuova occasione da titolare. E stavolta l'ex canterano del Barça non se l'è fatta sfuggire. Quei suoi atteggiamenti sfrontati, da star un po' viziata, che spesso sono parsi sovradimensionati rispetto al suo effettivo valore, a Firenze non hanno fatto una piega.

Perché Keita ha spaccato la partita sin dall'inizio. E soprattutto ha realizzato il gol (il secondo in campionato, il terzo stagionale) che ha deciso la gara fino al 90', prima del pazzo recupero. Aveva chiesto notizie sul suo conto il Watford, lui ha subito declinato. "Sto bene alla Lazio, andrò via solo quando mi chiamerà un top club", ha fatto sapere ai dirigenti. Se da qui in avanti il suo rendimento sarà pari alla stima che ha di se stesso questo ragazzo farà sfracelli. A Firenze ha cominciato. Il suo "gemello diverso" Felipe Anderson ha il problema opposto. Crede troppo poco nel suo potenziale che invece è enorme. Così si spiegano i numerosi black out di cui troppo spesso è vittima. Poi, però, basta un clic e si riaccende. A Firenze, dove ha dato il cambio a Keita nel finale, è bastata una palla invitante di Candreva per farlo tornare Felipe: un gol solo apparentemente facile. E comunque fondamentale perché, dopo la papera di Berisha, la Lazio stava rischiando di combinare la frittata del secolo. Lui, Felipe, non ha il problema di circoscrivere alla corte di top club l'eventualità di lasciare la Lazio. Perché solo quelli lo cercano: "Ma adesso voglio pensare alla Lazio. Il nostro vero valore è quello emerso qui al Franchi e a San Siro con l'Inter. Adesso dobbiamo continuare così". Ma davvero Felipe pensa solo alla Lazio? "Certo, anche se a febbraio non so se sarò ancora un giocatore della Lazio...", aggiunge sibillino.

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