6 febbraio 2016 - Campionato di Serie A - XXIV giornata - inizio ore 20.45
GENOA: Perin, Izzo, Burdisso, Muñoz, Ansaldi (58' Rigoni), Rincon, Dzemaili, Laxalt, Suso (79' Lazovic), Cerci (69' Tachtsidis), Pavoletti. A disposizione: Lamanna, De Maio, Marchese, Fiamozzi, Gabriel Silva, Ntcham, Capel, Pandev, Matavz. Allenatore: Gasperini.
LAZIO: Marchetti, Basta (46' Patric), Mauricio, Hoedt, Konko, Cataldi (78' Lulic), Felipe Anderson, Milinkovic, Parolo, Mauri (65' Keita), Djordjevic. A disposizione: Berisha, Guerrieri, Gentiletti, Braafheid, Klose. Allenatore: Pioli.
Arbitro: Sig. Orsato (Schio - VI) - Assistenti Sigg. Di Liberatore e Fiorito - Quarto uomo Sig. Alassio - Assistenti di porta Sigg. Mazzoleni e Chiffi.
Note: ammoniti Suso, Munoz, Rincon, Parolo, Cataldi e Lulic per gioco scorretto. Recuperi: 2' p.t., 4' s.t.
Spettatori: paganti 2.020, per un incasso di Euro 37.735, abbonati 17.650, per una quota gara di Euro 149.464.
La Gazzetta dello Sport titola: "Genoa, brodino salvezza. La Lazio saluta l'eurotreno. A Marassi manca il colpo di genio e lo 0-0 scontenta tutti: i rossoblù non vincono da 4 partite, i biancocelesti a secco di gol per la terza di fila".
Continua la "rosea": Guardate i migliori in campo (Muñoz e Mauricio), considerateli simboli di carattere e impermeabilità più che controparti decisive di chissà quali potenze offensive e capirete già molto di che tipo di partita sia stata. Una battaglia vissuta nell'inutile attesa di un colpo di genio che non c'è stato. Un lungo corpo a corpo di due squadre che hanno dimostrato più una buona condizione fisica e ferocia negli uno contro uno che voglia di vincere (o era anche paura di perdere?); più attenzione a spezzare gioco che a realizzare un proprio progetto; più efficacia difensiva che pericolosità offensiva, vista anche la bassissima percentuale (69,9-69,8%) di passaggi riusciti. Così forse, alla fine, tutti scontenti. Sicuramente il Genoa che non vince da quattro partite, quelle del digiuno di un Pavoletti ancora poco aiutato da Cerci. Aver subito appena due gol nelle ultime sei gare testimonia di una solidità difensiva ritrovata e fondata sul buon momento di Burdisso e soprattutto Muñoz, ma nelle sue soluzioni offensive oggi c'è poco del calcio che sa insegnare Gasperini, alla 12a gara senza gol (primato negativo in A). Ma anche la Lazio, perché è sfumata un'altra chance per (ri)avvicinare l'Europa: obiettivo difficile per una squadra che là davanti sapeva essere un flipper infernale e invece è a zero gol segnati da tre gare consecutive. Non le succedeva dall'aprile 2013, e abbiamo detto tutto.
Il primo tempo era stato la somma abbastanza esatta dell'attenzione al pressing e dunque dell'equilibrio fra le due fasi di entrambe le squadre. Gasperini, con Suso adattato da trequartista in faccia a Cataldi, aveva studiato una diversa pressione sul play biancoceleste e sui centrali della Lazio; con Cerci larghissimo a destra e Pavoletti più stretto verso il centro puntava ad aprire spazi per le incursioni a sinistra di Laxalt, diventato invece il suo "lato" debole (così come Felipe Anderson per Pioli). Così, rispetto alla gara con il Napoli, la Lazio si è concessa con meno patemi il lusso di una difesa piuttosto alta, restando sempre corta nel suo 4-1-4-1, con continui incroci fra i tre davanti, in particolare Djordjevic e Mauri, che si è sdoppiato come uomo più arretrato in appoggio a Cataldi e a volte finto centravanti. Tanta stabilità poteva essere minata solo da soluzioni individuali, magari su calci piazzati: nel primo tempo un tiro di Cataldi deviato da Perin e una traversa di Mauri di testa; nella ripresa una zuccata di Munoz respinta da Marchetti. Oppure da un errore: blitz di Cerci con tiro cross salvato da Konko, nell'unica vera occasione in cui la Lazio si era fatta trovare slegata. Oppure da un cambio: ma forse Gasperini e Pioli hanno speso un attimo tardi la velocità di Lazovic e Keita. E anche quel lampo in extremis è rimasto pia illusione.
Il Corriere dello Sport titola: "Grinta Lazio ma il gol è scomparso. Buona reazione dopo il ko con il Napoli, ma restano i rimpianti: ancora un pari e nona gara senza segnare".
Prosegue il quotidiano sportivo romano: Il gol è tutto nel calcio e questo manca alla Lazio, ancora viva, pronta a reagire, ma incapace di trovare la strada della porta. Un altro pareggio senza segnare. Terza volta in sei giorni, due punti in tre partite. Buona reazione dopo il ko con il Napoli e lo 0-0 con l'Udinese, ma ci sono i rimpianti. Pioli e i suoi giocatori a Marassi avrebbero meritato di vincere. Ci hanno provato per novanta minuti e in tutti i modi senza sfondare il Genoa. Alla fine il pareggio è giusto, perché le uniche vere tre parate della partita sono state di Marchetti. Mauri, protagonista ritrovato, ha colpito una traversa. Djordjevic ha lavorato per la squadra, ha corso tantissimo, ma oggi alla Lazio servirebbe un centravanti capace di segnare e il serbo non è uno stoccatore. Klose non riesce a fermare il suo declino, Matri era squalificato, Keita costruisce senza finalizzare, Felipe Anderson è sparito. Si può spiegare così la crisi del gol. Dura e complicata la rimonta per l'Europa League. Come spirito la Lazio ha dimostrato di esserci e ancora una volta, lontano dall'Olimpico, ha giocato meglio, senza timori e condizionamenti. Non era semplice resistere alla corsa del Genoa. Bene la difesa, spesso sotto esame. Hoedt (in versione super) e Mauricio hanno retto il confronto con Pavoletti e Cerci. Se Marassi è tipico campo da calcio inglese e il Genoa di Gasp punta sull'intensità e sulla corsa, la Lazio di Pioli s'è avventata sulla partita con furore e con un'aggressività mai vista, almeno quest'anno, nel primo tempo.
E' abituata a subìre, a guardare. Questa volta è scesa in campo con un altro passo. Correva più del Genoa. Quattro angoli nei primi dieci minuti, sei al ventesimo. La squadra biancoceleste ha cominciato al massimo dei giri e con l'assetto preferito, lo stesso che le aveva consentito di vincere con Fiorentina e Inter fuori casa. Parolo e Milinkovic interni di contrasto su Rincon e Dzemaili, Cataldi rapido nella distribuzione del gioco, la linea difensiva alta con Mauricio a tamponare Pavoletti e Hoedt a impostare con personalità. Le sorprese erano davanti con Mauri preferito a Lulic e Djordjevic a Keita. Per mezz'ora in campo c'è stata soltanto la Lazio. Il centravanti serbo faceva un lavoro straordinario di corsa e di pressing, ma non riusciva a liberarsi al tiro. Positivo l'impatto di Mauri, che non giocava titolare in campionato da settembre. Sponde e tocchi intelligenti per cucire il gioco tra centrocampo e attacco, ma anche una buona condizione fisica. E' stato proprio il vecchio capitano della Lazio a colpire di testa la traversa sfruttando l'ennesimo angolo. Mancava l'ultimo passaggio, l'invenzione sulla trequarti, soprattutto perché Felipe stentava a ingranare. Mai una giocata buona, tanti errori, a volte perdendo palla e rischiando di lanciare il contropiede del Genoa. Al 38' e per la prima volta i rossoblù si sono affacciati nell'area di rigore di Marchetti, abile a smanacciare il diagonale di Cerci. La Lazio si era presa una pausa. Nell'intervallo Basta ha mollato per un altro infortunio e Pioli ha inserito Patric, quasi mai visto quest'anno.
Lo spagnolo, nella fase difensiva, era un pochino incerto, ma davanti si proponeva, appoggiava l'azione. Gasp ha inserito Rigoni per Ansaldi e spostato Rincon a destra, poi è entrato anche Tachtsidis ed è uscito Cerci: chiara l'intenzione di irrobustire il centrocampo. Pioli ha tolto Mauri, che aveva speso ogni energia, tentando la carta Keita. La Lazio attaccava, il Genoa ripartiva. Marchetti s'è superato, respingendo sulla linea il colpo di testa di Munoz, rapido sul calcio piazzato di Suso. Gli ultimi venti minuti si sono trasformati in un corpo a corpo. Un'azione da una parte e il rovesciamento di fronte. Gasp ha provato con la velocità di Lazovic, Pioli s'è giocato l'ultimo cambio con Lulic e ha arretrato Parolo nel ruolo di play sostituendo Cataldi. Marchetti è uscito bene su Tachtsidis. Keita in due o tre occasioni ha danzato al limite dell'area. Tante, troppe volte, l'imprecisione e l'eccesso di frenesia non hanno consentito alla Lazio di arrivare al tiro della liberazione. Ormai quasi un complesso.
Il Messaggero titola: "Lazio, un punto che vale poco. Appena un pareggio per i biancocelesti in casa del Genoa: la svolta non arriva. La squadra di Pioli continua a soffrire in attacco: solo una traversa di Mauri".
Prosegue il quotidiano romano: Un punto che più piccolo non si può. La Lazio pareggia (0-0) contro un Genoa molto modesto. I biancocelesti giocano una gara tutta corsa ed intensità ma mancano in fase realizzativa. Chi non segna non vince, è un vecchio adagio che Pioli e i suoi uomini devono tenere ben presente da qui in avanti se vogliono dare un minimo senso ad una stagione che ad oggi non ne ha già più. Le due squadre la mettono sotto il profilo del carattere e irrimediabilmente ne perde lo spettacolo. Una battaglia a colpi di contrasti e ripartenze ma è mancata la linearità delle azioni. Tanta confusione con il pallone che schizzava da una parte all'altra senza troppa logica. Pioli è riuscito a tirare fuori qualcosa dal punto di vista dell'orgoglio ma la strada è ancora molto molto lunga. La Lazio ci ha provato più con il cuore che con la testa. E' mancata la logica nel gioco espresso dai biancocelesti. Certo che continuando così la parete verso l'Europa si fa impossibile da scalare. Il tridente provato alla vigilia alla fine non è andato in campo, Keita e Lulic restano in panchina per scelta tecnica dell'ultimo secondo di Pioli che mette dentro Djordjevic e rispolvera Mauri. Il centrocampista, capitano per l'occasione, ha giocato da esterno infilandosi spesso tra le linee rossoblu.
Suo il primo brivido della gara con il colpo di testa stampatosi sulla traversa. Bene Djordjevic sotto il profilo della voglia, nel primo tempo ha corso come un forsennato lottando su ogni pallone. Peccato che non abbia praticamente mai tirato in porta. Nota stonata Anderson. Il brasiliano è apparso ancora una volta troppo leggero, l'unica cosa buona della gara una bella palla filtrante che Konko non ha sfruttato al meglio. Per il resto troppo moscio nei contrasti. Accarezza la sfera mostrando qualche numero ma sempre troppo fine a se stesso. Il centrocampo, più di lotta che di governo, ha arginato bene il Genoa. Parolo ha interpretato la gara con agonismo e corsa. Stessa cosa Milinkovic. Cataldi ha provato ad impostare la manovra nel traffico della mediana, ma non sempre con successo. Pioli nelle pause di gioco l'ha richiamato più volte impartendogli ordini ben precisi. Bisognava velocizzare e verticalizzare per gli inserimenti degli esterni ma la densità del centrocampo non lo ha permesso quasi mai. Ha tenuto botta la difesa. Basta, fin quando è rimasto in campo, è riuscito sempre ad arginare Laxalt costringendolo a rimanere basso con costanti ripartenze. A fine primo tempo il serbo è stato costretto ad arrendersi per un problema fisico ed al suo posto è entrato Patric. Lo spagnolo ha interpretato bene la partita senza commettere sbavature.
Mauricio e Hoedt al centro hanno annullato il temibile Pavoletti. E dove non ci arrivano loro è Marchetti, 33 anni oggi, ad immolarsi per tenere la porta inviolata. Se da un lato la Lazio non subisce gol, dall'altro non segna. Terza gara consecutiva in cui i biancocelesti non bucano la porta avversaria, la sesta volta in undici partite. Un problema che Pioli non riesce proprio a risolvere. Djordjevic resta ancora una volta a secco. A nulla è servito lo stravolgimento del tridente. Gli avanti biancocelesti fanno molto gioco ma non tirano in porta. Tanta fatica per portare il pallone nell'area avversaria ma poi manca sempre l'ultimo colpo. Situazione resa ancor più evidente perché la Lazio ha affrontato un Genoa molto modesto. I rossoblu senza le incursioni di Perotti hanno prodotto pochissimo non rendendosi quasi mai pericolosi. Difficile portare a casa punti pesanti continuando così. Il +1 conquistato ieri fa fare un piccolissimo passetto in avanti ai biancocelesti, ma il quinto posto resta un miraggio.
Tratte dalla Gazzetta dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
Terza partita senza gol e secondo 0-0 consecutivo in trasferta (dopo Udine). Da squadra a trazione anteriore la Lazio si è trasformata in una formazione che concede poco, ma che segna con il contagocce. "In effetti ci è mancato solo il gol - dice Stefano Pioli -. Abbiamo fatto tutto bene fino ai venti metri, ma poi ci è mancato il guizzo decisivo. Il bicchiere comunque è mezzo pieno. La prestazione c'è stata. Se avessimo giocato sempre così saremmo molto più in alto in classifica. Ma non molliamo, vogliamo provare a rimontare". Il tecnico della Lazio se la prende con il prato del Ferraris: "Non si può giocare su campi così, solo in Italia si vedono queste cose. Siamo stati penalizzati". Il tecnico ci ha rimesso un giocatore: "Sì, Basta che ha avuto un risentimento muscolare". La nota positiva è la difesa: "Stavolta i difensori hanno fatto molto bene". Quella negativa l'ennesima prova incolore di Anderson: "Quelli come lui tentano sempre giocate difficili e ci sta che a volte non riescano".
L'ultima da titolare, in campionato, era stata una serata da dimenticare. La peggiore della stagione, il 5-0 rimediato al San Paolo con il Napoli. Questa di Marassi non sarà archiviata come una partita memorabile, ma quanto meno può segnare un nuovo inizio, decisamente più incoraggiante rispetto all'ultima apparizione, per Stefano Mauri. In una serata avara di emozioni e di note liete, una delle poche è rappresentata dal rientro nel blocco dei titolari del vecchio capitano. Vecchio e anche nuovo, visto che è tornato ad indossare la fascia che è stata sua per tanti anni. Il suo impiego dal primo minuto è stato la grande sorpresa sfoderata da Pioli. Lui e Djordjevic titolari, Keita e Lulic (poi mandati in campo nella ripresa) in panchina. E se la presenza di Djordjevic è stata una sorpresa solo relativamente alle prove della vigilia (che davano Keita centravanti) quella di Mauri è stata una vera sorpresona. L'ultima da titolare in campionato era appunto vecchia di un girone (gara di andata col Napoli), ma anche l'ultima in assoluto dal primo minuto era piuttosto datata. Mauri l'aveva vissuta in Europa League nel match interno col Rosenborg del 22 ottobre (3-1 per la Lazio). Nel frattempo Mauri è stato prima operato alla schiena, quindi è tornato a disposizione di Pioli già a dicembre, senza però mai (o quasi mai) avere l'occasione di dimostrare di poter essere ancora utile alla Lazio. Se ne doleva parecchio. Ma è rimasto al suo posto, senza fare polemiche. E lavorando sodo. Alla fine la chiamata è arrivata e lui ha risposto presente. Ma non si è limitato a quello.
Mauri ha anche fornito una prova positiva. E' stato protagonista dell'azione più pericolosa creata a Marassi dalla Lazio per sbloccare il risultato. La traversa gli ha negato un gol che avrebbe meritato dopo tante sofferenze e tanta panchina. Ha provato, Mauri, anche ad illuminare l'azione con le sue invenzioni sulla trequarti. Ci è riuscito bene fino all'intervallo, è calato nella ripresa perché la condizione non è ancora quella ideale dopo una così lunga inattività. E così a metà ripresa ha lasciato il posto a Keita. Ma il ritorno di Mauri è stato una delle cose più importanti maturate nella serata di Marassi. Il suo apporto, da qui a maggio, potrà rivelarsi prezioso. Come fu nella scorsa stagione, chiusa con 9 gol segnati in campionato (record personale) e tante prestazioni decisive. E alla fine Mauri ha ricevuto anche gli applausi del tecnico Pioli: "Lui è un giocatore molto intelligente che sa sempre trovare la posizione giusta. Ora ha superato i problemi fisici e ci può essere molto utile, anche perché è molto bravo a mandare i compagni in porta". Tra le note positive anche il ritorno in campo di Patric, impiegato per tutto il secondo tempo. "Ho aspettato il mio momento e finalmente è arrivato - ha detto lo spagnolo -. Io credo di aver fatto bene, peccato sia mancata la vittoria, l'avremmo meritata per come abbiamo giocato, purtroppo ci è mancato il gol".