29 settembre 2018 – Roma, stadio Olimpico - Campionato di Serie A, VII giornata - inizio ore 15.00
ROMA: Olsen, Santon, Manolas, Fazio, Kolarov, Nzonzi, De Rossi (74' Cristante), Florenzi (82' Juan Jesus), Pastore (36' Lo. Pellegrini), El Shaarawy, Dzeko. A disposizione: Mirante, Fuzato, Karsdorp, Lu. Pellegrini, Coric, Zaniolo, Under, Kluivert, Schick. Allenatore: Di Francesco.
LAZIO: Strakosha, Caceres, Acerbi, Luiz Felipe, Marusic, Parolo (53' Badelj), Leiva, Milinkovic, Lulic (81' Caicedo), Luis Alberto (53' Correa), Immobile. A disposizione: Proto, Bastos, Wallace, Basta, Patric, Murgia, Cataldi, Durmisi, Berisha. Allenatore: S. Inzaghi.
Arbitro: Sig. Rocchi (Firenze) - Assistenti Sigg. Di Liberatore e Tonolini - Quarto uomo Sig. Maresca - V.A.R. Sig. Irrati - A.V.A.R. Sig. Vivenzi.
Marcatori: 45' Pellegrini, 67' Immobile, 71' Kolarov, 86' Fazio.
Note: ammonito al 62' Dzeko, al 66' Lo. Pellegrini, al 70' Badelj tutti per gioco falloso. Angoli 8-9. Recuperi: 3' p.t., 4' s.t.
Spettatori: 47.600 di cui 23.768 abbonati e 23.832 paganti per un incasso totale di Euro 1.954.058,00.
? La Gazzetta dello Sport titola: "Tacco, collo e testa. Derby alla Roma. Di Francesco ritrova la squadra. La Lazio dura poco. Kolarov decide. Pellegrini entra per Pastore e cambia la gara: segna, procura la punizione del 2-1 e fa l’assist del 3-1".
Continua la "rosea": E come l'anno scorso Eusebio Di Francesco scaccia i corvi dal cielo di Trigoria. La Roma ha battuto la Lazio e la vittoria vale doppio, perché parliamo di una squadra che una settimana fa provocava il disgusto al suo presidente Pallotta e perché il derby, nella Capitale come altrove, può salvare o rovinare intere stagioni. Secondo successo di fila, i sei punti in tre giorni hanno rimesso a posto la classifica giallorossa, oggi più rispettosa delle aspettative. L’impressione è che a Roma molti sottovalutino le capacità resistenziali di Di Francesco, abruzzese tenace, duro a cedere. Gli hanno smontato il giocattolo con le cessioni di Alisson, Strootman e Nainggolan e hanno preteso che subito ne plasmasse un altro di pari divertimento, ma "DiFra" meritava e merita un supplemento di tempo, per quello che ha dimostrato nell’ultima annata. Il cerino passa nelle mani di Simone Inzaghi. La classifica laziale resta migliore di quella romanista, un punto in più, però la sconfitta cambia la prospettiva, capovolge gli umori. La Lazio ha un problema di uomini, uno in particolare: Milinkovic non è più lui, forse è rimasto intrappolato nell’iper valutazione estiva, i 150 milioni di prezzo fissati da Lotito, oggi molto virtuali.
La Roma ha cominciato male la partita. È stata timida e timorosa, sottomessa alla Lazio, che però ha avuto la grande colpa di non capitalizzare la superiorità territoriale, specie tra il 10’ e il 25’ del primo tempo, quando sembrava che il ruzzolone romanista fosse questione di attimi. Luis Alberto più di tutti ha sciupato quel che non andava sciupato, mentre Milinkovic vagava senza meta e senza costrutto. La Roma ha svoltato per caso, grazie all’infortunio di Pastore, fin lì abbastanza trasparente. L’ex Psg si è fatto male a un polpaccio ed è stato sostituito da Lorenzo Pellegrini, il giovane già azzurro, non l’omonimo Luca, più ragazzo di lui e semiprotagonista contro il Frosinone. "Lo" Pellegrini non è entrato in partita: di più, l’ha fatta sua, se l’è annessa con la sana arroganza che muove i giovani nelle giornate di grazia. Quasi allo scadere, con un colpo di tacco e al culmine di un carambolone di giocatori e di rimpalli provocato da una spizzata di Dzeko, "Lo" Pellegrini ha messo dentro l’1-0, nella stessa rete, sotto la lazialissima curva Nord, in cui Pastore di tacco aveva segnato contro Atalanta e Frosinone. Tre indizi fanno una prova: la porta dei colpi di tacco.
Nella ripresa Inzaghi ha ridisegnato la Lazio: Badelj e Correa al posto di Parolo e di Luis Alberto e riscrittura di sistema, via il 3-5-1-1 e vai col 4-2-3-1 a specchio. Roma lo stesso in controllo e sarebbe successo poco, forse niente, se Fazio non avesse deciso di devolvere a Immobile il pallone dell’1-1. Errore scellerato, figlio della mania contemporanea di chiedere ai difensori di controllare e giocare il pallone come se fossero registi. Su quel gol la Roma si è trovata davanti a un bivio e ha imboccato la giusta direzione: non si è consegnata alla Lazio, alle sue voglie di ribaltone, ma con carattere è andata a riprendersi tutto, il nuovo vantaggio e il futuro, grazie una sventola su punizione dell’ex laziale Kolarov. Gol storico, il serbo ha eguagliato Arne Selmosson, detto "Raggio di Luna", attaccante svedese degli Anni Cinquanta e Sessanta, scomparso nel 2002 e fino a ieri unico calciatore ad aver segnato nel derby romano con le due maglie. Da biancoceleste Kolarov aveva "punito" la Roma nel 2009.
Inzaghi ha dato un’altra mescolata al minestrone con l’innesto di Caicedo: avanti tutta, con fede e speranza. Lo sbilanciamento ha agevolato però le ripartenze romaniste e Fazio, con stacco imperioso su palla inattiva, di testa ha regalato l’apoteosi all’Olimpico giallorosso. Fazio, proprio lui, il facilitatore dell’1-1 laziale: il calcio toglie, il calcio restituisce. Lorenzo Pellegrini è entrato in tutti e tre i gol: il primo l’ha segnato; il secondo l’ha provocato, Badelj ha commesso su di lui il fallo della punizione; il terzo l’ha servito con il cross per Fazio, su calcio da fermo. Pellegrini conta già sette presenze in azzurro, non tutte esaltanti, e nelle intenzioni estive di Di Francesco avrebbe dovuto sostituire Strootman. Qualcosa è andato storto, il ragazzo non ha convinto. Ieri la risposta: importante, netta, abbagliante. Che sia la volta buona per il decollo di un giovane atteso, quasi invocato?
? Il Corriere dello Sport titola: "DiFra day. È il trionfo del tecnico che trova solidità escludendo tutti i giovani di Monchi. Esperienza più che freschezza: la Roma (età media quasi 30 anni) si rilancia nel derby".
Prosegue il quotidiano sportivo romano: L’ha vinto Di Francesco, ma non l’ha perso Inzaghi: non è Simone il grande sconfitto di questo derby. I grandi sconfitti si chiamano Milinkovic-Savic, Luis Alberto e Parolo, l’alta qualità della Lazio, l’anima di una squadra che non riesce a dominare le partite che contano, arriva sempre a un passo dal cielo e poi, priva del necessario veleno e di coraggio, ricade a terra. Violentemente, invariabilmente: negli ultimi 16 confronti con Roma, Inter, Milan, Juve e Napoli conta tre successi, tre pareggi e 10 tracolli. Esauriti gli indizi accettabili, siamo alla prova provata. L’ha vinto Di Francesco poiché nel momento più complicato, quello dello screditamento, dei bilanci di superficie e delle sottovalutazioni, è riuscito a dare scheletro e carne all’imponderabile. Come? Affidandosi all’esperienza più che alla freschezza, al mercato dell’usato insicuro più che a quello del nuovo: ha escluso tutti i giovanotti di Monchi per dare spazio a undici uomini la cui età media sfiorava i trenta (29 e 313 giorni, per la precisione: ElSha il più giovane, 26 tra meno di un mese, De Rossi il saggio, 35).
E allora dentro il plusvalente Santon, inserito con una supervalutazione nell’affare Nainggolan soltanto per consentire alla Roma di raggiungere la cifra che inseguiva; e insieme a Santon Florenzi nella posizione più naturale – Nzonzi e Pastore le uniche concessioni alla discutibile e discussa campagna estiva 2018. Curiosamente ma non troppo Di Francesco ha ottenuto il vantaggio proprio quando, uscito Pastore il trequarti timido per un problema al polpaccio, ha potuto sfruttare un’intuizione spalle alla porta - aridaje col tikitacco - del suo sostituto, il ventiduenne Pellegrini, il bambino della compagnia. Solo i primi venti minuti sono stati della Lazio che ha avuto tre occasioni non sfruttate da Luis Alberto (12’), Marusic (17’30”) e Immobile. Tra il ventiduesimo e il trentunesimo, ovvero nel giro di dieci minuti, il derby ha deciso di produrre più emozioni di un istante che calcio di buona fattura: ma Pastore, Immobile, Florenzi e De Rossi hanno accusato colpevoli ritardi sotto porta. Il gol è giunto a pochi secondi dall’intervallo quando una spizzata di Dzeko, cercato troppo spesso in cielo, e una spinta di Luiz Felipe a El Shaarawy hanno messo fuori gioco Strakosha e acceso la fantasia di Pellegrini. La reazione della Lazio è mancata quasi totalmente nella ripresa. La Roma le ha concesso solo alcune ripartenze e un regalo di Fazio che ha consentito a Immobile di trovare il pareggio.
Continuando a saltare il centrocampo, insistendo sulla buona volontà di Pellegrini e Florenzi, che nella fase calda ha dato una grossa mano anche ai due mediani, e trascurando spesso il passaggio facile (Dzeko si è dimenticato di ElSha), la Roma ha prima ripreso in pugno la partita con Kolarov (punizione dal limite con la barriera mal posizionata) e poi l’ha portata a casa con Fazio, di testa: punizione di Pellegrini e dormitona della linea laziale. "Tranquillo, mi tiro fuori col lavoro di campo, sono un guerriero dentro fino a quando ne ho", il messaggio che Di Francesco ha inviato dopo Bologna a un amico di Sassuolo. Cercava gli uomini, più che gli schemi, e li ha trovati nel giorno giusto investendo sul capitale emotivo e trascurando identità tecniche e carte d’identità. Non si può ancora dire che questa vittoria produrrà la svolta della stagione della Roma - molti vuoti devono essere riempiti - tuttavia ha il merito di riattivare la circolazione vitale tra fuori e dentro.
? Il Messaggero titola: "La Roma risorge, sparisce la Lazio. Venti minuti di dominio biancoceleste, poi in campo c'è solo la squadra di Di Francesco: trionfo firmato da Pellegrini (tacco), Kolarov e Fazio, che aveva regalato il pari a Immobile".
Prosegue il quotidiano romano: Il derby fa proprio storia a sè. Basta vedere come lo conquista la Roma, presentatasi alla Partita in ritardo sulla Lazio in classifica (e nonostante il successo rimane comunque a -1) e in piena crisi d’identità. E’ suo con questo 3 a 1 che non fa una piega. Ampiamente meritato perché rispecchia quanto visto sotto il sole dell’Olimpico che ha illuminato solo i giallorossi, squagliando invece i biancocelesti, planati in campo con la convinzione che fosse sufficiente la striscia delle 5 vittorie consecutive per dare un senso alla giornata. Sono le chance create a far capire come mai sia finita così. Olsen ha avuto poco o niente da fare; Strakosha, più impegnato del collega, non ha resistito in piedi: il suo ko è quello della squadra. Di Francesco, pur restando lontano 10 punti dalla Juve capolista e ancora fuori dalla zona Champions, ha dunque rialzato la testa nel pomeriggio probabilmente cruciale della sua avventura nella Capitale. Ha scelto bene all’inizio e ha cambiato correttamente in corsa. Ha trasmesso i suoi concetti che hanno garantito il pieno controllo della sfida, vinta con l’organizzazione e la personalità, ultimamente mancate al suo gruppo. La differenza nella qualità degli interpreti lo ha agevolato in ogni reparto. E Inzaghi se n’è accorto sia all’alba del match che più tardi. Quando i migliori steccano, ecco che anche le correzioni sono a salve.
In contromano l’inizio del derby. Il pressing della Lazio, alto e aggressivo, sorprende la Roma. Ma non è efficace: Luis Alberto è in letargo, Milinkovic intermittente. Tentativi fiacchi di Marusic e Immobile. In totale 20 minuti di morbidezza biancoceleste in attacco. E di timidezza giallorossa in attesa. Il 4-2-3-1 di Di Francesco, con Florenzi alzato davanti a Santon per rendere meno spregiudicato il sistema di gioco, tiene con De Rossi e Nzonzi. Loro e i centrali Manolas e Fazio fanno muro e permettono, già a metà tempo, di sfruttare il contropiede, rubando proprio l’idea a Inzaghi che di solito lo usa semplice e concreto. Dzeko ed El Shaarawy partono e colpiscono, Strakosha ancora non barcolla. Olsen devia su Immobile, ma la Roma ormai riparte senza trovare ostacoli. Si arrende Pastore, occupatosi fin lì più di Leiva che della rifinitura. Entra Lorenzo Pellegrini e da trequartista. Si prenderà il derby in prima persona. Iniziando con il tacco del vantaggio (10° marcatore stagionale): anche a Cinecittà, dunque, conoscono quella giocata spalle alla porta. Luiz Felipe e Strakosha, lo stesso Caceres, partecipano, loro colpevolmente, all’azione che indirizza il match prima dell’intervallo.
La Roma, pure nella ripresa, non modifica il copione. La ripartenza è sempre su El Shaarawy e adesso pure su Florenzi che si riconosce nel vecchio ruolo. Dzeko c’è, di sponda. Come per il 1° gol. Solo che l’egoismo, suo e di El Shaarawy che è il primo a peccare, rischia di far saltare il piano di Di Francesco. Inzaghi, con 2 sostituzioni, si specchia nel collega e passa al 4-2-3-1: a destra Correa, fuori Luis Alberto, Badelj accanto a Leiva in mezzo e Parolo richiamato in panchina. Il pari non viene dalle sue mosse ma dalla gaffe di Fazio. Che regala la palla e il pari a Immobile (4° gol in questo torneo). La Lazio, però, resta fragile e vulnerabile. Percussione di Pellegrini, steso da Badelj. Punizione dal limite: sinistro dell’ex Kolarov e dormita di Strakosha per il nuovo vantaggio. Di Francesco interviene per archiviare il match e vincere il 2° di fila: Cristante per De Rosi e il 4-3-3 che, in fase difensiva, è l’equilibrato 4-1-4-1 con Nzonzi di guardia. Paratina di Olsens su Milinkovic. La Roma quando riparte, invece, rimane pericolosa. Pure con Jesus per Florenzi e per il 5-3-2 in risposta al 4-4-2, con Caicedo in campo per Lulic. Pellegrini, su punizione, abbassa il sipario con l’arcobaleno per Fazio che si riabilita: testa per il tris, da centravanti.
? Tratte dal Corriere dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
Ridimensionata. La Lazio esce a pezzi dal derby e anche Inzaghi dovrà aprire una profonda riflessione per capire come e perché siano mancate la fame e la cattiveria evocate sabato a Formello. Era l’occasione giusta, l’ennesima costruita con la fatica e il lavoro degli ultimi anni, per scavare il solco, riprendersi la città, dimostrando di essere almeno allo stesso livello della Roma. E invece no. Il conto con le grandi non torna. La Lazio è rimasta alla doppia impresa con la Juve, da allora non ha più vinto una partita che contasse davvero, non ha mai fatto la differenza o inventato una mossa per sorprendere l’avversario. Il fattore sorpresa non esiste più, tutti conoscono a memoria la Lazio, sanno come prenderla o contenerla, a maggior ragione se i due trequartisti (Milinkovic e Luis Alberto) su cui è stato costruito l’impianto steccano. Giro interviste lampo. Troppo. Un miliardo di domande inevase. Simone ieri pomeriggio era deluso e senza voce, l’aveva persa davanti alla panchina provando a svegliare una squadra fragile dal punto di vista caratteriale. Frana, sparisce, si intimidisce alla prima difficoltà.
"Io penso che la Lazio sia stata sconfitta perché la Roma ha avuto più cattiveria. Gli episodi ci sono stati sfavorevoli, ma serve altro per vincere un derby. Avremmo dovuto fare più attenzione sul rinvio di Olsen e sulla punizione di Kolarov. Siamo dispiaciuti per la delusione data alla nostra gente, ma dobbiamo continuare su questa squadra, non facciamo drammi, la classifica è buona. Giovedì saremo già a Francoforte. La Roma ha avuto qualcosa in più e ha meritato". Inzaghi ha provato a smorzare le polemiche. Strategia giusta. Ha provato a cambiare l’assetto, è passato al 4-2-3-1 nella ripresa con il doppio cambio. Mossa giusta con un dubbio grande così sulla linea mediana, dove serve più dinamismo. Badelj accanto a Leiva significa aumentare il controllo se hai la palla, ma anche aprire le praterie alle ripartenze. Due lenti a contatto. La Roma passava in mezzo ai due mediani come e quando voleva, altro passo. Simone pensa che i due in tandem possano funzionare e li ha difesi, ma la Lazio è stata imbucata e ha preso malissimo l’azione da cui è nato il raddoppio di Kolarov. "Leiva e Badelj hanno fatto molto bene, il pareggio era stato meritato ed era arrivato anche grazie a loro, avevamo ripreso il risultato e l’inerzia della partita era a nostro favore. Rispetto al passato la Roma ha giocato meno e badato più al sodo. Peccato per il fallo che ha portato al gol di Kolarov. Purtroppo siamo tornati sotto tre minuti dopo il pareggio".
Kolarov ha piegato il derby dalla parte della Roma. Strakosha si è nascosto dietro la barriera e ha preso gol sul suo palo. "Avevamo cinque uomini, più due della Roma. Thomas dopo la partita ha detto di non aver visto partire il pallone". Inzaghi non ha digerito di aver preso tre gol da palla inattiva o quasi (il primo da un lungo rinvio di Olsen). "La Roma ha avuto più cattiveria, ci ha creduto di più, nonostante abbiano fatto gol su tre calci piazzati. Avevamo raggiunto il pareggio, ma poi abbiamo preso gol su una punizione che ci ha condannato. E’ stato un peccato, perché la partita si era riaperta e avremmo visto ancora dei capovolgimenti". Il primo tempo non lo ha convinto. "Devo rivederlo, avremmo potuto fare di più. Venti minuti molto buoni, ma serviva più attenzione. Se in un derby prendi tre gol così lo perdi".