Sabato 18 aprile 2015 - Torino, Juventus Stadium - Juventus-Lazio 2-0 Campionato di Serie A - XXXI giornata - inizio ore 20.45
JUVENTUS: Buffon, Barzagli, Bonucci, Chiellini, Padoin, Marchisio, Pirlo (72' Pereyra), Vidal (84' Sturaro), Evra, Matri (59' Morata), Tevez. A disposizione: Storari, Rubinho, Lichtsteiner, De Ceglie, Marrone, Pepe, Llorente, Coman. Allenatore: Allegri.
LAZIO: Marchetti, Basta, Cana, Mauricio, Braafheid (46' Candreva), Cataldi, Biglia, Lulic, Felipe Anderson, Mauri (66' Keita), Klose (92' Ledesma). A disposizione: Berisha, Strakosha, Ciani, Pereirinha, Onazi, Ederson, Perea. Allenatore: Pioli.
Arbitro: Sig. Rizzoli (Bologna) - Assistenti Sigg. Faverani e Meli - Quarto uomo Sig. Crispo - Assistenti di porta Sigg. Damato e Irrati.
Marcatori: 17' Tevez, 28' Bonucci.
Note: espulso all'89' Cataldi per gioco scorretto. Ammoniti Evra, Marchisio, Mauricio, Lulic e Cana per gioco scorretto, Chiellini per comportamento non regolamentare, Candreva per proteste. Angoli: 2-9. Recuperi: 5' p.t., 4' s.t.
Spettatori: paganti 12.651 per un incasso di euro 813.240, abbonati 26.265, per una quota di euro 927.432.
La Gazzetta dello Sport titola: "Juve, la lezione dei più forti. La Lazio stecca la prova del 9. Il solito Tevez apre, Bonucci sigilla il 2-0. I campioni d'Italia volano a +15: la festa è vicina. La squadra di Pioli cade dopo 8 vittorie consecutive e chiude in 10 per l'espulsione di Cataldi".
Continua la "rosea": E con tutta probabilità questi sono i punti scudetto che mancavano e che la Juve aveva fallito contro il Parma. Non c'è Lazio che tenga: anzi per una sera non c'è proprio Lazio, scomparsa sul più bello dopo un ciclo irresistibile di otto successi, annegata nei suoi stessi errori. Tevez e Bonucci spiegano cosa significhi per Pioli una difesa senza de Vrij. Con i biancocelesti scaricati a 15, adesso Allegri può temere al massimo una Roma a 13 lunghezze (se batte l'Atalanta) e 7 misere partite dalla fine. Come dire: è fatta. Ma se la Juve si prende lo scudetto è perché il suo ciclo invece non conosce stop, o quasi, e quando si fa sul serio nessuno le resiste: come se le cadute contro medie (Genoa) e piccole (Parma) fossero inevitabili manifestazioni di "umanità". In Italia naturalmente. In Europa è tutto da vedere, ma questo 2-0 vale tantissimo perché da oggi, dopo aver spremuto Tevez e altri mammasantissima a ogni giornata, sarebbe folle rinunciare al turnover: tutte le forze devono essere incanalate sul binario Champions dove, Monaco permettendo, il Porto, l'Atletico e il sorteggio potrebbero offrire un'occasione (in teoria) irripetibile. Se la Juve di Conte era la sublimazione della furia, questa di Allegri è l'elogio della pazienza. Con la testa al Principato, infatti, il tecnico fa la scelta giusta, attendere e colpire, e la Lazio ci finisce dentro. Altro che possesso palla (alla fine sarà al 59% laziale) e vantaggio territoriale (sempre per gli ospiti 64%). Altro che aggressione immediata per chiudere la pratica il prima possibile. La Juve si protegge nel suo 3-5-2 versione attenta, lasciando Pirlo molto basso, forse anche per necessità vista la condizione fisica. Quindi aspetta che la Lazio, sicura del suo passato recente, sviluppi la tela dei passaggi in attesa dello scatto di Felipe Anderson (fuori partita) e del movimento a sorpresa di Mauri (anonimo). Non succede mai. E mancano anche le botte da fuori di Candreva: Pioli rinuncia all'azzurro scegliendo un 4-3-3 con attacco mobile. Nel senso che Mauri (spesso centrale), Klose e Anderson girano e rigirano: fino a perdere loro stessi l'orientamento, senza neanche aiutare dietro. Il senno di poi – cioè il secondo tempo con Candreva e 4-2-3-1 – dice che la scelta è stata un errore, ma non avrebbe cambiato la partita.
Perché? Perché la Lazio è composta da tre reparti ben separati tra loro. Le punte non tornano, nel centrocampo Biglia è ai suoi minimi (e manca l'infaticabile Parolo), e in difesa senza de Vrij sono guai. Quarta partita senza l'olandese e quarta sconfitta. Lo scollamento è evidente nel primo gol: basta un colpo di testa alla cieca di Vidal per tagliare mezza squadra e lanciare Tevez tenuto in gioco da Mauricio. Scatto e sinistro rapidissimo, centro numero 18. Il game over arriva al 28' con una dimostrazione ancor più chiara delle amnesie non solo difensive: Bonucci, il migliore in campo, prende la palla sulla linea di mezzo e si avvia verso la porta, con la Lazio che si apre come le bibliche acque di Mosè, fino all'inevitabile tiro a botta sicura. Due gol in mezz'ora dopo averne subiti due nelle ultime otto gare. Tutto chiaro. In prospettiva Monaco il successo è ancor più largo perché la Juve non sembra dannarsi l'anima, le basta colpire quando serve, e così risparmia energie. Addirittura nel secondo tempo il baricentro si abbassa ancora di più, tanto si capisce che la Lazio fa circolare la palla, ma in area proprio non entra. Ad Allegri basta invece inserire Morata (al posto di Matri) per permettersi di alleggerire la pressione e ripartire pericolosamente in velocità: il 3-0 non arriva soltanto perché, com'è comprensibile, non c'è bisogno che tutti seguano l'azione. Non tutto, però, è da quattro stelle: se la difesa a tre resta ancora l'opzione consigliabile, anche per il movimento ridotto di Pirlo, c'è Chiellini non al massimo ed è proprio lui a creare le tre occasioni laziali (Klose, Candreva su punizione e Anderson). Andrà protetto. In compenso Vidal pare ritrovato: lucido, geometrico, aggressivo e anche pulito negli interventi, aggettivo non riferibile a Marchisio che qualche cattiveria inutile poteva risparmiarsela. La legge dello Juve Stadium è ancora vigente (ottavo successo di fila), ora c'è da prendere la residenza a Montecarlo per guadagnare sulle imposte europee.
Il Corriere dello Sport titola: "Juventus scudetto, Lazio ko. Il solito Tevez e Bonucci battono la squadra di Pioli. Allegri vicino al titolo, il quarto di fila per i bianconeri".
Prosegue il quotidiano sportivo romano: La Juve ha vinto perché è più forte, la Lazio ha perso perché è solo più bella. Nello scontro diretto tutt'e due hanno dimostrato, quasi compiacendosi, ciò che sono adesso, la forza, la concretezza, la puntualità dei campioni d'Italia, l'eleganza, lo stile di gioco, la personalità della squadra di Pioli. La porta sul campionato sarebbe rimasta probabilmente chiusa anche se il 2-0 fosse stato della Lazio. Col 2-0 della Juve, invece, si sono chiuse anche tutte le finestre. La Juventus continua il volo verso il suo quarto scudetto consecutivo, tornando a -15 la Lazio ripone tutti i sogni e ora il suo campionato è racchiuso nel lungo derby con la Roma. In questa sconfitta, la prima dopo otto vittorie di fila, ha molto da imparare (due gol presi in contropiede non sono un segnale incoraggiante e se controlli il gioco con tanta sicurezza devi essere più concreta), ma anche qualcosa con cui confortarsi, come il piacere di giocare e attaccare. l gioco e i colpi, la palla e i gol, la scaltrezza e la padronanza, Juve e Lazio si sono divise così la partita dello Juventus Stadium. La Lazio ha giocato, attaccato e tenuto il campo con padronanza, la Juve ha colpito e segnato con la scaltrezza e la concretezza di chi bada al sodo, lasciando il possesso palla agli avversari (40,9 per cento, record negativo del campionato bianconero). L'altra differenza è stata sublimata dai due bomber: a Tevez è bastata una palla per lasciare il segno, a Klose no. Mentre stavamo ammirando il palleggio della squadra di Pioli nel centrocampo bianconero, un palleggio che sembrava la premessa di un'altra bella serata laziale, la Juve ha segnato il primo gol con una ripartenza breve, un colpo di testa di Vidal per Tevez che ha preso controtempo la difesa laziale, intenta ad accorciare verso la linea di centrocampo. Quella, per Carlitos, era la seconda palla toccata nei primi diciassette minuti, ma uno come lui non poteva sbagliarla. Contropiede lungo, invece, per il secondo gol, con il solito guizzo di Pirlo che ha sparecchiato la difesa laziale: era fuori posizione tutto il centrocampo degli sfidanti, Bonucci è partito come fosse Tevez, dritto per dritto, senza un attimo di esitazione, tre contro due, Tevez ha portato a destra un difensore, Matri ha fatto lo stesso movimento dell'altra parte, voragine in mezzo e tiro secco di Bonucci. Era il 28', aveva giocato la Lazio, stava vincendo la Juve.
Bisogna aggiungere che pur padrona della manovra, la Lazio non è mai stata molto pericolosa. Per questa ragione sembrava che quella linea difensiva così bassa fosse una scelta strategica di Allegri, come se avesse detto alla squadra che questa partita l'avrebbero vinta in contropiede, come era successo a Dormtund. Senza de Vrij (quarta sconfitta subita dai biancocelesti nelle sue quattro assenze), la difesa è sempre troppo esposta e lì ha colpito Allegri. La Lazio ha avuto una sola mezza occasione con Klose, stoppato da Bonucci, in grande serata. Pioli aveva messo fuori Candreva per far giocare Mauri al centro dell'attacco, con Klose inizialmente a sinistra, così da controllare Pirlo. Dopo aver preso il primo gol, col possesso palla laziale ancora più accentuato, il lavoro tattico e difensivo di Mauri ha perso utilità. Biglia stava guidando con autorevolezza il centrocampo laziale, ma nella parte finale della manovra mancavano gli spunti di Klose e Felipe Anderson. Le scelte di Allegri erano solo in piccola parte motivate dalla partita di mercoledì a Montecarlo (ritorno dei quarti di finale di Champions), in panchina erano rimasti Lichtsteiner e Morata, dentro Padoin e Matri. La Juve teneva bene, senza affanni. A inizio ripresa, Pioli ha giocato la carta che aveva portato in panchina, Candreva. E l'ha giocata alzando al massimo il livello offensivo della squadra: fuori un terzino, Braafheid, dentro Candreva, squadra col 4-2-3-1, con Lulic terzino sinistro, Candreva-Felipe-Mauri alle spalle di Klose. Nei primi 20' del secondo tempo, la Lazio ha spinto la Juve al limite della sua area mentre Candreva, sulla destra, stava aprendo la difesa dei campioni d'Italia. Allegri ha risposto con Morata: cercava di aumentare la velocità e la pericolosità del contropiede. La Lazio non ha mollato la presa e quanto stava facendo Candreva rendeva più consistente il rimpianto della scelta iniziale. Per deviare in angolo una sua punizione dal limite, Buffon ha fatto una prodezza, poco dopo altra parata complicata su botta di Biglia e finale con una paratona su Felipe Anderson. La partita si è chiusa col rosso a Cataldi per un fallo da dietro a Tevez.
Il Messaggero titola: "Lazio, la Juve resta lontana. I bianconeri infrangono i sogni biancocelesti con le reti di Tevez e Bonucci, Allegri vola a +15. Espulso Cataldi. Sul piano del gioco la squadra di Pioli non sfigura ma pesano le assenze in difesa: male Braafheid e Cana".
Prosegue il quotidiano romano: Quando l'avversario è di un altro lignaggio tecnico, e vuole cucirsi addosso l'ennesimo scudetto con anticipo, l'avversario non può sbagliare le scelte. Soprattutto perserverare negli stessi errori dell'andata. Ha vinto l'Achille bianconero, però l'Ettore biancoceleste ha combattuto senza l'elmo e questo ha giustificato la liceità di taluni rimpianti. Pioli, il profeta di tante vittorie, non è riuscito a eguagliare il record di Eriksson e ha sprecato la ghiotta occasione per compiere un'altra impresa. Speriamo che abbia imparato la lezione. In questa occasione, l'allenatore, ha optato per una formazione improbabile, lasciando in panchina Candreva, il migliore contro l'Empoli. Una scelta che ha indebolito il gioco sulle fasce, la migliore risorsa della squadra. Così com'era stata decisiva contro il Napoli. In questo modo la Juventus ha avuto solo il problema di bloccare Anderson, spesso raddoppiato e persino triplicato per evitare che Buffon corresse dei rischi. Mauri sulla destra non ha mai inciso, sbagliando una quantità di passaggi, mentre Cataldi è apparso sempre in difficoltà sia nella fase difensiva, che in quella d'impostazione. Con il suicidio tattico, Pioli ha tolto l'arma migliore e si è trovato con una squadra viva atleticamente ma debole nel confronto con il centrocampo bianconero, dove i cerberi Vidal e Marchisio hanno vinto quasi tutti i duelli. Su portatore di palla Pirlo toccava a Klose andare in pressione, un supplemento di lavoro che toglieva al tedesco lucidità e freschezza negli ultimi venti metri. Un assetto che ha penalizzato la manovra biancoceleste, fragile in difesa per l'assenza di de Vrij. La Juventus si è così ritrovata rapidamente in vantaggio, con un guizzo di Tevez, dopo un pallone perso a centrocampo. Ancora un errore tattico ha spianato la strada al contropiede di Bonucci, favorito dalla difesa ospite che si è aperta lasciandogli spazio e tempo per la battuta. Nel complesso la Lazio non ha sfigurato, almeno come possesso palla, ma ha creato soltanto un pericolo con Klose e poco più. Tanto calcio lento, ruminato e prevedibile, al quale è mancata la velocità degli esterni, di Candreva e Anderson in particolare. Il 3-5-2 di Allegri ha consentito ai bianconeri di chiudere bene i varchi, compattarsi e ripartire senza nemmeno sprecare troppe energie. Ammistrare la partita e controllare il risultato sperando in qualche contropiede, sulle quali gli avversari sono andati sempre in affanno.
In avvio di ripresa l'allenatore emiliano ha ridisegnato la squadra: dentro Candreva per Braafheid e Lulic riportato nel suo naturale ruolo di terzino sinistro. E la squadra ha subito riacquistato il suo volto migliore: più rapida, sciolta ed efficace sulla trequarti. Una Lazio più dentro la partita, in grado di costringere la Juventus a un atteggiamento prudente. Soprattutto per la vivacità e il cambio di passo che garantiva l'ex Candreva: un corner dopo l'altro, Buffon impegnato su punizione dal centrocampista azzurro e una sfida decisamente più aperta e vibrante. Purtroppo Pioli ha impiegato una ventina di minuti a togliere Mauri, un corpo estraneo nella gara, per conferire più velocità con Keita. Anderson non ha vissuto la sua serata migliore, ma portava comunque sempre un paio di difensori sulle sue tracce, permettendo a Candreva e allo stesso Keita una superiore libertà di movimento. Nel secondo tempo la Lazio ha comandato a lungo l'iniziativa, dimostrando una reazione importante e minacciando con una certa continuità Buffon. Una formazione che ha coperto meglio il campo, fraseggi incisivi, costruzione delle azioni più razionale e ha rischiato poco. La vera faccia della Lazio. Anche se la Juventus ha confermato una superiorità di squadra evidente, per tasso tecnico, elementi abituati a giocare questo tipo di gare, gestione del territorio, calciatori decisivi, la Lazio ha fatto quello che poteva: le è mancata soltanto il gol. Un avversario degno della capolista che ha messo il suggello sullo scudetto e che adesso potrà completamente dedicarsi al ritorno di Champions League. Per la Lazio tanti, troppi, rimpianti per quel che avrebbe potuto essere e che non è stato, soprattutto per aver regalato il primo tempo. E per la presuzione mostrata da Pioli. La Juventus, dopo il 3-0 dell'andata, ha ribadito la superiorità con il tecnico laziale che ci ha messo del suo, aumentando i rimpianti.
Tratte dal Corriere dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
Serie interrotta a otto, come Maestrelli e Delio Rossi. Per la nona vittoria consecutiva rivedere il ruolino di Eriksson, perché Pioli e i suoi sono caduti, si sono fermati ancora davanti alla Juve. Che poi è andata proprio come non doveva, con la Lazio sistemata bene in campo eppure messa sotto in termini di concretezza e di gol. Se i biancocelesti volevano tornare, almeno stavolta, con l'idea di poter tenere testa alla Juve, la missione non si può dire certo compiuta: il livello bianconero è ancora lontano. Il risultato, quindi, rispetto all'andata non cambia, e alla fine conta solo e soltanto quello. Pioli le ha provate tutte, partendo con il 4-3-3 e passando nella ripresa al 4-2-3-1. Però la Lazio non è riuscita a trovare la chiave per cambiare la piega della partita. "Ma io sono soddisfatto della personalità che ci abbiamo messo – racconta Pioli a fine partita – perché secondo me la prestazione l'abbiamo fatta, tirando in porta quanto loro. Non so quante squadre lo hanno fatto allo Juventus Stadium...". Il tecnico biancoceleste resta tranquillo, nonostante il ko. "Volevamo fare la partita e a tratti ci siamo anche riusciti bene. Poi è ovvio che se sbagli contro la Juve che è una grande squadra vieni punito. Loro su questo sono bravissimi. Però i miei ragazzi non hanno mai mollato e anche sul 2-0 hanno continuato a produrre occasioni. Le disattenzioni? Quelle possono sempre capitare, ed è vero che sul gol di Bonucci abbiamo avuto una lettura sbagliata. Però alcuni errori ci sono stati anche nelle otto vittorie consecutive... Ora ripartiamo tenendo bene in testa i lati positivi e quelli negativi della serata". La Lazio non ha trovato sbocchi. Spiega ancora Pioli: "Ci è mancata la giocata sulla trequarti, la possibilità di trovare il corridoio giusto. Ma ripeto di aver visto la squadra giocare bene di fronte a un grandissimo avversario in uno stadio in cui non è mai facile". Pioli spiega infine come mai ha deciso di lasciare fuori Candreva in una partita così importante. Il tecnico ha scelto Mauri come terzo attaccante del tridente insieme a Felipe Anderson e Klose: "Perché sappiamo come la Juve preferisca sempre le vie centrali e allora mi serviva più densità nelle linee di mezzo del campo più che sugli esterni. Se loro hanno l'imbucata centrale come arma naturale è normale coprire o cercare di coprire in mezzo e non le fasce". Purtroppo per la Lazio non è bastato.
Quattro partite senza de Vrij, quattro sconfitte. E' una regola non scritta nel campionato della Lazio, troppo fragile in difesa senza l'olandese, leader del reparto perché abilissimo nella lettura tattica, ormai addestrato per far uscire la linea, accorciare le distanze o indietreggiare verso Marchetti. Ha vinto la Juve. Decisivi i due episodi da cui è nata la doppietta bianconera nella prima mezz'ora. Ingenuità, dettagli, piccole imperfezioni diventate determinanti di fronte ai campioni d'Italia. Sono rimasti coinvolti Mauricio e Cana, perché hanno giocato poco insieme e sono meno collaudati. Il brasiliano teneva in gioco Tevez, l'albanese era salito a ridosso di Biglia, al contrasto aereo con Vidal, ed è stato scavalcato dal pallone toccato di testa dal cileno. Sul raddoppio di Bonucci, Cana si è visto attaccare centralmente senza che nessuno dei suoi compagni lo aiutasse dopo l'errore di Biglia e un contropiede lunghissimo. Lorik Cana ci ha messo la faccia e ha provato a raccontare. "Con l'arrivo di Pioli quest'anno abbiamo cambiato mentalità e anche modo di difendere. Dice che sul rinvio dobbiamo sempre uscire e lasciare dietro di noi l'avversario. Siamo saliti, ma lo abbiamo fatto solo a metà e abbiamo preso gol". Lorik era salito, Mauricio no. I centrali avevano perso l'allineamento, l'argentino è rimasto in gioco e si è presentato solo davanti a Marchetti. Il raddoppio nasce da un errore a centrocampo di Biglia, poi lo scatto di Bonucci che brucia la Lazio, troppo sbilanciata. "C'è stato un errore di comunicazione. Abbiamo preso un contropiede di 70 metri. Eravamo troppo alti. Noi centrali ci troviamo a volte uno contro uno con tantissimo spazio. Tre contro due diventa complicato".
Certe disattenzioni, ad alto livello, non si possono commettere. I dettagli diventano determinanti giocando in modo così coraggioso. "Si pagano gli errori. Questo è anche il nostro modo di stare in campo, ma non è da tutti venire a Torino sul campo della Juve ed esprimersi con personalità come abbiamo fatto noi. Abbiamo concesso poco alla squadra migliore del campionato. Pioli ci ha chiesto di aggredire e di restare alti con personalità. Giocando in questo modo, basta mezzo errore e lo paghi caro con la Juve. La nostra squadra è giovane e può ancora migliorare". E' importante non snaturarsi. "Perdere senza il solito nostro modo di giocare sarebbe stato in contrasto con quanto abbiamo fatto sinora. La Juve ha la miglior difesa del campionato e uno dei migliori attacchi. Non sono preoccupato. L'ambiente della Lazio ha fame di successo e sono orgogliosi di questa squadra". La reazione c'è stata. "Abbiamo avuto quasi subito un'occasione di pareggiare con Klose. I tre dietro della Juve concedono poco, la partita si era messa in quel modo, loro si sono messi ad aspettare, era troppo difficile trovare spazio. Ci voleva un gol per riaprire la partita. Ci abbiamo provato. Forse la sconfitta con due gol è troppo per come si è sviluppata la partita". La Lazio è uscita dal campo con orgoglio e continuerà a lottare per l'ingresso in Champions. "Siamo venuti qui a giocare con la solita mentalità e come abbiamo fatto nelle ultime settimane. Per i nostri obiettivi non cambia niente, sappiamo che ci saranno davanti a noi partite molto difficili. Non facciamo calcoli, continueremo a ragionare una partita alla volta. Ci giocheremo il secondo posto con la Roma sino in fondo".