1 settembre 2019 - Roma, stadio Olimpico - Campionato di Serie A, II giornata - inizio ore 18.00
LAZIO: Strakosha, Luiz Felipe (40' Bastos), Acerbi, Radu, Lazzari, Milinkovic (71' Parolo), Leiva, Luis Alberto, Lulic (78' Jony), Correa, Immobile. A disposizione: Guerrieri, Proto, Vavro, Patric, Berisha, Marusic, Cataldi, André Anderson, Adekanye, Caicedo. Allenatore: S. Inzaghi.
ROMA: Pau Lopez, Florenzi (88' Diawara), Mancini, Fazio, Kolarov, Cristante, Pellegrini, Under (67' Pastore), Zaniolo (79' Santon), Kluivert, Dzeko. A disposizione: Fuzato, Mirante, Zappacosta, Juan Jesus, Smalling, Cetin, Veretout, Schick, Antonucci. Allenatore: P. Fonseca.
Arbitro: Sig. Guida (Torre Annunziata - NA) - Assistenti Sigg. Carbone e Bindoni - IV uomo Sig. Rocchi - V.A.R. Sig. Mazzoleni - A.V.A.R. Sig. Vivenzi.
Marcatori: 17' Kolarov (rig), 59' Luis Alberto.
Note: esordio in serie A e in una partita ufficiale con la maglia della Lazio per Jony. Ammonito al 26' Luiz Felipe, al 31' Zaniolo, al 63' Radu, al 76' Acerbi, all'83' Santon tutti per gioco falloso, al 55' Immobile per proteste, al 70' Florenzi per comportamento non regolamentare. Angoli: 8-4. Recuperi: 2' p.t., 4' s.t.
Spettatori: 55.000 circa.
? La Gazzetta dello Sport titola: "Che show. Un derby mai visto. Gol, 4 pali, 2 traverse. La Lazio è superiore ma la Roma non cede. Gioco offensivo, velocità e ribaltamenti tattici e filosofici. Un lungo romanzo che il rigore di Kolarov e il pareggio di Luis Alberto faticano a spiegare".
Continua la "rosea": Una Lazio da Champions, una sfida da Premier, una Roma che alla fine si prende un punto che vale il triplo. Un derby mai visto e il fatto che fosse alla seconda giornata naturalmente non c’entra niente. Quello che colpisce è tutto il resto, la combinazione di spettacolo, emozioni, quattro pali, due traverse, gioco offensivo, velocità e ribaltamenti tattici e filosofici. Un lungo romanzo in 90’ che il rigore di Kolarov e il pari di Luis Alberto – soltanto due gol, un peccato mortale – faticano a spiegare. Perché c’è molto di più. Dalle prospettive devastanti di Correa in coppia con Immobile ai passi avanti (e qualcuno indietro) di Zaniolo. Dall’atteggiamento sorprendente di Inzaghi alla paura che spinge Fonseca a rinnegare per una serata i suoi principi. Ne esce sublimata l’immagine della Lazio, forse la squadra più bella oggi in A. Finisce 1-1 ed è un risultato meno sincero del 4-3 di Juve-Napoli. Poteva essere una goleada. È stata la conferma di un’impressione: non sarà una stagione banale, non ci sono finali scritti in anticipo e il nostro pallone sta forse cambiando, come urlano anche gli altri risultati.
Un derby al contrario. Tutti ad aspettarsi una Roma alla Fonseca, all’attacco, pressing alto, un po’ sbilanciata e a rischio contropiede, l’identikit di inizio stagione, e dall’altra parte una Lazio maestra nel chiudersi e ripartire in velocità. Tutto il contrario. La botta con il Genoa deve aver suggerito al portoghese che a queste latitudini l’ideologia può essere un lusso, soprattutto se conosci i tuoi limiti. E così la Roma tenta di fare la Lazio, senza avere però le caratteristiche, restando bassa nella sua metà campo e aspettando per ripartire. Non è chiaro se la strategia romanista costringa Inzaghi ad adattare in corsa i suoi piani, oppure se la sceneggiatura alternativa fosse studiata: propendiamo per la seconda ipotesi. In ogni caso è la Lazio che fa la Roma, non lascia uscire i giallorossi, li accerchia, li soffoca, li obbliga a subire oltre venti tiri su Pau Lopez o dalle sue parti. Eppure è la Roma che va in vantaggio.
Roma: Zaniolo-Lopez. Questa è la meraviglia del calcio. Lo dicono gli scienziati. Nessuno sport è così imprevedibile e a rischio Davide contro Golia. Dzeko crossa e Milinkovic allarga il braccio in area: non c’entrano le nuove regole, è rigore e Kolarov non sbaglia. Una delle tre occasioni pericolose. Le altre due sono firmate da Zaniolo che prende palla e tira da fuori come se fosse la cosa più facile del mondo. Sul fronte falli inutili ancora non ci siamo, ma la Roma sopravvive grazie a lui e a Lopez. Troppi sotto standard, dall’inesistente Under all’immaturo Kluivert, e lo stesso Dzeko sa fare di più. Inoltre Fonseca insiste sulla coppia di centrali Pellegrini-Cristante che fatica a convivere: entrambi hanno bisogno di un centralone vero accanto, quello che era Nzonzi al Siviglia al fianco di Banega, non in giallorosso. Risultato: poco filtro e libertà di tiro e manovra per i trequartisti laziali.
Lazio spettacolo. Simone Inzaghi ha studiato bene e predisposto un sistema che sembra un 3-3-2-2. I tre difensori e Leiva fanno da scudo, uno degli esterni (soprattutto lo scatenato Lazzari) diventa ala per creare superiorità, mentre l’altro (Lulic) equilibra. Mediana occupata militarmente e i quattro là schierati su due linee, una specie di quadrilatero che incanta con manovre di prima, in velocità, soprattutto a sinistra. Correa e Immobile lasciano nella polvere Florenzi e soci. Se Zaniolo rimpiange i due pali, la Lazio fa una conta surreale: due pali (Leiva e Correa) e due traverse (Immobile e Parolo). In alcuni momenti è spettacolo puro che ricorda la Premier League: verticalizzazioni, cambi di fronte, mai soste, tanti tiri da fuori, soluzione sempre più frequente per aggirare aree affollate. Correa sbaglia ma è irresistibile, Immobile idem, Pau Lopez para tutto, ma l’1-1 arriva soltanto su palla persa da Kolarov. Così si libera il Dna laziale: break di Milinkovic, fuga di Immobile, stangata di Luis Alberto. Ma la mutazione genetica forse è in atto: nel finale Inzaghi inserisce Jony per Lulic, mentre Fonseca sceglie Santon per Zaniolo. Un derby mai visto, appunto.
? Il Corriere dello Sport titola: "Un derby a legnate. Lazio ok, Roma salva. Meglio i biancocelesti, ma Fonseca resiste con sacrificio e densità. Al rigore di Kolarov risponde Luis Alberto. Sei pali (quattro di Immobile e compagni): da record".
Prosegue il quotidiano sportivo romano: Non ci sono più le stagioni di una volta, né certi derby arroccati. E se non piovono gol, grandinano pali e traverse. "A legnate" suona brutto, perché in fondo nessuno si è fatto male davvero, in cima a questo primo derby dell’Olimpico, aperto dalla Roma su rigore con Kolarov nel primo tempo (mano di Milinkovic su cross mirato di Dzeko) e chiuso dalla Lazio nel secondo tempo con Luis Alberto su assist di un ottimo Immobile, uomo squadra in attacco. Ma sei legni, dico sei, sono qualcosa che non si era mai visto in un match a memoria di statistiche. E in questo caso è la squadra di Simone Inzaghi a doversi mangiare il cappello, come Rockerduck. Ha infatti gettato via, oltre alla possibilità di restare in testa alla classifica, la ricchezza accumulata nella ripresa, la Lazio, quando ha "strappato" per sé l’inerzia del match, facendo pesare in campo il maggior peso specifico che in questo momento possiede rispetto alla nuova Roma guidata da Fonseca, per ora capace solo di pareggiare.
Doppia Lazio. Quattro a due è la contabilità finale del tiro al bersaglio sfortunato, frutto di 23 conclusioni a 11 rispetto alla Roma (7 a 3 nello specchio), a cui, in questa chiave, si possono aggiungere gli 8 angoli a 4, sempre per i padroni di casa. Con questo non si può dire che i giallorossi siano stati del tutto asfaltati sul piano del gioco, perché per un’ora Florenzi e compagni, hanno fatto la loro onesta partita. Come? Opponendo sacrificio, densità creata dai due esterni alti dentro al campo oltre a Dzeko, a lottare pur senza mai tirare, a cui bisogna aggiungere la generosità di Cristante, elastico tra difesa e centrocampo, opposto all’ottimo e numeroso reparto biancoceleste. Ha brillato anche il reprobo Zaniolo con la palla (due legni per lui), un po’ meno senza (tanto da far lamentare Kolarov con Fonseca). Ma così la Roma ha complicato la vita all’ambiziosa Lazio tutta qualità, legata agli estri dei suoi uomini d’oro, Leiva, Correa, Immobile, tutti fermati dai legni.
Strani cambi. Ci ha pensato anche Inzaghi, incredibilmente, a togliere benzina ai suoi nel momento decisivo del match, dopo l’1-1, togliendo Milinkovic per inserire Parolo (anche lui nel tabellino dei quasi gol, con una traversa all’attivo, su appoggio del solito Ciro), quando era la Roma che stava perdendo palloni in mezzo e sulle fasce, frutto di un pressing finalmente alto e produttivo da parte laziale. Era stata questa la risposta alla staffetta romanista Ünder-Pastore: anche in questo caso il cambio è apparso discutibile. Fonseca peraltro aveva dovuto variare il suo piano tattico prima del via, con Zappacosta bloccatosi nel riscaldamento. Dentro Kluivert con Florenzi riportato in difesa. Se l’idea abortita era quella di tenere a bada lo scatenato Lazzari visto a Genova ci ha pensato il neo laziale a tenersi da solo, a parte il finale, pagando l’emozione dell’esordio all’Olimpico, fallendo un gol fatto, fino alla rete annullatagli giustamente in pieno recupero per la posizione irregolare del debuttante Jony e del pallone al momento del cross.
? Il Messaggero titola: "Il derby resta al palo. Finisce uno a uno l'inedita sfida d'estate tra Lazio e Roma: al gol su rigore di Kolarov risponde nella ripresa Luis Alberto. Stabilito il record di legni colpiti in 90 minuti: quattro dai biancocelesti e due dai giallorossi".
Prosegue il quotidiano romano: Il pareggio nel derby piace più a Fonseca che a Inzaghi. Con il risultato ormai in archivio, bisogna però ammettere: il punteggio è il più bugiardo che ci sia. L'1 a 1 è la sintesa misera del pomeriggio emozionante vissuto dal pubblico di uno stadio pieno a metà. La Lazio e la Roma, come fossero al luna park e non all'Olimpico, fanno il tiro al bersaglio: cinque i pali nel primo tempo (più sesto legno nella ripresa). Fanno rumore e discutere. Il match non è da over: c'è da chiedersi se è colpa dell'imprecisione dei giocatori e semplicemente del caso. Nessuno si diverte come avrebbe voluto. La sfida è comunque rimasta in bilico fino all'ultimo respiro così come lo sarà il duello per il quarto posto che porta in Champions. Se lo giocheranno i biancocelesti e i giallorossi fino al 24 maggio. Inzaghi non festeggia. Nemmeno Fonseca, però. Perché il pareggio nel derby non sposta niente. La situazione è quella di prima. La Lazio rallenta in classifica, ma resta sopra alla Roma. Che, con il secondo punto di fila, ancora non corre. E' in rodaggio. I biancocelesti giocano meglio, creano e concludono: 23 tiri a 11. Davanti a Pau Lopez, però, sprecano. Ecco perché non vincono. I giallorossi, invece, confermano la fragilità nella fase di non possesso palla. Restano in partita con il carattere. E la qualità di qualche interprete. Non ce l'hanno solo Milinkovic, Luis Alberto e Correa. A loro replicano Zaniolo, imprendibile quando parte coast to coast, Pellegrini e anche Cristante.
Il terreno dell'Olimpico bagnato dalla pioggia del pomeriggio, diventa presto il flipper dei tiratori scelti. La Lazio vuole il successo, la Roma pure. Stesse intenzioni, identiche conclusioni. Suonano cinque volte i pali, addirittura interni. Vanno vicinissimi al gol, sullo 0 a 0, Leiva e Zaniolo e sull'0-1, Immobile, Correa e ancora Zaniolo. L'unico a inquadrare la porta, spiazzando Strakosha, è Kolarov. L'ex trasforma il rigore del vantaggio. Guida punisce Milinkovic che interrompe con il braccio il cross di Dzeko. Il lavoro di Fonseca, quello dell'ultima settimana, evapora durante il riscaldamento. Zappacosta si ferma (polpaccio) e lascia il posto a Kluivert, con Florenzi che torna a fare il terzino destro. La Roma riparte dal pari con il Genoa e l'unica novità è Mancini accanto a Fazio per l'esclusione di Jesus. Anche Inzaghi conferma per dieci-undicesimi la squadra del debutto in campionato: Leiva per Parolo. Più saggezza, meno dinamismo. E' lì che i giallorossi si possono prendere il derby, anche perché Dzeko e soprattutto Zaniolo sanno come oscurarlo.
Ma l'atteggiamento è meno spregiudicato del solito, il baricentro del 4-2-3-1 è più basso e diminuisce il pressing. Passo indietro del debuttante per non rischiare l'imbarcata contro lo specialista. La Roma più prudente perde, però, il suo nuovo stile. Così attacca di meno, sfruttando palla al piede ogni ripartenza a sua disposizione. Non ne approfitta mai Kluivert, meglio Zaniolo e Florenzi. La difesa sbanda lo stesso. E' da aggiornare. Nei singoli e nei movimenti. La Lazio c'è, anche se non trova la forza della giocata per il ko. Milinkovic si fa perdonare: ruba il pallone a Kolarov. Da lì nasce il pari: assist di Immobile per Luis Alberto azzerato fino a quel momento da Pellegrini. Correa si pappa il 2-1. Inzaghi fa arrabbiare Lotito in tribuna: Parolo per Milinkovic. Ma la mossa sta per decidere il derby: traversa del centrocampista. Debutta Jony che, dentro per Lulic, va al cross. Ma la palla ha superato la linea: gol di Lazzari annullato. Fonseca ha già tolto Under, mai in partita, e messo Pastore. Poi Santon per Zaniolo con Florenzi alto e sostituito con l'esordiente Diawara nel finale. Finale è modesto. Non da big. Questo, del resto è il derby del quarto posto.
? Tratte dal Corriere dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
Santo cielo, sembra urlare Inzaghi: "Sono a Roma da vent’anni, non ricordo un derby con quattro pali!". E’ la sfortuna la cifra del suo derby. Simone tiene tra le mani i fogli dei match analyst, scottano: "Abbiamo costretto la Roma ad abbassarsi e sappiamo che idea di gioco ha il suo allenatore. Meritavamo la vittoria, per ciò che abbiamo creato e per ciò che ho visto, per il gioco. Il calcio è questo, c’è amarezza, c’è rammarico". Santo cielo, anche Lotito ha lanciato un urlo. Il presidente è stato inquadrato dalle telecamere di Sky al 70' e 40 secondi, dopo la sostituzione Milinkovic-Parolo decisa da Inzaghi, si era sull’1-1. Quaranta secondi dopo il cambio si è visto Lotito mentre guardava il campo, incavolato, agitava mani parlanti, quasi le giungeva. Dal labiale si è percepita la frase "non ce la faccio più". L’eloquenza del gesto, la malizia e la coincidenza temporale, possono far pensare ad un’irritazione post-sostituzione (chi non l’ha avuta?). Ma forse il presidente ce l’aveva con i pali, con la iella che imbrigliava la Lazio. Simone, a fine partita, ha spiegato la sua mossa-rebus, nel commento l’ha aiutato la traversa di Parolo (unico palo maledetto-benedetto...): "E’ stato un cambio tecnico-tattico. Milinkovic avrebbe potuto fare meglio, Parolo è entrato e ha preso la traversa. Siamo in tanti, di volta in volta qualcuno dovrà uscire. Con Milinkovic ci siamo salutati senza nessun problema. Anche Luiz Felipe voleva restare in campo, finché c’è un allenatore che decide le soluzioni è così. A seconda del risultato si dice la "sostituzione è andata bene o male". Ripeto, Parolo è entrato bene. Milinkovic, sia nel primo che nel secondo tempo, ha fatto una discreta gara. Sono amareggiato, non sono felice, volevo portare a casa la vittoria".
Gli errori. Simone non se l’è presa solo con la scalogna. Ha parlato al confine fra la malasorte e l’imprecisione dei suoi: "Difficilmente, studiando la Roma e lo Shakhtar di Fonseca, ho viste le sue squadre abbassarsi così, è stato merito della Lazio. Serviva un pizzico di cattiveria in più, a parte quello di Leiva tutti gli altri pali nascono da occasioni sbagliate da noi". Inzaghi si tormenta nei rimpianti: "Mi ricordo anche le occasioni di Lazzari e Correa, clamorose. Bisogna vincere determinate partite. Dobbiamo andare avanti nel percorso di crescita. Abbiamo preso gol su rigore. La Roma ci ha dato fastidio solo con qualche ripartenza". A Simone non tornano neppure i conti della classifica: "Avremmo dovuto avere 6 punti, invece ne abbiamo solo 4. C’è da lavorare ancora". E’ saltata una delle mosse preimpostate, riguardava i cambi di gioco su Lazzari: "Avremmo potuto coinvolgerlo di più. Non siamo stati bravi a fare determinate cose, quelle che avevamo preparato, ad esempio il cambio di gioco. Abbiamo tirato dal limite anziché dare sfogo a destra".
Il rigore. Inzaghi ha avuto poco da dire e da ridire sul rigore, ma è certo che Dzeko, volpone, abbia puntato il braccio destro di Milinkovic: "Stiamo vedendo che li stanno dando, dobbiamo abituarci. Secondo me il rigore è stato cercato e trovato da Dzeko. Dobbiamo adeguarci al più presto, quando c’è un cross in area le braccia non devono essere alte, altrimenti troviamo giocatori con capacità balistica, ci tirano su un braccio. Con questo regolamento il rigore va fischiato".