15 settembre 2019 – Ferrara, stadio Paolo Mazza - Campionato di Serie A, III giornata - inizio ore 15.00
SPAL: Berisha, Cionek, Vicari, Tomovic (80' Felipe), D'Alessandro (73' Sala), Murgia, Missiroli, Kurtic, Reca (62' Strefezza), Di Francesco, Petagna. A disposizione: Thiam, Letica, Igor, Valdifiori, Jankovic, Valoti, Floccari, Paloschi, Moncini. Allenatore: Semplici.
LAZIO: Strakosha, Patric (48' Vavro), Acerbi, Radu, Lazzari, Parolo, Leiva (68' Milinkovic), Luis Alberto, Lulic, Caicedo (68' Correa), Immobile. A disposizione: Proto, Guerrieri, Bastos, Jorge Silva, Marusic, Cataldi, Berisha, Jony, André Anderson. Allenatore: S. Inzaghi.
Arbitro: Sig. Calvarese (Teramo) - Assistenti Sigg. Schenone e Bresmes - Quarto uomo Sig. Ghersini - V.A.R. Sig. Aureliano - A.V.A.R. Sig. Di Iorio.
Marcatori: 17' Immobile (rig), 63' Petagna, 90'+1' Kurtic.
Note: effettuati due "cooling break" al 30' di ciascun tempo. Ammonito al 26' Patric, al 51' Missiroli, al 64' Strefezza, al 79' Radu, all'85' Felipe tutti per gioco falloso, al 16' Tomovic ed all'89' Acerbi per comportamento non regolamentare. Angoli 8-5. Recuperi: 7' p.t., 7' s.t.
Spettatori: 13.650.
? La Gazzetta dello Sport titola: "Blackout Lazio. Spal, prima gioia con Kurtic al 92’. Petagna e lo sloveno nel secondo tempo ribaltano il rigore di Immobile".
Continua la "rosea": Ciascuno ha fatto la sua parte, ma soltano per un tempo. Quindi è giusto che abbia vinto chi ha sbagliato di meno. La Spal aveva l’umore ammaccato da troppe negatività , pensieri bui e scetticismo nel pensare alla terza salvezza consecutiva. Come se il meglio fosse alle spalle, irrecuperabile. Certo, dal punto di vista tecnico la squadra patisce il cambio sugli esterni, perché Lazzari ha l’altra maglia e Fares è spaccato. Però certe sensazioni si temevano già nelle due stagioni precedenti e sono state smentite. Il disfattismo viene confermato dal primo tempo. Fosse finito tanto a zero, non ci sarebbe stato niente da obiettare: il trionfo dei pessimisti. Soltanto una volta la Spal ha perso le prime tre di campionato: era il 67-68, l’ultima annata in A prima della risalita con Semplici, nel 2017. Qualcuno forse lo ha ricordato, nell’intervallo. La seconda parte è stata riempita dai ruggiti di chi non intende buttarsi via quando è ancora estate. Pareggio con Petagna, stoccata con Kurtic. La Lazio aveva mostrato finora una dote di coraggio che non è incoscienza, bensì capacità quasi niente sul mercato, anche qui a tratti imbastisce azioni precise e attente come se fossero opera di un sarto. Senza il palo (il quinto stagionale) di Caicedo, le parate di Berisha, la mancanza dell’istinto da killer di Luis Alberto, avrebbe chiuso la questione in fretta, per poi bearsi nel contropiede. Invece si è sciolta, fino a cadere al minuto 92’.
I motivi. Simone Inzaghi parla di blackout, però ci sono anche scelte che non hanno pagato. Un cambio dovuto per togliere Patric, ammonito e in difficoltà con Di Francesco, altri due per far entrare i big restati troppo a lungo con le nazionali, cioè Milinkovic e Correa. Immessi per Leiva e Caicedo, sono il simbolo della Lazio che non ha più né ordine, né personalità . Ma anche una mossa di Semplici fa accartocciare i laziali; cambia lato a D’Alessandro, allarga Di Francesco a destra, da seconda punta a vera ala, poi anche quando mette Strefezza lo tiene largo a sinistra e pianta Kurtic sulla trequarti: lo sloveno segna il gol della vittoria. Passando da 3-5-2 a 4-2-3-1, Semplici lacera il fianco sinistro della Lazio (Lulic e Radu), trasformando un cammino ansimante in un sorpasso trionfale, anche fisico. La Spal tira in porta per la prima volta dopo un’ora, ma è il segnale che la carica (come da una coreografia in curva) è iniziata.
I protagonisti. "Perdere senza nemmeno giocare non mi andava proprio", racconta Leonardo Semplici. La Spal lascia quota zero anche grazie a un nuovo arrivo come Di Francesco, contundente in entrambe le posizioni ma essenziale quando pesta la fascia, e nel raddoppio c’è molto di suo. Come di Strefezza, debuttante interessante. Pure i vecchi ciurmatori non accettano la caduta: di Kurtic si è detto, ma pure Petagna non si demoralizza nelle difficoltà iniziali, quando deve uscire dall’area per trovare aria e palloni. La Lazio regge finché Leiva tiene incollati i reparti (e prima del cambio salva anche sulla linea) e Parolo è impressionante come potenza fisica. Immobile infila il rigore deciso via Var; la pressione continua e la linea alta per non far uscire la Spal sono le caratteristiche della prevalenza laziale. Quando vengono a mancare, la bella squadra che aveva raccolto complimenti alla partenza del campionato ridiventa un enigma. Come nel finale dello scorso torneo, quando perdendo a Ferrara iniziò la crisi. Ma adesso è presto per gli addii agli obiettivi: vale per entrambe.
? Il Corriere dello Sport titola: "La Lazio si illude. Kurtic la punisce. Doveva chiuderla subito, ma dopo il vantaggio la squadra ha rallentato e alla fine ha regalato la partita e i punti. Petagna, l’incubo di Inzaghi. Nel primo tempo il gol su rigore di Immobile crea false aspettative. Nella ripresa i biancocelesti ko".
Prosegue il quotidiano sportivo romano: Senza limiti di presunzione. No, buttando via così le partite, non potrà essere l’anno buono per la Champions. La Lazio promette, non mantiene, si specchia e alla fine perde. Doveva chiuderla subito, l’ha regalata, non bastano i pali colpiti per coprire colpe e ritardo in classifica. Due gol presi e tre punti persi con un secondo tempo osceno. Tutti dietro la lavagna. Allenatore, giocatori e forse anche la società se non riesce a intervenire sui soliti difetti di personalità . Un altro tonfo pesantissimo a Ferrara, neppure cinque mesi dopo l’ultimo, firmato da Petagna su rigore. Dalle illusioni si passa alle delusioni, la replica dello stesso film. Questa volta è andata ancora peggio. Il bomber che Inzaghi prova a chiedere ogni estate ai suoi dirigenti ha riacciuffato il pareggio e il sorpasso lo ha griffato Kurtic, specialista dei gol decisivi in pieno recupero. La Lazio si interroghi, non solo perché ha rallentato dopo il rigore di Immobile e poteva trovare il raddoppio nel primo tempo. La ripresa è stata bruttissima, senza senso. Un collasso psico-fisico. Tre chiavi di lettura principali: al calo atletico bisogna aggiungere l’ingresso irritante di due star come Correa e Milinkovic, non il modo giusto per rispondere all’esclusione iniziale, e le mancate risposte tattiche di Inzaghi, integralista del 3-5-2. Se sei sulle gambe, perdi l’ordine e non riesci più a difendere, si può cambiare modulo in corsa. Alla Lazio non succede quasi mai. E’ un limite, reso evidente ieri dalle mosse di Semplici. L’ha ribaltata nell’intervallo e l’ha vinta con merito, virando verso il 4-2-3- 1. Così si è preso la fascia destra. Da quella parte sono nate tutte le azioni più pericolose e i due gol della Spal, interprete sublime Di Francesco. Il figlio dell’ex tecnico giallorosso, impegnato sul versante opposto nel primo tempo, ha schiantato Radu, lasciato solo ed esposto all’uno contro uno. Lulic stava camminando, non lo aiutava e non riusciva più a spingere, nonostante davanti ci fosse Cionek, centrale adattato a terzino.
Accademia. La benzina del bosniaco (e non solo) era finita al 45'. La Lazio aveva iniziato benissimo, con il baricentro alto, tenuta su dal pressing di Leiva e dalle sponde di Caicedo. I ricami di Luis Alberto e gli scambi con Immobile permettevano di arrivare con facilità al limite dell’area, anche se Lazzari faticava a carburare. Il Panterone ha colpito il palo (ora sono cinque per la Lazio, record della Serie A) prima del rigore trasformato da Immobile e concesso dopo un controllo lungo sei minuti al Var. Sopra di un gol, la squadra di Inzaghi non ha più aggredito con la stessa intensità dell’avvio. Ci ha provato Luis Alberto, è mancata la rifinitura giusta. Era come se tutti si fossero convinti di vincere senza sforzo.
Rimonta. Errore pagato a carissimo prezzo. Inzaghi si è giocato il primo cambio togliendo Patric, ammonito. E’ entrato il colosso Vavro, a cui mancavano riferimenti in marcatura. Di Francesco aveva cambiato fascia e Semplici dopo un quarto d’ora ha sganciato Strefezza, un folletto italo-brasiliano, a sinistra. Kurtic avanzato da trequartista a ridosso di Petagna. Lo sloveno ha cominciato a tirare senza che nessuno riuscisse a prenderlo, ancora di più quando è uscito Leiva per fare posto a Milinkovic. La Lazio non ha più costruito una sola azione. Appena 2 tiri contro i 10 del primo tempo. Ne ha concessi 12 sui 17 totali alla Spal, per un’ora mai pericolosa. Jony è un esterno offensivo, ma Inzaghi lo ha lasciato fuori, nonostante Lulic fosse scoppiato e Radu non riuscisse più a contenere. Lo spagnolo avrebbe consentito il cambio di modulo (4-4-2) per ritrovare ordine e coprirsi meglio a sinistra, Vavro accanto ad Acerbi era un invito da raccogliere. Caicedo, l’unico in grado di far salire la squadra, è uscito perché certe staffette a volte sembrano disegnate a tavolino. Correa, invece, è entrato malissimo e Immobile si è ritrovato senza partner. Milinkovic a passeggio, tutti gli altri statue imbalsamate. Semplici ha aggirato la difesa a tre di Inzaghi. A destra un angolo dietro l’altro ed è arrivato il sinistro di Petagna. Alla fine il match-point realizzato da Kurtic e costruito ancora da Di Francesco. Troppo facile sfilare le partite alla Lazio.
? Il Messaggero titola: "La Lazio fa harakiri e la Spal ringrazia. I biancocelesti vanno avanti con un rigore di Immobile ma non chiudono il match. Nella ripresa arriva il crollo fisico e mentale: Petagna e Kurtic firmano la rimonta".
Prosegue il quotidiano romano: Mazza che beffa. Un'altra. La maledizione in questo stadio continua. La Lazio deve fare mea culpa. Getta al vento un tempo, troppe occasioni come nella stracittadina. Si piace troppo e alla fine paga. Kurtic nel recupero la purga. La storia non ha insegnato nulla, Inzaghi dopo l’anno scorso aveva invocato la prestazione perfetta. Invece la sua squadra persevera. Fa la spavalda, lascia la Spal moribonda, poi stanca nella ripresa crolla. E' questo l'aspetto che Inzaghi deve correggere ancora. Nel derby era costato il pari, adesso arriva la prima sconfitta. Non è sfortuna, è l’ennesimo peccato di superbia. Perché non si può arrivare così tante volte davanti alla porta e non centrarla. E’ un replay dopo la sosta. Immobile segna, ma lui né nessun altro raddoppia. Correa e Milinkovic entrano e non spostano nulla. E allora, dopo Petagna, nel recupero Kurtic fa impazzire i tifosi di casa. Contro la Lazio per la seconda volta consecutiva. Appena 3 punti racimolati in tre anni dai biancocelesti a Ferrara. Per il quarto posto non se ne possono più lasciare altri così per strada. E pensare che stavolta tutto stavolta sembrava in discesa. Complici acciacchi e fatiche delle Nazionali, Inzaghi conferma le scelte della vigilia.
Turbo. Davanti fuori Correa tornato tardi dall'Argentina, dentro Caicedo. E’ proprio il Panterone all’esordio il più attivo: in un lampo stoppa e al volo colpisce il palo. Una manciata di secondi dopo, viene atterrato in area da Tomovic e, con un consulto infinito del Var, Calvarese concede il rigore per il tocco di mano. Immobile lo trasforma, spiazzando Berisha alla sua sinistra dal dischetto. Sembra tutto pronto per il volo perché la Lazio non si ferma un attimo e mette la Spal all’angolo. Il gioco è fluido, il pressing asfissiante con Luis Alberto e Caicedo in raddoppio. Leiva ringhia su ogni avversario. Parolo è indemoniato, corre a tutto campo e per poco non trova il raddoppio. Caicedo se lo divora al lato, Luis Alberto sbaglia prima in diagonale e poi calcia alto. La Lazio spreca e la Spal inizia a prendere coraggio. Patric, schierato dall’inizio per avere più iniziativa in attacco, comincia ad accumulare un fallo dietro l’altro e sopratutto si becca il giallo. E’ nervoso, a inizio ripresa Inzaghi non ci pensa un attimo a sostituirlo col debuttante Vavro. Lazzari comunque non lo aiuta su Di Francesco, a destra come nel derby è emozionato e sotto tono.
Tilt. E’ incredibile l'epilogo. Perché la prima parata di Strakosha (botta di Kurtic) arriva addirittura al sessantesimo. E’ però il preludio al pareggio, con un eurogol di Petagna in semirovesciata, che controlla e si gira tutto solo. Pesa pure l'errore di Radu che, sul corner di Di Francesco, si lascia sovrastare dalla torre Tomovic in volo. Inzaghi fa subito un doppio cambio (dentro Milinkovic e Correa) per ritrovare un impeto, ma Semplici lo beffa ancora dal punto di vista tattico: sposta a destra Di Fracesco e, dopo Patric, anche Radu (ammonito) e Lulic impazziscono. Kurtic raccoglie i suoi cross, ci prova due volte di testa, ma alle terza va segno con un semplice piatto. E’ lo sloveno a lanciare l’azione addirittura da centrocampo, a lanciarsi e a raccogliere il primo tiro in area di Strefezza ribattuto. In pieno recupero, la Spal potrebbe chiudere con un bottino più ampio. Basta guardarsi allo specchio o la Lazio non vedrà mai il riflesso della Champions.
? Tratte dal Corriere dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
Non se ne può più. Le espiazioni, i fioretti, le promesse vuote "non ricadremo, non ci ripeteremo, non lo rifaremo, mister". Come non detto, la Lazio è già tornata al passato: "Quando perdiamo ordine diventiamo una squadra normalissima, non da vertice! Dobbiamo fare quel salto in più per diventarlo. Non possiamo più permetterci certe partite". Inzaghi non si aiuta e nessuno dei suoi uomini lo aiuta. Ha dovuto sottolineare le stesse cose dette e ridette, siamo alla millesima morale della stessa serie. Ma stavolta ha fatto il fustigatore, ha finito le parole di comprensione: "Probabilmente non siamo ancora una grande squadra. Non si possono prendere quei pali e non si possono sbagliare occasioni nitide, si devono marcare gli attaccanti più da vicino. Una squadra che ambisce a determinate posizioni di classifica non può farsi segnare marcando il centravanti a 5 metri. Non mi sta bene prendere certi gol, non mi sta bene perdere così! Avevamo raccolto troppi elogi e abbiamo pagato".
Il colpevole. Puntuale e incorreggibile, ecco di nuovo la sindrome da afflosciamento. La Lazio è recidiva, ha difetti che sembrano inestirpabili: "Ci eravamo già passati - è lo sconforto di Inzaghi - anche stavolta abbiamo pagato un blackout. E’ stata una delle nostre classiche partite, nonostante la lezione dell’anno scorso a Ferrara. Non siamo nuovi a queste cose, non doveva più succedere". Le cose sono le solite. Di classico, purtroppo, ci sono i blackout dei giocatori e l’immobilismo dell’allenatore: "Quattro punti dopo 3 partite sono troppo pochi, anche per quello che abbiamo fatto vedere nelle prime due gare. Ci servirà per il futuro". Simone ce l’ha con tutti. Per non fare i nomi dei giocatori (la domanda era riferita ai subentrati Correa e Milinkovic, deludentissimi), ha fatto il suo di nome: "Se mi aspettavo di più da loro? Mi aspettavo di più da tutti. Non bisogna cercare un colpevole. Io sono il principale responsabile perché sono a capo del gruppo. Analizzeremo il secondo tempo. Sono deluso perché abbiamo fatto ottime prestazioni e 4 punti non le rispecchiano. Abbiamo segnato 5 gol, sarebbero dovuti essere molti di più. Dobbiamo analizzare il tutto con lucidità perché siamo agli inizi. Dobbiamo cambiare registro su certi aspetti. Va bene tutto, ma non perdere una partita del genere. Lo ripeto, non mi sta bene!". Eppure il primo tempo prometteva bene: "Sul primo tempo non ho niente da eccepire, ma non dovevamo limitarci all’1-0. Se concedi quel gol può capitare che per una carambola perdi le partite". La Lazio s’è persa nell’intervallo: "Non abbiamo avuto ordine, abbiamo perso la costruzione, siamo stati poco cinici. Quando non siamo corali, e giochiamo con i solisti, sparisce il nostro gioco collettivo. E paghiamo. Il secondo tempo è stato al di sotto delle nostre possibilità ".
Gli errori tattici. Simone ha risposto alle annotazioni: "L’uscita di Patric? Era ammonito e Calvarese l’aveva minacciato del secondo giallo. Scelta tecnica". Lazzari non è sfruttato, continua a dirlo, ma a chi? "Abbiamo giocato di più a sinistra come nel derby, dobbiamo essere bravi e andare anche a destra. Ci lecchiamo le ferite, pensiamo all’Europa".