Domenica 22 dicembre 2013 - Verona, stadio M. Bentegodi - Hellas Verona-Lazio 4-1 22 dicembre 2013 - Campionato di Serie A - XVII giornata - inizio ore 15.00
HELLAS VERONA: Rafael, Cacciatore, Moras, Maietta, Agostini, Romulo, Jorginho (87' Laner), Halfredsson (75' Donati), Iturbe (68' Donadel), Toni, Gomez. A disposizione: Nicolas, Gonzalez, Albertazzi, Marques, Sala, Martinho, Jankovic, Longo, Cacia. Allenatore: Mandorlini.
LAZIO: Marchetti, Konko, Cana, Dias, Lulic, Ledesma, Biglia (62' Keita), Candreva (77' Perea), Onazi, Ederson (70' Floccari), Klose. A disposizione: Berisha, Strakosha, Ciani, Biava, Novaretti, Cavanda, Vinicius, Felipe Anderson. Allenatore: Petkovic.
Arbitro: Sig. Calvarese (Teramo) - Assistenti Sigg. Giachero e De Pinto - Quarto uomo Sig. Meli - Assistenti di porta Sigg. Nasca e Pairetto.
Marcatori: 5' Toni, 27' Biglia, 44' Iturbe, 63' Romulo, 77' Toni.
Note: ammonito al 4' Ledesma per gioco scorretto, al 41' Maietta per proteste, al 71' Cana per gioco scorretto. Angoli 1-10. Recuperi: 0' p.t., 3' s.t.
Spettatori: 19.300 circa per un incasso di € 269.671.
La Gazzetta dello Sport titola: "Petko-stop a Verona".
Continua la "rosea": Verona e Lazio chiusero l’anno a ridosso dei primi in classifica, nel dicembre 2012, ma non è soltanto questa partita a dimostrare chi possa salutare con più gioia il 2013. In primavera entrambi hanno attraversato cascate di felicità: la Serie A dell’Hellas dopo 11 anni, la coppa Italia laziale nel derby con la Roma. Poi sono iniziate le distanze: Andrea Mandorlini è un allenatore felice con i 68 punti annuali, i 29 nel nuovo campionato con 8 vittorie su 9 in casa, la gente che riempie lo stadio e parla di Europa. Vladimir Petkovic è un allenatore in partenza, 45 punti in 12 mesi ma soltanto 20 in questa classifica. È così poco originale da sostenere di aspettare "cosa porta Babbo Natale", riguardo al suo possibile esonero. Ha più di una speranza di guidare la nazionale svizzera dopo il Mondiale e ciò non gli ha portato benefici nel nevrotico modo di pensare italiano. Ma la sua professionalità può essere anche messa in dubbio dai risultati e questa Lazio ne centra pochi: settima sconfitta in 17 giornate, una sola vittoria esterna in tutto il 2013 che iniziò da secondo, dietro la Juventus. Un anno che scivola via nella desolazione.
L’esito è corretto anche se gli ospiti hanno più possesso (56-44), un baricentro molto alto, tirano 10 corner a uno, accumulano un egual numero di occasioni da gol. Ma il successo è giusto perché l’Hellas sa uscire dalle difficoltà difensive, consuete, con una brutale efficacia offensiva. Segna subito (Toni), si fa riprendere (Biglia), ma bastona di nuovo a un soffio dall’intervallo (Iturbe con l’aiuto di Marchetti). Va in apnea a inizio ripresa però regge e raccoglie l’euforia selvaggia del contropiede (Romulo e ancora Toni). La banda di Mandorlini è sinonimo di esultanza: 57 reti nei suoi show, ma 5 di differenza fra infilate (31) e pigliate (26). Finché il saldo resta in attivo, saranno complimenti. Toni e Klose si scambiarono la maglia, il 4 luglio 2006, al termine di Germania-Italia 0-2, semifinale mondiale. Si scambiarono il pallone l’11 agosto 2007, nel debutto insieme nel Bayern: da Miro a Luca, primo gol dell’italiano dopo 14’ di Bundesliga. In ogni matrimonio che funzioni, un partner deve mettersi al servizio dell’altro: il tedesco capì che era diventato una spalla. I due amici si scambiarono anche una promessa, prima dell’Europeo 2008: chi segna di più avrà una cena offerta. Pagò Luca. Ieri non c’erano scommesse, si sono abbracciati ugualmente alla fine. Toni, a quota 116 centri in A come Mazzola, è corso verso l’intervista per il migliore, Klose è uscito a testa bassa. Chissà se ritroverà dopo le feste l’allenatore che parla anche tedesco e che a un certo punto ha disegnato un 4-2-4 per rimontare.
Senza Hernanes, Gonzalez e Radu, Petkovic ha iniziato con il 4-1-4-1 ma con due registi a scambiarsi il posto: Biglia e Ledesma. Meglio il primo. Soltanto Candreva è di livello superiore, gli altri danno l’idea di saper maneggiare i rivali, invece soccombono. Il Verona usa le sue bellezze poco alla volta: la punizione di Iturbe, gli interventi da culturista di Hallfredsson, la presenza continua di Romulo, il piede morbido di Jorginho. Mandorlini ha un insieme che dà l’illusione ai rivali di non essere completo, invece è arrivato a 29 punti. Anche se non è terzo come un anno fa, ma quella era la B.
Il Corriere dello Sport titola: "Disastro Lazio, quattro sberle".
Continua il quotidiano sportivo romano: E’ la resa di Natale, peggio di così non si può. E’ un disastro annunciato se si ripensa al 2013 della Lazio, all’unica vittoria conquistata in trasferta a maggio (il colmo dei colmi in Serie A), a questa stagione indecorosa, ai soliti errori madornali. Uno sfacelo: 4-1, uno scarto ai confini del fantacalcio, sradica Petkovic dal fragile piedistallo sul quale era stato collocato [[dopo la vittoria sul Livorno. E’ fatal Verona per lui, s’è avvicinato all’esonero, la pazienza biblica di Lotito è agli sgoccioli. Alzi la mano chi credeva che questa Lazio fosse capace di far punti o di vincere al Bentegodi. Per carità, chi è costretto a pane e acqua da mesi non può sperare di gustare champagne. La potenza, gli automatismi, lo spirito del Verona (8 vittorie su 9 gare in casa) e i gol del rinato Toni (7 gol quest’anno, 8 reti ai laziali in carriera) hanno scavato un fosso grande quanto un burrone. Petkovic, però, continua a recitare la sua parte: "Abbiamo dominato, paghiamo errori individuali", ha detto scaricando le colpe sulla squadra. Basta, non se ne può più. Si sono stufati anche gli dei, non ne vogliono sapere, provocano ribattute sulla linea, tolgono i gol dalla porta degli avversari, fanno scivolare i difensori. Si era sull’1-1 e Maietta ha murato Klose; si era sul 2-1 e Rafael in una manciata di minuti ha salvato su Cana (colpo di testa) e su Biglia (carambola velenosa). Marchetti invece non para più come prima: è rimasto di sasso sul vantaggio di Toni (punizione di Jorginho e capocciata vincente) e si è impappinato sulla parabola di Iturbe (2-1), inutile prendersela col campo di patate veronese.
La Lazio è rimasta in partita sino al 60esimo o giù di lì, poi è crollata. Biglia è uscito per un infortunio e Petkovic s’è esibito nel solito festival dei cambi. Ha messo dentro Keita e ha beccato subito il contropiede (Toni ha fornito l’assist a Romulo, 3-1), non contento ha plasmato il solito 4-2-4 oltraggioso ammassando i centravanti (Perea alto a destra, Floccari più Klose e Keita), aprendo le voragini dietro e beccando il 4-1 (Cana a terra, Toni in porta). Il Verona, in scioltezza, ha corso sulle rovine infierendo. Petkovic è stato incapace di far tesoro di ciò che la stagione gli ha rovesciato addosso, degli errori che non ha mai smesso di commettere. Ha proseguito testardamente sulla sua strada e ha preso lezioni da tutti i colleghi, l’ultimo è stato Mandorlini. Il signor Petkovic ha perso come a Torino con la Juve (4-1), come a Bergamo con l’Atalanta (2-1), come in tante (troppe) trasferte, come sempre facendo incetta di calci d’angolo (10-1 ieri) e lasciando agli avversari il piacere, l’agio di colpire e i punti. Non basta più aggrapparsi al cuore, al carattere e agli ultimi fiati. Non si riescono a capitalizzare le avanzate di Candreva, non si può sempre sperare in Klose. E non serve nascondersi nei boschi per giocare a guardia e ladri (storia di venerdì mattina, l’esperimento del paintball è fallito). In Italia, in Serie A, conta la tattica.
Petkovic s’è presentato male a Verona. Ha scelto Lulic per sostituire Radu e arginare Iturbe, ma il bosniaco è stato asfaltato. Ederson, da esterno sinistro, s’è confermato fuori ruolo. Vlado, non pago, ha risganciato Ledesma e Biglia insieme per tappare il buco creato da Hernanes (squalificato). Il Principito, da mezzala in coppia con Onazi, s’è barcamenato sfiancandosi. Il centrocampo non ha leader e non dà sbocchi. Iturbe, Toni e Gomez si sono divertiti, hanno imperversato, si sono serviti a vicenda. Il Verona ha assorbito tutto e non ha sprecato nulla, è stato fortunato perché audace. E’ una squadra bella e riconoscibile, realmente offensiva. Bella perché applica il 4-3-3 con i fatti e non a parole. Bella perché è convinta di sè, tanto da essere in zona Europa League. La Lazio è brutta perché ha perso la faccia.
Il Messaggero titola: "Toni affossa la Lazio. Petkovic via".
Continua il quotidiano romano: Il calcio si sposa spesso con la superstizione, così il 17 diventa il capolinea per Vladimir Petkovic. La giornata, l’ultima del 2013, segna la settima sconfitta in campionato, la quinta in trasferta e un 4-1 pesantissimo che mortifica le speranze e le ambizioni del popolo biancoceleste, incredulo e attonito sugli spalti del Bentegodi, in un caliginoso pomeriggio invernale. Mentre i tifosi scaligeri festeggiano all’inglese, quelli laziali contestano ancora tutti al culmine dell’ennesima delusione. La vittoria sul Livorno si dimostra effimera illusione, perché la crisi è ormai totale. Altro che allenamenti estemporanei, alla stregua del Borgorosso! La situazione è drammatica, perché la squadra mostra la corda su ogni fronte: tattico, atletico, tecnico e molti elementi in rosa dovrebbero fare un bagno di umiltà. A cominciare dall’allenatore che, ultimamente, in conferenze stampa sempre più brevi, rilasciava dichiarazioni poco attinenti con la realtà del campo. Voleva chiudere in bellezza l’anno solare, Petkovic! Il risultato è sotto gli occhi di tutti. E non è un caso che, dopo il vertice serale con Tare, Lotito abbia preso quella decisione che appare anche tardiva: divorziare dal tecnico. L’annuncio dovrebbe arrivare in mattinata, dopo un faccia a faccia tra le parti. Poi si aprirà il toto-nome per il futuro. L’ipotesi più probabile è Reja nel ruolo di traghettatore, sperando di arrivare a Yakin alla fine del campionato.
Contro la matricola terribile di Mandorlini, Petkovic, cambia ancora assetto e impiega Biglia e Ledesma contemporaneamente, insieme con Onazi. Per il gioiello del mercato, Felipe Anderson, un’altra bocciatura: neppure un minuto, neanche nel finale. Arretra Lulic a fare il terzino e la mossa diventa un suicidio perché, opposto al guizzante e tecnico Iturbe, il laziale sbaglia tutto. Sempre fuori tempo, saltato, in ritardo: il settore sinistro biancoceleste è l’anello debole e il Verona attacca sempre da quella parte. Inoltre, la dormita generale in occasione del vantaggio, è qualcosa di inammissibile. A calciare la punizione dai 25 metri vanno in due ma nessuno prende un metro di rincorsa. Tutti intuiscono, tranne i difensori, lo schema per la testa di Toni che, puntuale, anticipa Dias e segna. La Lazio si muove molto, però crea pericoli solo sui calci pizzati e il pareggio di Biglia arriva proprio sugli sviluppi di un corner. In chiusura di tempo il gol di Iturbe, su una punizione dai 28 metri sulla quale Marchetti, tradito dal rimbalzo, è in ritardo. Come spesso gli è capitato in questa stagione.
Il canovaccio della ripresa vede la Lazio fare la partita e il Verona agire in contropiede. Rafael annulla due palle importanti, a Cana e Biglia, ma poi il Verona sale di tono, dimostrando di avere un altro peso atletico e un’altra marcia rispetto ai biancocelesti. Negli spazi sviluppa manovre articolate e veloci che mettono a nudo le carenze difensive avversarie. I centrali non chiudono e sul 3-1 Toni fa quello che vuole prima di servire Romulo. Quando esce Biglia Petkovic chiama Ederson a centrocampo e la fragilità del reparto diventa ancora più evidente. Lo schieramento con il quale chiude la sfida sa tanto di anarchia tattica: 3 centravanti con Perea prima ala destra, poi a sinistra scambiandosi con Keita. Si gioca per istinto, non per logica di schemi, ormai in balìa di Toni che si pappa il comodo quinto gol. La Lazio è deragliata da un pezzo, crollata e umiliata anche dal Verona. Davvero troppo, se n’è accorto anche Lotito.
Tratte dal Corriere dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
Andando incontro alla notte decisiva per il suo futuro, l’ultima al timone della Lazio, Vladimir Petkovic prova a darsi coraggio da solo, prova ad autolegittimare la propria posizione in attesa della voce della società, con epilogo scontato, solo questione di ore. Esonero. E ripete come un mantra, nella processione tra le tv, un ritornello difficilmente sostenibile dopo una sconfitta di queste proporzioni. "Abbiamo dominato questa partita", sostiene davanti alle telecamere di Mediaset. "Oggi (ieri per chi legge, ndi) abbiamo disputato una bella partita", ripete alla postazione Rai. Una tesi ardita – e lui stesso, per la verità, lo ammette più volte – che il tecnico bosniaco sostiene anche in sala stampa, forse più per dovere che per convinzione, chissà. Di sicuro, le risposte che lo preoccupano di più sono quelle che da lì a qualche ora emergeranno dal colloquio tra il diesse Tare e il presidente Lotito, quest’ultimo rimasto a Roma: Verona è stata l’ultima tappa della sua corsa. "Devo fare i complimenti al Verona che ha sfruttato al meglio le sue quattro, cinque occasioni che in certi momenti gli abbiamo concesso anche con ingenuità. I primi due gol su palla inattiva erano evitabili. Può sembrare strano adesso parlare di una buona Lazio, che per quaranta minuti ha creato più dell’avversario. Ora dobbiamo calmarci, restare positivi, sfruttare questa pausa e cercare di invertire questo trend. La gara di Verona è lo specchio della nostra stagione, abbiamo creato tanto ma prodotto poco in termini di gol".
Premesse un po’ deboli per approcciare qualunque colloquio con la società. Perché prima ancora di partire per Roma, Petkovic si è reso perfettamente conto della situazione. Ecco, allora, che Vlado a metà pomeriggio ribadisce la sua posizione: non sarà lui a fare il primo passo, la mossa decisiva toccherà alla società. "Io mi sento ancora l’allenatore della Lazio, fino a prova contraria. Finché non sentirò niente dalla società, devo comportarmi in questa maniera. Le decisioni del club? Questo non fa parte dei miei pensieri. Aspetto di vedere Babbo Natale cosa mi porterà... Quando non c’è il sostegno della matematica, ogni allenatore trema. Io cerco di darmi forza da solo". Non sarà, meglio non sarebbe mai stato lui a fare il primo passo, pur avendo sempre all’orizzonte la panchina della Svizzera: la mossa risolutiva tocca sempre alla società, per come la vede lui. Perché, ripete, "con la Lazio ho un contratto sino a fine giugno, sicuramente non riesco e non voglio immaginare altro" e, aggiunge, "finché non avrò altri tipi di comunicazione, io preparerò la squadra cercando di cominciare il 2014 nel miglior modo possibile". Petkovic si dice convinto che durante la sosta la Lazio potrebbe ritrovare l’identità smarrita. "Con una sosta sfruttata a dovere – confessa a Lazio Style – i giocatori torneranno con una mentalità positiva, per cercare già con l’Inter di far girare la fortuna dalla nostra parte". Il problema è che la Lazio ripartirà senza di lui...
L’autodifesa di Petkovic passa necessariamente dall’analisi, critica e poco indulgente, degli errori individuali. Perché se Vlado ha iniziato a vacillare già nel ventre del Bentegodi, pagando con il 4-1 certe sue scelte, è indubbio che anche i giocatori ci hanno messo del loro. E il tecnico lo sottolinea, tanto per non prendersi tutte le responsabilità: "E’ difficile spiegare questi errori individuali di marcatura, di sicuro li paghiamo sempre a caro prezzo. Non siamo concentrati, non siamo ben presenti fisicamente in queste situazioni. La realtà è che paghiamo questi errori individuali su palla inattiva. E poi c’è anche la scivolata sull’azione del 4 a 1...". Ogni riferimento a Cana è puramente voluto.
L’azione del quarto gol del Verona è una metafora efficace che descrive alla perfezione il momento no della Lazio, non solo incapace di vincere in trasferta (l’ultima volta l’8 maggio, 3-1 in casa dell’Inter) ma a questo punto neanche in grado di evitare un’imbarcata di proporzioni allarmanti come quella del Bentegodi. Onazi che non intercetta la palla a centrocampo, poi Cana che va giù per terra spalancado la porta a Jorginho per l’assist a Toni. Petkovic ha puntato il dito contro gli errori dei singoli, citando anche lo scivolone di Cana. E tocca proprio a lui, il centrale albanese, provare a spiegare il perché della debacle. Alla Lazio, assicura, le buone intenzioni non mancavano, c’era voglia di bissare il risultato di una settimana fa con il Livorno. "Ma gli episodi ci hanno colpito subito nel primo tempo, specialmente all’inizio con le due punizioni. Abbiamo avuto l’opportunità di pareggiare, ma è un momento un po’ così, le cose girano male. Il 3 a 1 l’abbiamo preso su una ripartenza in sessanta metri di campo, serviva un fallo per stoppare l’azione e invece... Abbiamo tanto da lavorare". Sì, ma lavorare con chi? "Petkovic e le voci sull’allenatore? Noi siamo professionisti, dobbiamo pensare ad allenarci, è la società ad occuparsi di queste cose".
La Lazio è in debito con i suoi tifosi, il 26 maggio sembra così lontano nel tempo. Cana promette riscatto e rivendica i risultato centrati nel passato: "Questa squadra ha offerto tante gioie in passato, il campionato è ancora lungo, ognuno farà la sua parte. Il rendimento della Lazio è calato, speriamo di ritrovare presto lo spirito giusto perché ci sono ancora tante gare da giocare. Anche con il Verona abbiamo preso gol subito, una situazione che poi favorisce la squadra che deve difendersi. Potevamo pareggiare, alla fine del primo tempo siamo ripartiti con lo spirito giusto. Ci manca la sicurezza, le cose non girano bene per noi e quindi perdiamo la coesione di squadra". Zero vittorie fuori casa, una classifica che non è quella che i tifosi si aspettavano. "L’anno 2013 resta comunque positivo, anche se le aspettative erano altre per questa stagione, la squadra era abituata a vincere e non stiamo facendo il cammino che volevamo. Il nostro dovere è andare avanti". Di positivo per Lucas Biglia ci sarebbe il primo gol in campionato che è anche il primo centro assoluto in maglia biancoceleste. Una gioia amara, eppure quel gol aveva tenuto la Lazio in partita, l’aveva messa in condizione di ragionare senza attaccare a testa bassa, poteva essere il preludio alla rimonta e al primo blitz in campionato, e invece... Di negativo, come se il 4-1 non fosse abbastanza, il sospetto di un nuovo infortunio muscolare, da valutare nei prossimi giorni, infortunio che peraltro ha dettato i tempi della prima sostituzione ordinata da Petkovic, fuori l’argentino, dentro Keita, giusto prima di incassare la terza rete.
"Avremmo dovuto chiudere prima la partita - commenta a Lazio Style – e dopo l’1-1 avremmo meritato di più. Andando noi sul 2 a 1, la partita sarebbe stata nostra, abbiamo avuto delle occasioni ma ci sono stati alcuni errori. Dobbiamo lavorare di più e ritrovare la fiducia, credo sia stata persa. Ripartiamo tristi dopo questa sconfitta, dobbiamo cambiare mentalità, dobbiamo fare di più". Con o senza Petkovic, ora tocca alla squadra. Che ha sempre meno alibi.