Sabato 24 gennaio 2015 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Milan 3-1 Campionato di Serie A - XX giornata - inizio ore 20.45
LAZIO: Marchetti, Basta, de Vrij (69' Mauricio), Cana, Radu, Cataldi, Biglia, Parolo, Candreva, Klose (73' Djordjevic, 83' Keita), Mauri. A disposizione: Berisha, Strakosha, Konko, Cavanda, Pereirinha, Ledesma, A. Gonzalez, Onazi, Ederson. Allenatore: Pioli.
MILAN: Diego Lopez, Abate, Alex, Mexes, Armero, Poli (83' Muntari), Montolivo, Van Ginkel (55' Pazzini), Bonaventura (52' Cerci), Menez, El Shaarawy. A disposizione: Abbiati, Agazzi, Zaccardo, Albertazzi, De Santis, Calabria, Essien, Suso. Allenatore: Inzaghi.
Arbitro: Sig. Mazzoleni (Bergamo) - Assistenti Sigg. Padovan e De Luca - Quarto uomo Sig. La Rocca - Assistenti di porta Sigg. Damato e Baracani.
Marcatori: 4' Menez, 47' Parolo, 51' Klose, 81' Parolo.
Note: espulso Mexes al 91' per condotta violenta. Ammoniti Alex e Radu per proteste, Montolivo, Poli, Armero, Biglia, Mauri, Cataldi per gioco scorretto. Esordio in serie A per Mauricio. Angoli 5-1. Recuperi: 2' p.t., 7' s.t.
Spettatori: 38.000 circa con 23.668 paganti e 8.560 abbonati.
La Gazzetta dello Sport titola: "Lazio: Parolo. Milan: parole. Pippo, figuraccia all'Olimpico. Dopo una settimana di accuse, smentite e paure i rossoneri crollano di fronte a Pioli, ora 3°. Avanti con Menez, poi l'azzurro e Klose dilagano. E la bava alla bocca promessa da Inzaghi?".
Continua la "rosea": Un gol al primo affondo, di Menez, tanto per illudersi di essere rinati, e poi tutti dietro: senza gioco, senza coraggio, senza personalità. Finché la Lazio, che invece ha gioco, coraggio, personalità e pure tecnica, non ha portato a segno i colpi dell'inevitabile ribaltamento. Che acuisce la crisi Milan (3 k.o. e due pari nelle ultime 5 gare) ponendo un serio interrogativo al presidente Berlusconi al termine della settimana delle polemiche: se lui ha ragione a considerare il gruppo rossonero all'altezza dei migliori, allora la responsabilità di questa sparizione dalla scena è dell'allenatore, evidentemente incapace di far fruttare i talenti ricevuti dalla società. Ergo, si andrà inevitabilmente verso un altro cambio in panchina. Chi ha assistito alla mattanza dell'Olimpico, non può però dare ragione alle ottimistiche e forzate parole di re Silvio: questo Milan merita il posto che occupa. Ergo, non è sulla panchina che bisogna intervenire, ma in campo. Dotandolo di giocatori che non siano scarti o parametri zero. Servono i campioni veri, cioè investire: ma Berlusconi ha ancora le risorse economiche e la volontà politica per intervenire nel mercato estivo? Il tema è complicato poiché si è capito da tempo che senza i soldi della Champions il club non può spendere ma se non spende come fa ad andare in Champions? Di sicuro lo stesso presidente, vedendo i suoi subire le folate altrui, avrà concluso che con Maldini al posto di Armero (ieri scelta obbligata) e Seedorf (giocatore) per il connazionale Van Ginkel (un fantasma) la fascia destra laziale sarebbe stata presidiata meglio. Ché da quella parte sono arrivate le insidie principali.
Questo per tacere delle controfigure di Montolivo, El Shaarawy, Alex aggiratesi ieri sera. Dov'è la bava alla bocca chiesta da Inzaghi? Ma qui entriamo nell'aspetto psicologico di questa profonda crisi: in troppi sono preda dell'insicurezza. E, come ammonisce il Manzoni, il coraggio se non ce l'hai non te lo puoi dare. Esitazioni, tentennamenti, giocate da tre metri sono la tipica spia dei periodi negativi: i giocatori si nascondono cercando di non prendersi responsabilità. E così capita che sbaglino anche le cose elementari. Prendiamo il capitano. Ha mezzi tecnici, esperienza, carattere indiscutibili. Se non fosse attanagliato dalla paura di sbagliare non avrebbe clamorosamente cannato quell'appoggio per Mexes che ha originato il gol del sorpasso laziale. Era un retropassaggio sbagliato anzitutto concettualmente e in ciò diverso dall'altro erroraccio della sfida, quello iniziale di Basta ce ha mandato a rete Menez essendosi semplicemente addormentato sul pallone. Al netto di questi assist alla rovescia (Basta per Menez, Montolivo per Klose) la partita ha regalato azioni di alta classe. Prendiamo il cross di Klose per Parolo che lo devia al volo e in corsa di piatto sinistro, non il suo piede; aggiungiamoci il tocco semplice e insieme illuminante, di prima, col quale il baby-rivelazione Cataldi libera il corridoio destro per la sgroppata di Candreva chiusa dal preciso traversone del 3-1 (sul quale si infortuna Djordjevic). Consideriamo pure accaduto nel 1° tempo, cioè i ripetuti suggerimenti di Candreva e Klose per compagni sempre lanciati faccia alla porta. Se l'arbitro avesse concesso i due rigori che c'erano, la rimonta sarebbe cominciata molto prima.
Il Milan, ottenuto il vantaggio, avrebbe dovuto ricavarne fiducia, in modo da disporsi alla manovra. Invece ha arretrato il suo assetto. Ricavandone una pressione che alla lunga è diventata insopportabile anche perché Alex ed Armero erano spesso fuori posizione e il centrocampo non riusciva a girar palla. Così El Shaarawy e Menez venivano isolati mentre Bonaventura se la cavava con i rientri. Nel suo insieme la squadra di Inzaghi, pur accusando le difficoltà di tenuta, si batteva con lo spirito giusto: impegno massimo, idee minime. Giusto un altro contropiede di Menez vanificato da un'uscita di Marchetti. Subìto l'uno-due a inizio ripresa, Inzaghi ha reagito cambiando l'assetto tattico oltre che due uomini. Dopo aver dovuto rimpiazzare Bonaventura (infortunio) con Cerci, l'ingresso di Pazzini ha determinato il passaggio al 4-2-3-1 neutralizzato da Pioli con la raccomandazione a Biglia di dare un occhio a Menez dietro Pazzini. Sull'altro fronte il continuo movimento di Klose e Mauri, che si scambiavano i ruoli, unito alla sapienza di Candreva nel capire lo sviluppo migliore delle sue cavalcate hanno creato numerose azioni degne di nota, certificando lo strapotere laziale. E determinando nel finale la reazione di Mexes, che pareva un bulletto di periferia sul campo di prima categoria. Nessuna squadra ha avuto 7 espulsi come il Milan: altro grave elemento di questa eclisse rossonera.
Il Corriere dello Sport titola: "Lazio show, un incubo per Inzaghi."
Prosegue il quotidiano sportivo romano: Neppure Mazzoleni è riuscito a fermare la Lazio, troppo forte e irresistibile per il Milan, ma anche capace di rimontaqre e cancellare gli errori dell'arbitro che ha tenuto in bilico la partita negando tre rigori ai biancocelesti fra primo e secondo tempo. Spinta da Klose in versione mondiale, nella notte in cui si celebrava il ritorno della maglia con l'aquila stilizzata, la squadra di Pioli ha entusiasmato l'Olimpico e sbriciolato il Milan con una tripletta fantastica ripresa. In realtà ha dominato per novanta minuti. Inzaghi e i rossoneri sono in crisi. Un'altra sconfitta martedì con la Lazio in Coppa Italia potrebbe costare l'esonero a Pippo nonostante la fiducia e le rassicurazioni di Berlusconi. Sono saltati i nervi, non sono gli schemi. Indecoroso Mexes, cacciato a tempo scaduto dopo una scena da Far West che forse neppure si vede nei campi di Eccellenza. Rischia una squalifica di mesi. Come era accaduto quasi cinque mesi fa a San Siro, la Lazio al fischio d'inizio s'è rovesciata subito in attacco. Una vera e propria aggressione. Dopo un minuto e 23 secondi è arrivata la prima occasione da gol e il Milan era chiuso nella propria area. Sul cross da destra di Mauri è piombato Radu sul lato opposto, s'è portato avanti il pallone ed è rotolato a terra nel contatto con Bonaventura. La Lazio ha inveito chiedendo il rigore, Mazzoleni ha lasciato proseguire tra le proteste.
Linea difensiva di Pioli altissima, ingenuità di Basta e il Milan è passato in vantaggio quando non erano trascorsi neppure quattro minuti. Menez è stato furbissimo, ha strappato il pallone dai piedi del serbo e si è involato verso Marchetti, indovinando il diagonale. C'è voluto un po' di tempo per assorbire la botta e riordinare le idee. Appena la Lazio ha messo il pallone a terra e ha cominciato a farlo girare, la partita s'è trasformata in un assedio alla porta del Milan. Dal quindicesimo al trentesimo pressing pazzesco, calcio di altissima qualità, sviluppato in velocità e in verticale. Tutti giravano intorno a Klose, ma il tedesco era bravo a costruire da trequartista non solo pericoloso sotto porta. Sembrava di nuovo il campione del mondo che può fare la differenza e la Lazio ha costruito tre chiare occasioni e almeno altre tre azioni in cui avrebbe potuto trovare il gol. Il Milan? Era tutto negli scatti felini di Diego Lopez. Il portiere spagnolo è uscito bene su Klose e ha rimpallato prima che Candreva in corsa centrasse Mexes invece di inquadrare lo specchio a porta quasi vuota. Il tedesco, dopo un triangolo con Candreva, ha angolato troppo di testa e poi ha provato ancora a lanciare il fantasista azzurro. Sembrava un gol fatto e invece Lopez è riuscito a deviare sopra la traversa. Una partita nervosissima. La Lazio ha di nuovo circondata Mazzoleni sul finire del primo tempo, quando non ha concesso il rigore per una trattenuta evidente di Mexes su Mauri. Quello che la Lazio non era riuscita a concretizzare è tornato indietro dopo l'intervallo. Due azioni, due gol e sorpasso firmato da Klose nel giro di quattro minuti. Il tedesco, defilato a destra, ha indovinato il cross in mezzo all'area incustodita. Parolo ha bruciato sulla corsa Poli e toccato al volo sotto l'incrocio. Il Milan si era addormentato, perdendo anche quel briciolo di attenzione che le aveva permesso di restare in vantaggio per un tempo.
Così al sesto è arrivato il raddoppio. Retropassaggio sbagliato di Montolivo. Invece di appoggiare a Mexes, ha lanciato a rete Klose. Un gol capolavoro del tedesco. Il passaggio al centro non aveva garanzie di successo, allora ha tirato indovinando l'angolo sul primo palo di Lopez, beffato perché il pallone a mezza altezza era difficilissimo da prendere. A quel punto Inzaghi ha provato a scuotere il Milan. Dentro Cerci e Pazzini, fuori Bonaventura e Van Ginkel, largo al 4-2-4. Pioli ha perso per infortunio de Vrij, sostituito dal nuovo acquisto Mauricio, appena sbarcato da Lisbona. La Lazio ha lasciato campo ai rossoneri, mai pericolosi, per cercare il contropiede. Ci sono andati vicini Mauri e Djordjevic prima che Parolo firmasse la doppietta su un'azione bellissima innescata dal lancio in verticale e dal cross di Candreva. Il serbo non è riuscito a tirare e si è pure fatto male seriamente ricadendo sul piede destro. Parolo era in agguato e ha infilato Lopez scatenando la festa dell'Olimpico.
Il Messaggero titola: "Lazio da sogno, Milan travolto."
Prosegue il quotidiano romano: È stata una serata di profonda lazialità, con la maglia-bandiera che ha regalato brividi e ricordi di una Lazio che vive sempre nei cuori e nelle menti del popolo biancoceleste. Sembrava di essere tornati indietro nel tempo, quando gli eroi di Fascetti riscrissero la storia ed entrarono per sempre nell'album delle annate più belle. Allora quei calciatori mangiavano il pane dei poveri, oggi hanno onori e riflettori accesi, ma la fede dei tifosi è quella di sempre: incrollabile, senza confini, contagiosa. E alla fine è arrivato il trionfo, cercato con pervicacia per tutto l'incontro, a onorare una maglia che esalta l'agone e ha il sapore della magia. La Lazio è risalita al terzo posto, in attesa delle risposte di Napoli e Sampdoria. Nonostante il volo della capricciosa Olimpia che, come domenica scorsa, invece di planare sul trespolo al centro del campo, ha preferito ancora la terra di nessuno, nella zona della Sud. Sembrava un altro cattivo presagio, suffragato subito dal mortifero assolo di Menez, favorito da un errore Basta e non fermato né da Cana, né da Marchetti. L'inaspettato vantaggio ha complicato i piani della Lazio che ha preso comunque al guinzaglio la sfida, piantando le tende nella metà del Milan, costringendolo solo a contenere gli avversari.
I rossoneri, messi alle corde dal monologo laziale, hanno intepretato una partita di sacrificio, portando anche 9-10 elementi sotto la linea della palla. Mazzoleni ha sorvolato su due interventi molto dubbi su Radu e su Mauri, Klose ha dimostrato di essere ancora un campione, Candreva ha imperversato sulla fascia destra. Un primo tempo d'attacco, che ha visto il centravanti tedesco sempre nel cuore della gara, dispensare assist, creare problemi ai difensori. Di ben altro lignaggio rispetto a Djordjevic, sfortunato nel finale a fratturarsi il malleolo. La Lazio ha comandato il gioco, però è apparsa troppo lenta nel giro palla e questo ha favorito la tattica di un Milan operaio, che ha giocato da provinciale, senza regalare niente allo spettacolo. Un Milan che ha fatto poco gioco e tanta malinconia al cospetto di una squadra che schiumava rabbia e voglia di reagire. La stessa buona Lazio vista nel primo tempo contro il Napoli, con la stessa difficoltà nel segnare. Alla Lazio, però, sono bastati pochi minuti per cambiare il destino della gara. Klose, un fenomeno che brilla di luce propria, ha sfoderato dal suo repertorio vocalizzi d'alta scuola, come il prezioso assist per il pareggio e la prodezza sul vantaggio, grazie a un clamoroso retropassaggio suicida di Montolivo. Il tedesco ha gettato nella sfida ogni risorsa: tecnica, carattere, orgoglio trascinando i compagni e dimostrando al tecnico che è ancora un centravanti affidabile.
Il Milan, contestato dai propri tifosi, ha confermato enormi limiti di palleggio, di qualità e di organizzazione, oltre che insicurezza difensiva. Inzaghi ha provato a ridisegnarlo, con gli inserimenti di Cerci e Pazzini: è apparsa più squadra ma il costrutto è rimasto scarno e, soprattutto non ha saputo creare mai un'azione pericolosa. La rete di un inesauribile Parolo ha mandato in archivio il risultato e suggellato una serata indimenticabile, destinata a entrare di diritto nella storia della Lazio. Alla fine il Milan ha perso anche la testa e la follia di Mexes è stata la fotografia del drammatico momento rossonero, al quale ha fatto da contraltare il trionfo biancoceleste. Martedì a San Siro si replica.
Tratte dal Corriere dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
Nella serata legata anche ai ricordi, c'è stata una scena che ha riportato il mondo Lazio indietro di oltre quarant'anni. Nell'aprile del 1974, Chinaglia e soci, guidati da Maestrelli, si schierarono in campo diversi minuti prima dell'avvio del secondo tempo: perdevano 2-1 in casa con il Verona, alla fine vinsero 4-2, era la stagione che si concluse con lo scudetto. Ieri, sempre all'Olimpico, più o meno la stessa cosa: la Lazio è arrivata in campo cinque minuti prima del fischio di inizio della ripresa. Un segnale forte, fortissimo. Anche il Milan, come il Verona nel '74, è stato ribaltato. E ora la Lazio è di nuovo terza in attesa delle partite di oggi e domani. Pioli, visibilmente soddisfatto, parte proprio da ciò che è successo nell'intervallo: "Ma è stato tutto semplice – racconta il tecnico – perché i ragazzi sono intelligenti e sanno quando stanno dando il massimo. E noi stavamo costruendo tanto, avevamo fatto un ottimo primo tempo, fatto di intensità e di occasioni. Stavamo dominando. Io non ho detto nulla, è stata la squadra a reagire così, perché aveva voglia di tornare in campo a produrre gioco e occasioni. Alla fine dico che dobbiamo continuare così, al di là di qualche piccolo errore di precisione. E' stata una grande serata, macchiata solo dall'infortunio di Djordjevic. Abbiamo meritato di vincere e posso solo fare i complimenti ai miei".
La Lazio di Pioli, ancor più dopo la bella vittoria sul Milan, è proprio su questa strada. "Ma non avevamo bisogno di questa partita – continua – per conoscere il nostro valore. Il club mi ha messo a disposizione un ottimo organico. Abbiamo qualità e giusta mentalità. Se giochiamo così possiamo arrivare in alto". Pioli non si concentra sui singoli e dribbla la domanda sul valore e la possibilità di contributo di Klose e Keita: "Ma è sempre lo spirito di gruppo che fa la differenza – precisa – e inoltre sappiamo che i possibili successi futuri dipendono tanto dal lavoro quotidiano. Finora abbiamo lavorato benissimo e i risultati si sono visti, anche con il Milan, una delle migliori nostre partite con quelle contro Samp e Roma. E con il Napoli non meritavamo di perdere". Pioli non fa calcoli e non pensa alle decisioni sbagliate dell'arbitro Mazzoleni. "Champions? Non è il momento per fare tabelle e calcoli vari. Ripeto: abbiamo qualità e siamo consapevoli delle nostre potenzialità. In più il gruppo non conosce la parola "mollare". All'inizio dovevo puntare sul far ritrovare a tutti la convinzione perché l'ambiente era segnato negativamente. Con il lavoro abbiamo eliminato gli errori e ora dobbiamo insistere pur restando con i piedi ben saldi a terra. La maglia? Si porta dietro valori importanti, la squadra ha dimostrato di poterla indossare con onore". Sulla maglia anche Biglia è dello stesso avviso: "Significa tanto, ci ha dato una bella spinta". Anche il regista argentino si gode il successo sul Milan: "Siamo stati cinici, la vittoria è meritata. E' un premio al lavoro, ora dobbiamo continuare così".
Una serata da Lazio, per la Lazio. La partita con il Milan, almeno inizialmente, passa in secondo piano: si parte presto perché è il giorno del nuovo battesimo della vecchia maglia, "la bandiera" che ha segnato due fasi degli anni '80, tra cui la stagione '86-'87, quella del -9, della sofferenza e della gioia finale. Il club ha curato tutto nei dettagli: la maglia con l'aquila sul petto torna protagonista a quasi trent'anni di distanza dall'ultima volta. Per l'occasione sono stati richiamati i protagonisti di quell'epoca. Sotto la Curva Nord che è tutta una sciarpa biancoceleste sfilano Orsi, Piscedda e Gregucci. "Questo gruppo ha scritto una pagina importante della Lazio – ricorda Mimmo Caso, capitano di allora – una pagina storica. Sono onorato che oggi quella nostra maglia venga indossata ancora". Ci sono tutti. Scorrono insieme pagine indelebili, per la Lazio e con la Lazio: c'è la storia, c'è il senso di lazialità che ci mette un attimo a tornare su. C'è appartenenza, mista a sensazioni che si portano dietro anche più di qualche occhio lucido. In tribuna stampa spunta uno striscione in ricordo di Pietro Pasquetti, vicedirettore del Tg3, figura storica della cronaca sportiva romana, scomparso da poco: "Pietro sempre nel cuore". La voce dello speaker lo ricorda: "Un saluto a un grande laziale". E la Nord risponde con il coro: "Pasquetti uno di noi…". Il presidente Lotito e i suoi collaboratori hanno ultimato anche la produzione di un cortometraggio: semplicemente da brividi.
La maglia-bandiera è stata ritirata fuori anche grazie alla collaborazione con Lazio Family, associazione di Paolo Lenzi e Marco Casoni (quest'ultimo figlio dell'ex presidente Gian Chiarion Casoni, ideatore del logo). La storia della Lazio si fonde in pochi minuti tramite il video, attraverso tifosi, esultanze, bandiere. Il mondo biancoceleste. Pioli chiude il filmato davanti alla squadra, nello spogliatoio: "Chi non se la sente può anche andare via subito". Risponde Mauri, il capitano di oggi, circondato da tutti i compagni: "Mister, da qui non se ne va nessuno!". Una vita di Lazio, con e per la Lazio. Lo stesso video – prima proiettato in sala stampa – è ritrasmesso dai maxischermi all'interno dell'Olimpico, a pochi minuti dalla partita con il Milan: in 35.000 sono in festa sugli spalti, tra lacrime e abbracci, ricordi e sorrisi. La voce della Lazio si alza sempre di più: è festa assoluta. Nella pancia dell'Olimpico c'è Claudio Lotito, fiero di aver mantenuto la promessa di riportare la maglia in campo. La Lazio la indosserà per tutte le gare casalinghe di questo girone di ritorno. "Sono molto emozionato – racconta il presidente biancoceleste – perché ritiriamo fuori un simbolo che rappresenta la storia del club, il passato, il presente e il futuro. Deve essere tramandato e deve costituire una responsabilità per tutti i laziali, soprattutto per chi la indossa. Questa maglia avrebbe significato nulla senza le gesta che la hanno portata ad essere riconosciuta da tutti. Credo che solo così si può portare avanti una storia iniziata nel 1900. Dobbiamo ringraziare la famiglia Casoni e Paolo Lenzi, con loro abbiamo rivissuto la storia di questa maglia. Qui c'è solo cuore, nessuno ne trarrà vantaggi. Questa società, al contrario di quanto si pensi, tiene molto al percorso storico. Oggi inizia un capitolo nuovo di un club proiettato verso il futuro, un gruppo che si fonda sulla base dei valori che da sempre ci accompagnano. La maglia dovrà servire a portare gioia, risultati e nuova unione". Poi ancora cori e brividi, fino al Milan. Olimpia conclude di nuovo il suo volo andando a posizionarsi nella Curva Sud, vuota. Alla fine è tempo di calcio giocato: la Lazio ci arriva di nuovo con l'aquila sul petto.
Da Il Messaggero:
Tanta euforia per la vittoria sul Milan, ma anche rammarico per l'infortunio di [[Djordjevic]. "È stata una grande serata e una bella vittoria – ha spiegato Biglia – ma non siamo felici del tutto per l'incidente a Filip. Non ci voleva, siamo dispiaciuti". Il centrocampista è stato in dubbio fino all'ultimo, poi ha stretto i denti ed è stato un protagonista. "Non stavo bene, ma sono sono soddisfatto per come ho giocato e per come si è espressa la squadra". Il successo proietta di nuovo la Lazio verso la Champions: "È stata una vittoria meritata perché siamo scesi in campo più cattivi del Milan. Ora dobbiamo continuare in questo modo, anche se potremmo crescere ancora". La maglia-bandiera, quella dei meno nove, è stata un vero e proprio amuleto. "È vero – ha ammesso Biglia – questa maglietta è bellissima, abbiamo saputo tutta la sua storia e devo dire che ci ha dato una carica in più". Sulla stessa lunghezza d'onda il giovane Cataldi, altro grande protagonista: "Sono contento della vittoria e della mia prestazione, ma devo lavorare ancora tanto. La cosa più impotrtante è che la Lazio continui a vincere e a giocare così".