Sabato 22 novembre 2014 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Juventus 0-3 Campionato di Serie A - XII giornata - inizio ore 20.45
LAZIO: Marchetti, Basta (87' Cavanda), de Vrij, Cana, Braafheid, Parolo, Biglia, Lulic, Candreva, Klose (57' Djordjevic), Keita (57' Felipe Anderson). A disposizione: Berisha, Strakosha, Prce, Konko, Radu, A. Gonzalez, Onazi, Ledesma, Ederson. Allenatore: Pioli.
JUVENTUS: Buffon, Lichtsteiner, Bonucci, Chiellini, Padoin, Marchisio, Pirlo (77' Vidal), Pogba, Pereyra (82' Mattiello), Tevez, Llorente (61' Morata). A disposizione: Storari, Rubinho, Romagna, Romulo, Pepe, Coman, Giovinco. Allenatore: Allegri.
Arbitro: Sig. Damato (Barletta) - Assistenti Sigg. Padovan e Bianchi - Quarto uomo Sig. Musolino - Assistenti di porta Sigg. Tagliavento e Irrati.
Marcatori: 25' Pogba, 55' Tevez, 64' Pogba.
Note: espulso Padoin al 71' per doppia ammonizione (una per comportamento non regolamentare e l'altra per gioco scorretto). Ammoniti: Basta, Lichtsteiner, Bonucci, Lulic per gioco scorretto. Angoli: 7-4. Recuperi: 0' p.t., 3' s.t.
Spettatori: 42.044 di cui 33.531 paganti.
La Gazzetta dello Sport titola: "Quanta Juve! Pogba e Tevez si abbattono sulla Lazio. Una doppietta del francese e un gol dell'Apache ricacciano la Roma a -3. Impressionante dimostrazione di forza e di qualità. La squadra di Pioli mai in partita. Espulso Padoin nel finale".
Continua la "rosea": Se ancora ci fosse bisogno conferme, eccole. Sarà soltanto un lungo duello senza intoppi. La Juventus che corre e la Roma che insegue, è questo il leit motiv. Stop. Gli altri si devono rassegnare a un campionato diverso. Anche i sogni dell'ambiziosa Lazio si infrangono presto davanti alla Juve, troppo superiore. Dimostrazione di forza impressionante, una vera lezione. La formula Allegri ad albero di Natale è sempre più efficace. La Juve può viaggiare per Malmoe ancora più sicura dei suoi mezzi. E quasi rimpiange che la Serie A sia così poco allenante. Se uno della qualità di Marchisio fa il mediano puro, si capisce che il gap con le altre è una voragine. Se poi Tevez, Pogba e un super Pereyra giocano così, non ci saranno partite ma passeggiate. All'Olimpico ci si è accorti che mancava Vidal soltanto quando è entrato. Nemmeno in 10, per l'espulsione severa – ma giusta – di Padoin per doppio giallo, la Juve ha fatto un plissè. E così le azioni Lazio crollano di botto. Pioli alla vigilia ha affermato di voler ridurre la distanza dalla Juve: c'è ancora molto da lavorare. La Lazio è rimasta in partita soltanto una ventina di minuti. Senza creare alcunché, ma almeno bloccando le iniziative bianconere. Pioli ha messo in campo un tridente, ma in effetti ha scelto di fare densità a centrocampo (con Candreva che rientrava spesso), come si usa dire adesso per tenere testa alla corazzata. In pratica cercando il pressing sui portatori di palla e con Biglia incollato a Pirlo. La tattica ha funzionato per le prime fasi di studio, poi la Juve ha tirato fuori dal cilindro due cose: la maggior qualità e lo strapotere fisico.
Ha cominciato Pereyra, sempre più a suo agio nel cuore della squadra, a sgretolare l'impianto biancoceleste. Dribbling, galoppate e la ricerca dell'ultimo passaggio o della finalizzazione. Quando sono saliti in cattedra quei due califfi di Tevez e Pogba a dargli man forte si è fatta notte fonda per l'aquilotto. In A questi califfi sono di un'altra categoria. L'Apache non ci mette solo la pericolosità, è chiamato a fare anche un gran lavoro di raccordo. Che gli viene benissimo, perché ha fiato da vendere. Il francese invece è un gigante giocoliere. L'azione del gol è la fotografia di quello che sanno offrire. Tevez dopo 30 metri di corsa ha avuto la lucidità di pescare Pogba con la precisione di un tagliatore di diamanti. E il gioiellino ha addomesticato la palla come pochi sanno fare prima di piazzare il piattone a fil di palo. Un gol capolavoro. La Lazio ha accusato il colpo. O meglio, non ha trovato né spazi, né uomini per reagire. Anzi, ha rischiato di subire il raddoppio dal solito Pogba con un altro babà finito sul palo. La bellezza di questa "nuova" Juve sta anche in un paradosso, se vogliamo. Con Lichtsteiner e Padoin riciclato difensore esterno per l'occasione (o l'emergenza dietro) e con due uomini dietro a Llorente ha un'impronta nettamente offensiva. Eppure qui ha costruito la vittoria sul pressing, la riconquista della palla e le ripartenze. Il 4-3-2-1 di Allegri è molto elastico. Due uomini come Pereyra e Tevez che rientrano e lavorano tantissimo consentono alla squadra di avere superiorità a centrocampo. Questa è stata la prima mossa da scacco matto. In mezzo, la Lazio ha patito le pene dell'inferno. Parolo ha vagato senza meta, Biglia ha perso presto le misure e Lulic, spesso l'uomo in più di Pioli, non ha mai lasciato il segno. Ovvio che i difensori si sono trovati presto in difficoltà. I fuoriclasse hanno poi dato la mazzata finale.
Nel secondo round la Juve ha sigillato subito la sfida con la rete di Tevez al 10' e il bis di Pogba su magnifico assist di Pereyra. E la Lazio? Non pervenuta. Zero reazione. Solo il povero Candreva in versione hipster, come ultima moda detta (capello corto e barba lunga), ha provato a dar fastidio a Buffon con qualche sassata e un paio di punizioni. Pioli ha provato a cambiare le punte (dentro Anderson, bravo, e Djordjevic, per lo spento Keita e il desaparecido Klose) ma il problema era in mezzo. Senza rifornimenti è dura per qualsiasi punta. Nemmeno in superiorità numerica, nei venti minuti finali, la Lazio è riuscita a produrre molto. E quel poco l'ha respinto Buffon. Che si è già rialzato dalla papera in Nazionale. Perché è come la Juve: indistruttibile. Ma in Italia è troppo facile, deve dimostrarlo anche in Europa.
Il Corriere dello Sport titola: "Troppa Juve, Lazio KO. Spettacolare prova di forza: due gol di Pogba e rete di Tevez. Biancocelesti poco in partita".
Prosegue il quotidiano sportivo romano: La Juve di Allegri che passa in vantaggio? Vince sempre; la Lazio di Pioli che va sotto? Perde sempre. E così è andata ieri sera all'Olimpico, dove la capolista, incurante dell'emergenza, della vittoria della Roma e delle ombre lunghe della Champions, ha ripreso il cammino in campionato con un 3-0 senza storia, che si incolonna al 7-0 al Parma con cui aveva consegnato i suoi azzurri a Conte. Modo migliore per presentarsi a Malmö non poteva esserci. Il nuovo modulo funziona, produce gol, senza subirne, ed esalta un fenomeno dal nome di Paul Pogba, autore di due reti e di una partita brillante. Sembra avere uno scoiattolo in testa, il francesino, ma ha piedi di fata, accoppiati a una fisicità debordante. A questo si aggiunge la vena totalmente ritrovata di Tevez, sempre più uomo squadra, oltre che capocannoniere a quota 9. Per contro la Lazio, che aveva inciampato prima della sosta a Empoli, si è consegnata alla Juve. Pioli aveva alzato l'asticella prima del match. I suoi hanno saltato tutti di schiena, restandone sotto. Altre volte la squadra era stata battuta, eppure ieri più del risultato è stata la prova della squadra a non trovare attenuanti. Candreva a parte e nel finale Anderson, la Lazio non ha avuto gamba, né la forza di pressare, per cercare di imporsi.
L'equilibrio iniziale è durato il tempo del gioco "alla meno" di entrambe le squadre. Per dire che in avvio sia Lazio che Juve hanno pensato soprattutto a sbagliare ogni tipo di appoggio, corto e lungo, con una costanza inusuale. Il primo a cercare maggiore equilibrio e misura è stato Pioli, dopo un brivido procuratogli da Tevez (15'), provando a mandare a sinistra Candreva, alternatosi con Keita. Ma la mossa ha fruttato poco e niente se non un tiro insidioso dell'azzurro (17'). Sono stati piuttosto i bianconeri a saper finalmente sfruttare la superiorità numerica oltre che tecnica a centrocampo, dove Pirlo poteva giocare senza copertura alcuna da parte di Klose, supportato dalla gamba di Pereyra, Padoin, in parte di Marchisio e via via da un Pogba di dimensione Champions. Un purosangue lipizzano nell'eleganza quanto travolgente nelle accelerazioni. Il vantaggio della Juve, che aveva già preso possesso della partita, è nato da una ripartenza micidiale, dopo una punizione non sfruttata dalla Lazio. A campo aperto sono andati Tevez e il francese, il primo, largo a sinistra, capace di mettere sul piede del compagno un assist millimetrico che Pogba, al limite dell'area, ha prima addomesticato, eluso Lulic e bruciato Marchetti con un tocco di classe (24').
I tenui buuu di scherno nei suoi confronti sono diventati un ohhh di stupore quattro minuti dopo, quando il giovane fuoriclasse bianconero ha cercato il raddoppio, con una giocata da top player, spentasi all'incrocio dei pali lontano. Di lì in avanti, la squadra di Allegri si è allargata sul campo, girando palla, limitandosi ad attaccare in tre/quattro elementi, con Tevez sempre lucido e Llorente destinato a fare sponda, senza lasciare spazi a una Lazio in difficoltà. Pioli ha riportato a destra Candreva. E suo è stato l'unico spunto laziale degno di nota, una punizione che Buffon ha bloccato in due tempi. Troppo poco, però. E quello che si era capito, è poi maturato a inizio ripresa, quando la Juve ha piazzato l'uno-due decisivo, con due perfette azioni d'attacco verticale, che hanno esaltato prima Tevez, su assist di Marchisio (9') e nuovamente Pogba (19') imbeccato da Pereyra. Tra lo 0-2 e lo 0-3 Pioli ha provato a rimettersi in gioco con un doppio cambio simultaneo, in attacco, inserendo Djordjevic-Anderson per gli inutili Klose-Keita. Più che le isolate accelerazioni di Candreva però una mano alla Lazio le arriva da Damato, che in modo molto fiscale estrae il secondo giallo per Padoin (25'), dopo un contrasto col solito Candreva (poi ancora capace di costringere Buffon in angolo su punizione). Tocca allora a Allegri cambiare: Juve ridisegnata con il 4-3-1-1, dando fiducia a Mattiello, esterno basso a sinistra (seconda presenza in A per lui), con Vidal interno destro, che rileva Pirlo, sostituito in regia da Marchisio, e davanti Morata, con Tevez di supporto. E così schierata la Juve tiene il campo con personalità, addirittura sfiorando il 4-0 con l'intraprendente Mattiello (30'), su cui Marchetti compie un vero miracolo. Solo il giovane Anderson prova a far male ma Buffon dice che questa Juve resta molto lontana dalla Lazio. E prima in classifica da sola.
Il Messaggero titola: "Lazio, la Juve è troppo forte".
Prosegue il quotidiano romano: La Juventus è una squadra di campioni, gioca a memoria, è ingorda di successi, lascia soltanto le briciole per strada. Insomma, una macchina da guerra. La Lazio è una formazione in embrione, con alcuni buoni calciatori, altri inadeguati, che ha sognato troppo, ed è rientrata nell'alveo che compete al valore dell'organico. L'Europa League è possibile, la Champions resta un miraggio. Il match impossibile è durato soltanto un quarto d'ora. Poi la Juventus ha imposto la legge della superiorità tecnica, vincendo una sfida con la padronanza e la sicurezza dei forti. Troppo netta la differenza sul piano del palleggio, dell'organizzazione, della capacità di coprire il campo, di colpire al momento opportuno. La Lazio, in un Olimpico caldo e gremito, ha cercato di pressare alto, di lottare, giocando un buon quarto d'ora iniziale. Quando il pressing ha perso d'intensità i centrocampisti bianconeri hanno goduto di troppa libertà, Pirlo e Pogba in particolare. L'azzurro, dall'alto della sua classe, ha distribuito con agio una quantità di palloni mentre il francese ha imposto la sua tracotanza fisica e l'abilità d'inserirsi in zona tiro. Pogba ha stravinto il duello con Parolo, apparso timido nei confronti dell'avversario, che ha sbloccato il risultato, colpito un palo con una superba conclusione, e firmato il 3-0. La squadra di Pioli è apparsa fragile, priva di personalità, senza una quadratura e flaccida atleticamente. Inoltre, ha finito per fare confusione tattica con i continui spostamenti di Candreva e Keita, sbagliando anche tanti palloni nell'impostazione, con l'arruffone Lulic in particolare, favorendo le ripartenze dei campioni d'Italia, rapidi con l'imprendibile Tevez, autore dell'assist e del raddoppio, e con Pereyra che non ha sprecato nulla.
Il grande rammarico dei biancocelesti è nel modo in cui hanno subito la prima rete: 2 minuti per calciare una punizione a favore, dai 30 metri, con Braafheid che ha fintato e Biglia che ha battuto male, innescando il micidiale contropiede dell'argentino, troppo veloce e tecnico per i macchinosi difensori laziali, incapaci di chiudere gli spazi. Errori in fase di copertura, un capolavoro d'ignavia generale che ha complicato una partita già dall'elevato coefficiente di difficoltà. A chiudere il conto è arrivata un'azione da manuale bianconera, sulla destra con Marchisio che ha smarcato Tevez. Con la Lazio in ginocchio la gara è diventata una mattanza, al cospetto di una difesa senza paracadute, lo stesso Marchetti ha rimediato una brutta figura sul tiro del tre a zero, con i compagni che hanno solo guardato gli avversari. Allegri ha potuto persino fare turn over, in vista della Champions. Per Pioli la strada è ancora molto lunga e in salita.
Tratte dal Corriere dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
Troppa differenza. S'è sbriciolata la Lazio, tre punte e senza tanta condizione nella notte più complicata, di fronte ai campioni d'Italia. Pirlo è uscito alla distanza, libero di costruire e inventare gioco, Pereyra era imprendibile tra le linee, Pogba un gigante a cui il pressing faceva il solletico. Ha retto neppure mezz'ora il castello costruito da Pioli. Ha provato a giocarsela con coraggio, come se davanti non ci fosse la Juve. E' lo scatto di mentalità chiesto dal tecnico emiliano ai suoi giocatori. Non cambia la filosofia. Si prova ad attaccare, non si specula, non si difende a specchi o facendo calcoli. L'atteggiamento non ha pagato, ma è stato apprezzato. Pioli, davanti ai microfoni di Sky, non sorrideva. "La Juve è una grandissima squadra. Complimenti. Era difficile, ma è altrettanto vero che la squadra poteva e doveva reagire diversamente dopo il primo gol, nato da una palla inattiva a nostro favore. Sino a quel momento la partita era stata equilibrata. Dovevamo e potevamo rimanere di più in partita. La Juve è una grandissima squadra, lo sappiamo: se commetti certi errori, esci sconfitto dal campo".
Il tecnico emiliano ha difeso l'impostazione del confronto. "Non abbiamo creato tanto. Prima del gol di Pogba, ricordo un colpo di testa di de Vrij e un tiro di Candreva. Dovevamo creare di più muovendoci tra le linee, non ci siamo sempre riusciti. La partita si è complicata molto dopo il secondo gol della Juve". La Lazio ha tentato male il pressing, s'è fatta trovare scoperta dal lancio di Lichtsteiner che ha provocato il raddoppio di Tevez. Un passo indietro, la lettura tattica sbagliata ha fatto arrabbiare Pioli. "Nessuno ha fatto l'uscita giusta al tempo giusto. Tante posizioni erano sbagliate, questa neppure la posso considerare una ripartenza. Ci sono stati errori nostri, dobbiamo lavorare e insistere. Non ci possono essere in fase difensiva uomini che marcano l'aria e non hanno punti di riferimento". Il coraggio deve essere accompagnato da lucidità nei movimenti. "L'idea era di andare ad aggredire. Conosciamo la forza della Juve. La scelta era di provare ad andare a prenderli, ma dovevamo essere più presenti. Se stiamo messi bene, ci si può alzare e pressare. Se ci sono dei giocatori fuori posizione, ci si può abbassare. Nel primo tempo siamo stati abbastanza compatti. Nella ripresa abbiamo pagato il doppio svantaggio e non siamo più riusciti a mantenere il solito atteggiamento. Si poteva fare tutto. Pensavamo fosse questa strada la migliore per raggiungere il risultato. Basta analizzare i tre gol. Il primo è arrivato su una punizione a nostro favore nostro. Sul secondo è stata sbagliata l'uscita. Il terzo lo abbiamo preso con la squadra schierata. La Juve è stata molto brava a colpirci".
In avvio, quando la Lazio ha provato a schiacciare la Juve, Candreva e Keita non avevano spazio. Pioli lo ha ammesso. "Può essere. Abbiamo provato a costruire la manovra da dietro, dovevamo cercare di più la superiorità sulla fascia o il cambio gioco". Ha un rimpianto. "Si può andare sotto, ma la reazione ci doveva essere con più convinzione e fiducia. Si è vista la differenza. Abbiamo obiettivi diversi dalla Juve. Noi vogliamo tornare in Europa. Ci voleva più determinazione. Se tutto gira nel verso giusto, è meglio. Ma le partite non finiscono al venticinquesimo del primo tempo, c'è sempre modo di rimediare il risultato. Se c'è uno sport in cui conta l'aspetto mentale, è il calcio. Rimediare un risultato negativo fa parte del processo di crescita. Dobbiamo migliorare". Guai mollare. "Veniamo da due sconfitte consecutive, era successo, poi c'è stata la reazione. Non ci aspettano partite facili con Chievo e Parma. Ora dobbiamo riprendere la nostra corsa. Eravamo una buona squadra ieri, lo siamo anche dopo il confronto con la Juve".
Non ha funzionato niente, proprio niente: "Quando il lavoro che prepari durante la settimana non dà i suoi frutti, i risultati sono questi. La Juve ha grande qualità a metà campo, abbiamo subito il suo gioco". C'è poco da dire, c'è tanto da fare. C'è poco da inventarsi, non servono paroloni, non li usa Lulic. La morale è chiara quanto lo 0-3 e fa malissimo: "Siamo una buona squadra, vogliamo diventare una grande squadra, ma ancora non lo siamo, ci vuole del tempo. Dobbiamo migliorare quando incontriamo le big, vogliamo tornare in Europa, l'obiettivo non cambia neppure dopo queste due sconfitte, daremo tutto nelle prossime partite". Lulic davanti ai microfoni, ci ha messo la faccia lui a nome di tutti. Le parole uscivano a fatica, spesso erano le stesse. Non c'era niente da dire, c'è da lavorare sodo, c'è da cambiare atteggiamento, c'è da riflettere su tanti aspetti, sui soliti errori: "Il risultato parla chiaramente, purtroppo dobbiamo accettare la sconfitta, c'è poco da fare. Chi è più forte vince, loro sono stati più forti di noi stavolta. Io penso che la Juventus sia la squadra più forte d'Italia", ha ammesso il bosniaco. Sconfitti sì, ma non arresi. Lulic non conosce la parola resa, è ancora presto. Lulic ha rilanciato, l'Europa non si molla. Era un test per capire qual è il livello di questa Lazio, l'esame ha prodotto un risultato netto: "Puntiamo ancora all'Europa, anche dopo queste due sconfitte di fila, certe cadute aiutano a migliorare, a capire quali sono gli errori che commettiamo. Prima di Empoli venivamo da varie vittorie, non dobbiamo ridimensionarci, sarebbe sbagliato farlo".
Tanti errori, poca forza, ecco l'analisi logica della partita. La Lazio si è persa perché le strategie pensate si sono rivelate inefficaci, perché la squadra si è consegnata ai bianconeri: "Volevamo aggredirli alti, non dovevamo farli giocare, non ci siamo riusciti, non ha funzionato ciò che avevamo preparato, è andata male". Non ha funzionato nulla, è dura ribadirlo, è questa la realtà nuda e cruda. E' mancata la Lazio, tutta quanta. Sono mancati i colpi necessari, è mancata la giusta copertura: "Sono mancate le occasioni, non le abbiamo create, è stato uno dei problemi principali. Sono mancate le conclusioni in porta, non abbiamo messo in difficoltà la Juventus. Dobbiamo accettare la sconfitta, lo ripeto, bisogna guardare avanti, bisogna lavorare tutti insieme al meglio", ha detto e ridetto Lulic. Era sconsolato, non è stato facile rispondere alle domande a raffica, non è stato facile dare spiegazioni. I rimpianti sono pochi, il campo ha parlato chiaramente: "Ci manca qualche giocatore, dobbiamo migliorare al di là delle assenze. La Juve ha qualità, è stato difficile impostare il gioco dall'inizio alla fine. A Empoli è stato diverso, abbiamo avuto le possibilità per pareggiare e non ci siamo riusciti. L'analisi è differente, le partite non sono state uguali. Prima della sosta, prima di Empoli, abbiamo dimostrato le nostre qualità, quella strada si era rivelata giusta. Ci rialzeremo".
Lulic s'è immolato, non è servito. Era in diffida, ha beccato un giallo, salterà la gara di sabato contro il Chievo. La diffida se l'è portata dietro per un bel po' di tempo, prima o poi si sarebbe trasformata in squalifica, è successo ieri contro la Juventus, in una notte disgraziata: "E' un peccato, mi dispiace non giocare sabato a Verona contro il Chievo. Ho preso un'ammonizione per un fallo di mano, avrei preferito prenderla per un fallo diverso, per uno scontro di gioco o qualcosa di simile". E magari per difendere un'altra Lazio.