Domenica 15 dicembre 2013 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Livorno 2-0 15 dicembre 2013 - Campionato di Serie A - XVI giornata - inizio ore 15.00
LAZIO: Marchetti, Konko, Cana (46' Biava), Dias (80' Ciani), Radu, Biglia, Candreva, Ederson (65' Perea), Hernanes, Lulic, Klose. A disposizione: Strakosha, Guerrieri, Novaretti, Cavanda, Vinicius, Ledesma, Onazi, Felipe Anderson, Floccari. Allenatore: Petkovic.
LIVORNO: Bardi, Schiattarella, Coda (46' Valentini), Emerson, Ceccherini, Mbaye (46' Greco), Luci, Biagianti, Duncan, Siligardi (64' Emeghara), Paulinho. A disposizione: Anania, Aldegani, Rinaudo, Lambrughi, Gemiti, Belingheri, Mosquera, Benassi, Borja. Allenatore: Nicola.
Arbitro: Sig. Peruzzo (Schio) - Assistenti Sigg. Nicoletti e Grilli - Quarto uomo Sig. Posado - Assistenti di porta Sigg. Mazzoleni e Abbattista.
Marcatori: 19' Klose, 26' Klose.
Note: ammoniti Coda, Luci, Greco, Radu, Duncan per gioco scorretto, Hernanes per simulazione, Schiattarella per comportamento non regolamentare. Angoli 1-5. Recuperi: 1' p.t., 3' s.t.
Spettatori: 27.605 di cui 4.432 paganti, incasso non comunicato.
La Gazzetta dello Sport titola: "Doppietta Klose, Petkovic respira. Livorno assente".
Continua la "rosea": Lazio vecchia fa buon brodo. Ed è proprio un brodino, quello servito da Miro Klose, prima doppietta stagionale e in meno di mezzora il modesto Livorno è conciato per le feste. Una vittoria netta e una partita senza storia, che non consente tuttavia a Petkovic di avere la certezza di vacanze serene: domenica la trasferta di Verona è tutt’altro che facile e il lotitese ("Non mi sembra ci siano ora le condizioni per intervenire ed esonerare l’allenatore") è tutto da interpretare. Per ora, tre punti che raddrizzano la classifica e fanno morale. Mai come il ritorno in campo e al gol di Klose, più che mai imprescindibile per le fortune offensive di una squadra che l’altrui porta non la inquadra mai. Nel senso dell’età media, 29 anni, tendente a salire quando all’inizio della ripresa il 36enne Biava prende il posto di Cana. Petkovic lascia a casa il "balotellante" talentino Keita per insubordinazione (rissa sfiorata con Radu a Formello) e si affida ai senatori, dopo le dichiarazioni di voto di Hernanes e Klose che gli avevano espresso solidale fedeltà. Ne viene ripagato da una prestazione attenta e piena di buona volontà, che la scombinata difesa del Livorno facilita oltre l’immaginabile. Un’imbucata di Candreva e un tiro di Hernanes deviato maldestramente da Ceccherini: per Klose, che sa sempre trovarsi al posto giusto, sono due assist imperdibili. Dopo il palo cancellato da una svista del guardalinee Nicoletti, il 2-0 è servito in fretta, senza che la Lazio debba inquadrare la porta difesa da Bardi in altra circostanza che non sia quella di un tiro di Candreva respinto nel finale di partita.
Con Biglia sorta di libero davanti alla difesa, il 4-1-4-1 di Petkovic funziona anche se gli uomini che dovrebbero garantire la qualità (Hernanes, Ederson e Candreva) sono assai intermittenti. Quanto alla difesa, il ritorno di Dias e il sopraggiungere di Biava sembrano renderla più impermeabile, ma il test Livorno dice poco. Nel senso che con prestazioni così timide e rassegnate si finisce diritti in Serie B. Sesta sconfitta consecutiva in trasferta, sono di settembre lo 0-0 di Marassi col Genoa e l’ingannevole 4-1 di Reggio col Sassuolo. Nicola lo schiera a trazione posteriore, ma non c’è difesa a cinque che tenga se poi i tre centrali fanno acqua al cospetto di un vecchio rapinatore d’area come Klose. La rivoluzione tattica all’inizio della ripresa, 5-3-1-1 che diventa 3-4-2-1 con l’ingresso in campo di Greco e Valentini al posto di Mbaye e Coda, produce un po’ di equilibrio in più, ma è anche la Lazio a fermarsi. La fase offensiva latita, Paulinho deve fare da solo e anche quando arriva Emeghera succede poco. Marchetti uscirà immacolato. Questa volta i buuu razzisti riservati più a Mbaye che a Duncan si ritagliano uno spazio minore. Prevale la mega-contestazione a Lotito e, complici i fatti di Varsavia, la voglia di bandierine tricolori, cori nostalgici e "boia chi molla" in ordine sparso. Già ci si prepara per i sedicesimi di Europa League...
Il Corriere dello Sport titola: "All’Olimpico lampi di Lazio".
Continua il quotidiano sportivo romano: E’ la Lazio di Miro e Peppino, settant’anni in due, ancora insostituibili, perché i ricambi non sono dello stesso livello. Si può spiegare così buona parte della crisi di Petkovic. Il progetto giovani prenderà forma nel tempo, oggi decidono i vecchietti terribili, di cui si è avvertita la prolungata assenza negli ultimi mesi. Klose si chiama Miro e ha risolto da solo o quasi la partita, prendendo un palo e realizzando una doppietta nella prima mezz’ora. Biava detto Peppino è entrato dopo l’intervallo e ha restituito tranquillità alla difesa, messa sotto pressione dal Livorno, che ha attaccato per l’intero secondo tempo senza rimettere in discussione il risultato. La Lazio non vinceva e non prendeva gol in campionato dal 27 ottobre, un’altra partita decisa da Klose, che mise ko il Cagliari segnando di testa e provocando il rigore del raddoppio. Non è un caso. Il tedesco completa la squadra biancoceleste, piena di trequartisti e con centrocampisti interni troppo lenti, come Floccari e il promettente Perea non riescono a fare. I suoi due gol allontanano l’incubo della zona retrocessione e consentiranno a Petkovic di conservare il posto almeno per un’altra settimana, ma il tecnico bosniaco resta in bilico. Il suo destino dipenderà anche dall’esito della trattativa tra Yakin e il Basilea per la risoluzione del contratto, non solo dal risultato di domenica prossima a Verona.
Nicola, invece, continuerà a lavorare confrontandosi con la furia di Spinelli e l’obbligo di raccogliere punti in trasferta per realizzare un piccolo miracolo: il Livorno può salvarsi a patto di ritrovare coraggio e personalità fuori casa. Ieri all’Olimpico è arrivata la sesta sconfitta consecutiva lontano dall’Ardenza. Doveva solo vincere e allora Petkovic ha rischiato, togliendo Onazi, l’unico mediano nel blocco dei titolari. Tutti all’assalto dietro a Klose, assistito dalla spinta di Candreva e Lulic sulle fasce, dagli inserimenti di Hernanes e Ederson, trequartisti a sostegno. Solo Biglia restava a protezione. Assortimento possibile perché il Livorno, invece di osare, si è rintanato e per mezz’ora neppure ha superato il centrocampo. Si giocava a una sola porta. Troppo leggera la linea mediana amaranto, così inconsistente da vincere pochissimi contrasti. Discreto il fraseggio palla a terra, ma i giocatori della Lazio puntavano dritti l’area e senza trovare resistenza. Impossibile reggere a lungo. Due cross di Lulic hanno creato le prime apprensioni a Bardi, salvato dal palo sulla spaccata di Klose, piombato come un falco sul tiro sbilenco di Candreva. C’è voluta tutta la superficialità di Emerson per portare in vantaggio la Lazio. Il brasiliano ha regalato il pallone a Candreva. La differenza l’ha fatta Klose, perché sul lancio in profondità dell’azzurro si è presentato solo davanti a Bardi e sulla respinta del portiere ha depositato in rete.
Al 26' è arrivato il raddoppio di Miro con un’altra bambola della difesa del Livorno. Ceccherini ha respinto male e poi è caduto sul tiro di Hernanes. Klose non s’è fatto sfuggire il rimpallo e ha battuto Bardi in uscita. Si può giocare con tanti trequartisti se c’è tanta differenza di qualità e sino a quando i polmoni del centrocampo reggono. Dopo mezz’ora è calato il ritmo e il Livorno ha assunto il controllo della manovra. Nicola ha inserito Valentini per Coda e ha dato maggiore vivacità al gioco spostando Duncan sul versante sinistro con l’ingresso di Greco al posto di Mbaye. Poi ha provato ad aggiungere peso in attacco sganciando Emeghara per Siligardi. Petkovic aveva sostituito Cana (febbricitante) con Biava e ha cercato il contropiede attraverso gli spunti di Perea, subentrato a Ederson. Il Livorno ha tenuto palla, ma non s’è mai avvicinato dalle parti di Marchetti. E ha pure rischiato di prendere il terzo gol in contropiede da Candreva. La Lazio, con qualche affanno, si è difesa bene. Arroccata intorno a un leader come Biava e con lo spirito di sacrificio di Klose, che si è messo pure a giocare mediano per portare a casa i tre punti. Meditate gente, meditate.
Il Messaggero titola: "Doppio Klose, la vittoria è tra i fischi".
Prosegue il quotidiano romano: È Miroslav Klose lo sciamano della Lazio. Rientra, realizza una doppietta, da vero rapace d’area, maschera i problemi della squadra e la trascina fuori dalla secche. Con la sua classe si staglia al di sopra della mediocrità che continua a caratterizzare la manovra biancoceleste e scaccia i fantasmi di una classifica che adesso fa meno paura. Un calciatore di categoria superiore, del quale è impossibile fare a meno, perché sempre determinante. Non a caso l’ultima affermazione della Lazio, quella contro il Cagliari, datata 27 ottobre, era stata firmata dal tedesco (gol e rigore procurato). Il Livorno è quanto di peggio si sia visto quest’anno all’Olimpico: una pochezza tecnica da rabbrividire che, accomunata a un approccio timido e impacciato e a una serie di amnesie da censura, lo condannano una meritata sconfitta. La Lazio non brilla ma vince la partita più delicata e pericolosa e ora può respirare, ritrovando un minimo di serenità. I biancocelesti in campo avvertono l’aria pesante e di contestazione che aleggia sull’Olimpico, così cercano di prendere subito al guinzaglio la partita. Lo spirito è quello giusto e si vede subito che non c’è storia. Piantano le tende nella metà campo toscana e cercano di sviluppare un gioco avvolgente, con le incursioni e i cross di Lulic, gli spunti di Candreva, che spesso accentra la posizione.
Un buon possesso, anche se con poca rapidità nella circolazione, perché Hernanes non riesce a velocizzarla. Il Profeta, ammonito, verrà squalificato e tornerà a gennaio. A dare una svolta ci pensano gli errori dei difensori livornesi, soprattutto quando sono chiamati a gestire il pallone in uscita, come in occasione del vantaggio. Candreva lancia Klose che, dopo la prima respinta di Bardi, ribadisce in gol. Il tedesco, fermato poco prima dal guardalinee, per un fuori gioco inesistente, chiude la pratica prima della mezzora quando un tiro di Hernanes, deviato da un difensore, diventa assist invitante per il centravanti. Successo in cassaforte e partita archiviata. Il centrocampo biancoceleste si limita a tenere palla, coprendo bene gli spazi, al cospetto di avversari che sbagliano tutto il possibile, anche le rimesse laterali. Il Livorno raramente riesce a imbastire qualche azione degna di questo nome, solo un tiro di Paulinho spaventa l’inoperoso Marchetti che trascorre un tranquillo pomeriggio da spettatore non pagante. Il tecnico amaranto Nicola prova a ridisegnare l’assetto tattico nella ripresa, nel tentativo di conferire più coraggio e più incisività. La squadra conquista metri, lavora qualche pallone in più, ma raramente si affaccia nell’area laziale. Produce un calcio ruminato e didascalico, fine a se stesso. La gara è costellata di errori nei fraseggi, avara di contenuti, senza squilli, con i biancocelesti abili a controllarla e con gli ospiti impotenti in fase offensiva. Nemmeno l’ingresso di Emeghara cambia gli equilibri perché la differenza tecnica tra le formazioni è netta e lampante.
La Lazio non si danna l’anima e non rischia mai, consapevole della propria forza e della inconsistenza labronica. Petkovic manda in campo anche Perea e il colombiano smarca Candreva, nell’unica pregevole azione della ripresa, però l’esterno, invece, di cercare il passaggio in area, pecca di egoismo e si lascia respingere il tiro dal portiere. Il resto è pura accademia. E noia. Anche senza impressionare la Lazio comunque ha più di un motivo per tornare a sorridere: i gol di Klose, la vittoria e i 7 punti dalla terzultima che rappresentano un margine di sicurezza. Ora si aspettano conferme e, soprattutto, le mosse della società che continua a temporeggiare. L’affermazione sul modesto Livorno non può bastare a resettare il periodo di crisi e i problemi della squadra.
Tratte dal Corriere dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
Ha accettato le domande solo in televisione, non nella sala stampa dell’Olimpico, dove si è fermato solo un minuto per una brevissima (e personalissima) analisi della partita. Poi si è alzato e se n’è andato, senza spiegare perché. Se non aveva voglia di parlare, avrebbe fatto miglior figura a non presentarsi. Sarebbero rimasti solo i sorrisi regalati da Klose e dai tre punti strappati al Livorno, che fuori casa non muove la classifica dal 21 settembre. Solo davanti ai microfoni di Sky, Petkovic ha allentato la tensione, confessando di aver vissuto con estremo imbarazzo la partita."Forse qualche grammo l’ho perso" s’è lasciato scappare. Rischiava l’esonero. Ha difeso la panchina. "Nel primo tempo abbiamo dominato, potevamo fare più gol. Nella ripresa è subentrata la paura di vincere, le gambe sono diventate pesanti. Non era semplice, complimenti ai ragazzi. Ora è tutto normale, ma avevamo solo da perdere in questa partita. Per l’impegno, per il carattere, perché abbiamo segnato e non subìto gol, la squadra mi è piaciuta". La Lazio ha reagito: "Sicuramente i giocatori erano arrabbiati, mai ho avuto dubbi sul fatto che non dessero tutto, ma non riuscivamo a vincere una partita. Mancava l’ultimo sforzo, provocare la fortuna che è venuta dalla nostra parte".
Era e resta in discussione, ma non è stata la sua ultima partita con la Lazio. "Io vivo sempre così, come se fosse l’ultimo giorno, ma anche con l’impegno e la stessa professionalità come se rimanessi qui forse per altri dieci anni. Il mio futuro è sempre lo stesso. Dipende da me e dai risultati. Ora penso alla cena di Natale. Da domani vedremo cosa succederà". Decisivo il rientro del tedesco. "Ha avuto lo spirito giusto. Parliamo oggi di Klose come valore aggiunto, non solo per i suoi gol ma per il supporto dato alla squadra. Questo è il lavoro che tutti devono fare. Avendo campioni come Miro diventa tutto più facile". Ora dovrà dare maggiore stabilità alla squadra. "Non sono d’accordo, solo una o due volte ho cambiato sistema, passando alla difesa a tre. Quando gioca Onazi, si comporta in un modo, Ederson si muove in un’altra maniera per caratteristiche. La vittoria è importante per il morale. Non conta giocare bene in certe occasioni, ma con orgoglio bisogna prendere i tre punti".
S’è ricompattato lo spogliatoio, ritrovando motivazioni. "Tutti nella squadra e intorno alla squadra devono dire chiaramente se sono o meno nel progetto. L’indifferenza non porta a nulla" ha risposto Petkovic. Ha visto giocare la Lazio per mezz’ora nel modo in cui vuole. "I tre punti li abbiamo strameritati nel primo tempo. Complimenti ai ragazzi che sono riusciti a pressare alti e con intensità. Nella ripresa avevamo le gambe pesanti, la testa ha cominciato a ballare. Importantissimo il rilassamento mentale della squadra, potrà dare effetti positivi per la prossima partita. Da domani riprenderemo a lavorare con il sorriso, a lottare con attaccamento alla maglia. Dovremo fare tutto per portare a casa punti da Verona". E ancora. "In campo ho visto undici guerrieri, la Lazio si è presentata con personalità". Certi giocatori fanno la differenza. "E’ pesata l’assenza di Mauri per le sue doti da leader, la sua presenza avrebbe dato un altro spirito ai ragazzi. Klose l’ha dimostrato". Gli infortuni lo hanno penalizzato a lungo. La difesa è migliorata con Biava e Dias. "Sono mancati spesso sei-sette giocatori, era difficile fare bene in emergenza. E’ stato positivo il rientro di Dias. Lui e Biava sono calciatori di valore. Non è un caso se ultimamente non abbiamo subito tanti gol". Ora sarebbe utile un riavvicinamento con la Curva Nord. "La stagione è lunga, i tifosi saranno importanti da qui alla fine del campionato. L’anno scorso sono stati importanti per la conquista della Coppa Italia".
Dalla Gazzetta dello Sport:
La medicina Klose non la vendono in farmacia, non è brevettata, non è di quelle testate negli stabilimenti. È un rimedio della nonna, antico sì ma efficace come pochi. Tanto è bastato alla Lazio per battere il Livorno e allontanare i fantasmi di una classifica che s’era fatta preoccupante. Riecco Miro, riecco i tre punti: l’ultima volta era successo il 27 ottobre, con il tedesco in campo, con il tedesco in gol. Niente è un caso, tutto torna. Non stupisce questo, piuttosto colpisce il perfetto italiano e la scioltezza con la quale l’attaccante si presenta dopo la partita davanti a taccuini e microfoni, evento da segnare il giorno sul calendario. Eccolo Klose, allora, tenere tutti i con piedi terra: "Sono felice per il gol e per i tre punti, è chiaro — ha detto —. Sapevo già che avremmo vinto. Ma con tutto il rispetto per l’avversario, abbiamo battuto solo con il Livorno. Non abbiamo fatto niente, dobbiamo ancora crescere parecchio e soprattutto è necessario ricominciare a vincere anche fuori casa. La Lazio è una squadra forte, ma che ha sempre due facce e anche stavolta si è visto: il primo tempo giochiamo in un modo e il secondo in un altro". Un po’ leader e un po’ allenatore. Verrebbe da dire che se Petkovic non ha risposto in sala stampa alle domande dei giornalisti, ci ha pensato Klose a spiegare cosa non va nella Lazio. Miro ha giocato e si è seduto in panchina, c’è tutto e di più nelle sue parole.
Anche un messaggio ai compagni: "C’è solo una ricetta, in campo dobbiamo correre anche quando il pallone non ce l’abbiamo noi — ha spiegato Klose —. Ecco, domenica a Verona dovremo fare questo, contro una squadra difficile da affrontare. Ma è proprio su questo punto che la Lazio deve migliorare. Quando il pallone è nostro il gioco va allargato, quando ce l’hanno gli avversari invece è giusto chiuderci ed essere più corti. In attacco siamo una buona squadra: se riusciamo a subire poco, poi in qualche modo il gol riusciamo a trovarlo. Nel secondo tempo di oggi, (ieri, ndr) invece, siamo mancati nelle ripartenze, avevamo un po’ di paura ed è un difetto che dobbiamo toglierci". Ma la verità è che con Klose in campo anche i difetti finiscono per essere nascosti più facilmente. Ora anche le voci sul futuro fanno meno rumore: "Ho un contratto e la prima squadra con cui parlo è la Lazio, non è vero che voglio andar via". Meglio per Petkovic: una medicina così è meglio averla nell’armadio di Formello.
Formello, Olimpico, la cena di Natale all’Eur: non una giornata qualsiasi per la Lazio. In serie: Keita non convocato dopo una lite con Radu (sarà multato); Petkovic che lascia la sala stampa; Lotito che tiene sulle spine l’allenatore e poi replica ai tifosi che lo contestano: "Mi rivolgono degli epiteti perché evidentemente si guardano allo specchio". Nervi a fior di pelle, nonostante la vittoria. Petkovic, dopo aver risposto alle tv ("Keita? L’importante è il gruppo, l’atteggiamento, ma è una cosa provvisoria", ha detto a Sky), è entrato in sala stampa, ha rilasciato una dichiarazione spontanea e poi è filato via, senza aspettare le domande. Il tecnico ce l’ha con la stampa, rea di averlo messo in discussione. Ma le parole di ieri di Lotito tengono vivo il tormentone: "Allo stato non ci sono le condizioni per esonerare l’allenatore — ha detto —. Vediamo se la Lazio ripartirà: in caso contrario valuterò. Una rondine non fa primavera. Questa squadra deve lottare per l’Europa". Il brindisi tra i due alla festa di Natale ha disteso gli animi, ma la trasferta di Verona resta snodo cruciale. Più sereno, invece, Davide Nicola: "Non mi sento a rischio". E Spinelli ha confermato: "Nessun ribaltone". Nicola se l’è presa con i suoi giocatori. A fine partita li ha radunati, dal suo labiale si è letto: "Se non sputiamo sangue, non possiamo competere con questa gente".