4 aprile 2017 - Roma, stadio Olimpico - Coppa Italia, Semifinale di ritorno - inizio ore 20.45
ROMA: Alisson, Rudiger, Manolas, Juan Jesus (46' Peres), Emerson, Paredes (81' Totti), Strootman, Salah, Nainggolan, El Shaarawy (71' Perotti), Dzeko. A disposizione: Szczesny, Lobont, Fazio, Vermaelen, Mario Rui, Grenier, De Rossi, Gerson. Allenatore: Spalletti.
LAZIO: Strakosha, Bastos, de Vrij (46' Hoedt), Wallace, Basta (71' Murgia), Milinkovic, Biglia, Lulic, Lukaku, Felipe Anderson (57' Keita), Immobile. A disposizione: Vargic, Adamonis, Patric, Radu, Crecco, Luis Alberto, Lombardi, Djordjevic, Tounkara. Allenatore: S. Inzaghi.
Arbitro: Sig. Rizzoli (Bologna) - Assistenti Sigg. Di Liberatore e Tonolini - Quarto uomo Sig. Russo.
Marcatori: 37' Milinkovic, 43' El Shaarawy, 56' Immobile, 66' Salah, 90' Salah.
Note: ammonito al 26' Nainggolan, al 31' Felipe Anderson, al 31' Dzeko, al 38' Paredes, al 48' Lukaku, al 74' Perotti. Angoli: 11-0. Recuperi: 2' p.t., 4' s.t.
Spettatori: paganti 43.487 per un incasso di Euro 1.667.483, abbonati 234 per una quota di Euro 39.050.
La Gazzetta dello Sport titola: "Roma Immobilizzata. Lazio in orbita. Inzaghi, la finale è tua. Spalletti non rimonta e si avvicina ai saluti? Dzeko si mangia l’1-0 in avvio, Milinkovic e Ciro gelano i giallorossi, cui non basta vincere con El Shaarawy-Salah".
Continua la "rosea": Anche se il risultato è diverso, la realtà della prima partita non viene cancellata. Alla Lazio non trema nemmeno tanto il cuore, perché va sotto soltanto al 90’, a promozione in ghiaccio, così la nona finale di Coppa Italia diventa in fondo un fremito lunghissimo e gioioso. Il derby, di qualsiasi tipo, si riflette a lungo sulla passione quotidiana; questo ancor più perché è definitivo, esclude; una va avanti e l’altra scompare, non c’è più recupero, sorpasso, non ci sono classifiche da modellare. C’è soltanto un futuro da cambiare. Anche questa rimonta non riesce alla Roma e adesso ne rimane soltanto una, quella per lo scudetto, semplicemente la più difficile. Anche Luciano Spalletti è più lontano: un altro trofeo inghiottito dalla notte, altri discorsi di commiato che si ripeteranno. La Roma può apparire sempre più forte degli avversari, del Lione, della Lazio. Ma non riesce mai a dimostrarlo e tutti i suoi guai non sono ingiusti. La Lazio invece è spesso più matura dell’età di alcuni suoi protagonisti, allenatore compreso. Chiaro che la rete di Milinkovic, il migliore con Immobile, cambi il quadro della grande rimonta, però la Roma pareggia subito e il centro della doppia sfida diventa il primo scorcio della ripresa, quando i romanisti mettono lo sguardo sul patibolo, perché sono dissennati nel cercare le tre reti che mancherebbero.
Lasciano mezzo campo a Immobile e Anderson, che non sono mai contaminati dalla paura: quattro palle gol in 3’ e l’ultima entra, con l’azzurro: 1-2 al 56’. Inzaghi allora può pensare già al due giugno, quando troverà Juve o Napoli. Ripassa in vantaggio e inserisce una punta, non un difensore: Keita per Anderson. Ma è dopo la finezza: esce Biglia, malconcio ma anche diffidato, entra Murgia. Messaggio: puoi anche vincere questa sfida, perché non conta più, e la Lazio perde dopo dieci gare utili, tutto compreso. Il derby seduce di nuovo la capitale, curve piene come ai bei tempi, urla e tuoni di entusiasmo. Ma anche ululati a Rüdiger (dalla sponda laziale) e Lukaku (dall’altra curva). La partita che non è mai come le altre, secondo obbligato luogo comune, talvolta è anche un tentativo di gemellaggio tra le squadre, inteso come favori fatti e ricambiati nella fase difensiva: perché la Lazio fa centro ai primi tiri nello specchio, con Milinkovic mentre Paredes guarda. E de Vrij è più generoso 5’ dopo l’1-0. Non solo sporca un docile cross di Rüdiger, ma il liscio è così preciso che El Shaarawy può sfruttarlo e battere al volo per il pari. Il Faraone ispira anche il 2-2 dell’egiziano vero, resta tra i più positivi. Dall’altra parte Milinkovic centra gol e assist - prima volta quest’anno -; Immobile arriva a 21 in stagione (12 nel 2017), più cinque reti con la Nazionale. Inzaghi chiude l’ottimo disegno dell’andata non spostandosi da quelle idee: converge di nuovo sui tre centrali difensivi, cerca di attenuare la velocità esterna di Salah (doppietta) e El Shaarawy con Lukaku e Basta, mai fermi, mentre anche davanti ispessisce la protezione con Milinkovic e Lulic agganciati a Biglia.
Ma Spalletti, che si agita come il collega, non resta ancorato al 4-2-3-1 tratteggiato in partenza e tenuto quando la Lazio costruisce da dietro, con Nainggolan a disturbare Biglia. La sistemazione diventa poi 4-1-2-3 con il possesso palla: Paredes resta basso, mentre Strootman si affianca a Naingo e gli esterni salgono con il centravanti con lo scopo di allargare la linea a cinque e cercare di infilarsi tra gli interni di Inzaghi. Nel primo tempo, con governo prevalentemente giallorosso, sono troppi i cross scontati dalla trequarti e solo sul primo Dzeko arriva in anticipo però manca la porta: la serata avrebbe avuto una chiave diversa. Poi per cercare più profondità di fascia, Spalletti mette Peres per Juan Jesus; ma la sua entrata coincide con il mancato collegamento di tutta la Roma. E la Lazio inizia in anticipo la festa.
Il Corriere dello Sport titola: "FantaLazio, la vittoria della Roma è amara. I biancocelesti vanno in vantaggio due volte (Milinkovic-Immobile), ai giallorossi non bastano El Shaarawy e la doppietta di Salah".
Prosegue il quotidiano sportivo romano: Quattro gol alla Roma in 180 minuti, la Lazio va in finale di Coppa Italia e lo fa nel modo che la Nord sognava appena è stato composto il tabellone: eliminando i giallorossi. Che sia una finale meritata non ci sono dubbi, fra l’andata e il ritorno Inzaghi è stato superiore a Spalletti, per scelte e lucidità, e tutta la Lazio ha superato la Roma per tecnica, tattica, concentrazione e rabbia. La Roma ha vinto questa partita quando non contava più, quando la Lazio aveva perso anche Lulic (in campo da infortunato), quando la finale aveva già un nome in attesa di conoscere stasera l’altra sfidante. E’ stata grande la Lazio, per il cuore, per il carattere, per la capacità di soffrire e di non piegarsi mai, né all’andata, né al ritorno. Ieri era il 4 aprile, ma sembrava un altro 26 maggio. La Roma alla fine è stata applaudita dalla Sud, nonostante abbia perso il terzo obiettivo stagionale su quattro. Bravi i tifosi, meno, molto meno la squadra. Le intenzioni della Roma erano chiare fin dall’inizio e del resto non era difficile immaginare la partita che aveva pensato Spalletti. La sua spinta è stata costante, ma poco ordinata, poco efficace e con un difetto che le ha impedito di essere davvero pericolosa: i cross sempre alti, alla ricerca del testone di Dzeko che, fra l’altro, sui 33 gol stagionali ne ha segnati solo 2 di testa.
Wallace, de Vrij (poi Hoedt) e Bastos gli hanno soffiato tutti i palloni oltre i due metri. L’insistenza di quella scelta era dovuta all’imbottimento della difesa laziale deciso da Inzaghi sugli esterni (difesa a 5) e al centro con Milinkovic, Biglia e Lulic a ridosso della difesa. Non c’era possibilità di triangoli, di attacchi rapidi e stretti, e del resto alla Roma manca un trequartista tipico, capace di saltare l’avversario in una mattonella. Al 45’, il possesso palla della Roma era del 68 per cento. Possesso inutile. Il 2-0 dell’andata ha messo Inzaghi nella condizione a lui più congeniale: belli chiusi e ripartenze. Per l’atteggiamento, ma soprattutto per la robustezza e l’efficacia del suo sistema difensivo, per la rapidità delle idee, ieri ha ricordato Giovanni Trapattoni ai tempi della Juve. Senza arrossire, ha tenuto dietro la linea dei cinque, facendo ripartire sempre più spesso Basta a destra e Lukaku a sinistra. Prima di segnare, alla Lazio stava mancando proprio il contropiede, colpa di Felipe Anderson e in parte di Milinkovic, in quel frangente troppo leggeri e imprecisi nel tentativo di raggiungere Immobile. Nel momento decisivo, la Roma si è fatta infilare lasciando lo spazio a Felipe Anderson per il cross da destra, poi Immobile ha incenerito Manolas e calciato a colpo sicuro, Alisson ha fatto un inutile capolavoro con la respinta, su cui Milinkovic ha anticipato Paredes che si era imbambolato in mezzo all’area piccola.
Ora la Roma doveva fare 4 gol per passare. Uno lo ha segnato subito, sfruttando l’unico errore di de Vrij, errore brutto, un mezzo liscio in area su cross di Rüdiger che El Shaarawy ha girato in porta. Inzaghi ha messo Hoedt per de Vrij, Spalletti ha cercato di dare ancora più spinta con Bruno Peres al posto di Juan Jesus, il difensore più attento fino a quel momento. Ma Spalletti avrebbe dovuto cambiare tutta la squadra perché la Roma non c’era più. In due minuti, dal 9’ all’11’, la Lazio con Immobile ha avuto in contropiede tre occasioni per segnare e c’è riuscita alla terza con un lancio sparecchia-difesa di Milinkovic. La scena è stata surreale: Manolas e i compagni salivano, mentre Immobile schizzava dalla parte opposta e la palla accompagnava il suo scatto. Un po’ di melina, qualche tiro sballato, qualche scatto a vuoto di Keita, che stava per entrare già prima del 2-1, la Lazio ha un po’ rallentato e Salah, riprendendo la palla che El Shaarawy aveva stampato sul palo, ha pareggiato. Poi l’egiziano ha segnato anche il 3-2, chiudendo la partita con la più inutile e beffarda doppietta della sua carriera. Poco prima Spalletti aveva fatto un cambio difficile da capire: fuori El Shaarawy (un gol, un palo, il migliore della Roma) per far entrare Perotti. Nello stesso momento Inzaghi ha perso Biglia, protagonista di una partita da capitano vero, per tecnica, tattica e soprattutto cervello. Era il terzo cambio. Al 30’ si è fatto male Lulic che è rimasto in campo per scommessa. L’ultima carta di Spalletti è stata Totti a 10 minuti dall’inizio di un incubo. Così alla fine in campo c’era anche il capitano, perché, da capitano, potesse prendersi le responsabilità di altri.
Il Messaggero titola: "La Roma vince, la Lazio fa festa. Coppa Italia, i giallorossi segnano tre volte ma in finale vanno i biancocelesti. Milinkovic-Immobile annullano il gol di El Shaarawy e la doppietta di Salah".
Prosegue il quotidiano romano: La Lazio, anche perdendo, può festeggiare sotto la Nord: è in finale di Coppa Italia. Stasera, dopo la nuova sfida tra Napoli e Juve al San Paolo, conoscerà la prossima avversaria. È il capolavoro di Inzaghi che, sempre più leader dello spogliatoio e riferimento della curva, difende il vantaggio dell’andata (2-0) e umilia tatticamente Spalletti che resterà solo in caso di conquista dello scudetto. La Roma, fiacca pure al ritorno, vince 3 a 2 il 3° derby stagionale, ma esce di scena dal torneo: fallita anche la seconda rimonta stagionale, dopo quella contro il Lione, sempre all’Olimpico, lo scorso 16 marzo negli ottavi di Europa League. Il verdetto, per quanto si è visto nelle due semifinali, è giusto: i biancocelesti si sono presentati meglio, superiori ai giallorossi sia mentalmente che fisicamente. La Lazio, per la nona volta nella sua storia, può giocarsi il trofeo. L’ultimo lo festeggiò, il 26 maggio del 2013, proprio contro la Roma. Che sbaglia anche questa partita. Spalletti non è lucido nemmeno al ritorno. Non paga la scelta della difesa a 4, allargando Ruediger ed Emerson. In mezzo al reparto Manolas accoglie Juan Jesus. Nel 4-3-3, con Paredes play basso, mancano i titolari Fazio, Peres e, come all’andata, De Rossi. Strootman e soprattutto Nainggolan accompagnano Salah, Dzeko ed El Shaarawy.
Inzaghi, invece, copia se stesso e ripropone la traccia della prima semifinale. Entra Lulic, da mezzala, per lo squalificato Parolo nel 5-3-2 prudente e compatto, con Basta e Lukaku sulle corsie e i tre centrali Bastos, de Vrij e Wallace a presidiare il fortino davanti a Strakosha. Biglia fa da schermo, ma lo aiutano, abbassandosi, Milinkovic e lo stesso Lulic. Le ripartenze sono ovviamente affidate a Felipe Anderson e Immobile. La Roma conclude subito con Dzeko, ma fatica a entrare in partita e a sfondare il muro. Nessuno rischia l’uno contro uno. Avere l’iniziativa non basta, anche perché priva di ritmo. La Lazio, pur arretrando il suo baricentro, sa diventare pericolosa con le verticalizzazione. Immobile non sfrutta il rimpallo, Strakosha devia il sinistro di El Shaarawy. Poche chance, prima della dormita della difesa giallorossa. Sul cross da destra di Felipe Anderson, Manolas regala il tiro a Immobile. Alisson respinge, ma Milinkovic, lasciato libero da Paredes, segna a porta vuota. La Roma resta per qualche minuto in apnea. El Shaarawy, destro chirurgico dopo la svirgolata di de Vrij su cross di Ruediger, la riporta a galla prima dell’intervallo. I giallorossi, però, è come se avessero buttato la prima parte. Per andare in finale avrebbero dovuto segnare sempre e comunque 3 gol. Nella ripresa Spalletti fa entrare subito Peres per Juan Jesus e passa al 3-4-3. Inzaghi, con Hoedt per de Vrij, non fa una piega e va avanti così.
La Roma, scontata e lenta nel palleggio, si allunga e diventa vulnerabile. La Lazio ne approfitta e prende quota. Immobile vola verso Alisson. A farlo partire, due volte di fila, è Felipe Anderson. Al terzo tentativo, su lancio però di Milinkovic, chiude il derby dopo meno di un’ora. Veloce e preciso, esulta sotto la Nord. Spazio a Keita, fuori Felipe Anderson. L’assalto giallorosso è sciatto e disorganizzato. El Shaarawy ci riprova: palo e pari facile facile di Salah. Ecco Perotti per El Shaarawy e Murgia per Biglia, quest’ultimo diffidato e quindi da preservare per la finale. Totti, in campo 14 minuti, partecipa al successo più amaro contro la Lazio. Segna ancora Salah (100 gol dei giallorossi in 46 gare). La terza eliminazione stagionale ridimensiona la rosa e anche Spalletti: fuori contro il Porto, il Lione e la Lazio, avversarie in partenza meno quotate.
Tratte dal Corriere dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
C’è stato un momento in cui Inzaghi si è sentito un po’ Mourinho. Allenatore capopopolo. La partita era sul 2-1 per la Lazio, Simone si è girato verso la Nord e l’ha chiamata a urlare, a soffiare alle spalle di una squadra che stava per sbarcare in finale di Coppa Italia. E la Nord ha risposto, riconoscendo in questo ragazzo dal ciuffo moro il suo leader, il suo trascinatore. Un ragazzo che oggi festeggerà il 41esimo compleanno con un regalo che ha già aperto, un regalo ricevuto dalla squadra con una qualificazione raggiunta eliminando la Roma, vincendo il primo derby e perdendo il secondo solo quando non contava più. L’ha vissuta come fosse ancora in campo. Quando Immobile è partito verso la porta di Alisson, Inzaghi era al suo fianco, è scattato in contropiede anche lui, da attaccante non più da allenatore. Il gol di Ciro era il gol di Simone, impazzito davanti alla qualificazione, stava già assaporando la sua prima finale. Poi, alla fine, il selfie della squadra con la Nord alle spalle. "E quello è stato un momento straordinario". Sono le 23,40 quando Inzaghi inizia a parlare: "Fra 20 minuti sarà il mio compleanno e sarà il più bello della mia vita. Abbiamo fatto un’impresa, eliminando prima l’Inter e poi la Roma con tre ottime gare, una meglio dell’altra. All’inizio, nessuno ci dava fiducia. Nei 180' con la Roma abbiamo strameritato la finale, per aggressività, determinazione, corsa, abbiamo messo in campo tutto quello che serviva per arrivare alla finale. Un pensiero ai nostri tifosi, sono stati fantastici e li ringrazio: non sembrava di giocare in trasferta".
Un pizzico di egoismo, aspettando la finale, non può guastare. "Juve o Napoli? Sono due grandi squadre, del resto nelle semifinali sono arrivate la prima, la seconda, la terza e la quarta della classifica del campionato. Forse alla quarta pochi credevano... Guarderò Napoli-Juve con serenità, sarà una grande partita, ma per egosimo potrei dire che sarebbe meglio incontrare la Juve, perché se poi vincesse lo scudetto avremmo già la possibilità di fare la Supercoppa. E poi la Juve ha un bel margine di vantaggio...". Vanno a tutti i protagonisti. Spiega Inzaghi partendo dal suo... collega di ruolo: "Immobile è straordinario. Lunedì non si era allenato, i medici erano titubanti perché a Reggio Emilia aveva sentito un dolorino, ma è un gladiatore, un guerriero". Su de Vrij: "Alla mezz’ora mi ha chiesto il cambio, non stava bene, e se fosse stato al massimo della condizione non avremmo preso l’1-1 perché non avrebbe sbucciato quel pallone. Hoedt è entrato in campo con grandissimo spirito". Su Bastos, Wallace e Lukaku: "Mi piace parlare di questi tre perché hanno giocato meno di altri, ma tra andata e ritorno sono stati il nostro valore aggiunto. Questa è la vittoria del gruppo e ce la gusteremo perché è giusto così". Sul suo staff: "Dedico la qualificazione ai colleghi che lavorano con me, quanto me e forse più di me. La dedico col cuore al mio staff: Farris, Cecchi, ai due analisti Allavena e Cerasaro, Ripert, Fonte, Bianchini e Grigioni". C’è però una pillola amara anche in questa fantastica notte laziale. "Probabilmente dovremo rinunciare a Biglia e de Vrij, tutt’e due sono usciti per ragioni fisiche. Sono stati straordinari. Speriamo di recuperarli, però...". Contro il Napoli, avrà un giorno di riposo in più ma forse due giocatori in meno.
Milinkovic e Immobile all’andata e al ritorno, eroi dei due derby, in fotocopia. Gol visti e rivisti, fatti e rifatti. Gol ripetuti, già vissuti, già ammirati, già urlati, già detti. Milinkovic e Immobile, nomi ripetuti più volte, con insistenza, in sovrapposizione. Milinkovic e Immobile, quattro gol rifilati alla Roma nel giro di un mese, nello stesso ordine di realizzazione. Due doppiette spalmate in due partite, fantasmi estenuanti per il portiere Alisson. Milinkovic e Immobile, gli eroi in facsimile, hanno spinto la Lazio alla finalissima di Coppa Italia 2017, hanno costretto la Roma al déjà vu, hanno permesso che la sconfitta di ieri non avesse peso. Milinkovic e Immobile ora aspettano la sfidante dell’Olimpico, la Juve o il Napoli? Milinkovic e Immobile hanno gridato gol e di nuovo gol e tutti i laziali con loro. Ciro, a quante magie siamo? "A 26 contando i gol che ho segnato in Nazionale, sono 21 con la Lazio". Ventuno gol in biancoceleste, dodici solo nel 2017, due alla Roma, i più belli: "E’ incredibile vivere il derby - ha urlato Ciro - non posso fare altro che ringraziare la nostra gente, i compagni e Inzaghi per le gioie che sto vivendo. I gol segnati nel derby, quelli pesanti, sono imparagonabili con gli altri, non li cambio con nessun altro gol". Lo scatenato Ciro, pur stremato, pur dolorante, pur con i muscoli irrigiditi, va avanti e ha lanciato la sfida al Napoli, già pensa al match Champions di domenica sera: "Una vittoria così ci dà ulteriore morale. Quando si gioca da squadra si è uniti, così facendo possiamo affrontare tutti a viso aperto, a testa alta. Il Napoli è tra le squadre che giocano meglio, ha messo sotto la Juve in campionato, in Coppa affronteranno un’altra battaglia. Da questo punto vista siamo pari".
Ciro alla vigilia del derby di ritorno ha rifiatato, i medici erano titubanti sul suo impiego, lo ha svelato Inzaghi. Immobile già a Reggio Emilia aveva accusato fastidi. Non ha mollato, ha giocato, è scattato, ha risegnato alla Roma, s’è involato sotto la Nord: "E’ stata una partita difficile, siamo stati più lunghi rispetto all’andata, serviva più corsa, dovevamo tenere di più la palla in avanti per fare rifiatare difesa, ha fatto un lavoro incredibile così come il centrocampo. Per me, poi, giocare con Felipe e Keita, due grandi, è più semplice". Ciro ha avuto parole d’elogio per tutti: "Complimenti ai compagni stranieri, a Bastos, Wallace e Lukaku. Avevano solo sentito parlare del derby, hanno offerto prove eccezionali. Bravo anche a Hoedt, non era semplice entrare dopo l’uscita di de Vrij, speriamo non sia niente di grave per lui. Al di là dei nomi abbiamo preparato bene la partita e con noi lo ha fatto anche l’ambiente, senza caricarci di ulteriori pressioni. L’ansia c’era, il 2-0 si poteva ribaltare. Siamo stati freddi". Ciro ha immaginato il gol nel riscaldamento: "Non ho altre parole per i compagni, per Inzaghi e lo staff, per la nostra Curva straordinaria. I tifosi sono stati eccezionali nel riscaldamento, vedere la Nord piena è stato bellissimo, mi ha dato una carica ulteriore. Non vedevo l’ora di fare gol per andare da loro". Immobile sempre più bomber. Milinkovic sempre più gigante. Attraversa il campo, si inoltra in area, ti guarda, ti punta e appena non te ne accorgi, zac, ti ha già fregato. Ha aperto il sergente Sergej tutti e due i derby di Coppa. Ha trovato il gol in tre delle quattro presenze stagionali in Coppa Italia, ha firmato gol e assist nella stessa partita, per la prima volta. E ha esultato davanti alla panchina della Roma. C’è un altro 26 maggio 2013, è il 4 aprile 2017. Da Lulic a Milinkovic, tutto troppo bello.