17 gennaio 2016 - Campionato di Serie A - XX giornata - inizio ore 15.00
BOLOGNA: Mirante, Rossettini, Oikonomou, Gastaldello (62' Ferrari), Masina, Taider, Diawara, Brighi, Mounier, Destro (84' Floccari), Giaccherini (61' Zuniga). A disposizione: Da Costa, Stojanovic, Mbaye, Donsah, Crisetig, Zuculini, Pulgar, Acquafresca, Falco. Allenatore: Donadoni.
LAZIO: Berisha, Konko, Mauricio, Hoedt, Radu, Milinkovic, Biglia, Parolo (46' Lulic), Candreva (82' Felipe Anderson), Djordjevic (46' Klose), Keita. A disposizione: Guerrieri, Matosevic, Bisevac, Braafheid, Patric, Cataldi, Onazi, Mauri, Matri. Allenatore: Pioli.
Arbitro: Sig. Di Bello (Brindisi) - Assistenti Sigg. Vivenzi e Valeriani - Quarto uomo Sig. Di Vuolo - Assistenti di porta Sigg. Mazzoleni e Pairetto.
Marcatori: 2' Giaccherini, 18' Destro, 70' Candreva, 77' Lulic.
Note: espulso Masina al 69' per fallo da ultimo uomo. Ammoniti Destro per proteste, Mauricio e Biglia per gioco scorretto. Angoli: 1-7. Recuperi: 1' p.t., 3' s.t.
Spettatori: 16.449 per un incasso di Euro 244.414.
La Gazzetta dello Sport titola: "Il Bologna dura un tempo. Lulic ritorna e rimonta. La squadra di Donadoni avanti con Giaccherini e Destro. Pioli trova il pari con la panchina: Klose procura il rigore, il bosniaco firma il 2-2".
Continua la "rosea": I rivitalizzati e i rivitalizzanti. Quelli del primo tempo e quelli della ripresa. Prima Giaccherini e Destro, ancora loro: 10 gol in due, tutti solo per Donadoni che li ha fatti rinascere, e Bologna padrone del ring. Poi Lulic e Klose - io la do a te e ti faccio prendere rigore, tu la dai a me e io mi prendo il 2-2 - e la Lazio improvvisamente non è più una bottiglia di coca cola sgasata, ma di champagne: si stappa e sfiora il brindisi finale, con Keita. Perché tanto per cambiare l'ultima mezzora più recupero è stata il suo paradiso (18 gol segnati su 25, 8 di chi entra dalla panchina), quasi quanto l'inferno del Bologna (17 gol subìti su 27). Dunque un tempo a testa e un pareggio giusto: difficile aspettarsi altro da squadre che faticano ancora a depurarsi dalle rispettive irregolarità e conseguenti rimorsi. L'ancora instabile Bologna per aver perso la parità numerica e poi equilibri e sicurezze; la sempre più incomprensibile Lazio un'altra chance per non buttare ancora 45' e un patrimonio di qualità depotenziato dall'approccio sbagliato. Di testa almeno quanto di gambe, a proposito di reattività: anche se così il serbatoio del Bologna è parso più pieno. Pioli aveva scelto di mettere da parte il 4-1-4-1 con Biglia play basso per guardare in faccia il Bologna con lo stesso 4-3-3, anche se il fluttuare di Milinkovic lo faceva oscillare in 4-2-3-1. Ma al di là del gioiello su punizione di Giaccherini - una parabola impazzita, con volo fino all'incrocio - era stato il modo diverso di interpretare lo stesso sistema a fare la differenza per tutto il primo tempo.
A partire dalle diverse sicurezze delle coppie centrali: troppo incerta quella di Pioli per permettersi una linea difensiva così dichiaratamente alta (e imprudente nelle uscite, come sul 2-0). Ma soprattutto: il sincronismo negli aiuti reciproci, fotografato dalla puntualità di Oikonomou; l'aggressività del regista, con Diawara mai pauroso dei suoi 18 anni nell'andare a mordere il ben più esperto Biglia; i tempi negli inserimenti: per due volte Brighi si è trovato a un passo dal 3-0; la fase difensiva degli esterni offensivi per tenere corta la squadra, ma anche la loro capacità di ripartire in profondità: Giaccherini e Mounier a caccia su tutta la fascia, mentre soprattutto Candreva ha finito per disegnare un timido 4-5-1; l'influenza del centravanti: Destro ha corso il triplo di Djordjevic, ma quando un tocco di Gastaldello lo ha messo in faccia alla porta si è avventato sul pallone del 2-0 come un indemoniato. Buon per Pioli che anche Lulic, al rientro dopo aver rischiato l'amputazione di un dito, abbia aggredito la gara con la stessa fame e trovato in Klose il polo complementare per la scossa. Pioli ha assecondato la diversa aggressività della Lazio lasciando libertà a Keita di stringere per avvicinarsi al tedesco (quasi 4-4-2) e il resto lo hanno fatto l'uscita per infortunio di Gastaldello, che ha scompaginato gli equilibri difensivi del Bologna, e poi il rosso a Masina sul rigore del 2-1, che gli ha tolto energie non solo atletiche. In poco più di 10' il mare della Lazio è salito fino a trovare il pareggio con l'ennesimo blitz di Lulic e ad accarezzare il 3-2 con Keita. Ma poi è mancata l'ultima ondata.
Il Corriere dello Sport titola: "Bologna, solo un tempo e la Lazio sfiora il colpo. Candreva e Lulic nella ripresa rispondono a Giaccherini e Destro".
Prosegue il quotidiano sportivo romano: Quando una squadra rimonta, soprattutto se parte da 0-2, ha sempre ragione. O almeno è sempre di buonumore. Al posto di Pioli, invece, saremmo anche un po' preoccupati. Con una mossa, un doppio cambio perfetto con Lulic e Klose decisivi negli episodi (gol del bosniaco più l'assist per il rigore procurato da Klose, che ha ricambiato con l'assist per la rete di Lulic) e non solo, il tecnico ha trasformato la Lazio nella ripresa. Ma se Donadoni può facilmente capire (pur senza giustificare) il calo netto della sua squadra dopo un primo tempo brillante e finito sul 2-0, calo dovuto a ragioni fisiche, atletiche e psicologiche (si sentiva già la vittoria in tasca), Pioli fatica a capire perché la Lazio non sia scesa in campo per 45 minuti. Oggi Donadoni saprà da che parte iniziare la sua arrabbiatura e soprattutto su quali aspetti basare il suo ragionamento, Pioli no. Se la Lazio è stata capace di una reazione di quella portata, con gioco, corsa, idee, e soprattutto voglia, non è spiegabile la ragione per cui abbia giocato in modo esattamente opposto per tutto il primo tempo. Giaccherini ha segnato dopo meno di due minuti e quello era il settimo gol preso dalla Lazio nel primo quarto d'ora. Mica è un bel segnale. La rete di Giaccherini è nata per un fallo commesso dal frastornato Hoedt dopo 35" sullo stesso bolognese. E' stata un'esecuzione che Giac aveva imparato alla Juve da Pirlo, perché la palla in 25 metri ha cambiato due o tre volte la traiettoria, così che Berisha si è potuto solo inginocchiare davanti a tanta bellezza.
Anziché alzare subito il ritmo, la Lazio ha pensato a gestire. Ha fissato il possesso palla del primo tempo al 61 per cento e questo dato, anziché rincuorare Pioli, lo deve far riflettere perché tenendo il pallone fra i piedi per così tanto tempo bisognerebbe creare qualcosa, non il niente della sua squadra. Il Bologna correva più dei biancocelesti e occupava meglio il campo. Pioli aveva messo Biglia su Diawara e il giovanissimo centrale, col suo gioco semplice, lo toglieva sempre dalla scena. Stava lavorando sodo e bene anche Destro, che ha segnato dopo un tocco di Gastaldello, sfruttando un'altra punizione di Giaccherini e una sua posizione iniziale (nel rimpallo precedente) di fuorigioco. Solo Rossettini doveva temere gli spunti di Keita, negli altri settori era tutto a vantaggio del Bologna che ha avuto altre due buone occasioni per segnare la terza rete. Occasioni che diventeranno il suo rimpianto. Pioli è stato il primo a reagire e anche in modo energico. Nell'intervallo fuori i due giocatori più spenti, Parolo e Djordjevic, e dentro i due che cambieranno faccia e anima della Lazio, Lulic e Klose. Non ha modificato l'assetto, sempre 4-3-3, ma Lulic ha iniziato subito a sfondare dalla parte di Taider, che non ha retto l'urto, mentre Klose è diventato ispiratore e finalizzatore. Con la spinta dei due appena entrati, tutta la squadra è cresciuta. Biglia ha guidato il gioco senza più errori, Candreva ha preso a saltare Masina, come non gli era mai riuscito in tutto il primo tempo, Radu ha attaccato con più frequenza, e il possesso palla laziale (che salirà al 67 per cento nella ripresa, record nel suo campionato) ha preso corpo nel centrocampo del Bologna.
L'infortunio di Gastaldello (che aveva centrato un palo della sua porta...) ha creato il vero problema a Donadoni, costretto a inserire Ferrari e a spostare Rossettini al centro. Tolto dalla fascia che è diventata sua, Rossettini è crollato. Prima ha sbagliato il tempo d'intervento sul cross di Lulic per Klose, costringendo così Masina a stendere il tedesco: rigore, espulsione dello stesso Masina e scavetto di Candreva. Poi si è fatto fregare la palla da Klose che è scappato sulla destra alla velocità di un Keita, ha piazzato la palla al centro e Lulic (sfuggito a Taider) ci ha messo sopra il suo capolavoro con uno splendido interno destro al volo. Con un uomo in più, la Lazio ha avuto la palla del 3-2 con Keita (parata di Mirante sul primo palo), Pioli ci ha provato con Felipe Anderson, ma alla fine era giusto così. Un tempo e due gol per parte, con tanti quesiti in attesa di risposta.
Il Messaggero titola: "Lazio dormigliona. A Bologna i biancocelesti vanno sotto di due reti poi si svegliano e pareggiano la partita. I gol di Giaccherini e Destro nel primo tempo annullati nella ripresa da Candreva e Lulic".
Prosegue il quotidiano romano: Voglia, grinta e quel pizzico di buona sorte che non guastamai. E' questo il mix che ha permesso alla Lazio di portare via da Bologna un punto che fino al minuto 70 sembrava insperato. I biancocelesti non giocano per più di un'ora e vanno sotto per due a zero. Sembra un tonfo di quelli senza appello fin quando Pioli nella ripresa non azzecca i cambi vincenti. Fuori un opaco Parolo e un immobile Djordjevic per Lulic e Klose. E sono proprio i due nuovi entrati a dare la giusta scossa che cambia la partita. Il bosniaco serve il tedesco che di mestiere si guadagna il rigore e l'espulsione dell'ingenuo Masina. Candreva dal dischetto fa 2-1 e rilancia la voglia dei suoi compagni. I rossoblu, con l'uomo in meno, vanno in bambola e subiscono il pareggio di Lulic che tornava dopo due mesi complice un brutto infortunio alla mano. Capita che in un gelido pomeriggio di gennaio Pioli torni nella città dove ha lasciato ricordi agrodolci. L'accoglienza è di quelle da brividi con applausi, cori e uno striscione enorme che recita: "Da noi non sarà scordato chi i nostri colori ha onorato". Ma gli amori passati e finiti male hanno sempre in serbo quella stilettata che lascia il segno. E così è stato. Sono bastati 18 minuti agli uomini di Donadoni per colpire due volte l'ex mister rossoblu e lasciarlo lì a rimugginare sulle sue scelte.
Prima Giaccherini con una punizione da applausi, poi Destro, proprio lui l'ex giallorosso col dente avvelenato. Due schiaffi che però hanno risvegliato Stefano da Parma che con i giusti cambi ha restituito le offese all'amata ex. Bisevac appena arrivato dal mercato non è ancora pronto per l'esordio e così Pioli si affida alla coppia Hoedt-Mauricio. Scelta sbagliata perché se i due contro Carpi e Fiorentina avevano giocato una gara maiuscola ieri invece hanno recitato un film horror. Lenti e sempre fuori posizione sono i responsabili di tutte le azioni pericolose del Bologna. Il brasiliano sale male quando Destro riceve palla in area e lo lascia in gioco nell'azione del 2-0. Stesso copione quando Brighi s'inserisce da dietro più volte sfiorando in due occasioni il tris. Giaccherini è un'ira di Dio sulle corsie laterali e Radu prima e Konko poi non riescono quasi mai ad arginarlo. Biglia non è in giornata e non offre il giusto filtro e la giusta protezione alla difesa che va in barca ogni qualvolta il Bologna si propone in avanti. Anche Parolo è la copia in bianco e nero di quello dello scorso anno tanto che Pioli è costretto a sostituirlo ad inizio ripresa. Milinkovic disturba parecchio ma dà poco spessore. Candreva e Keita ci provano con azioni solitarie ma senza mai trovare il guizzo vincente.
Serve l'ingresso di Lulic, che ha una voglia matta, a ridare ossigeno e coraggio ai suoi compagni. In attacco non si vede molta luce. Djordjevic non riceve mai un pallone giocabile e quando lo servono fa una fatica immane a tenerlo e far salire la squadra. Non è praticamente mai pericoloso e chiude la sua gara senza mai calciare in porta. Klose entrando offre più movimento e si guadagna il rigore che cambia l'indirizzo di una gara già instradata. Più di un'ora da buttare dove la Lazio non ha mostrato né la grinta né il gioco scintillante offerto a Firenze. Un punto piccolino che non sposta di molto la classifica ma alla luce di come si era messa la gara è una iniezione di fiducia importante per la scalata verso l'Europa.
Tratte dalla Gazzetta dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
Bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto? Roberto Donadoni e Stefano Pioli, tecnici pragmatici, propendono per la prima ipotesi. Il pari, in fondo, può andar bene ad entrambi, anche se... "dopo essere andati al riposo sul 2-0, e senza correre rischi, avremmo dovuto gestire meglio i momenti topici della ripresa", osserva Donadoni. E anche se... "con una Lazio concentrata anche nel primo tempo avremmo vinto", sbuffa Pioli. Però alla fine meglio guardare i lati positivi: "La prestazione c'è stata - dice Donadoni - Sì, potevamo vincere, ma non dimentichiamo che di fronte avevamo una squadra dal potenziale enorme. E alla fine, con l'uomo in meno, siamo stati bravi a non disunirci". Anche Pioli fa il buonista: "Il risultato è positivo, nel secondo tempo abbiamo avuto una grande reazione, non era facile rimontare. Non sono però soddisfatto del tutto, lo sarò solo quando giocheremo per 90 minuti come abbiamo fatto nella ripresa". Il tecnico laziale, infine, è sibillino sul futuro di Felipe Anderson: "Resta? Non lo so".
Il lieto fine dopo la grande paura: nello stadio in cui segnò il primo gol con la Lazio e alla vigilia del 30° compleanno. Sembra il copione di un film, è la storia (incredibile, ma verissima) dell'ultimo mese e mezzo di vita, non solo professionale, di Senad Lulic. Com'è lontano, adesso, quel 2 dicembre in cui il mondo gli crollò addosso. In senso letterale, perché nel bel mezzo di un banalissimo esercizio in palestra a Formello un peso gli cadde sulla mano destra. Urla, disperazione e soprattutto un dolore lancinante. Lulic rischiò di perdere la falange distale del dito anulare. Solo il pronto intervento dei medici della Lazio e la decisione di operarlo immediatamente (presso la clinica Mater Dei) scongiurarono il peggio. Un mese e mezzo dopo rieccolo, l'eroe del 26 maggio. Appena i medici gli hanno dato il via libera è tornato a lavorare in gruppo e appena Pioli lo ha potuto convocare lui ha risposto presente. "Ero già contento di tornare in panchina, poi il mister mi ha chiesto di entrare e non potevo certo tirarmi indietro". E così sullo stesso campo dove il 23 ottobre 2011 segnò il primo gol con la Lazio eccolo ergersi a protagonista di una rimonta che a metà gara sembrava impossibile. "Nel primo tempo abbiamo dormito, però nella ripresa abbiamo avuto una grande reazione. Peccato, perché avremmo anche potuto vincere. Ma se giochiamo come abbiano fatto nella ripresa l'obiettivo-Europa è ancora possibile".
Una rimonta firmata Lulic, da cui piedi sono nati il gol del 2-2 su assist di Klose e l'azione che ha portato al rigore poi trasformato da Candreva (è il bosniaco che pesca Klose in area prima che Masina lo stenda). "Sono contento, anche perché la mano non mi dà più problemi, mi sento libero e sono tornato a divertirmi". Al punto da rispondere ironicamente a quei tifosi romanisti che avevano scherzato senza ironia e con volgarità sul suo incidente (striscione con scritto: "Lulic 71, non c'è ricrescita" per parafrasare il "Lulic 71, non c'è rivincita" esposto dai laziali dopo il 26 maggio). "La ricrescita c'è stata - dice, ridendo, il bosniaco -. La rivincita non ci sarà...". Potrebbe esserci invece, e a breve, il suo rinnovo contrattuale. "Siamo a buon punto", ammette Senad. Che oggi compie 30 anni: il regalo se l'è fatto con 24 ore di anticipo.