22 dicembre 2019 - Riyad (Arabia Saudita), King Saud University Stadium - Supercoppa Italiana - inizio ore 19.45 locali (17.45 italiane)
JUVENTUS: Szczesny, De Sciglio (55' Cuadrado), Bonucci, Demiral, Alex Sandro, Bentancur, Pjanic, Matuidi (76' Douglas Costa), Dybala, Higuain (66' Ramsey), Ronaldo. A disposizione: Buffon, Pinsoglio, de Ligt, Danilo, Rugani, Emre Can, Rabiot, Pjaca, Bernardeschi. Allenatore: Sarri.
LAZIO: Strakosha, Luiz Felipe, Acerbi, Radu, Lazzari, Milinkovic-Savic, Leiva (64' Cataldi), Luis Alberto (67' Parolo), Lulic, Correa, Immobile (81' Caicedo). A disposizione: Proto, Guerrieri, Bastos, Patric, Marusic, Berisha, Anderson, Jony, Adekanye. Allenatore: S. Inzaghi.
Arbitro: Sig. Calvarese (Teramo) - Assistenti Sigg. Costanzo e Peretti - Quarto uomo Sig. Maresca - V.A.R. Sig. Mazzoleni - A.V.A.R. Sig. Giacomelli – Riserva sig. Alassio.
Marcatori: 17' Luis Alberto, 45' Dybala, 73' Lulic, 90'+4' Cataldi.
Note: espulso al 90'+3' Bentancur per doppia ammonizione. Ammonito all'8' Matuidi, al 34' Leiva, al 48' Bentancur, al 58' Luis Alberto, al 90'+2' Cataldi tutti per gioco falloso, al 90' Sarri per proteste. Angoli 5-5. Recuperi: 2' p.t., 4' s.t.
Spettatori: 23.361, incasso non comunicato.
? La Gazzetta dello Sport titola: "Super Lazio! Inzaghi lo ha rifatto: 3-1. Batte una Juve svuotata che non sa seguire CR7. Luis Alberto apre, pareggia la Joya. Nel secondo tempo bianconeri mai pericolosi e gol di Lulic e Cataldi".
Continua la "rosea": La Lazio lo ha rifatto. Ha battuto la Juve come in campionato, con lo stesso risultato (3-1) e ha sollevato al cielo di Riad la sua 5^ Supercoppa italiana. Per la Juve molto più di una sconfitta, quasi un trauma. Una piaga sull’orgoglio dei pluri-campioni d’Italia doversi piegare davanti allo stesso nemico due volte in soli 15 giorni. Anche perché quel nemico, virtualmente, sta solo 3 punti dietro in campionato e ora avrà nel cuore molta convinzione in più. Se all’Olimpico, la Juve aveva condotto a lungo e aveva pagato episodi, ieri la Lazio è stata superiore in tutto. Sarri ha ridotto l’inciampo a un problema di energie fisiche. Ma se non riesce a intercettare la stanchezza un club che può tenere fuori i 110 milioni di Danilo e De Ligt e che può inserire in corsa Cuadrado, Ramsey e Douglas Costa, chi può farlo? Perdere 2 partite su 24 non è una tragedia, ma Sarri si porta a casa un po’ di grane. Ora sa che la panchina di lusso non risolve sempre tutto e che il Tridente stellare ha noie di sostenibilità. E sa di dover metter mano alla difesa che ha subito almeno un gol in 16 delle 24 partite. Il tecnico dovrà poi lavorare di psicologia con De Ligt, bocciato alla prima gara decisiva, e con CR7 che ha perso la prima finale dopo 12 vinte. E’ l’orgoglio che lo spinge in cielo. Non ama vedersi così sconfitto.
Eroe Lulic. Lazio perfetta, a cominciare da Inzaghi che ha indovinato tutto: gestione della vittoria dell’Olimpico, della vigilia di Riad, della partita. Parolo e Cataldi entrano e fanno assist e gol. Pur non avendo la panca d’oro di Sarri, Simone ha osato togliere il migliore, Luis Alberto. Sembrava un azzardo, ha avuto ragione lui. La squadra si è comportata da grande: ha preso in mano il match, è andata oltre la delusione del pareggio e ha vinto con personalità. L’eroe è stato Lulic, già totem della lazialità per quel gol famoso nel derby: un gol costruito e uno firmato. In Arabia la Lazio ha staccato il tagliando della definitiva maturità. Difficile ora nascondersi per lo scudetto. Più facile ci riesca un elefante dietro un lampione. Ancora loro. Sarri sceglie il tridente e De Sciglio per sostenerlo meglio. La vera sorpresa è Demiral per De Ligt che peccò all’Olimpico su Milinkovic. A differenza dell’incrocio di campionato, la Juve non riesce a pressare feroce e a ostacolare la costruzione dal basso della Lazio che prende il comando del match, anche perché Leiva pare rifiorito e dà una buona mano a Luis Alberto e Milinkovic, i protagonisti del 7 dicembre. Non è bastato appendere in città i manifesti "wanted". Rieccoli al 16’: Lulic si mangia De Sciglio e crossa, Milinkovic serve Luis Alberto che arriva a rimorchio: 1-0. Vantaggio meritato, perché la Lazio costruisce facile e nasconde la palla al Tridente.
Ci vuole CR7. La Juve invece è lenta, lunga e senza pressione, cioè ciò che non vuole Sarri. Bentancur non è quello di Roma. Il tridente non semplifica la riconquista, ma dovrebbe compensare a palla recuperata. Qui non avviene perché Pjanic viene schermato bene e dalle fasce non salgono idee. Alla fine si agitano quasi solo Dybala e Cristiano. Il portoghese è una scintilla che vaga cercando di accendere i compagni. Cambia fascia di continuo, tira, si procura un’ottima punizione dal limite e, al 45’, costruisce il pareggio: rasoterra e tap-in di Dybala. Come a Roma. La prima mossa della ripresa è di Sarri: più spinta a destra. Entra Cuadrado. Inzaghi risponde con Cataldi, anche perché Leiva è ammonito. Sarri smonta il tridente per avere più pressione e rifinitura: Ramsey per lo spento Higuain. Simone risponde recuperando fisicità: Parolo per Luis Alberto. Pagano le scelte di Inzaghi perché Parolo prolunga il cross di Lazzari che Lulic mette in rete (28’). Sarri aggiunge pure Douglas Costa, mentre, con Caicedo, Simone ripete i tre cambi del 7 dicembre. Una macumba che riesce magicamente perché la partita finisce con lo stesso risultato, grazie alla punizione di Cataldi al 49’. La Lazio festeggia il trionfo, alla Juve non basta volare lontano per dimenticare. Si porta nella testa una fastidiosa convinzione: la squadra che ha alle spalle in campionato non si accontenterà della Supercoppa. Lo ha già fatto due volte, può rifarlo ancora.
? Il Corriere dello Sport titola: "Estasi Lazio. Juve, incubo biancoceleste. Solo Dybala prova a tenere in corsa i bianconeri, ma sono Luis Alberto, Lulic e Cataldi a decidere la partita. Terza Supercoppa per Lotito, quinta nella storia. E la sfida continua ora in campionato".
Prosegue il quotidiano sportivo romano: Ronaldo? No, il principe d’Arabia si chiama Lulic, lo stesso capace di spedire al tappeto la Roma nel derby di Coppa Italia del 2013. Sei anni dopo, con un destro al volo, ha firmato il colpo del ko e ha steso la Juve nella finale di Riyad. Si trovava al posto giusto e nel momento giusto, il minuto 73, solo due di ritardo rispetto al guizzo che lo aveva fatto entrare nella leggenda biancoceleste. Gol bellissimo per gesto tecnico, decisivo e travolgente. Era destino fosse proprio il capitano bosniaco ad alzare, sotto il cielo dell’Arabia Saudita, la quinta Supercoppa nella storia della Lazio. È la terza di Lotito, l’eroe dei due mondi, dieci anni dopo aver piegato a Pechino l’Inter di Mourinho che poi avrebbe vinto il triplete. Questa volta è toccato a Sarri perdere il primo trofeo stagionale e chissà se i bianconeri arriveranno sino alla finale di Champions. La sensazione è che dovranno superarsi per conquistare il nono scudetto di fila difendendosi dall’assalto dell’Inter di Conte e adesso anche dalla scalata maestosa della Lazio, da considerare outsider credibile. Lo raccontano il campo e i risultati, sarebbe un torto trascurarli, anche se il vero scudetto per ora si chiama Champions. Una squadra infinita, piena di classe e di personalità, condotta da un trascinatore come Inzaghi. È il suo terzo trofeo, ha strappato di nuovo la Supercoppa alla Juve pochi mesi dopo la finale di Coppa Italia vinta con l’Atalanta. A Riyad ha compiuto un capolavoro, dando altri tre gol a Sarri, l’ultimo ancora in pieno recupero. È finita come all’Olimpico due settimane fa. La poesia di Luis Alberto, il piattone di Lulic e il sigillo con una punizione all’incrocio di Cataldi. Vittoria schiacciante.
La Juve ha faticato per l’intera partita, rimasta in bilico solo perché Dybala aveva acciuffato il pari a un sospiro dall’intervallo. L’unica distrazione della Lazio dentro una partita perfetta e in cui tutti, dal primo all’ultimo, sono stati protagonisti. Luiz Felipe fantastico come Acerbi, capace di cancellare Higuain. Travolgente Lazzari, sontuoso il trio di centrocampo, bravo Immobile in costruzione, un demonio Correa con i suoi strappi a intimidire Bonucci e Demiral. E poi le mosse illuminate di mago Simone, perché ci voleva coraggio a togliere due come Luis Alberto e Leiva, seppur ammoniti. Parolo è stato decisivo con l’assist di testa a Lulic, Cataldi ha chiuso il conto. Palleggio. La Lazio è salita in cattedra dai primi minuti, sorretta dal senso tattico di Leiva e dalla classe di Luis Alberto, entrato con la personalità giusta per non farsi intimidire da Bentancur. Poca Juve, distanze lunghe tra i reparti, la linea difensiva non saliva, preoccupata di concedere campo a due scattisti come Immobile e Correa. Una contraddizione rispetto alla scelta di confermare le tre punte. Ronaldo era il più vivace, Dybala qualche segnale lo riusciva a dare quando riceveva palla sul centro-destra, Higuain era assorbito dal controllo di Acerbi. Il tridente da bar si è ritrovato isolato. Giocava solo la Lazio e si apriva a ventaglio con tempi e sincronie da orologio svizzero. Uno spettacolo assistere al palleggio di Milinkovic, Correa e Luis Alberto. Lo spagnolo ci ha provato per primo, steso al limite da una legnata di Matuidi. Niente intervento Var, eppure sarebbe stato da rosso.
Alla Rivera. Lazzari e Lulic attaccavano con eccessiva libertà. Solito difetto del 4-3-1-2, i terzini della Juve rinculavano, esposti all’uno contro uno. E proprio così è arrivato il gol della Lazio, costruito dal bosniaco. Ha messo a sedere De Sciglio e ha scodellato il cross su cui Alex Sandro ha bucato. Milinkovic ha appoggiato indietro per Luis Alberto: piatto in rete "alla Rivera". La Juve ha faticato a riprendersi, era lenta e involuta nel suo palleggio, la Lazio si chiudeva bene e ripartiva dando la sensazione di poter trovare il raddoppio e invece si è fatta riprendere un attimo prima di rientrare negli spogliatoi. Azione costruita e conclusa da Ronaldo, Dybala è stato il più rapido ad arrivare sulla respinta di Strakosha. Radu lo teneva in gioco. Doppietta. Dove la Juve poteva riprendersi la finale, è venuta fuori la lucidità, lo spirito di sacrificio dei biancocelesti. Inzaghi ha aspettato poco più di un quarto d’ora per togliere Leiva e Luis Alberto, ha perso classe e palleggio acquistando sostanza e contrasto con l’ingresso di Parolo e Cataldi. Sarri, invece, ha tolto Higuain e ha inserito Ramsey. Solo Dybala è andato vicino al gol. Ronaldo si scuoteva invano. Acerbi non lo faceva passare, Strakosha era pronto sui cross e la Lazio ripartiva con Lazzari, un motorino inesauribile. Sul suo cross, Cuadrado (subentrato a De Sciglio) si è dimenticato Lulic. L’attimo decisivo della finale. È entrato anche Douglas Costa. Tutti all’attacco, a caccia dei supplementari, ma rischiando il contropiede. Gol annullato a Correa e l’ultimo brivido con la punizione di Dybala, murato dalla barriera. Un minuto dopo, invece, Cataldi avrebbe infilato la palla all’incrocio scatenando la festa della Lazio e una notte da sogno in Arabia.
? Il Messaggero titola: "Lazio meraviglia regina di coppe. Inzaghi schianta ancora una volta la Juventus di Sarri e vince la sua quinta Supercoppa italiana con le reti di Luis Alberto, Lulic e Cataldi. Sedicesimo trofeo biancoceleste, il sesto dell'èra Lotito".
Prosegue il quotidiano romano: La Lazio è più forte della Juventus. E possiamo affermarlo senza paura di essere di essere smentiti perché a dirlo è il campo. Una sentenza senza possibilità di replica. La squadra di Inzaghi vince la Supercoppa Italiana 2019. Il cielo di Riad si tinge di biancoceleste. Luis Alberto, Lulic e Cataldi. Tre nomi da scolpire nella memoria. Istantanee di un successo strameritato. Una lezione agli otto volte Campioni d'Italia sconfitti per 3-1. La seconda volta nello spazio di 15 giorni e con lo stesso risultato. In campionato era finita con gli applausi dell'Olimpico a Immobile e compagni, in Arabia Saudita con un altro trofeo alzato da Capitan Lulic. Per l'esattezza il sedicesimo della storia laziale. I più vincenti di Roma. La quinta Supercoppa, la terza dell'era Lotito che con il successo di ieri si conferma presidente vincente. Sei trofei, uno solo in meno di Cragnotti.
Lezione di calcio. Inzaghi manda in scena l'ennesimo capolavoro stagionale. Regia perfetta. Una gara non gemella, ma molto simile a quella vinta in campionato. Al di là del punteggio identico, la Lazio ha retto alla grande contro la migliore squadra d'Italia facendo recitare a soggetto protagonisti da oscar e attori meno blasonati. Luis Alberto e Milinkovic rubano la scena ma a strappare applausi sono i cambi di Inzaghi. Gli stessi tre subentrati in campionato. Cataldi, Parolo e Caicedo. Il primo griffa con una perla il 3-1, il secondo propizia il gol di Lulic e il terzo serve una palla al bacio a Correa che solo il fuorigioco ferma. Sarri schiera il tridente pesante: Higuain, Dybale e Ronaldo ma si schianta contro la perfezione biancoceleste. I bianconeri con questo schieramento perdono un uomo a centrocampo dove la Lazio ha gli uomini più forti d'Italia ma non diciamo un'eresia se ci spingiamo a dire d'Europa. Pronti via e Matuidi viene graziato da Calvarese: intervento assassino sulla tibia di Luis Alberto. Sulla sinistra Lulic va via in continuazione a De Sciglio (lo stesso che Lukaku saltò con facilità servendo a Murgia il gol che regalò alla Lazio la supercoppa 2017.
Il vantaggio laziale nasce proprio da un numero del bosniaco che fa fare una figuraccia alla juventino mandandolo a sedere per terra. Cross al centro che Milinkovic trasforma in oro. Stop di petto e palla al bacio per l'accorrente Luis Alberto. E' il vantaggio laziale. Un dominio in lungo e in largo dei biancocelesti. La squadra di Sarri è tutta nella voglia di Ronaldo che invece perde una finale dopo 11 vittorie di fila. Il portoghese è l'unico che strappa applausi in Arabia Saudita (probabilmente per la sua fama più che per le sue giocate). Da un suo tiro nasce il pari nel finale di primo tempo. Strakosha respinge corto e sul tap-in Dybala è il più lesto di tutti. La ripresa si apre con una Juventus che sembra più tonica. E' solo impressione. La Lazio chiude tutti gli spazi e riparte sfruttando la velocità di Correa e Lazzari. Il ritmo però ha contato ancora di più: la Juve è sembrata spesso troppo lenta e troppo lunga.
Déjà vu del 26 maggio. Nel momento in cui la partita vive una fase di stallo, Inzaghi pesca ancora i jolly dalla panchina. Fuori gli ammoniti Leiva e Luis Alberto tra i migliori in campo e dentro Cataldi e Parolo. Quest'ultimo ci mette subito la testa spizzando un cross di Lazzari. La palla viene raccolta da Lulic che di piatto segna il gol che di fatto regala la vittoria alla Lazio. Ironia del destino due giri di lancette dopo quello che segnò alla Roma nel 2013. La Juventus si riversa avanti, ma la difesa laziale mostra una tenuta granitica e, a parte su un colpo di testa di Dybala, Strakosha non corre particolari pericoli. Dopo un gol annullato a Correa per fuorigioco, in pieno recupero c'è spazio per l'espulsione di Bentancur che atterra al limite dell'area Parolo e, sulla successiva punizione, per il 3-1 firmato da Cataldi che piazza la palla all'incrocio e chiude i conti. Un trionfo per Inzaghi. Buio pesto per Sarri sempre più in difficoltà.
? Tratte dal Corriere dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
Ora chiamatelo Mago Simone. Ha stregato la Juve e mandato al tappeto Sarri con altri tre gol, come era accaduto due settimane fa all’Olimpico. Corre per la Champions e ha già messo in cassaforte la stagione, non venite più a raccontarci dell’eliminazione in Europa League. La Supercoppa, il primo trofeo della stagione, è finito nella bacheca della Lazio. E’ il terzo firmato da Inzaghi, sempre più nella storia biancoceleste. Un tecnico predestinato e legato alla bandiera. Bellissimo e affascinante il suo ventennio. Sta riportando in alto la Lazio, sempre più su, dove era arrivata nel Duemila quando Simone ancora segnava gol da Champions per Eriksson e Cragnotti. E ora forse riuscirà persino a inserirsi nella corsa in vetta con Juve e Inter, anche se il suo scudetto era e resterà entrare tra le prime quattro. "Quello che diranno lo leggerò, ma penso dovremo continuare a lavorare e vivere per regalarci serate del genere. Dopo queste imprese, avremo gli occhi puntati addosso, ma la stagione è ancora lunga e a Brescia ripartiremo senza due giocatori squalificati (Leiva e Luis Alberto, ndr). Ora ci dobbiamo godere la festa, passeremo un Natale sereno, lo sarebbe stato anche se avessimo perso. L’avevo detto alla cena di Natale, questa squadra mi fa emozionare per il modo in cui lavora e mi segue".
Gruppo. Terzo trionfo in meno di quattro anni. "Questo il più bello, una notte fantastica, abbiamo fatto qualcosa di magico, ma ricordo anche la Coppa Italia vinta con l’Atalanta e il 3-2 sulla Juve con la doppietta di Ciro e di Murgia non si può dimenticare". Una notte magica due settimane dopo aver schiantato i bianconeri all’Olimpico. "Questa ha un valore superiore alla vittoria dell’Olimpico, l’abbiamo preparata nel migliore dei modi, analizzando ogni singolo episodio. Era la quarta finale in quasi quattro anni, ne abbiamo vinte tre e persa una, ho anche giocato quattro finali con la Primavera. Sei trofei me li tengo stretti. Passano tutti dal mio grande gruppo, hanno sempre seguito alla lettera il lavoro proposto dallo staff". Ha stordito i campioni bianconeri. "La Juve sinora ha perso solo due partite, tutte e due con noi, superando il girone di Champions. Avevano giocato meglio all’Olimpico, ma stasera avevamo di fronte una grandissima squadra. Sono entrati Ramsey, Cuadrado e Douglas Costa. Abbiamo fatto qualcosa di magico, in due settimane scarse battere due volte la Juve è incredibile".
Cambi. Mago Simone ha avuto intuito e coraggio togliendo Luis Alberto e Leiva. Di solito toglie gli ammoniti per non rischiare espulsioni. Non ha cambiato idea in una finale, fidandosi di chi stava entrando. "Un allenatore deve fare tantissime scelte e vede gli allenamenti, Cataldi e Parolo stanno lavorando bene, Luis Alberto ha stretto i denti giocando con un antidolorifico, Leiva stava facendo benissimo ma avevo paura del cartellino rosso. Danilo e Marco hanno fatto grandi cose. Tutti bravissimi. Questa Supercoppa è stata voluta, ottenuta, meritata". Simone anche davanti ai microfoni Rai aveva evitato di parlare di scudetto. "Dobbiamo lavorare per goderci serate così e ce ne sono state tante in questi tre anni e mezzo. La dedica? A tutte le persone che sono sempre state con me e alla mia famiglia. Non ho mai avuto grandi problemi, anche se in determinati momenti, nonostante ci fosse il gioco, non arrivavano le vittorie. So chi c'è stato e chi non c'è stato".
"Eccola". King Lulic ha portato un’altra coppa e questa è Super di nome. La foto con didascalia, scattata sotto la curva dei laziali d’Arabia, fa impressione. Roba da non crederci o quasi. Ancora lui, l’uomo del destino, lo stesso capace sei anni fa di mandare a casa la Roma e timbrare il derby nella finale di Coppa Italia. Appena due minuti di differenza. Dal settantunesimo al settantatreesimo. Questa volta, al King Saud University Stadium, Senad ha schiantato la Juve di Sarri segnando il gol pesantissimo, anzi decisivo, del raddoppio. Ora fategli una statua o un monumento a Piazza della Libertà, dove era nata la Lazio nel 1900. Perché uno così forse non nascerà più. Si contavano le finali, i gol, i trofei vinti da Ronaldo, il fuoriclasse più decisivo nelle partite che contano. Invece il principe d’Arabia è diventato Lulic, l’incubo dei romanisti, il signore del 26 maggio 2013, di nuovo decisivo. Il tratto distintivo dei giocatori pieni di personalità e di carattere. Decidono quando contano, non si tirano indietro, ci sono sempre. Senad sarebbe stato ricordato in eterno lo stesso dai laziali, figuriamoci adesso, bisognerà raccontarne la storia e le origini, andando a intervistare anche i parenti.
Quando era sul campo, prima di rientrare per la festa negli spogliatoi, ha raccontato le proprie emozioni ai microfoni di Lazio Style Radio. Prudente, misurato, come se non si fosse ancora reso conto di cosa avesse appena combinato. "Ok, sì va bene, il gol è importante, ma conta ancora di più il gruppo. Arrivare a questa partita è stato bello perché venivamo dal successo in Coppa Italia, ma battere di nuovo la Juventus dopo aver già vinto la partita di campionato lo è stato ancora di più". Il bosniaco si è sciolto pensando al suo percorso, era arrivato nel 2011 dallo Young Boys, non lo conosceva nessuno. Giocava in Svizzera, è diventato un simbolo. "Ci siamo riusciti vincendo la finale di Supercoppa a Riyad, bello rappresentare la Lazio in Arabia Saudita con la fascia di capitano" come aveva raccontato già durante la conferenza stampa alla vigilia, quando si era intuito il suo sguardo fiero e cattivo. "Mica siamo venuti in gita turistica" il suo urlo.
Oggi, ancora di più, Lulic rappresenta la fame, la voglia di arrivare e di sgomitare della Lazio, a testa alta di fronte ai campioni della Juve. "Sono molto felice". Correndo verso le telecamere, un attimo dopo aver bucato Szczesny, ha indicato il cuore. La dedica era per Sandra. Sua moglie, sul profilo Instagram, ha condiviso la foto di Senad con la Supercoppa. "Che squadra... Che brividi... che emozione". E questo gol rende giustizia a un campione capace di cogliere l’attimo. Con la Roma, indimenticabile, riuscì a battere Lobont raccogliendo il cross di Candreva in modo un po’ sporco, ma decisivo. Era appostato sul secondo palo. Questa volta, sul traversone di Lazzari spizzato da Parolo, ha preso piena la palla. Piattone destro e palla quasi all’incrocio, nell’angolo opposto, per battere Szczesny. Un gol da favola. Come quella di un ragazzo venuto da Mostar.
Era già stato decisivo nella vittoria dell’Olimpico del 7 dicembre, ma in quell’occasione aveva lasciato il segno servendo due passaggi vincenti per i compagni. Ieri, invece, in Arabia Saudita Luis Alberto ha segnato la rete del vantaggio, quella che ha aperto la serata di gloria della Lazio. E poco importa se Inzaghi ha deciso di toglierlo dal campo sull’1-1 perché era ammonito e non voleva che su una delle ripartenze dei bianconeri rischiasse di prendere il secondo giallo: nella finale di Supercoppa di Riyad c’è la firma indelebile del Mago che con la sua classe ha illuminato la notte e alla fine ha esultato con trasporto. Sia al 2-1 di Lulic sia dopo la punizione gioiello di Cataldi che ha chiuso i conti. "Tutti dicevano che era impossibile battere la Juventus - si è sfogato il numero 10 - e invece abbiamo vinto. La coppa torna a casa con noi e siamo felici perché lo abbiamo meritato". Lo spagnolo è andato avanti senza neppure provare a contenere la sua gioia: "Importante il gol dell'1-0 che ho firmato io? Faccio il mio per la squadra, ma abbiamo lavorato tutti nel modo giusto per alzare questa Supercoppa e ora dobbiamo continuare su questa strada".
Lo stadio a Riyad ieri era quasi tutto dalla parte della Juventus e quando Ronaldo ha cercato di arringare la folla, in tanti si sono alzati. La Lazio, però, non ha perso fiducia e neppure ha avuto la sensazione di giocare in trasferta perché i cento tifosi arrivati dall’Italia, abbinati con gli altri fedelissimi biancocelesti presenti in Arabia Saudita, si sono fatti sentire: "I tifosi devono stare con noi fino alla morte - ha continuato - perché arriverà qualche momento durante la stagione in cui la squadra avrà bisogno di loro. Sarà in quella circostanza che dovranno essere il dodicesimo in campo". Tra campionato e Supercoppa quella di ieri si tratta della nona vittoria consecutiva, una striscia importante e macchiata solo da un rendimento in Europa League che non è stato quello che tutti speravano. Le euro-delusioni però dopo il trionfo di Riyad sembrano lontane anni luce e questa Lazio non vuole porsi limiti neppure in campionato dove è in piena corsa non solo per la qualificazione alla prossima Champions, ma addirittura per lo scudetto: "Nessuno si aspettava di vincere otto match di fila in Serie A e poi di sconfiggere anche la Juventus in finale di Supercoppa. Questa squadra è troppo forte! Un obiettivo è stato già raggiunto, ma adesso non dobbiamo fermarci. Volete sapere se credevo a questa impresa? Adesso è facile dire di sì, ma quando negli scorsi giorni ho parlato con gli amici, ho detto loro che avevo tanta fiducia".
La parola scudetto però non è mai uscita dalla sua bocca: "Il futuro? Dobbiamo continuare a credere di essere fortissimi e andare avanti così. Il resto verrà da sé". E pazienza se alla ripresa del campionato, dopo la sosta natalizia, il Mago non ci sarà perché, da diffidato, si è preso un giallo. I tifosi lo rivedranno l’11 gennaio all’Olimpico contro il Napoli. E in quell’occasione ci sarà anche la Supercoppa vinta a Riyad che i giocatori ieri sera nello spogliatoio mostravano con felicità. Tra questi anche lo spagnolo che è al terzo trofeo del suo periodo laziale, dopo la Coppa Italia alzata a maggio grazie al 2-0 sull'Atalanta e la Supercoppa del 2017. Un palmares di tutto rispetto che il ventisettenne di San José del Valle "sente" di poter arricchire. Perché, come ha detto lui, la Lazio è fortissima. E allora anche senza pronunciare la parola scudetto...