Sabato 31 agosto 2013 - Torino, Juventus Stadium - Juventus-Lazio 4-1 31 agosto 2013 - Campionato di Serie A - II giornata - inizio ore 20.45
JUVENTUS: Buffon, Barzagli (81' Ogbonna), Bonucci, Chiellini, Lichtsteiner (79' Isla), Vidal, Pirlo, Pogba, Asamoah, Vucinic (81' Quagliarella), Tevez. A disposizione: Storari, Caceres, Motta, Peluso, De Ceglie, Padoin, Pepe, Llorente. Allenatore: Conte.
LAZIO: Marchetti, Cavanda (72' Floccari), Novaretti, Cana, Radu, A. Gonzalez, Biglia (65' Ledesma), Hernanes, Lulic, Candreva, Klose (81' Ederson). A disposizione: Bizzarri, Strakosha, Dias, Biava, Onazi, Keita, Pereirinha, Vinicius, Rozzi. Allenatore: Petkovic.
Arbitro: Sig. Tagliavento (Terni) - Assistenti Sigg. Tonolini e Padovan - Quarto uomo Sig. Di Fiore - Assistenti di porta Sigg. Rizzoli e Rocchi.
Marcatori: 14' Vidal, 26' Vidal, 28' Klose, 49' Vucinic, 80' Tevez.
Note: serata calda. Espulso al 63' Hernanes per doppia ammonizione. Ammonito Bonucci. Calci d'angolo: 4-5. Recuperi: 0' p.t., 2' s.t.
Spettatori: 38.041 (paganti 10.497 e abbonati 27.422) per un incasso di euro 1.396.109.
Dalla Gazzetta dello Sport:
Se con la sparata della vigilia Conte mirava a stimolare l’orgoglio dei suoi, allora è un genio. Se invece credeva davvero alle cose che ha detto, forse ora sarà un filo in imbarazzo e magari in debito di scuse. Prendiamo il quarto gol alla Lazio: Tevez stoppa al limite, s’ingoia Cana con una sterzata e imbuca l’angolino. E’ venuto giù lo Stadium. Un attaccante del genere, un bandito d’area che inventa un gol con una giocata di genio, prima non ce l’aveva e ne ha pagato l’assenza pareggiando tante partite dominate. E l’ultimo a esordire nella Juve segnando 3 gol in 3 partite è stato un certo Roberto Baggio. Juve-Lazio, un campionato fa, fu emblematica: un tiro a segno finito 0-0. Stavolta finisce in goleada, grazie al gran lavoro di Tevez e alla doppietta di un gigantesco Vidal. Bonucci ha firmato due assist e Pogba, ancora protagonista, uno. La Juve oggi può dominare anche con un Pirlo minore, come prima non le riusciva. Pogba e Vidal furono portati in dote da Marotta e c. mentre Conte cercava i suoi esterni. Il tecnico ha meriti enormi, ma ha avuto anche buoni collaboratori. E’ il caso di rimpiangere Matri che nel campionato ha giocato due sole volte per 90 minuti ed è stato spesso dimenticato, tanto da giocare 906 minuti in meno della stagione precedente? Dia retta Conte, la sua Juve si è rafforzata e in questo campionato sembra un carrarmato tra automobili.
Non è la Lazio tatticamente disordinata della recente Supercoppa, con Biglia che pestava i piedi a Ledesma ed Hernanes troppo avanzato (4-2-3-1). Ledesma è in panca, Hernanes è tornato alla fonte del gioco, Candreva cerca di legare la squadra a Klose e intanto disturba l’impostazione di Pirlo. Stavolta c’è ordine e logica, però l’atteggiamento assomiglia a quello del novembre scorso, quando Petkovic strappò lo 0-0, al prezzo di una sofferenza atroce e grazie a un Marchetti che parava anche le mosche. Le due linee sono incollate e schiacciate davanti al naso di Marchetti. Non sempre i miracoli si ripetono. Anche perché questa Juve è diversa. C'è Tevez, che chiamano l’Apache e quindi negli assedi ci sguazza. Parte subito forte, arretra per dettare e sgommare, dialoga facile con Vucinic che fa il pivot. I bianconeri recuperano palla un secondo dopo averla persa, con un pressing feroce. Attaccano ad ondate, come gli indiani, senza mai arretrare nella propria metà campo. Uno spettacolo. La Lazio mette i carri davanti alla porta e prova a resistere. Anche se sarebbe preferibile restare scoperti piuttosto che farsi difendere da quel Novaretti... La Juve è diversa da un anno fa anche perché allora pendeva dalle idee di Pirlo per aprire scatole chiuse, oggi ha quell'anima lunga di Pogba che ha la forza di un uragano, ma poi può anche scucchiaiare un cioccolatino del genere che mette Vidal solo davanti a Marchetti.
Anche da un guerriero come il cileno ti aspetti soprattutto forza, invece ruota la caviglia come un ballerino e deposita la palla in porta: 1-0 al 15’. La Juve è come quei due: qualità e muscoli, tecnica e potenza. A mandare in porta Vidal per il raddoppio ci pensa Bonucci, altro play di scorta, con un lancio lungo e preciso (26’). La Pirlo-dipendenza è un male antico della Signora. La partita sembra più chiusa di una banca a Ferragosto e invece inaspettatamente si riapre dopo due minuti perché Buffon ha la luna storta. Lo certifica il tiro di Hernanes che il portiere lascia vivo tra i piedi di Klose: 2-1. Strana la Lazio. Fatica ad alimentare Klose e a raggiungere l’area, ma trova spesso la porta perché ha tiratori scelti che sparano appena si affacciano sulla trequarti: Lulic, Candreva, Hernanes... La Juve però inizia il secondo tempo come il primo: furibonda. Dopo quattro minuti Bonucci fa di nuovo il Pirlo, Vucinic protegge la palla e la imbuca con fondamentali da attaccante che troppo spesso dimentica. Il secondo giallo di Hernanes per furbata di mano al 18’ seppellisce definitivamente il match. Le diligenze di Petkovic sono state travolte, l’Apache urla e infierisce: traversa e gol da favola, 4-1. In due partite la Lazio ne ha beccati otto. Dia retta, Conte: la sua Juve si è rafforzata. Ma anche il Napoli. Ci divertiremo.
Dal Corriere dello Sport:
Supercoppa (4-0, 18 agosto) o campionato (4-1), la musica non è cambiata. Vince sempre la Juve e sempre con quattro gol contro la Lazio, che di questi tempi, è troppo fragile e squilibrata, per poter resistere agli assalti bianconeri. Alle preoccupazioni di Conte per la cessione di Matri, la squadra ha risposto con una doppietta di un centrocampista (Vidal) e i gol di due attaccanti, il vecchio (Vucinic) e il nuovo (Tevez). Lo sviluppo della partita ha confermato che al momento la Juve ha una qualità e una fluidità di gioco che le consentono di risolvere le partite, almeno in campionato, quando e come vuole, grazie ad automatismi ormai metabolizzati. E questo nonostante un finale di primo tempo non da incorniciare. Sembrava che tutto fosse facile per la Juve, già dirompente nella parte iniziale della gara, con la Lazio che, rispetto alla partita di Torino di un anno fa, aveva smarrito la capacità di sigillare gli spazi e di difendersi con accanimento. Appena la Juve ha accelerato, è arrivato il primo gol di Arturo Vidal, sul lancio profondo e perfetto di Pogba, un assist telecomandato, con la difesa laziale che ha sbagliato il fuorigioco e il n. 23 bianconero che, muovendosi fra le linee, si è presentato solo davanti a Marchetti, per il tocco di esterno destro, con pallone nell'angolo.
Un giochetto, che ha avuto un seguito sul lancio di Bonucci, ancora per il cileno che si è presentato un’altra volta in solitudine, ancora sul fuorigioco sbagliato dei laziali e ha colpito per il 2-0. La Juve ha cercato di arrivare ancora all'uno contro uno, anche grazie ai movimenti di Tevez, a spaccare la difesa e a un centrocampo avversario troppo fragile, con Biglia ed Hernanes allergici ai contrasti; invece la Lazio ha capito che sarebbe stato inutile cercare di sfondare centralmente e ha provato e riprovato con i tiri da fuori (cinque in 46’), che hanno tenuto in forte apprensione Buffon. Sul terzo, quello di Hernanes, il portiere ha respinto centralmente ed è arrivato Klose, in anticipo su Chiellini per mettere la firma sul suo primo gol a Buffon. Sul 2-1, la Juve ha smarrito una parte delle certezze che l’avevano messa in condizione di giocare un’ottima mezz'ora; ha provato ad attaccare per approfittare della fragilità difensiva laziale, ma perdendo qualche palla in mezzo al campo, si è esposta ancora ai tiri laziali: poca pressione su chi aveva la palla e Buffon costretto a usare i pugni, per evitare altri guai. A risolvere la partita ha provveduto Mirko Vucinic, in avvio di ripresa, astuto nello sfruttare il lancio di Bonucci (secondo assist, dopo quello per il raddoppio di Vidal, ma di destro): ha aggirato il marmoreo Novaretti sull'esterno e ha confezionato una conclusione imprendibile per Marchetti.
Trenta secondi dopo ha cercato il bis, ma stavolta ha trovato i pugni del portiere. Questo per dire che ogni volta in cui la Juve ha alzato il ritmo si è sempre avvicinata al gol: il 3-1 ha rimesso in moto la macchina bianconera, con la squadra di Petkovic costretta a lasciare spazio agli avversari, per tentare un complicato inseguimento. Così il gioco juventino è decollato, ha ritrovato respiro, si è allargato sulle corsie esterne e ha inibito le iniziative degli avversari che prima di metà ripresa sono rimasti in 10, per l’espulsione di Hernanes (doppia ammonizione). Nonostante il coraggio di Candreva (da lontano) e poco altro, è stato un monologo bianconero: Tevez prima ha colpito la traversa e poi ha messo il sigillo sul 4-1, con conclusione dal limite. Festa finale dei 38.041 spettatori; applausi per tutti, ovazione per Conte, aspettando la sfida di San Siro del 14 settembre con l’Inter.
Sarà anche più debole, come sostiene Antonio Conte, ma questa Juve offre un’immagine opposta: la classe di Tevez e la maturità di Pogba si intrecciano con l’antica ferocia di Vidal, con i guizzi di Vucinic, con la sicurezza crescente di Bonucci diventato ormai un regista aggiunto. La Lazio, coraggiosa nell'affacciarsi al tiro ma fragile, troppo fragile, in fase difensiva, viene travolta come in Supercoppa: ancora quattro gol e un’infinità di dubbi, benché risulti esilissimo il confine fra errori propri e qualità bianconera. Conte ripropone la formazione vittoriosa a Marassi: Pogba non fa rimpiangere Marchisio in mediana, Vucinic e Tevez incantano in attacco. Immutata, rispetto alla prima giornata, anche la Lazio, tuttavia lontanissima dalla squadra di Supercoppa. Cana e Novaretti ridisegnano l’asse difensivo, Gonzalez sfratta Ledesma a centrocampo, Candreva supporta Klose in un 4-4-1-1 molto elastico: Lulic, infatti, fa scudo su Lichtsteiner e ripiega sovente fino a modellare la linea a cinque, così come l’oscillare di Radu, sulle tracce di Asamoah, lascia balenare a tratti il 3-5-1-1.
Più dei numeri, conta però lo spirito. E la Lazio inganna in avvio quando appare sufficientemente compatta per fronteggiare una Juve determinata e sciolta, che ha nell'intensità un’arma taglientissima. Appena hanno la possibilità , i biancocelesti si distendono anche, e per Buffon non è una serata tranquilla, tuttavia, già nel cuore del primo tempo, Vidal lucida due volte l’etichetta di castigatore laziale e l’illusione del gol di Klose, in un generale crescendo, viene svilita in apertura di ripresa dal primo sigillo stagionale di Vucinic. A tradire la Lazio, in occasione dell’uno-due del cileno, non sono soltanto la splendida parabola di Pogba e il lancio, lungo e perfetto, di Bonucci, ma anche, soprattutto, le amnesie di Hernanes – si propone bene, ma inciampa in copertura – e la facilità con cui Radu si fa sorprendere senza che nessun compagno rattoppi. Colpi tremendi, ma la Lazio non molla: complice l’umanissimo rilassamento bianconero – ritmi più bassi, manovre meno leste – riesce a imbastire una buona reazione e, se i tocchi filtranti si spezzano e gli accerchiamenti latitano, almeno i tiri da fuori inquietano Buffon. Il portierone sventa su Hernanes, il più tenace nel cercare lo specchio, e su Radu, ma deve arrendersi, con qualche responsabilità , su Klose che si avventa su una respinta provocata dal brasiliano.
Archiviato sul due a uno il primo tempo, è lecito attendersi una Lazio aggressiva nel secondo: non c’è tempo, però, per valutarne l’atteggiamento, né le nuove disposizioni di Petkovic, perché bastano appena quattro minuti e la Juve ipoteca la vittoria. Ancora una sintesi di meriti bianconeri e dabbenaggine laziale, con Bonucci, splendido in impostazione, che indovina un altro lancio siderale e Vucinic che approfitta della mollezza di Novaretti, entra in area e batte Marchetti. E’ il centesimo gol in Italia del montenegrino: il centounesimo lo nega subito dopo Marchetti che ripara a un erroraccio di Biglia. Tra impacci negli inserimenti e gaffe individuali, per la Lazio, in fase di controllo, è una serata da tregenda, né si registra più un minimo slancio offensivo, anche perché un mani di Hernanes in area Juve, stanato facilmente da Tagliavento, si traduce in cartellino rosso per doppia ammonizione e in quasi mezz'ora d’inferiorità numerica laziale. Scorrendo i minuti, subentra la rassegnazione e il tentativo di Candreva – bravo Buffon – è isolato. La Juve s’impadronisce così del campo e completa la sua serata magica: Tevez becca la traversa strappando applausi e poi raggiunge Baggio (tre gol nelle prime tre partite ufficiali) irridendo Cana e infilando l’angolino.
Tratte dal quotidiano sportivo romano, alcune dichiarazioni post-gara:
Altri quattro gol al passivo. Il totale fa otto in due partite tra Supercoppa e campionato. Siderale la distanza dalla Juve. Piccola Lazio, troppo morbida a centrocampo, fragilissima dietro. Una buona qualità non è bastata per reggere il confronto con lo strapotere dei campioni d’Italia, sullo stesso livello tecnico (per non dire superiore) e decisamente più forti sotto l’aspetto fisico e muscolare. Il coraggio trasmesso da Petkovic non è stato recepito in pieno dai suoi giocatori, presi spesso d’infilata, con la linea difensiva scoperta e impotente di fronte agli inserimenti di Vidal. Rispetto alla Supercoppa, la Lazio ha giocato meglio e prodotto di più in fase offensiva, ma ne ha presi altri quattro e poteva andare anche peggio dopo l’espulsione di Hernanes, ancora una volta nervoso e in grande difficoltà nel difendere. Il tecnico s’è infilato nello spogliatoio e s’è presentato davanti alle telecamere quasi un’ora dopo la fine della partita. Non era e non poteva essere contento. "Con una squadra forte come la Juventus non si possono concedere certi gol. E poi davanti dovevamo essere più cinici sfruttando le occasioni create". Sintesi stringente, tanti gli argomenti da approfondire, a partire dalla difesa. Debole nei centrali, poco protetta dalla linea mediana, indecisa se uscire in pressing o se indietreggiare a protezione di Marchetti. "Può darsi abbia inciso la sconfitta in Supercoppa dal punto di vista psicologico, soprattutto all'inizio nell'atteggiamento della squadra, che nei primi minuti non usciva. Bisognava stare più alti e più stretti per evitare gli inserimenti. I centrocampisti della Juve sono bravi a palleggiare e poi trovano il varco giusto. Bisognava tenerli più lontani dalla porta di Marchetti" ha spiegato Petkovic.
I due gol di Vidal sono arrivati quasi in fotocopia. Hernanes ha sempre lasciato andare il cileno, Radu non accorciava le distanze. Così si è creata un’autostrada. Petkovic ha diviso le colpe. "Chi lo doveva seguire? Io credo sia mancata comunicazione in campo. Se il difensore non ci arriva, deve intervenire il centrocampista. E poi, prima di arrivare al tiro, Vidal dovrebbe trovarsi anche il libero davanti. Errori individuali e di reparto. Era tutto chiaro e dopo il 2-0 ci siamo sistemati meglio e non abbiamo concesso altri inserimenti. Non mi soffermerei su Vidal. Poteva succedere anche con Lichtsteiner e lo avrebbe dovuto seguire Lulic". Ci sono gli stessi interrogativi della passata estate. Questa Lazio ha le caratteristiche per interpretare il calcio di Petkovic ? Un anno fa Vlado se l’era cavata con una formula di compromesso, ora è come se dovesse ripartire da zero. "Penso solo a questa partita che ci mette davanti a tanti rebus" s’è lasciato scappare il tecnico di Sarajevo. Quali sono i rebus ? "L’ho detto. Servono più comunicazione e coraggio. In alcuni frangenti bisognava prendersi anche maggiori responsabilità . E con una squadra come la Juve ogni tanto si deve andare incontro all'uno contro uno". Il cambio di posizione di Candreva lo ha convinto. Almeno la produzione offensiva della Lazio è aumentata. "La squadra, con lo stesso assetto, si era comportata bene con l’Udinese. Non è questa la chiave di lettura della sconfitta. Concedendo a Candreva maggiore libertà in fase di possesso del pallone, abbiamo creato più occasioni".
Ha quasi perso le speranze di veder arrivare Yilmaz. "Ha un curriculum importante, è un attaccante forte, studiare la sua biografia può servire per il futuro... Dopo questa partita non è facile parlarne. Io devo pensare ai giocatori che alleno e ai rebus proposti dal confronto con la Juve". Ora ci sarà molto da lavorare. "Ci vuole più tranquillità . E’ vero, dovremmo giocare più alti e con maggiore coraggio, ma bisogna anche calcolare che non tutte le squadre sono come la Juve". La sconfitta segna un ridimensionamento. Petkovic conferma. "Rispetto alla Juve sì, sono più forti. Con le altre no. Siamo appena alla seconda di campionato".
Dal Corriere della Sera:
Macché rivincita: l'unica cosa da salvare nella batosta contro la Juve, per altro la seconda in due settimane per un inquietante totale di 8 reti subite, è il gol di Miro Klose, l'unico laziale tra campo, panchina e tribuna che ieri sera è riuscito ad abbattere il proprio tabù. Il resto, a parte una discreta reazione dopo la doppietta di Vidal ampiamente compensata da svarioni difensivi, dal rosso di Hernanes e dalla pochezza offensiva, racconta di un dislivello tecnico che nemmeno l’acquisto di Yilmaz potrebbe mai colmare. Ma che, attraverso il mercato, si potrebbe almeno tentare di ridurre. Se c’è la volontà di intervenire con giocatori già pronti all'uso e non solo con progetti a lungo termine, ovviamente. Eppure Petkovic ha da eccepire solo sul risultato. E su Yilmaz preferisce non sbilanciarsi anche se tutti sanno quello che in realtà pensa: "Burak ha un curriculum importante, è forte e sicuramente è un signor giocatore, consiglio a tutti di tenerlo sott'occhio. Io però ora penso solo alla mia squadra, ai giocatori a mia disposizione e a risolvere i problemi che la Juve ha portato a galla". La cosa peggiore della serata è senz'altro il risultato. Ma non solo quello: "Certo, per il risultato e per come è arrivato – ancora Petkovic – A una squadra organizzata come la Juve non si possono concedere tante opportunità per segnare. Dobbiamo essere ancora più cinici, occasioni ne abbiamo avute anche noi, ma bisogna metterla dentro".
Un problema di atteggiamento, insomma, forse condizionato dalla batosta precedente, rimediata in Supercoppa appena due settimane fa. "Un po’ il ricordo ha condizionato il nostro approccio, abbiamo concesso troppi metri, si deve essere più stretti e più alti per contenere una squadra piena di campioni come la Juventus. Noi non ci siamo riusciti, anche per mancanza di comunicazione tra i reparti. Comunque non è che devo trovare una soluzione ad un rebus, i miei giocatori si sono comportati bene contro l'Udinese, è che quando si perde è così si vede tutto nero". Ora la sosta per gli impegni delle nazionali. Una pausa soprattutto di riflessione. "Fermarsi non fa mai bene – ha concluso Petkovic – Abbiamo tanti giocatori che vanno via. Ma meno male che finisce il mercato".