11 gennaio 2020 – Roma, stadio Olimpico - Campionato di Serie A, XIX giornata - inizio ore 18.00
LAZIO: Strakosha, Luiz Felipe, Acerbi, Radu, Lazzari, Milinkovic, Leiva (81' Berisha), Luis Alberto (90' Jony), Lulic, Caicedo (64' Cataldi), Immobile. A disposizione: Proto, Guerrieri, Bastos, Patric, Jorge Silva, André Anderson, Adekanye. Allenatore: S. Inzaghi.
NAPOLI: Ospina, Hysaj, Manolas, Di Lorenzo, Mario Rui, Allan (83' Llorente), Fabian Ruiz, Zielinski, Callejon (88' Elmas), Milik, Insigne (90'+1' Lozano). A disposizione: Karnezis, Daniele, Luperto, Tonelli, Gaetano. Allenatore: Gattuso.
Arbitro: Sig. Orsato (Schio - VI) - Assistenti Sigg. Tegoni e Galetto - Quarto uomo Sig. Giua - V.A.R. Sig. Pairetto - A.V.A.R. Sig. Schenone.
Marcatori: 82' Immobile.
Note: ammonito al 27' Lazzari, al 38' Manolas ed all'85' Mario Rui tutti per gioco falloso, al 41' Lulic per proteste. Angoli: 6-6. Recuperi: 2' p.t., 3' s.t.
Spettatori: 40.000 circa, incasso non comunicato.
? La Gazzetta dello Sport titola: "Lazio 10 con lode. Immobile coglie l'attimo e segna il gol dei record. Napoli, un'Ospina nel fianco. Clamoroso errore del portiere: tenta un dribbling, ma viene fermato e superato dal capocannoniere. Per Ciro la rete n. 20, per Inzaghi 10° successo di fila: battuto il primato di Eriksson".
Continua la "rosea": Quando si dice di una festa riuscita. L’atmosfera giusta, una luna rossa nel cielo che incoraggia al sentimentalismo, la storia che fa la sua carrellata nei maxi schermi dello stadio prima della sfida col Napoli, il serial bomber atteso che mette la firma sul record proprio nel party dei 120 anni della nascita. Sì Lazio, è stata festa grande, con il dolce del coup de theatre al tramonto che l’ha chiusa in bellezza. È sembrata una festa indirizzata dal destino. Insomma doveva andare così: celebrare l’anniversario con il terzo posto consolidato in attesa del recupero col Verona. Farcirlo con il record storico di 10 vittorie di fila in campionato, con annessi i 42 punti conquistati in 18 partite: altro miglior risultato di sempre. Per tacere del trofeo già in saccoccia (la Supercoppa presa alla Juve) e il tabù infranto da Inzaghi: prima vittoria contro il Napoli e, anche, contro Gattuso. Che avrebbe volentieri fatto a meno dell’invito alla festa altrui, perché il destino ha deciso che doveva andare così, ma forse sarebbe dovuta andare diversamente. Proprio nel momento migliore del Napoli, con la Lazio in affanno e Strakosha impegnato, è arrivato quello sciagurato tentativo di dribbling di Ospina a Immobile che gli ha rubato palla e ha tirato una sassata nella porta da posizione difficile. Il tentativo di Di Lorenzo di scaraventare in tribuna la sassata non è andato a buon fine. Amen. Altro errore, altra corsa, altro gol praticamente autoprodotto, dopo quelli di San Siro. Il Napoli è in crescita ma perde. In questo mercato invernale, come prima cosa dovrebbe (ri)acquistare i favori di San Gennaro.
La chiave. Sì, perché al di là delle grandi qualità della Lazio, questa è stata semplicemente una sconfitta immeritata. C’è stato un primo round sotto ritmo, di lieve superiorità biancoceleste, con la banda Gattuso che teneva bene il campo ma senza pungere. È stato un tempo dove si è notato più che in altre occasioni la bravura dei due tecnici nel curare la fase di non possesso palla. Ottime disposizioni, fasce abbastanza coperte dove faceva breccia solo qualche sfuriata di Lazzari. Non ci sono state grandi occasioni, qualche scambio ben riuscito tra Milinkovic, Caicedo e Immobile, un tentativo su punizione di Insigne... Poco altro, un paio di opportuni recuperi da parte di Luis Alberto, che nella prima fase si è fatto apprezzare più in copertura. Una partita un po’ bloccata. Nel secondo round invece è sbocciata, si è fatta più veloce e gran parte del merito è stato del Napoli. Che ha intensificato le manovre, il possesso palla, è diventato più pericoloso e ha messo così in difficoltà la Lazio, da indurre Inzaghi a coprirsi. Fuori un discreto Caicedo e dentro Cataldi per un doppio play con Leiva e Milinkovic alzato in attacco. Mossa sbagliata. Il Napoli ha preso ancora più campo e per fortuna Luis Alberto è salito in cattedra per dirigere come sa alcune ripartenze non andate a buon fine per la solidità della difesa del Napoli. Che invece qualche occasione l’ha avuta. Le più ghiotte: il palo di Zielinski con un tiro a giro da dentro l’area e un bellissimo diagonale di Insigne, cresciuto tantissimo nella ripresa, che Strakosha ha respinto.
Inzaghi nel frattempo si era corretto portando più alto Luis Alberto e rimettendo a centrocampo Milinkovic, per avere più peso. Poi è arrivato il pasticciaccio brutto di Ospina, a meno di una decina di minuti dalla fine. Bella e moderna la tendenza di giocare sempre palla da dietro coi difensori e usare il portiere per le uscite, ma a volte costa cara se non hai i piedi giusti. Comunque, Gattuso alla fine ha scatenato la cavalleria, spendendo Llorente, Elmas e Lozano per una sorta di 4-2-4. Ma non è servito. Buoni segnali per tutti. Così, il miglior Napoli gattusiano (quello del secondo tempo) torna a casa a mani vuote ma il cuore deve essere leggero. La strada è giusta, Rino lo sa e lo ha detto. Forse nessuno ha messo così in difficoltà questa Lazio. Certo, servono punti per il morale. Ma arriveranno, sicuro, se continua così. Basta harakiri però. La Lazio invece si dimostra senza fine: 13 gol nell’ultimo quarto d’ora, 3 successi ottenuti nel recupero, uno al 90’ (a Firenze) e questo nel finale. Anche quando non è in gran spolvero, prova sempre a vincere. Ha gli uomini adatti per risolvere la situazione con un episodio. E ha acquisito una grande consapevolezza di sé. Se poi vinci partite così, si capisce che è l’anno buono per grandi imprese. La festa continua, col sottofondo di un Ringhio di dolore.
? Il Corriere dello Sport titola: "Lazio è qui la festa. Napoli, che regalo. L’ennesimo clamoroso errore (Ospina-Di Lorenzo) permette a Immobile di volare altissimo. All’Olimpico i biancocelesti, ancora nel finale e ancora con il loro bomber, ottengono la decima vittoria di fila, exploit che li lancia in corsa per lo scudetto".
Prosegue il quotidiano sportivo romano: Dieci e lode. Vola la Lazio e fa sognare l’Olimpico, trascinata in quota scudetto da un centravanti infinito come Immobile, già entrato nella storia biancoceleste e chissà se un giorno raggiungerà Silvio Piola, il suo più illustre predecessore e goleador per eccellenza del calcio italiano. Sembra Rocky, è venuto su dalla gavetta, non è snob, il sudore e la fatica fanno parte del suo repertorio, ti può stendere con il colpo del ko all’ultima ripresa, come è successo ieri, quando ha inventato un gol capolavoro, il ventesimo del suo campionato. Come Inzaghi, Ciro non aveva mai vinto con il Napoli: questa volta lo ha spedito al tappeto. E’ andato in pressing su Ospina, gli ha strappato il pallone dai piedi e lo ha girato in rete da posizione defilata, rendendo vano il tentativo di recupero di Di Lorenzo. Un regalo del portiere, dopo la papera di Meret e gli alti due errori della difesa con l’Inter: quattro gol al passivo, zero punti. Mancavano otto minuti e così è arrivata la decima vittoria di fila per Inzaghi, il record assoluto di punti (42) nel girone d’andata con una partita da recuperare. Una favola. Può essere davvero l’anno della Lazio, se vince le partite più complicate e con poca benzina, come era accaduto a Brescia. Ci sarà un motivo, non solo legato alla qualità di certi giocatori. Il gruppo sta tirando fuori una forza morale, una compattezza e una maturità tattica straordinaria. Simone ha staccato il suo maestro Eriksson e ha condannato Gattuso, piegando per la prima volta il Napoli. Cadono tutte le tradizioni negative, altro segnale di una stagione di grazia.
Crescita. Ieri sono state decisive le parate di Strakosha per tenere in partita la Lazio ed evitare il pareggio di Insigne e Milik. Dove non è arrivato l’albanese, ci ha pensato il palo a respingere il tiro assassino di Zielinski sullo 0-0. Il Napoli non perdeva due partite di fila in campionato dall’ottobre 2016. Sconfitta pesante per la classifica, il divario con la Lazio si è allargato invece di accorciarsi e la zona Champions resta lontanissima. Ma i segnali di ripresa ci sono e il pareggio sarebbe stato meritato. La squadra di Gattuso nel secondo tempo ha fatto ancora di più la partita (possesso salito al 72%) e ha dato a lungo la sensazione di poterla sbloccare. L’acquisto di Lobotka permetterà di trovare un play senza adattare Fabian Ruiz, il recupero di Koulibaly e di altre pedine importanti (Maksimovic, Mertens, Malcuit) restituiranno corpo alle ambizioni. Ringhio sta lavorando bene sulla linea difensiva e sta ritrovando movimenti certi con il tridente. Equilibrio. La Lazio, dopo la sosta, non ha più la stessa brillantezza atletica e il passo tenuto sino alla finale di Supercoppa. Ha giocato con pazienza e d’attesa, dimostrando maturità. Non voleva farsi infilare. Inzaghi non ha sbagliato l’impostazione e neppure le mosse successive. Mancavano gli strappi di Correa, Lazzari a destra era chiuso da Zielinski e Mario Rui, Luis Alberto non inventava, Manolas incrociava Immobile e Di Lorenzo (confermato nel ruolo di centrale) è riuscito a prendere le misure a Caicedo. L’ex Empoli ha salvato sulla linea il destro di Milinkovic a un sospiro dall’intervallo.
La Lazio, spinta da Leiva, era venuta fuori nell’ultimo quarto d’ora mettendoci più ritmo. Ottimo Allan, in crescita Zielinski, Callejon assorbito da Radu, Acerbi non faceva girare Milik. Ecco perché il Napoli ha creato poco, nonostante la palla uscisse bene dalla difesa e la predisposizione a verticalizzare. I tentativi si sono esauriti con la punizione di Insigne toccata in angolo da Strakosha. Svolta. Nella ripresa, invece, il Napoli ha alzato il ritmo e ha tenuto ancora di più la palla. Stava cercando di vincere. La Lazio era rimasta senza gambe, Inzaghi ha richiamato Caicedo e inserito Cataldi per aggiungere dinamismo, Leiva (sostituito da Berisha) ha chiesto il cambio. Lulic e Lazzari, già ammoniti, hanno tenuto. Bene Milinkovic. Neanche un fallo commesso dai biancocelesti nei secondi 45 minuti: attenzione super. La partita si è aperta, stava per scivolare da una parte o dall’altra. Palo colpito da Zielinski e Strakosha ha salvato su Insigne prima che Immobile facesse esplodere l’Olimpico con il gol buono per raggiungere Bruno Giordano a quota 108. L’albanese volante due volte e Lulic su Milik hanno respinto gli ultimi assalti, dando il via alla festa senza fine del popolo laziale dopo il centoventesimo compleanno.
? Il Messaggero titola: "Lazio sei da 10. I biancocelesti battono anche il Napoli e superano il record delle nove vittorie consecutive di Eriksson. Decide nel finale Immobile".
Prosegue il quotidiano romano: Mai nessuno come Inzaghi nella storia della Lazio. Simone scrive un'altra pagina di storia proprio nella settimana in cui si festeggiano i 120 del club. Decima vittoria consecutiva. Nessun allenatore era mai arrivato a tanto. Superato il maestro Eriksson che lo stabilì nella stagione 1998-99. Proprio l'anno di quella maglia che la Lazio ieri sera è tornata ad indossare per celebrare l'anniversario della fondazione. Napoli ko per 1-0. Schiantati anche altri due tabù: non aveva mai battuto gli azzurri e Gattuso in campionato. La f?irma la mette sempre lui: Ciro Immobile. Una Lazio che non conosce ostacoli ma che soprattutto ha def?initivamente fatto quel salto di qualità che da tempo le si chiedeva. Diciamolo senza troppi giri di parole: la Lazio è una big. E ora lo scudetto non è più un sogno proibito ma una pazza idea in cui continuare a credere. Quarantadue punti nel girone d’andata rappresentato un altro dato record. E c'è anche la gara con il Verona da recuperare. Il Napoli si deve arrendere ancora una volta per colpe proprie nonostante una delle migliori gare disputate in questa prima parte di campionato. Una vittoria e tre sconf?itte per Gattuso che si assume i demeriti della sconfitta e del pasticcio che ha portato al gol.
Ciro Matador. E' proprio quel figlio di Napoli, mai così tanto amato e ormai adottato dalla Roma biancoceleste a fare il regalo più grande ai suoi tifosi e lo sgarbo più brutto agli azzurri. Un gol da "mariuolo". La rete è un mix di furbizia, grinta, cattiveria e quel crederci sempre che ormai fa parte del dna della squadra. Pressing su Ospina che pasticcia con i piedi. Ciro è lesto a rubare palla e a disegnare un arcobaleno che Di Lorenzo non riesce a spazzare. La notte della Lazio si colora di sogni di gloria. Come Giordano. Ventesimo centro, testa sempre più solitaria della classif?ica marcatori, primato in quella della Scarpa d’oro (con Lewandowski ancora in letargo insieme alla Bundesliga) e aggancio a un certo Bruno Giordano a quota 108 reti in maglia biancoceleste. Un mese di stop dopo il rigore fallito con la Juve, il tempo di ricaricare le pile durante la sosta natalizia e Immobile è tornato "matador". Dalla ripresa del campionato tre gol in due gare. Sempre decisivo. Altri sei punti nel suo bottino personale. "Tanti dicono che è fortuna se le vinciamo alla f?ine, ma invece non molliamo mai. Siamo migliorati tanto su quello, ci crediamo sempre. E scattato qualcosa nella nostra mente che non ci fa mollare" rivela Immobile che sugli obiettivi non ha dubbi: "Scudetto? Gli obiettivi sono quelli di inizio anno, non montiamoci la testa".
Pazza idea. Sì, ma sognare di può. Anzi, si deve. Un tuffo nel passato. E non solo per le immagini dei miti che furono che scorrono sul tabellone, c’è anche quella maglia che rievoca un passato di gloria. Immobile è scaltro come Salas. Luis Alberto ricorda Mancini e Milinkovic è grosso come Vieri. Per un attimo si torna indietro di vent'anni. In quella Lazio c’era anche Inzaghi. L'allievo che ha superato il maestro. Pensare che il 7 gennaio del 2001 Eriksson venne esonerato dopo un 2-1 contro il Napoli all'Olimpico in cui ci fu il famoso autogol di Pancaro. La stincata di Di Lorenzo l'ha ricordata molto anche se era nella porta opposta. Acciaio. Inzaghi ha forgiato una squadra d’acciaio che ci crede sempre e ora vince anche quando non gioca bene. Tredicesimo gol arrivato nell'ultimo quarto d’ora di gioco. E poi c'è lo "stellone biancoceleste" ad aiutare la Lazio. Il Napoli gioca bene, prende anche un palo e Strakosha è prodigioso in almeno tre occasioni. Sale in cielo, tocca i 2 metri e 70 per deviare in angolo la punizione di Insigne. La Lazio vola sempre più in alto. Lo scudetto adesso è una parola che non fa più paura.
? Tratte dal Corriere dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
È il sogno che si sprigiona: "Cosa manca alla Lazio per lo scudetto? In questo momento, devo essere sincero, manca poco". E’ meravigliosa la sincerità di Inzaghi, ha autorizzato a sognare il sogno più grande. E’ così incredibile la sua Lazio che ci si può credere. Simone ha parlato apertamente, irresistibilmente, mai come ieri. Ha confessato il pensiero non detto. E quel "poco" che manca, ora vogliamo saperlo, è questo: "Non deve mancare quel pizzico di fortuna in più che ci è mancata negli anni scorsi quando per infortunio abbiamo perso Luis Alberto e Ciro e insieme a loro la Champions". S’è preso la responsabilità di non rischiare le mosse: "Devo essere bravo a coinvolgere tutti, sapendo che c’è bisogno dell’intera rosa, devo cercare di utilizzare ogni giocatore sperando siano al 100%. Stanno arrivando le prime squalifiche, i primi infortuni. La defezione di Correa ci ha tolto spunti che ci avrebbero permesso di fare meglio". Aiuterebbero anche mosse di mercato: "La società e vigile, guarda il mercato insieme all’allenatore. Il confronto è quotidiano con il direttore Tare e Lotito, prima del Napoli, è stato con noi in ritiro. Se ci sarà un’occasione qualcosa potremo fare. Vediamo se possiamo migliorarci, non sarà semplice, i migliori non vengono venduti". Lungo le mani di Simone passa la storia. Sta rendendo possibile quello che fino a poco tempo fa era impensabile. Tutto questo sotto lo sguardo estatico dell’Olimpico: "Fare qualcosa di impensabile? Questa è la speranza. Dobbiamo avere bene in testa ciò che vogliamo, lavorando sempre di squadra, quando è successo abbiamo fatto cose importanti. Questo gruppo può togliersi grandi soddisfazioni".
Ha centrato la decima vittoria di fila, nessuno ci era mai riuscito, ha staccato il maestro Eriksson. E Simone ha vinto per la prima volta contro il Napoli, è caduto l’ultimo tabù: "E’ un record bellissimo, corredato anche da una Supercoppa. Complimenti a questi ragazzi". I complimenti sono continui: "Li faccio da tre mesi. Ma alla ripresa dirò solo di pensare alla prossima partita di Coppa Italia. Sapete quanto ci teniamo a questo trofeo". Simone s’è tenuto stretta la vittoria: "Nel primo tempo abbiamo fatto meglio, nel secondo no. Non siamo riusciti a mantenere le distanze. Pensiamo alla Coppa, ma è giusto che la squadra si renda conto di aver fatto qualcosa di straordinario". Negli ultimi 10 turni sono stati strappati 11 punti: "Mi sta piacendo la consapevolezza, la lucidità". Simone riconduce tutto al ritiro: "E’ il lavoro fatto in estate il segreto. Sono sempre stato sereno, ma da qui a immaginare che avremmo fatto 10 vittorie di fila ce ne passa". Sono 42 i punti dopo 18 partite, mai quanti oggi. E la difesa, nei secondi tempi, ha beccato solo 3 gol: "La difesa ha fatto un lavoro straordinario nel girone di andata. E’ merito di tutta la squadra, gli attaccanti ci aiutano". La maglia dei 120 anni, modello stagione 1998-99, ha creato suggestioni e c’è chi ha rivisto il 10 di Mancini nel 10 di Luis Alberto: "Sono due grandi giocatori - ha detto Simone - due campioni. Roberto ha fatto la storia del calcio italiano, Luis la sta facendo nella Lazio".