6 marzo 2016 - Campionato di Serie A - XXVIII giornata - inizio ore 12.30
TORINO: Padelli, Maksimovic, Glik, Moretti,Bruno Peres (80' Zappacosta), Acquah, Vives (85' Obi), Benassi (79' Baselli), Molinaro, Belotti, Immobile. A disposizione: Ichazo, Castellazzi, Bovo, Gaston Silva, Farnerud, Maxi Lopez, Martinez. Allenatore: Ventura.
LAZIO: Marchetti, Konko, Bisevac, Hoedt, Lulic (40' Braafheid), Cataldi (40' Milinkovic Savic), Biglia, Parolo, Felipe Anderson, Djordjevic, Klose (73' Keita). A disposizione: Berisha, Guerrieri, Morrison, Onazi, Mauri, Candreva, Kishna, Matri. Allenatore: Pioli.
Arbitro: Sig. Massa (Imperia) - Assistenti Sigg. Posado e De Meo - Quarto uomo Sig. Vivenzi - Assistenti di porta Sigg. Gavillucci e Abisso.
Marcatori: 12' Belotti, 78' Biglia (rig).
Note: al 21' Immobile fallisce un calcio di rigore. Ammoniti Vives, Bruno Peres, Konko, Acquah e Parolo tutti per gioco falloso. Angoli: 3-4. Recuperi: 2' p.t., 3' s.t.
Spettatori: 18.863 per un incasso di Euro 227.611 (paganti 6.832 per un incasso di Euro 84.210 euro e abbonati 12.031 per un incasso di Euro 143.401).
La Gazzetta dello Sport titola: "Immobile sbaglia, Biglia no. Toro e Lazio non vincono più. La squadra di Ventura domina il primo tempo, va avanti con Belotti e spreca il rigore del raddoppio. Poi i biancocelesti si riprendono e pareggiano dal dischetto con l'argentino".
Continua la "rosea": Due squadre inesatte producono un risultato rigoroso. Torino e Lazio risolvono solo parzialmente il problema del gol, che a entrambe mancava da due partite, ma denunciano difetti diversi che confermano i problemi: un successo nelle ultime 8 per Ventura, uno nelle ultime 7 per Pioli. Se il Toro però ormai gioca soltanto per una posizione di classifica un po' più gratificante, la Lazio può utilizzare il campionato come "prova" per l'Europa League (giovedì c'è lo Sparta Praga). E in quest'ottica Pioli non è tranquillissimo. La Lazio è squadra dal potenziale alto e in gran parte inespresso. Frustrato innanzitutto da un approccio alla gara distratto e acuito da una reazione sconclusionata allo svantaggio precoce. Atteggiamento da evitare in coppa, dove i gol subiti rischiano di pesare il doppio. L'avvio della squadra di Pioli è volenteroso - occupazione della metà campo avversaria, possesso palla - e poco attento. Lo scarso equilibrio rende difficile coprire lo spazio alle spalle della difesa e viene punito da un Torino verticale e più essenziale del solito: pochissimo giro-palla difensivo, rapida trasmissione agli attaccanti e ai raddoppi laterali di mezzala e terzino.
Nel primo tempo la squadra di Ventura, tra occasioni e contropiedi sprecati, potrebbe segnare almeno 3 gol. La felice anarchia di Immobile disorienta la Lazio, origina l'1-0 (affondo a sinistra, Acquah al volo sul secondo palo, Marchetti respinge, Belotti rapina il pallone in rete prima di tutti) ma non si concretizza abbastanza: Ciro sbaglia il rigore del raddoppio (fallo di Cataldi su Belotti) e poi anche il tocco finale davanti a Marchetti dopo aver saltato mezza difesa. La scarsa lucidità sotto porta è un peccato che il centravanti sconta anche nel finale, sull'1-1, contagiando lo sciagurato Zappacosta: pallone in curva allo scadere. Pioli corregge presto i propri errori (fuori Lulic e Cataldi al 40' del primo tempo) ma è solo a metà ripresa, quando il Toro fatica a ripartire e a gestire il ritmo, che spreme il meglio. Cioè quando Milinkovic sale di qualità in un centrocampo che deve "sostituire" l'attacco: Biglia fa il regista e il trequartista (Anderson si limita a qualche tocchettino), Parolo è più centravanti dei due che ricoprono il ruolo, lo stesso Milinkovic è esecutore (paratona di Padelli) e inventore (per Parolo: palo). L'ingresso di Keita aggiunge ampiezza e da lì il rigore (fallo di Molinaro) che Biglia trasforma nel pareggio. Appunto, rigoroso.
Il Corriere dello Sport titola: "Lazio, solo un tempo: punto che vale poco. Belotti sblocca, Immobile sbaglia il rigore. Biglia, pari dal dischetto".
Prosegue il quotidiano sportivo romano: La Lazio agguanta un punticino in cima a una partita double face, vissuta nel primo tempo in balìa del Toro e condotta con buona determinazione nella ripresa. La reazione, diciamolo, sarebbe stata inutile se i granata non avessero sciupato l'impossibile, ma a rileggere il match il pareggio appare equo e sparge fiducia in vista di Praga, considerando comunque che l'Europa restituirà motivazioni erose da un campionato ormai svuotato: gli obiettivi sono lontani, le ambizioni ripiegate, e non c'è alcun timore che innalzi la tensione. Il guaio è che la strada è ancora lunga e una Lazio svagata, concentrata solo sull'Europa, inaccettabile. Il risultato finale (1-1) è fissato da Belotti, che ribadisce in rete al 12' un pallone respinto da Marchetti, e da Biglia che trasforma al 78' un rigore assegnato per fallo di Molinaro su Keita. Tra i rimpianti laziali un palo di Parolo e i guizzi di Padelli su Milinkovic, Biglia e Keita - tutto nel secondo tempo: nei primi 45' lo specchio viene centrato una sola volta - mentre il Toro perde il conto delle imprecazioni, lacera sottoporta il gioco che sviluppa, osserva esterrefatto Immobile spedire in curva un rigore (sull'1-0: poteva chiudere il conto) e poi scagliare addosso a Marchetti un diagonale meritevole di miglior sorte, conclude il match con una botta di Zappacosta che manda in cielo da posizione comodissima.
Pioli ridisegna la squadra schierando due punte, Klose e Djordjevic, spalleggiate da Felipe Anderson: spera in un'incisività maggiore, invece deve prendere atto d'un gioco inconcludente, riflesso d'una squadra troppo lunga ma soprattutto d'una imperdonabile mollezza. Puoi inventare qualsiasi schema, memorizzare qualsiasi trama tattica, ma se l'azione non è sorretta da un minimo di grinta e di volontà, se fame e ferocia diventano ricordi o speranze, tutto finisce in 0bolle di sapone. Così la Lazio si consegna, non vince un contrasto, si lascia infilare facilmente dal Toro, va sotto in fretta - è ormai una tradizione - e rischia il tracollo dal dischetto quando Cataldi abbatte Belotti, poi trema ancora per un rimpallo che bacia Immobile, ma il tiro si spegne a un centimetro dal palo. La difesa è fragile, imbarazzante, l'attacco etereo, solo a centrocampo si alza qualche argine orgoglioso e s'intravvedono cenni, ancorché fiacchi, di rilancio, così Pioli, per dare una scossa, richiama in un colpo solo Cataldi e Lulic, rimasti costantemente ai margini, e innesta, senza sconvolgere il modulo, Braafheid e Milinkovic. Manca poco all'intervallo, ma il tecnico ritiene d'aver visto troppo (anzi, di non aver visto niente) e non intende pazientare, comunque sia, al di là della tempistica, le scelte si rivelano efficaci.
L'olandese è scrupoloso, concentrato, il serbo ispirato, determinante per la svolta, non casualmente autore delle prime minacce a Padelli che indicano all'Olimpico quanto il vento sia cambiato. Decisiva, in verità, si rivela anche la terza sostituzione, effettuata (73') mentre il Toro mantiene ancora l'undici di partenza (la sensazione è che Ventura temporeggi troppo, considerati il calo granata e la metamorfosi laziale), giacché Keita che rileva Klose, oltre a vivacizzare l'offensiva, procura il rigore che vale il pareggio. Il Toro adesso soffre, sconta le energie investite e indovina giusto qualche ripartenza, trova comunque modo di ritagliare nuove opportunità dilapidandole come già nel primo tempo. Fischi del popolo granata, alla fine, per una vittoria che tarda, mentre la Lazio si consola con il punto e, assai di più, con una reazione che è un buon viatico per Praga.
Il Messaggero titola: "Lazio, pranzo con il brodino. Pari dai due volti contro il Torino che va avanti e poi spreca un rigore. I granata sbagliano tanto: palo di Parolo, Biglia segna dal dischetto".
Prosegue il quotidiano romano: La Lazio si accontenta di un misero brodino durante il pranzo imbandito dal Torino. I biancocelesti non hanno più fame e gli attaccanti restano ancora a digiuno di gol. E pensare che Biglia e compagni hanno assistito per praticamente tutta la gara alla voracità dei granata che segnano e si divorano l'impossibile, compreso un calcio di rigore. Un sospiro di sollievo per la Lazio che si alza da tavola dopo uno spuntino che appaga il morale. Di questi periodi basta davvero poco per non piangere. Ma l'allarme in casa biancoceleste suona da tempo, è ora che si rientri nei ranghi se non si vuole davvero chiudere la stagione in modo fallimentare. E' mancato tutto ai giocatori scesi in campo a Torino con l'obbligo di riscattare la penosa partita contro il Sassuolo e con l'obiettivo di alzare il morale in vista degli ottavi di Europa League. A Torino non si è visto nulla di tutto questo. Anzi, si è vista una squadra apatica, senza la minima voglia di lottare e di andarsi a prendere i tre punti. La classifica langue così come lo stomaco dei 500 laziali arrivati in Piemonte e rimasti a bocca asciutta. Pronti via, il trend negativo dei primi tempi di questa stagione si conferma e arricchisce: per la quattordicesima volta su 28 partite (ovvero il 50% esatto delle gare giocate in questo campionato), la Lazio chiude in svantaggio i primi 45'.
E' come se la squadra di Pioli scendesse in campo direttamente nella ripresa, con il gap di dover recuperare necessariamente almeno un gol. Anche perché la statistica diventa ancora più inquietante nell'anno solare iniziato a gennaio: nel 2016 i biancocelesti non hanno mai segnato in 9 degli 11 primi tempi disputati. Nella tristezza, c'è però una nota positiva: la Lazio ora è imbattuta da 7 trasferte consecutive in campionato. L'ultima striscia con 7 gare esterne senza sconfitte risale a settembre-dicembre 2011, quando Reja iniziò il campionato con un 2-2 sul Milan il 9 settembre e arrivò al 10 dicembre con un 3-2 sul Lecce. Poi arrivò la sconfitta post-panettone del 9 gennaio a Siena. Allora però i punti furono addirittura 17, oggi sono 11 con 5 pari e due vittorie su Inter e Fiorentina. Un male che Pioli non riesce proprio a guarire. Pioli stravolge la Lazio ma la mossa non sortisce alcun effetto. Il passaggio dal 4-3-3 ad modulo col trequartista non restituisce né brillantezza né gol. In campo la squadra è lunga e non copre bene il campo, tanto che il Torino fa il bello e il cattivo tempo.
Davanti si continua a non segnare e soprattutto Anderson sembra un fantasma. Il ruolo di trequartista che lo scorso anno, proprio a Torino lo aveva esaltato, ora lo rende solo e fragile. Non ne azzecca una. La sensazione è che il campionato sia ormai affare chiuso nonostante le dichiarazioni del ds Tare prima della gara: "Il campionato dice che ce la possiamo giocare fino alla fine". Già, verrebbe da chiedersi con chi, visto che il posto in classifica non lascia spazio a speranze. Troppo lontane le posizioni europee e dietro c'è qualcuno che si è avvicinato decisamente troppo. La Lazio torna a casa con la solita valanga di problemi che sembrano essere irrisolvibili. "Facciamo fatica nelle due aree" aveva dichiarato Pioli, ma anche a centrocampo non sembra che le cose vadano per il verso giusto. L'unico a salvarsi è Biglia perché Parolo e Cataldi ne combinano di ogni. Impossibile non farsi domande importanti. Resta l'Europa League come ancora di salvezza, ma la barca è alla deriva e i mari che aspettano la Lazio sono tutt'altro che calmi e ricchi d'insidie. Al timone Pioli non ha più sicurezze e si sente anche solo. E naufragare è facile in certe condizioni.
Tratte dal Corriere dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
Due cambi dopo 40 minuti, non s'era mai visto nell'era Pioli: "In carriera mi era capitato solo una volta di farli, non credo ci siano minuti prestabiliti per cambiare. Volevo migliorare la squadra, aveva bisogno di altro. Non c'era fase difensiva né offensiva. Ho avuto la sensazione che fosse meglio intervenire prima dell'intervallo". Fuori Lulic e Cataldi, dentro Braafheid (che aveva giocato solo 14 minuti in campionato...) e Milinkovic. Pioli ha aggiustato la Lazio dopo averla sbagliata: "Pensavo di aver preparato benissimo la gara anche per arrivare meglio al match di Europa League. I pareggi sono risultati positivi solo in parte. Arrivare ai quarti europei per noi sarebbe importante, soprattutto battendo un avversario come lo Sparta Praga, un avversario che in troppi stanno sottovalutando perché non ha un nome altisonante". E' arrivato un punticino, meglio che un'altra sconfitta, ma è sempre poco: "Ci siamo disuniti e allungati, abbiamo favorito le ripartenze del Torino, non siamo stati compatti. Potevamo pareggiare prima, ma non siamo stati fortunatissimi. Sappiamo che non sarà facile migliorare la posizione in classifica, è diversa dalle nostre aspettative, ma non dobbiamo mollare". Solita Lazio, soliti errori, soliti gol incassati a bruciapelo: "I gol presi nei primi minuti sono il nostro tallone d'Achille. Quando abbiamo subito lo svantaggio ci siamo rimpiccioliti. Quando segni, invece, diventi più forte, trovi entusiasmo". Dopo lo svantaggio la Lazio è andata in tilt: "E' stata la reazione di una squadra frustrata, di una squadra che vorrebbe dare di più, ma non sempre ci riesce".
Pioli allontana il dubbio, i suoi non hanno pensato solo all'Europa: "In questo caso l'allenatore non avrebbe fatto capire ai giocatori l'importanza della partita. Se qualcuno ha pensato a giovedì ha commesso un errore. L'Europa non è il nostro unico obiettivo". A Pioli, per errore, sono state riferite parole di Biglia equivocate. Il Principito, sotto la Curva, ha detto ai tifosi "più di così non possiamo", si riferiva all'impossibilità di raggiungere il settore dei laziali a causa delle nuove leggi Figc. Il capitano non si riferiva alla squadra. A Pioli, infatti, quelle parole erano sembrate strane, non da Biglia. La sua risposta era stata questa: "Possiamo dare di più e dobbiamo dare di più. Il campionato non è finito, la squadra può giocare come nel secondo tempo di Torino". Pioli ha scelto il 4-3-1-2 e ha schierato Felipe sulla trequarti. Il modulo gli è piaciuto pur avendo rischiato grosso: "Continuo a credere che la vera Lazio sia quella dei secondi 45 minuti. Ho scelto il rombo perché nell'ultima partita, malgrado il volume di gioco, eravamo stati poco pungenti. Sono soddisfatto, da tempo non eravamo così pericolosi e presenti nell'area avversaria, sono mancate le conclusioni. Siamo anche sfortunati, i difensori arrivano spesso prima sul pallone. La soluzione mi è piaciuta, era adatta per sfruttare i loro punti deboli, credevo di aver scelto le caratteristiche giuste per farlo". Chiusura sulla moviola in campo. Pioli dice sì: "La penso come il presidente della Fifa, Infantino. Nel 2016 non si possono chiudere gli occhi". A Praga ci saranno Radu e Basta: "Sono previsti in gruppo dal prossimo allenamento, sono due recuperi importanti".
Estratto dalla Gazzetta dello Sport:
Un pari che non fa male a nessuno, ma che scontenta tutti: il Toro che pensava di interrompere il digiuno di vittorie, la Lazio che, come spesso le succede, ha giocato soltanto un tempo, il secondo. Già. La squadra di Pioli ha avuto l'ennesima falsa partenza di questo campionato (decimo gol subito nel primo quarto d'ora). Un approccio sbagliato che suona come un campanello d'allarme in vista della decisiva sfida di giovedì in Europa League a Praga. "Siamo scesi in campo troppo molli - accusa Keita - la concentrazione non era giusta. Nel secondo tempo è andata meglio, ma dobbiamo giocare così per tutta la partita". L'attaccante senegalese fa poi chiarezza sull'episodio che lo ha visto protagonista. "Il rigore era netto, l'ha ammesso pure il portiere del Toro. Anzi, c'era anche un altro rigore su di me nel finale". Pure Milinkovic fa mea culpa: "L'approccio non è stato quello giusto, poi le cose sono migliorate. Ma a Praga giovedì dovremo essere molto più determinati per superare il turno. Per noi è fondamentale". Rientrato invece il giallo-Biglia a fine gara. Le telecamere avevano immortalato un labiale dell'argentino che, rivolto ai tifosi, diceva: "Di più non possiamo". Si era pensato che il giocatore si riferisse alla prestazione della squadra. Invece il "di più non possiamo" era riferito alla richiesta dei tifosi che chiedevano ai giocatori di avvicinarsi sotto la curva. "Di più non possiamo (avvicinarci)" perché, in base alla nuova normativa Figc, i giocatori devono evitare contatti con i tifosi sistemati in curva dopo le tante scene di "processi" sommari degli ultrà ai calciatori.