20 gennaio 2016 - Coppa Italia - Quarti di finale - inizio ore 20.45
LAZIO: Berisha, Konko (72' Felipe Anderson), Bisevac, Mauricio (62' Hoedt), Radu, Milinkovic, Biglia, Lulic, Candreva, Klose (82' Matri), Keita. A disposizione: Guerrieri, Matosevic, Braafheid, Patric, Parolo, Onazi, Cataldi, Mauri, Djordjevic. Allenatore: Pioli.
JUVENTUS: Neto, Caceres, Bonucci, Chiellini, Lichtsteiner (79' Cuadrado), Sturaro, Marchisio, Pogba, Alex Sandro, Zaza (90' Dybala), Morata (75' Mandzukic). A disposizione: Buffon, Audero, Rugani, Padoin, Asamoah, Hernanes. Allenatore: Allegri.
Arbitro: Sig. Damato (Barletta - BAT) - Assistenti Sigg. Tonolini e De Luca - Quarto uomo Sig. Giacomelli.
Marcatori: 66' Lichtsteiner.
Note: ammoniti Lulic, Chiellini, Mauricio, Konko per gioco scorretto, Zaza e Dybala per comportamento non regolamentare. Angoli 1-5. Recuperi: 0' p.t., 6' s.t.
Spettatori: 30.799 paganti.
La Gazzetta dello Sport titola: "Lichtsteiner stende la Lazio. E' Juve-Inter. Sentenza della goal-line. Allegri domina e passa. Semifinale con Mancini. Solita grande affidabilità per il 3-5-2 di Max. Stupendo il palo di Zaza che ha innescato la rete decisiva dello svizzero. I romani ci hanno provato nel primo tempo ma sono finiti contro il muro".
Continua la "rosea": Giocando al gatto col topo, la Juve risolve l'ennesima pratica e va incontro a una semifinale che promette spettacolo e scintille. Rischiando nulla, ma nulla davvero, la Juve si conferma il solito bunker e il solito caterpillar. La Juve non si ferma, non si ferma più. Che sia campionato o coppa. Ed è preoccupante, per gli altri, che ottenga il massimo col minimo sforzo e un poderoso turnover. La Lazio ci mette molto del suo. Contro la storia si può giocare. La vita è storia che si rinnova. Ma non si può giocare contro la prima legge del calcio: per vincere bisogna tirare in porta. Almeno uno ci vuole per forza. Invece il povero Klose e compagnia attaccante che un tempo era la forza della squadra, non hanno mai sporcato i guanti a Neto. E così la Lazio perde forse l'ultima possibilità d'Europa. E così conferma la sciagurata tradizione: da aprile a oggi 5 sconfitte su 5 partite con la Juve. E due erano finali di coppa Italia e di Supercoppa italiana. Dall'ultima vittoria, data gennaio 2013, su 10 gare le sconfitte sono ben nove e c'è dentro un'altra Supercoppa. Juve tabù per la Lazio e soprattutto per Pioli (mai battuta la Juve con tutte le sue squadre). Juve che va incontro all'Inter, andata mercoledì prossimo a Torino. Ritorno a San Siro il 2 o il 3 marzo, pochi giorni dopo la super sfida di campionato allo Juve stadium. C'è poco da capire. La Lazio ha provato a impensierire la Juventus sviluppando la manovra sulle fasce ma non è quasi mai riuscita a trovare la via per entrare nella zona rossa. Era come se la Juventus avesse sistemi d'allarmi dappertutto. L'unico che è riuscito a sventarli è stato Keita all'alba della sfida quando su un gran lancio di Milinkovic si è presentato davanti a Neto ma ha tirato appena sopra la traversa. Stop. La squadra di Allegri ha lasciato sfogare i rivali, ha controllato senza problemi e cercato delle ripartenze in cui poteva far male con Morata e Zaza.
Nel secondo round invece ha decisamente preso possesso della sfida contro una Lazio impotente e demoralizzata. E dopo essere andata in vantaggio con Lichtsteiner dopo lo stupendo palo di Zaza (il piattone dello svizzero è stato convalidato in gol grazie alla gol-line technology), nel finale la Juve poteva aumentare parecchio il bottino. Solo un grande Berisha e un po' d'imprecisione hanno mantenuto al minimo il risultato. Si dice che le motivazioni a volte facciano la differenza. Che la Lazio ci tenesse moltissimo a vincere questa partita lo si poteva notare anche solo dalle liste: tranne gli infortunati, in campo c'era la formazione che Pioli avrebbe scelto per qualsiasi big match. Inclusa la scelta di far esordire il serbo ex Lione Bisevac al centro della difesa. Ovvio, era l'occasione per ovviare alla mediocrità del campionato. Ma questa motivazione non è bastata. Non c'era grinta, rabbia nelle gambe dei biancocelesti. Casomai quasi rassegnazione. Non si può dire che nel primo round la banda Pioli non ci abbia provato a mettere in difficoltà i campioni in carica. Ma con la Juve tosta e cinica, che ribatteva alla leziosa manovra laziale con lanci a cercare le punte senza sbattersi troppo, non c'è stato niente da fare. Bisogna dire che solo grazie a qualche lampo nel nulla il primo round non è stato catalogato nel "file" noia mortale. E molti di questi lampi li ha creati Zaza. A proposito di motivazioni. Mentre da una parte il solo Keita cercava qualche soluzione e non si arrendeva ai "respingenti" (Bonucci impeccabile), dall'altra la coppia Zaza-Morata era scatenata. Specialmente il primo confermava la sua voglia matta di spaccare il mondo e di sfruttare tutti i minuti concessi per guadagnare più fiducia alla Juve e avere più chance per l'Europeo.
Avrà fatto cento chilometri, sia nel correre verso l'area del buon Berisha, sia nel rientrare a coprire, spesso lanciandosi in scivolata sui piedi avversari. Il confronto tra centravanti è impietoso: Klose non ha combinato proprio nulla. Zaza tantissimo. Non ha segnato, sbagliando anche una facile occasione e "sporcando" un po' la sua eccezionale media minuti giocati-gol, ma il merito dell'1-0 è tutto suo. E dal canto suo, Morata continua il digiuno, ma è un peccato perché il gol l'avrebbe meritato anche stavolta. Comunque, questa sfida ribadisce, se mai ci fosse stato bisogno di conferma, che il conte Max fa bene a non abbandonare più il 3-5-2, che risulta solido come una roccia. E che ha a disposizione una rosa completa e motivata. Basta vedere come sono entrati dalla panchina Mandzukic e Dybala, gli attuali titolari dell'attacco. Il croato ha fatto compiere la prodezza a Berisha, l'argentino è entrato all'ultimo minuto della gara e nei 5 di recupero ha rischiato di segnare tre volte. Le motivazioni dei cannibali. Nota di merito per Alex Sandro: delle sue qualità di esterno offensivo si sapeva. Alla Juve ha imparato anche a difendere bene e così il bunker è completo.
Tratte da La Gazzetta dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
La maledizione continua. Per Stefano Pioli, che con la Juve ha vissuto le gioie più grandi da giocatore (una Coppa Campioni e una Intercontinentale), la formazione bianconera è ormai un tabù impossibile da spezzare. Da allenatore non l'ha mai battuta. Con quella di ieri sono dieci le sconfitte e appena tre i pareggi nei tredici incroci tra il tecnico laziale e la sua ex squadra. E da quando siede sulla panchina della Lazio ha rimediato sei sconfitte su sei sfide (in due della quali c'era in palio un trofeo: Coppa Italia e Supercoppa). Alla fine, però, nonostante la comprensibile amarezza Pioli accetta l'ennesimo verdetto negativo: "Per un'ora abbiamo tenuto testa alla Juve, poi alla lunga la loro forza e la loro superiorità tecnica è venuta fuori. Peccato solo che il gol che ha deciso la partita sia nato da un nostro errore, quella situazione andava letta diversamente, ma contro certe squadre ci può stare che accada". Il rammarico dell'allenatore laziale è anche un altro. "Nel primo tempo abbiamo giocato alla pari con la Juve, contro queste squadre è inevitabile che ti capitino poche occasioni e quando ce l'hai le devi sfruttare. Noi la palla buona l'abbiamo avuta (si riferisce all'occasione di Keita nel primo quarto d'ora, ndr ), ma non siamo stati bravi a capitalizzarla". Pioli è però convinto che la sua squadra non esca ridimensionata da questa sfida. "Tutt'altro. Se giocheremo sempre così vinceremo molte partite, perché di squadre forti come la Juve non ce ne sono molte".
Ancora una delusione, un'altra avventura finita. Dopo le sconfitte in Supercoppa e al preliminare di Champions League la Lazio abbandona la Coppa Italia arrendendosi per il secondo anno di fila alla Juventus. Quel palo anche questa volta è stato decisivo: nella finale della scorsa stagione il pallone, calciato da Djordjevic, dopo averlo colpito finì sull'altro palo. Questa volta, sul tiro di Zaza, finisce invece sui piedi di Lichtsteiner che punisce così la sua ex. Lo stesso palo, un rimpallo diverso, ma sempre sfavorevole alla Lazio. La delusione sul volto dei giocatori a fine partita è palpabile. Hoedt ha lasciato subito lo stadio scuro in volto, seguito da Djordjevic probabilmente ancor più amareggiato per non aver trovato spazio. E l'infortunio a Biglia non fa che inacidire ulteriormente il sapore dopo questa sconfitta. "Il problema attualmente è che abbiamo troppa paura - analizza Klose a fine partita -. Dobbiamo rischiare di più, dobbiamo riuscire a creare di più. A me manca il gol, ma non ne faccio un cruccio. L'importante è tornare presto in condizione e mi sento bene, ci sto riuscendo". La rincorsa all'Europa passa dal campionato: "Sappiamo quello che possiamo dare, se giochiamo come sappiamo ce la possiamo fare. Felipe Anderson? Noi gli stiamo dietro, lo sosteniamo. È un ragazzo molto sensibile, deve riuscire a sbloccarsi". La Lazio non è riuscita a fare il regalo a de Vrij, che, tornato a Roma, si era subito presentato allo stadio per tifare per i suoi compagni. La sua assenza si sente ancora Una nota positiva c'è. Si tratta di Milan Bisevac, ieri all'esordio con la Lazio, che ha subito convinto per la prestazione il tecnico Pioli: "Impegnato con una squadra di grande spessore, ha dimostrato grandi qualità. Ci sarà sicuramente utile". Anche il d.s. Igli Tare ha parlato del difensore serbo: "Si tratta di un acquisto intelligente. Investire sul mercato di gennaio non è facile. Quando dicevo che questa squadra era difficilmente migliorabile tutti erano d'accordo con me. Non volevamo privarci dei nostri giocatori più importanti e fra le varie offerte ricevute in estate abbiamo rifiutato 135 milioni di euro - ha aggiunto -. Purtroppo alla fine le cose non sono andate come volevamo anche per i tanti infortuni". Un rammarico che si portano dietro anche tutti i tifosi della Lazio.