Mercoledì 8 aprile 2015 - Napoli, stadio San Paolo - Napoli-Lazio 0-1 8 aprile 2015 - Coppa Italia - Semifinali, gara di ritorno - inizio ore 20.45
NAPOLI: Andujar, Maggio, Albiol, Britos, Ghoulam, Gargano (85' Insigne), Inler, Gabbiadini (72' Callejon), Hamsik, Mertens (67' De Guzman), Higuain. A disposizione: Rafael, Colombo, Strinic, Henrique, Jorginho, Zuniga, David Lopez, Koulibaly, Zapata. Allenatore: Benitez.
LAZIO: Berisha, Basta, de Vrij, Mauricio, Braafheid (83' Cavanda), Parolo, Biglia, Cataldi (55' Mauri), Candreva (67' Lulic), Klose, Felipe Anderson. A disposizione: Marchetti, Strakosha, Ciani, Novaretti, Cana, Pereirinha, Ledesma, Ederson, Perea. Allenatore: Pioli.
Arbitro: Sig. Orsato (Schio - VI) - Assistenti Sigg. Tonolini e Passero - Quarto uomo Sig. Rocchi.
Marcatori: 79' Lulic.
Note: la Lazio ha giocato con il lutto al braccio per la scomparsa della mamma del massaggiatore biancoceleste Romano Papola. Ammoniti Albiol, De Guzman, Mauricio e Parolo per gioco scorretto, Berisha per comportamento non regolamentare. Angoli: 3-5. Recuperi: 0' p.t. 0', 4' s.t.
Spettatori: 46.477 paganti per un incasso di euro 328.792.
La Gazzetta dello Sport titola: "Lulic, ancora lui. Questa Lazio è inarrestabile. Disastro Napoli. Pioli sbanca il San Paolo e sfiderà la Juve: segna il bosniaco, decisivo nella finale di 2 anni fa. Benitez manca un altro obiettivo, De Laurentiis infuriato".
Continua la "rosea": Il Napoli perdona, Senad Lulic no. Soprattutto se si tratta di Coppa Italia. Due anni fa si prese il trofeo segnando il gol partita nel derby, ora regala a Pioli le sue prime finali. Quella di Coppa ma anche la Supercoppa italiana, dato che lo scudetto alla Juve non lo toglie nessuno. Higuain perdona, Lulic no. L'argentino fallisce alcune occasioni importanti sullo 0-0. Il bosniaco non soltanto segna, ma poi va anche a evitare i supplementari tirando fuori dalla porta il tiro di Insigne, appena entrato, a conclusione di un'azione fantastica. Lazio meno brillante del solito, bloccata per lungo tempo, ma più cinica. Napoli sprecone e punito dalla vecchia e sempre valida legge del calcio: se sbagli, finisce che paghi. Non si può dire che Benitez sia fortunato ma certo non si può parlare di furto. E adesso non resta che l'Europa League per il sogno Champions, perché sarà dura recuperare 8 punti alla banda Pioli. Avete presente Fiorentina-Juventus? Ecco, tutta un'altra cosa. Lo spettacolo annunciato non c'è stato. C'era il pubblico e l'atmosfera delle grandi occasioni, ma il gioco no. Solo nel secondo round, quando le squadre si sono allungate e la Lazio non poteva far altro che rischiare, si è visto qualcosa. Il primo round è stato una partita a scacchi, anche nel ritmo. Fasce bloccate, sviluppo della manovra centrale abbastanza prevedibile, con Biglia e Inler che non riuscivano a prendere il sopravvento. Lazio davvero troppo compassata, Napoli con leggera prevalenza territoriale e anche più deciso in attacco, tanto che sembrava il ciuccio quello che doveva rimontare il risultato.
Comunque i portieri hanno sofferto più degli altri l'improbabile freddo napoletano perché sono stati senza lavoro. L'unico brivido del primo round l'ha regalato Gabbiadini con la sassata su punizione finita sul palo. E' stato il solo tiro in porta. Gabbia ha avuto un'altra occasione, quando sul cross di Hamisk ha mandato fuori di testa da buona posizione. Dall'altra parte, solo qualche tiro da lontano. Se i migliori sono stati i terzini, da una parte Basta e dall'altra Maggio (ma anche Ghoulam), si può capire l'andazzo della sfida. Mertens reso inoffensivo e Felipe Anderson oscurato da Maggio. L'unico a soffrire ai lati era appunto Braafheid, sostituto dell'infortunato Radu, su Gabbiadini. L'olandese, in una delle poche avventure in offesa, ha anche sbagliato la chance più ghiotta della Lazio quando ha colpito in area di testa da difensore, spedendo a lato invece che centrare la porta. Pioli ha capito che doveva osare di più e dopo l'intervallo ha speso subito Mauri per Cataldi passando al 4-2- 3-1 e poi Lulic per un evanescente Candreva. Mosse azzeccate, anche se la Lazio ha subito dei contropiede micidiali sprecati davanti alla porta da Pipita e compagnia. Higuain non ha trovato il pallone un paio di volte. De Guzman, entrato per Mertens, si è mangiato un gol davanti alla porta. Sventati i pericoli, Felipe Anderson ha pensato bene di tornare magico. E con un paio di incursioni con cross ha cambiato il destino della sfida. Nel primo Andujar ha fatto la prodezza sulla zuccata di Lulic, nel secondo si è arreso al bosniaco, che ha anticipato tutti. Mancava un quarto d'ora scarso alla fine, recupero incluso.
Benitez aveva già tolto, chissà perché, Gabbiadini per inserire Callejon. Poi nel finale ha inserito Insigne che ha fatto subito l'Anderson. Volata, tre giocatori dribblati ed esterno a superare Berisha in uscita. Ma [Lulic Senad|Lulic]] ha detto no. Sono finite qui le speranze del Napoli di allungare la partita e difendere il titolo di campione in carica. Ed è cominciata la rabbia di De Laurentiis. Il presidente è sceso infuriato negli spogliatoi e il succo del discorso è stato questo: abbiamo un attacco stratosferico e non riusciamo a fare un gol. Poi ha deciso di mandare tutti in ritiro. Beh, una cosa è certa: la partita è stata decisa dagli episodi. E da un campione quando ha deciso di fare il campione. Con la collaborazione del franco tiratore di coppa.
Il Corriere dello Sport titola: "Super Lulic Re di coppa, ciao Napoli. Il centrocampista bosniaco della Lazio entra, segna il gol che vale la finale ed evita l'1-1 di Insigne... Rafa, è crollo".
Prosegue il quotidiano sportivo romano: Senad Lulic strappa a Benitez il titolo di signore di coppa, entra, segna e regala alla Lazio la finale di Coppa Italia contro la Juve, oltre alla possibilità di giocare la prossima Supercoppa. Se martedì era caduta la Fiorentina, ieri è toccato all'altra finalista della scorsa edizione lasciare il torneo a un passo dalla finale. Il Napoli infatti aggiunge un'altra delusione a questa stagione sempre più involuta, che adesso può trovare riscatto solo in Europa League. Senza raggiungere il livello espresso contro la Roma, anche in questa occasione ci sono stati buoni momenti di gioco. Ma proprio il suo reparto più celebrato, l'attacco, sembra essersi dimenticato il proprio valore. Pioli per contro compie al San Paolo un piccolo grande capolavoro tattico, indovinando atteggiamento, cambi e tempi che suggellano un 2015 fin qui da incorniciare. A metà febbraio la sua Lazio in campionato era sesta a 8 punti dal Napoli terzo; adesso come è noto i numeri si sono capovolti. E ieri il passaggio di ruoli è stato confermato dal campo.
Per giocarsi la coppa senza orecchie sia Benitez che Pioli hanno cambiato il meno possibile rispetto all'andata di un mese fa. Più articolato l'intervento di Rafa, che ha alternato un uomo per reparto: Maggio per Mesto (squalificato), Gargano per David Lopez in mediana, Hamisk per De Guzman nel cuore del quartetto offensivo. Il tecnico della Lazio per parte sua si è limitato a sostituire l'infortunato Radu con Braafheid, confermando il suo 4-3-3. Interpretato stavolta però in modo molto tattico. Fedele a quanto annunciato alla vigilia ("Servirà pazienza..."), Pioli ha tradotto tatticamente il messaggio, arretrando il baricentro della squadra in modo inusuale, per togliere presumibilmente così spazio alle percussioni e ai tagli del Napoli, lasciando palla prolungatamente agli avversari. Che hanno cercato a lungo inutilmente il varco giusto. Né Higuain, anche stavolta poco sereno, né Mertens, che a Roma aveva bruciato la fascia, incontenibile, né Gabbiadini, dato in gran forma, hanno così avuto modo e tempo per far male. Non è un caso che la cosa migliore del Napoli nel primo tempo sia arrivata su palla inattiva, con l'ex doriano bravo e sfortunato (29') a calciare, da oltre venti metri, sul palo una punizione generosamente concessa da Orsato. E' toccato a Gargano dare i tempi di gioco, con Hamsik anche lui senza luce (oltreché impreciso) in mezzo alla doppia linea laziale. E quando dal suo piede è riuscita a partire una parabola delle sue (38') la deviazione aerea di Gabbiadini è stata troppo debole per impensierire Berisha.
La Lazio, così blindata, ha limitato le proprie sortite, eppure, senza fare mirabilie, qualcosa dalle parti di Andujar ha prodotto, soprattutto con Candreva (3' e 19'), preciso a mettere sulla testa di Braafheid allo scadere la palla del possibile 0-1, sciupata dall'olandese. Insomma un primo tempo giocato sotto ritmo e contronatura da entrambe. Chiaro che continuando così la Lazio avrebbe avuto tutto da perdere. Ed è Pioli che ha provato a cambiare l'inerzia del match: fuori Cataldi per Mauri dopo 10 minuti, Felipe Anderson a destra, squadra impostata ora con il 4-2-3-1, e a metà ripresa dentro Lulic per Candreva. Eppure è stato il Napoli che è parso beneficiare dei nuovi spazi inevitabilmente creati dagli avversari, alla ricerca del gol qualificazione. Con Maggio liberato dalla marcatura di Felipe Anderson che ha iniziato a spingere a tutta, Higuain e Gabbiadini hanno avuto un paio di palle gol vere (5' e 15'), sbrogliate da un Basta monumentale. Ha provato a giocare altre carte anche Benitez, con Callejon e De Guzman, a metà ripresa. Ma il piano Pioli ha avuto la meglio: Felipe Anderson, senza più... Maggio, ha trovato morbido con Ghoulam e dopo aver fatto le prove generali (30') ha offerto a Lulic (34') una palla che ha chiesto solo di essere messa dentro. Il bosniaco, signore di coppa, in pratica ha poi segnato un altro gol, salvando sulla linea, allo scadere, un tiro di Insigne, (ultima mossa di Rafa), autore di un'azione prodigiosa di 70 metri, immagine plastica di questo Napoli che non ha più certezze.
Il Messaggero titola: "Lazio, bellissima d'Italia. La squadra di Pioli vince a Napoli con una rete di Lulic a dieci minuti dalla fine e si prende la finale con la Juve. Partita perfetta dei biancocelesti, Anderson ancora super. La gara del 7 giugno all'Olimpico potrebbe essere spostata".
Prosegue il quotidiano romano: Immensa, infinita, regale Lazio. Quando il San Paolo si preparava ai titoli di coda, pensando alla finale dell'Olimpico contro la Juventus, è arrivata la zampata di Senad Lulic a decidere vittoria e qualificazione. Questa è proprio la Coppa di Lulic perché il centrocampista bosniaco, qualche minuto dopo la prodezza, andava sulla riga di porta a respingere miracolosamente la conclusione di Insigne, destinata al gol. Finiva con il trionfo dei biancocelesti in mezzo al prato e con gli azzurri, sconfitti e delusi, che vagavano come mosche e fishiati dal pubblico. Una notte speciale per la Lazio che ha conquistato l'ottava finale della sua storia, che ha dato già un senso concreto a una stagione speciale. E' stata anche la grande notte di Stefano Pioli che ha centrato il primo obiettivo. Una qualificazione giocata con sagacia, concentrazione e spirito di sacrificio assoluto, come aveva chiesto l'allenatore. Il primo tempo è stato bloccato dalla paura di sbagliare e di subire gol. La squadra laziale è apparsa troppo timida e compassata, incapace di conferire velocità alla manovra con Biglia che giocava sulla linea dei centrali difensivi. A centrocampo né Cataldi, né Parolo riuscivano a verticalizzare anche per l'ottima disposizione tattica dei partenopei. Benitez conteneva molto bene le fasce, mandando a raddoppiare e persino a triplicare su Anderson e facendo braccare Candreva. Gara tattica e soporifera nei ritmi, con il Napoli a gestire la situazione favorevole per il gol segnato all'andata. I biancocelesti troppo lenti nella circolazione della palla, prevedibili nei fraseggi, spesso fallosi nei passaggi, raramente riuscivano a portare avanti una manovra avvolgente.
Avaro lo spettacolo, scarne le occasioni e partita che, avendo assunto una connotazione tattica molto marcata, non decollava anche perché la posta in palio era troppo alta e nessuna delle squadre voleva concedere il benché minimo vantaggio. Un diagonale di Candreva, di poco a lato, e una punizione, finita sul palo, di Gabbiadini erano gli unici bagliori di una prima frazione senza squilli e molto equilibrata. In avvio di secondo tempo Pioli cambiava le fasce di Candreva e Anderson, nell'intento di conferire maggiore vivacità e incisività al gioco. Poi ridisegnava l'assetto inserendo Mauri al posto di Cataldi, passando al 4-2-3-1, quindi mandava dentro anche Lulic. La sfida usciva da torpore fisiologico, lievitando nei ritmi e nelle geometrie, Biglia avanzava di qualche metro il suo raggio d'azione entrando con maggiore frequenza nel cuore della manovra. Anche Anderson si scuoteva puntando e superando avversari con dribbling in velocità. Una Lazio che appariva più tonica e determinata alla ricerca di quella rete che poteva cambiare il destino della qualificazione. Gli azzurri non restavano a guardare e la partita regalava squarci di bel calcio, capovolgimenti di fronte, azioni rapide, brividi e situazioni importanti per sbloccare il risultato. Con il passare dei minuti saliva la tensione e diminuiva la lucidità. La Lazio, però, prendeva al guinzaglio la gara e Lulic aveva la palla del match ma il colpo di testa, su perfetto cross di Anderson, era debole e centrale su Andujar. Roba da mordersi le mani. La squadra di Pioli piantava le tende nella metà campo napoletana, cercava con pervicacia la rete che trovava meritatamente con lo stesso Lulic, sempre su servizio di Anderson. Era l'apoteosi di una serata da ricordare che ha portato la Lazio in finale di Coppa Italia (traguardo che vale anche la finale di Supercoppa Italiana). Ancora da decidere la data, che dipenderà dal cammino che effettuerà la Juventus in Champions League. Per adesso è fissata al 7 giugno ma potrebbe slittare.
Tratte dal Corriere dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
Ballavano e cantavano "So' già du ore", l'inno di Aldo Donati. Eroica, leggendaria Lazio. E' stata festa grande sul campo del San Paolo. Tutti abbracciati al mago Pioli. Ha raggiunto la prima finale della sua carriera da allenatore, ha regalato un assegno da cinque milioni di euro a Lotito in attesa della volata per la Champions. Stagione formidabile. Si giocherà la Coppa Italia all'Olimpico e poi la Supercoppa (forse in Cina) ad agosto con la Juve di Allegri. Una doppia finale conquistata attraverso novanta minuti da stratega, l'asso Lulic calato a venti minuti dalla fine per piegare Benitez. Può essere la volta buona, aveva spiegato Pioli a Formello. Diceva che sarebbe servita la zampata vincente. Aveva previsto tutto. "Lulic asso di Coppa? Sì, ci sta, anche se va sottolineata la prestazione dell'intera squadra. Abbiamo sofferto e lottato con un Napoli veramente forte. Grande partita. Ci credevo. Meritavamo la finale dopo un percorso lungo, avevamo vinto con Milan e Torino fuori casa" ha spiegato il tecnico emiliano prima di entrare nell'analisi della partita.
Lulic era rimasto in ballottaggio con Candreva sino a poche ore dalla semifinale. "Ho tante possibilità di scelta, volevamo rimanere compatti, all'inizio ho optato per un vertice basso del centrocampo, quando ho visto che si poteva forzare sono passato al 4-2-3-1. Sono partito con giocatori importanti e altrettanti ne avevo in panchina. Giusto utilizzare tutti. La partita è venuta fuori come l'avevamo preparata. Ci sono stati momenti, quando abbiamo perso le distanze a centrocampo, in cui abbiamo anche rischiato. Faccio i complimenti ai miei giocatori. Non era semplice eliminare il Napoli vincendo al San Paolo. La mia squadra è cresciuta tanto come forza mentale. Ora non si spaventa". Si giocherà con Allegri il titolo di miglior allenatore della stagione. La Juve in finale di Champions provocherebbe l'anticipo dell'ultimo atto della Coppa Italia dal 7 giugno al 20 maggio. "Auguro ai bianconeri di arrivare in fondo e di vincere la Champions. Concludiamo il campionato con Samp, Roma e Napoli. Una finale il 20 maggio entrerebbe dentro un periodo molto intenso, ma credo che le motivazioni possono permettere di superare la fatica".
Ha sgretolato lo scetticismo, è l'idolo dei tifosi che avevano accompagnato la Lazio a Termini e ieri notte erano ad aspettarla a Formello. "Ci hanno dato una carica incredibile. Con i tifosi accanto siamo più forti. E' un piacere aver trovato questo sostegno. Insieme andiamo avanti così. Dall'ambiente ho avuto grandissimo rispetto, forse il mio nome non era altisonante, ma sono stato giudicato solo per il lavoro. Devo dire che dall'inizio del ritiro mi ero accorto delle grandi qualità della Lazio. Ne ho avuto consapevolezza al rientro dei giocatori dal Mondiale. Grandi valori tecnici, ma anche professionali". Pioli si è fermato e ha sospirato. "Non abbiamo vinto ancora niente. Dobbiamo portare a casa il massimo e raggiungere l'obiettivo della qualificazione europea, non ancora certa. Ora rituffiamoci sul campionato. Ci aspetta l'Empoli, una squadra fresca, riposata, ci creeranno diversi problemi". Allena un gruppo formidabile. "Il Napoli è una grande squadra, in campionato sta facendo fatica, ma ha tanta qualità davanti. Si affrontavano due squadre simili per valori. Giocatori bravi in fase offensiva. Noi siamo all'inizio del nostro percorso, alleno giocatori fantastici. Basta guardare come Klose e Biglia sono disposti a sacrificarsi. Lo spirito sta facendo la differenza". Tra secondo posto e Coppa Italia, non ha scelto. Pioli vuole tutto. "Quando dico che dobbiamo provare a tirare fuori il massimo dalla stagione significa provare a pensare di vincere tutte le partite sino alla fine. Dipenderà da noi. Ora penso all'Empoli, alla prossima partita, a pensare di superare chi ci sta davanti. Ragionando così, una partita alla volta, siamo arrivati a questo punto. E' opportuno continuare a ragionare così". Ha ragione il tenente Pioli.
Ancora tu, benedetto ragazzo. In finale con Lulic, lo specialista della Coppa Italia. Ha colpito ancora segnando il gol decisivo al 79', otto minuti dopo il minuto 71', il più celebre ed evocato della storia laziale. L'ha portata Lulic la Lazio nella doppia finale, in Coppa Italia e in Supercoppa italiana. L'ha trascinata Lulic entrando e bucando il Napoli, togliendogli un gol fatto sulla linea. E' l'uomo, l'asso di Coppa. E' sempre Lulic, l'eroe del destino, l'eroe del 26 maggio, di quel derby per sempre, indimenticabile, irripetibile: "E' importante, siamo in finale! E' stata una grande prestazione, è ciò che volevamo". Dal minuto 71 al minuto 79, è sempre la sua ora in Coppa Italia: "Quella lì è una cosa che non si ripete, adesso guardiamo avanti, continuiamo così sino alla fine della stagione, vogliamo migliorare la serie delle vittorie, abbiamo giocato bene". L'avvertimento alla Juve è già lanciato: "Non è imbattibile. Sicuramente è la squadra più forte d'Italia, se andremo avanti così questo ritmo ce la giocheremo la finalissima". E' entrato in corsa, ha atteso l'attimo fuggente, lo sa cogliere al volo. Ha regalato un'altra zampata col piede fatato: "Giocare dall'inizio? E' andata così, perfettamente. Spero di ritrovare il ritmo e la migliore condizione gara dopo gara, anche giocando spezzoni di partita". Pioli non vedeva l'ora di rilanciarlo dopo lo stiramento accusato dal bosniaco il 5 gennaio contro la Sampdoria. L'ha perso per due mesi e passa, l'ha ritrovato nel periodo più giusto, quello decisivo. Il 26 maggio può associarsi al 7 giugno, al giorno della nuova finale di Roma (salvo anticipi). Lulic aveva fatto le prove generali con la Bosnia, regalando tre gol a Dzeko durante la settimana dedicata alle Nazionali. E' tornato a Roma senza chiedere spazio, meritandolo, ottenendolo. Ballano in campo, ballano abbracciati i biancocelesti e cantano l'inno della Lazio, questa è una vera squadra col cuore. Lulic è festeggiato, celebrato, osannato in mezzo al cerchio. Pioli ci ha sempre creduto e l'ha sempre detto. Ci è arrivato in fondo indovinando le mosse in corsa, preparando il piano e attuandolo, costruendo una Lazio cangiante, impermeabile, capace di adattarsi agli avversari e agli eventi. Meno spregiudicata, più equilibrata. Con un Lulic in più. Andrebbe blindato, aspetta l'adeguamento, forse è bene riallacciare i nodi della trattativa, il rinnovo non può mancare. Una Coppa Italia, quella preziosa come un diamante per sempre, l'ha già vinta. La Capitale l'ha già cambiata. La storia vuole ridire gloria e Lulic. Non è nato a Roma, è diventato un romano, è entrato nei capitoli dedicati agli eroi.