27 settembre 2015 - Campionato di Serie A - VI giornata - inizio ore 15.00
HELLAS VERONA: Rafael, Pisano, Moras, Helander, Souprayen, Greco (61' Bianchetti), Viviani, Hallfredsson (76' Matuzalem), Sala, J. Gomez (55' Wszolek), Jankovic. A disposizione: Coppola, Gollini, Albertazzi, Winck, Zaccagni. Allenatore: Mandorlini.
LAZIO: Marchetti, Basta, Mauricio, Gentiletti, Lulic, Biglia, Parolo, Felipe Anderson (82' Hoedt, Milinkovic, Kishna (61' Mauri), Djordjevic (61' Keita). A disposizione: Berisha, Guerrieri, Radu, Patric, Braafheid, Seck, Cataldi, Onazi, Morrison. Allenatore: Pioli.
Arbitro: Sig. Giacomelli (Trieste) - Assistenti Sigg. Crispo e Gava - Quarto uomo Sig. Vuoto - Assistenti d'area Sigg. Calvarese e Ghirsini.
Marcatori: 33' Helander, 63' Biglia (rig), 85' Parolo.
Note: espulso all'81' Mauricio per doppia ammonizione. Ammonito al 13' Hallfredsson, 25' Mauricio, 67' Lulic, 78' Sala, 91' Parolo. Angoli: 3-10. Recuperi: 1' p.t., 5' s.t.
Spettatori: 16.591 di cui 3.383 paganti e 13.208 abbonati per un incasso totale di euro 231.322,38.
La Gazzetta dello Sport titola: "Oh sì, riecco l'euro-Lazio. In 10 mette k.o. il Verona. Va in svantaggio quando sta giocando meglio ma non s'arrende e rimonta con un rigore di Biglia e poi con Parolo dopo il rosso a Mauricio".
Continua la "rosea": La Lazio è viva e lotta insieme a chi insegue Inter e Fiorentina: da ieri è tornata a respirare l'aria di lassù, al ritmo di un cammino che non conosce pareggi e soprattutto con nuove consapevolezze. La prima: forse è guarita dalla trasfertite, e proprio dove non vinceva da 24 anni contro il Verona (ottobre '91) e dove un mese fa aveva preso quattro pappine dal Chievo. Stavolta non si è buttata giù né quando si è sentita danneggiata per un gol annullato dopo 4' (perché?) e un rigore non concesso dopo 8' (trattenuta di Helander su Felipe Anderson); né quando ha preso gol pur da padrona della partita, con in più il sospetto di azione viziata da un fuorigioco influente di Jankovic; né quando si è ritrovata in dieci per l'espulsione di Mauricio. Anzi, proprio in inferiorità numerica e con meno di un quarto d'ora a disposizione, ha trovato la forza di vincere la partita: giocando sulla stanchezza e le precarietà di un Verona prostrato dai suoi limiti di organico, più che caratteriali. E' vero che finora il calendario non gli ha dato una mano, ma la classifica brucia - in Serie A il Verona non partiva così male dalla stagione '89-90 - e i numeri scottano: la squadra di Mandorlini non vince da otto partite, prende gol da 13 gare di campionato e segna praticamente solo su palle inattive (4 su 5).
Stavolta non gli è bastato neanche riuscire finalmente a trovare la via del gol nel primo tempo, ma quello che preoccupa di più, in prospettiva, è l'ulteriore allungarsi della già infinita serie di indisponibili, con Gomez, Greco e forse Hallfredsson (ricaduta). Altro che bende e cerotti di cui il tecnico aveva parlato sabato: non il massimo quando già a inizio ottobre si ha il fiatone di chi è costretto a inseguire. Quello che ieri si è ritrovata a dover fare la Lazio, che però al festival degli assenti si era iscritta con qualche carta in più. Si è visto nella ripresa, quando Pioli se l'è giocate bene per aiutare la Lazio a fare la faccia più cattiva e a cogliere meglio gli attimi. Nel primo tempo aveva vissuto sulle ritrovate geometrie di Biglia, il cui rientro ha inciso molto più di quello di Hallfredsson, ma aveva chiuso il Verona, costringendolo ad una partita ancor più speculativa, senza mai fargli male fino in fondo: troppo intermittenti nel 4-2-3-1 i tagli in area di Anderson e Kishna e imperfetti i sincronismi dei movimenti di Milinkovic e Djordjevic, perché il serbo non è centravanti da pura profondità e più di una volta i due hanno finito per ritrovarsi a gravitare sulle stesse zolle.
Senza Toni, Pazzini e Siligardi, Mandorlini aveva "reinventato" Gomez punta centrale e trovato l'1-0 dopo una sua traversa, con successiva correzione in rete di Helander. Ma il Verona è squadra troppo abituata ad avere un centravanti come punto di riferimento offensivo: perso anche l'argentino, e costretto ad adattare Wszolek al doppio ruolo di corridore e attaccante, il tecnico si è visto rovinato il piano prima ancora che il 5-3-2 studiato come sistema d'emergenza avesse il tempo di assestarsi. Perché nel frattempo Pioli aveva scelto il 4-3-3 e il lato su cui scoprire il fianco del Verona e poi colpirlo: sulla sua destra, con Keita largo e in asse con un Lulic molto più padrone della fascia. Tempo un minuto dal suo ingresso in campo e lo spagnolo si è preso rigore puntando secco Sala; tempo cinque minuti dall'espulsione di Mauricio, e ha pagato anche la scelta del tecnico laziale di lasciare tre uomini offensivi contro i tre centrali del Verona (4-2-3): Milinkovic da finto centravanti si è preso punizione, la premiata ditta Biglia-Parolo l'ha trasformata nel gol vittoria.
Il Corriere dello Sport titola: "Il colpo. Biglia e Parolo gol ecco la vera Lazio. Con il Verona rimonta in inferiorità (espulso Mauricio). Helander illude, poi decidono i due centrocampisti".
Prosegue il quotidiano sportivo romano: Rabbiosa e infinita, è tornata la Lazio di Biglia e Pioli, quella che sognava la Champions. Forse non è un caso, perché alla voglia di rialzarsi dopo la crisi di fine estate e il doppio cappotto con Chievo e Napoli, si è aggiunto il recupero del play argentino, fondamentale per interpretare un certo tipo di calcio. Come spirito, mentalità, voglia di pressare e di controllare la partita, s'è rivista la squadra della passata stagione. Ha dominato e attaccato per novanta minuti, inseguendo una vittoria acciuffata all'ultima curva. Primo colpo esterno in rimonta e segnando il gol decisivo in dieci, dopo l'espulsione di Mauricio, a quattro minuti dal termine. Dopo 24 anni la Lazio si è imposta al Bentegodi sul Verona, ancora a digiuno di vittorie. Mandorlini si giocherà la panchina nel derby con il Chievo: senza Toni e Pazzini, ha giocato nell'unico modo possibile. Tutti dietro, cercando di capitalizzare quel gol di Helander, nato da un calcio piazzato, su cui ha costruito la partita. E' andata a finire male, perché nel calcio esiste una giustizia divina e sarebbe stata una beffa perdere o anche solo pareggiare per la Lazio. Si è giocato in una sola metà campo, quella del Verona.
E' stata durissima per la Lazio per le sviste dell'arbitro Giacomelli. Al quarto minuto ha annullato un gol regolarissimo di Djordjevic, sugli sviluppi di un angolo, capovolgendo una trattenuta di Souprayen su Gentiletti. Al nono non ha concesso un rigore clamoroso a Felipe Anderson, liberato da un lungo lancio di Biglia, e steso da Helander quando era davanti a Rafael. Mandorlini aveva disposto il Verona con un 4-1-4-1 dedito alla copertura. Juanito Gomez riferimento offensivo, Sala cercava di contrastare Lulic e Jankovic correva dietro a Basta. La Lazio attaccava senza trovare spazi e occasioni, anche perché davanti mancava il movimento e Milinkovic, invece di assistere Djordjevic e farsi trovare dentro l'area, veniva risucchiato sulla fascia. Felipe perdeva palla (ben 13 nel primo tempo, 30 in totale) e non dava ampiezza al fronte offensivo. Kishna crossava dalla sua mattonella a sinistra, a destra si cercava solo l'incursione di Basta: l4 cross, neppure uno del brasiliano, 4 tiri in porta nonostante il 64% di possesso palla. Predominio sterile e persino il gol irregolare del Verona. Troppo passiva la linea biancoceleste sul calcio di punizione di Viviani. Traversa di Gomez, ostruzione di Jankovic su Marchetti, colpo di testa ravvicinato di Helander e rete. Dopo l'intervallo la Lazio ha raddoppiato gli sforzi e le energie, il Verona si è chiuso ancora di più. Felipe ha tentato il bis dopo il gol pazzesco con il Genoa, Moras ha parato il sinistro a colpo sicuro di Djordjevic. Sembrava una maledizione. Mandorlini ha inserito Bianchetti ed è passato alla difesa a tre.
Pioli ha richiamato Kishna e Djordjevic, ha messo Keita e Mauri, passando dal 4-2-3-1 iniziale al 4-3-3. E' bastato un minuto allo spagnolo per scattare sulla fascia sinistra e creare la superiorità. Ha dribblato Sala, che lo ha steso. Rigore trasformato da Biglia, a segno sullo stesso campo dove aveva realizzato il suo primo gol in Italia. Quel gol ha sbloccato la Lazio, che non aveva ancora segnato in trasferta. Mauri per due volte ha alzato di sinistro sopra la traversa, Lulic spingeva come una furia, Moras è stato autore di un altro salvataggio sulla linea. Quando il Verona è riuscito a ripartire in contropiede, Mauricio (già ammonito) ha combinato la frittata, atterrando Wszolek e prendendo il rosso. La Lazio è rimasta in dieci nell'ultimo quarto d'ora (compreso recupero), ma non si è fermata e ha continuato ad attaccare. Pioli ha tolto Felipe e aggiustato la difesa con Hoedt. Al 41' fallo al limite conquistato da Milinkovic. Tocco di Biglia e siluro di Parolo nell'angolo. La barriera del Verona si è aperta come se fosse stata colpita da una spallata. Impossibile resistere a questa Lazio indomabile.
Il Messaggero titola: "Lazio, rimonta da tre punti. I biancocelesti passano in 10 a Verona dopo aver subito la rete di Helander. Biglia su rigore e Parolo firmano il primo successo lontano da Roma".
Prosegue il quotidiano romano: C'è voluto uno sforzo incredibile e un Biglia con lo smoking per far capitolare Giulietta. E così in un colpo solo la Lazio sfata due tabù: quello che la vedeva mai vincente al Bentegodi dal 1991 e soprattutto il terribile mal di trasferta che quest'anno l'ha vista sempre sfigurare lontano dall'Olimpico. Tre punti che equivalgono ad una potentissima iniezione d'adrenalina se sommata al successo di mercoledì contro il Genoa. Un abbraccio che vale mille parole quello dei biancocelesti alla fine della gara. Tutti a schiaffeggiare amichevolmente il man of the match Parolo e a stringere forte più che mai il tecnico Pioli, come a dire: "Siamo tornati un gruppo vero". A raccontarla così sembrerebbe una gara che alla fine poi tanto complicata non è stata. Ed invece no, perché oltre ad essere stata una partita difficilissima ci si è messo anche l'arbitro Giacomelli a tentare di fare lo sgambetto alla Lazio, annullando un gol regolare e non assegnando un rigore, e i soliti svarioni difensivi. Ma stavolta sotto il balcone dell'incrollabile Giulietta si è presentato un Principito vestito a festa che aveva tanta voglia di tornare protagonista. Ha preso per mano i giovanotti con la maglia biancoceleste che sgambettavano in lungo ed in largo. Ha servito palle al bacio per lo svagato Djordjevic e quando è stato necessario ha distribuito la giusta sicurezza all'intera squadra. Che la sua assenza stesse diventando più sanguinosa che mai era lampante.
Un ritorno che ha ridato solidità alla squadra nel momento più importante della stagione. Ci mette tutta la rabbia e la voglia del mondo nello scagliare quel pallone sotto la traversa dagli undici metri. Torna al gol Lucas proprio nello stadio dove aveva segnato la sua prima rete in serie A. Poi è sempre lui che tocca per la bastonata di Parolo che rompe un incantesimo lungo 24 anni. Una vittoria in rimonta che vale 6 punti per la Lazio, per come è arrivata e perché rappresenta una potente cura ai mali d'inizio stagione. Certo i biancocelesti hanno fatto molta fatica a bucare la difesa del Verona e ci sono riusciti grazie a due calci da fermo. Eppure la mole di occasioni da gol create e i numerosi calci d'angolo battuti raccontano di una gara giocata ad una sola porta. Ma ogni sforzo s'infrangeva sull'inconcludenza dei ragazzi di Pioli. Troppo leggero e svagato Djordjevic che litiga con il pallone ed è quasi sempre fuori posizione. Unica scusante la condizione fisica: la caviglia fa ancora male. Mercoledì aveva giocato sulle ali della rabbia, ieri il dolore è stato più forte. Senza una punta capace di pungere però ci hanno pensato i tanti giovanotti mandati in campo da Pioli. Anderson come al suo solito si è illuminato ad intermittenza risultando sempre il più pericoloso dei suoi. E per poco non imita se stesso con un sontuoso tiro a giro che esce di un soffio.
Milinkovic sta crescendo e pian piano sta imparando a conoscere il campionato italiano. Suo il guizzo che regala la punizione decisiva. E poi Keita che, entrato a gara in corso, ha messo in campo la giusta rabbia e la determinazione necessaria. Sintomo che il ragazzino che pestava i piedi quando partiva dalla panchina sta diventando un uomo. Non segna ma ci mette lo zampino fondamentale andandosi a prendere un calcio di rigore proprio quando la palla sembrava non voler entrare nemmeno spinta con le mani. Ancora una volta, però, la nota stonata arriva dalla difesa, da polli il gol preso nel primo tempo. Tutti a guardare la palla mentre i giocatori del Verona giocano a colpire la traversa. E dai e dai alla fine entra. E pensare che i gialloblu senza Toni e Pazzini adattano Jankovic in quel ruolo: risultato pessimo. Eppure la Lazio è specialista nel complicarsi le situazioni e Mauricio ci mette tanto beccandosi stupidamente il rosso nel momento più difficile. Il migliore è l'adattato Lulic. Poteva essere l'ennesima Caporetto, è stato invece un successo che serve a dare fiducia ad un gruppo di ragazzi fragili. Contava vincere. Brutti, sporchi e cattivi: il bello sta proprio qui.
Tratte da Il Messaggero, alcune dichiarazioni post-gara:
L'ultima volta che si era seduto su quella stessa sedia la sua faccia raccontava decisamente altro. Era un Pioli avvilito per i quattro gol presi contro il Chievo e per quella eliminazione dalla Champions, che aveva lasciato una ferita profonda. Trentaquattro giorni dopo invece il tecnico della Lazio entra nella sala stampa del Bentegodi a testa alta e con il piglio di chi sa che adesso può dire la sua, ma non è ancora tempo di togliersi sassolini dalle scarpe. Per quello ci sarà tempo. Per ora si gode questi tre punti pesantissimi e si coccola i suoi ragazzi. Significativo in tal proposito l'abbraccio lunghissimo a fine partita: "E' figlio della nostra situazione, per dimostrare chi siamo veramente. Per noi di positivo c'era solo la vittoria, siamo esseri umani anche noi, abbiamo sofferto tutti per questo periodo. Non prendiamo nulla alla leggera, siamo orgogliosi e siamo soddisfatti per questa prestazione. Vogliamo far felici i tifosi e il presidente, era giusto gioire così. Ora recuperiamo le energie e cerchiamo di chiudere bene questo periodo fino alla sosta". Sul prato di Verona si è visto finalmente quel carattere che troppe volte era mancato ai biancocelesti in questo inizio di stagione e che aveva fatto sì che alla fine si uscisse dal campo sempre con una sonora sconfitta.
Stavolta non è stato così e nemmeno il rocambolesco gol di Helander ha piegato la voglia dei ragazzi di Pioli che sono rientrati sul terreno verde 5 minuti prima del previsto. Il tecnico rivela come li ha motivati all'intervallo: "Alla ripresa ho detto di continuare a giocare così, di continuare a crederci perché ero sicuro di vincere. Abbiamo messo in campo una prova insufficiente con il Chievo, dovevamo dimostrare di non essere quella squadra. Ora pensiamo alla prossima partita, dobbiamo ancora crescere molto". Sorridono i suoi ragazzi. Questa vittoria fa schizzare a mille il morale della Lazio. Pioli stringe i pugni perché sa che il lavoro alla fine paga sempre: "Abbiamo avuto sempre la consapevolezza delle nostre qualità. Lavoriamo tutti i giorni a Formello, è cambiato solo il fatto di aver dormito lì. E' servito non dal punto di vista fisico, ma per confrontarci, per capire le cose da migliorare. Non credo sia il ritiro che fa la differenza, vorrebbe dire avere dei giocatori e un allenatore non professionali". Ritiro o no la Lazio è tornata a volare in alto. E il merito è sicuramente di Pioli.
Il grande protagonista è stato lui, Lucas Biglia. Un ritorno alla grande. Dall'alto della sua esperienza e personalità ha comandato le operazioni per tutta la durata della partita. Il capitano ha catalizzato ogni pallone, ne ha giocati una quantità incredibile e sempre con dovizia di particolari. E' tornato dopo oltre un mese di assenza per infortunio e c'era qualche perplessità, di ordine fisico, sulla necessità di farlo giocare già contro il Verona. Ma il centrocampista ha fugato ogni dubbio, dimostrando di aver smaltito il problema. E' subito entrato sia in partita, che nel cuore della stessa: i compagni l'hanno cercato e lui si è sempre fatto trovare pronto a gestire le situazioni. Poi ha anche trasformato il rigore che ha cambiato faccia al match e avvicinato la Lazio al successo. "Abbiamo ricevuto delle critiche che non meritavano, ma abbiamo dimostrato di essere forti. Non temevamo questa trasferta e, nonostante lo svantaggio, la squadra avrebbe meritato di andare al riposo almeno in parità. La nostra vittoria è stato il giusto risultato di questa partita, che la Lazio ha comandato a lungo, dimostrando le proprie qualità: è uscito fuori il carattere della squadra, siamo felici dei tre punti pur sapendo che dovremo continuare a lavorare tanto. Vogliamo arrivare più in alto possibile in campionato, personalmente ho faticato un poco a trovare il ritmo, perché avevo svolto soltanto tre allenamenti con i compagni. E' logico che debba ritrovare la migliore condizione fisica, però sono soddisfatto di quello che sono riuscito a fare". Il Biglia ritrovato ha fatto contenti Pioli, compagni e tifosi, perché la sua presenza è troppo importante per lo sviluppo della manovra. Ma l'argentino ha anche parlato del suo futuro, chiarendo la posizione. "Una mia partenza? Sono solo voci, non ha mai detto che alla Lazio non ero felice. Le persone sentono le voci ma io sono qui e voglio fare bene con questa maglia. Dobbiamo continuare a vincere per migliorare e crescere ancora, è quello che vogliamo tutti".