22 gennaio 2017 - Torino, Juventus Stadium - Campionato di Serie A, XXI giornata - inizio ore 12.30
JUVENTUS: Buffon, Lichtsteiner, (75' Barzagli), Bonucci, Chiellini, Asamoah, Pjanic, Khedira, Cuadrado, Dybala (81' Rincon), Mandzukic, Higuain (87' Pjaca). A disposizione: Neto, Audero, Hernanes, Dani Alves, Rugani. Allenatore: Allegri.
LAZIO: Marchetti, Patric, de Vrij, Wallace, Radu (60' Lukaku), Parolo, Biglia (60' Djordjevic), Milinkovic-Savic, Lombardi (66' Murgia), Immobile, Felipe Anderson. A disposizione: Strakosha, Vargic, Hoedt, Bastos, Luis Alberto, Leitner, Vinicius. Allenatore: S. Inzaghi.
Arbitro: Sig. Massa (Imperia) - Assistenti Sigg. Passeri e Marzaloni - Quarto uomo Sig. Barbirati - Assistenti d'area Sigg. Tagliavento e Celi.
Marcatori: 5' Dybala, 16' Higuain.
Note: ammonito al 19' Radu, al 26' Immobile, all'83' Parolo. Angoli 1-4. Recuperi: 2' p.t., 3' s.t.
Spettatori: paganti 14.004 per un incasso di Euro 836.455, abbonati 24.964 per una quota di Euro 1.0094.756.
La Gazzetta dello Sport titola: "Rivoluzione vincente: annullata la Lazio. Una Juve mai vista col 4-2-3-1 sorprende Inzaghi, cancella il passo falso di Firenze e si rimette in corsa".
Continua la "rosea": Le rivoluzioni nascono, anÂche, dalla rabbia. Le rivoÂluzioni nascono dallo scontento e da idee che quasi sempre possono sembrare utopia, anche a chi le pensa. Il Conte Max era arrabbiato e scontento: con la critica, con la squadra e forse anche un po' con se stesso. E nei giorni di disagio, un mattino ha estratto dal cilindro l’idea che, lo ha ammesso, a tratti pareva balzana pure a lui. E invece è uscita una Juventus 2.0 che piace e soprattutto apre nuovi scenari. Una Juventus mai vista, per il sistema di gioco (4Â-2Â-3Â-1) e per il fatto che ha fatto giocare per la prima volta insieme Pjanic, Dybala, Cuadrado, Mandzukic e Higuain. Contro la Lazio questa Juve inedita poteva stravincere o prendere un’imbarcata. Ha stravinto, e molto piĂą di quanto dica il 2Â-0 finale a firma dei soliti noti. Dybala & Co. potevano segnarne almeno il doppio di gol, la Lazio non è mai esistita. Fiorentina messa alle spalle, ma adesso piano con gli elogi sperticati. Urgono conferme, perchĂ© alla squadra di Inzaghi, nonostante sia quarta, contro le grandi viene sempre il braccino (solo un punto col Napoli, in trasferta) e perchĂ© bisognerĂ vedere come reagirĂ la Signora a trazione anteriore di fronte a ritmi piĂą alti. Ma intanto è apparsa solida, potente e sicura di sĂ© e, come detto, con un potenziale enorme per sviluppo di gioco e intercambiabilitĂ dei giocatori. Il segreto di questo nuovo impianto è stato l’equilibrio. Nonostante l’evidente sbilanciamento in avanti, la Juve non ha mai perso le distanze tra reparti, ha trovato negli esterni il perno di tutto il gioco. Cuadrado a destra e Mandzukic a sinistra, tornato all’"infanzia" quando giocava lì, hanno interpretato la doppia fase offesa-copertura a centrocampo in modo eccellente.
Il croato ha recuperato come sa un sacco di palloni e in attacco è stato subito fondamentale con la torre-assist per il delizioso gol al volo di Dybala. In mezzo, Khedira ha fatto un po' fatica, Pjanic invece pian piano è salito in cattedra e non ha sbagliato un pallone. Con la difesa solida e i terzini che spingevano come gregari in fuga, facile mettere la partita in discesa. Al 16’ Higuain ha infilato di prepotenza la sua vittima preferita (12 gol in 8 sfide di A con la Lazio) sfruttando il cross di Cuadrado e il sonno di de Vrji. Oddio, un po’ tutta la Lazio era in sonno. Inzaghi sarĂ rimasto sorpreso dalla rivoluzione di Allegri e non ha trovato contromisure, certo è che la sua squadra non poteva rendere la vita piĂą facile alla Juve. Davanti a una squadra apparentemente sbilanciata, avrebbe dovuto usare metodi che tra l’altro conosce bene: pressing e ripartenze veloci. Invece niente: a centrocampo Biglia è stato ubriacato da Dybala, stupendo nel raccordo tra centro e attacco, Parolo ha perso il duello con Pjanic e il solo MilinkovicÂ-Savic ha cercato di sfruttare la superioritĂ con Khedira ma nessuno lo ha aiutato. NĂ© Anderson, che si è svegliato solo nel finale, nĂ© Lombardi, oscurato da Asamoah. Le ripartenze, così, poche e mai convinte. Ha impresso piĂą velocitĂ la Juve che ha tenuto il pallino del gioco che la Lazio quando provava a sorprendere. Si sono viste partite piĂą spettacolari, senza dubbio. Ma è difficile trovare la bellezza in una sfida se gioca una squadra sola. E stavolta, davvero, non si può dire nulla ad Allegri sul bel gioco. Il tecnico è stato molto bravo a far assimilare in pochi giorni la filosofia rivoluzionaria. Manduzkic è stato il suo totem. Ma con questo sistema sono in tanti a potersi esaltare e intercambiarsi. Per dire, Pjanic può giocare sia nei due davanti alla difesa che nei tre dietro al Pipita.
Pjaca può diventare una validissima alternativa negli esterni. Marchisio è perfetto per essere uno dei due guardiani, il Rakitic della situazione. E Rincon il valido mastino a fianco. Vedremo. Intanto, cambiano i sistemi ma non le caratteristiche forti della squadra, che si conferma solida in difesa, invincibile in casa (allunga il record a 27 vittorie consecutive) e come spesso le accade micidiale nei primi 15-20 minuti. Due tiri in porta e due gol, e un paio diciamo sfiorati (se non mangiati) da Dybala. La Lazio uno solo, telefonato, in tutta la gara. Inzaghi nella ripresa ha provato a reagire cambiando quasi subito Biglia e Radu, i peggiori, e inserendo una punta in più, Djordjevic, e poi Murgia per Lombardi. Ma è cambiato poco o nulla. Contro questa Juve ci vogliono altri ritmi. E non soffrire di braccino.
Il Corriere dello Sport titola: "Dybala-Higuain, bastano 16’. Un terribile uno-due mette ko la lazio. Che poi si riprende ma non insidia mai Buffon".
Prosegue il quotidiano sportivo romano: Poco più di un quarto d’ora per costruire il successo, dimenticare Firenze, ribellarsi alle critiche: sono Dybala e Higuain a fulminare la Lazio, sorpresa in avvio dall’aggressività bianconera e poi incapace di abbozzare una reazione. Allegri stupisce con la trazione anteriore, coraggiosa e in teoria rischiosissima: non solo schiera per la prima volta insieme Dybala, Higuain e Mandzukic, ma aggiunge Cuadrado alla linea dei trequartisti. Il modulo, inedito, è il 4-2-3-1, con Pjanic e Khedira a far diga in mediana e il Pipita terminale offensivo. Altissima qualità , inevitabili controindicazioni: per reggere, una formazione così, impone disciplina tattica e sacrificio. I dubbi svaporano in fretta, l’interpretazione è impeccabile, gli attaccanti in particolare impastano tecnica e grinta: Mandzukic è superbo, macina chilometri e non sembra avvertire stanchezza, lo vedi disegnare sponde in area biancoceleste e subito dopo azzannare dalle parti di Buffon, svestire i panni dell’esterno d’attacco e indossare quelli del terzino d’antan, ma sorprende per abnegazione anche Higuain, che demolisce lo stereotipo del centravanti old style, implacabile nei sedici metri però slegato spesso dal gioco. Anche l’argentino corre e rincorre, indietreggia e scambia, contrasta e sfugge. Quanto a Dybala, ad attraversare le linee è abituato: parte da lontano, cerca e trova profondità , peccato solo, dopo il bellissimo gol iniziale, scialacqui due ghiotte palle gol.
Meriti nitidi, quelli bianconeri, ma la Lazio, stavolta, appare inconsistente. Certo, l’uno-due iniziale pesa come un macigno, ma gli argini sono fragili e le ripartenze fiacche: Felipe non entra mai in partita, vaga spaesato per il campo senza tracciare una sola impronta, Biglia cincischia davanti alla difesa e fatica a capovolgere il gioco, Immobile è generoso ma intrappolato dalla maginot bianconera, reggono Milinkovic e Lombardi che però non possono cambiare passo alla squadra. Al netto della differente statura tecnica, la Lazio ha sulla coscienza un approccio imperdonabile: crolla già dopo cinque minuti quando Dybala, su sponda di Mandzukic, calcia di sinistro al volo e beffa Marchetti (tiro stupendo, però non c’è muro e il portiere è imperfetto nell’intervento), poi alza le braccia davanti a Higuain (16’) che s’avventa sul cross di Cuadrado e griffa il 2-0, confermando che per lui la Lazio è come un drappo rosso per un toro. Complicità sparse: il colombiano - devastante nelle accelerazioni, sfacciato negli slalom - non trova ostacoli quando pennella il cross, Pipita brucia sul tempo de Vrij e anche Wallace rimane di sasso. I ragazzi di Inzaghi hanno il merito di non scollarsi - dopo una partenza così, il pericolo d’andare in bambola è concreto - però non offrono la sensazione di poter riaprire la partita: è vero che non hanno fortuna nell’ultimo passaggio e che un contrasto di Asamoah su Lombardi potrebbe essere punito con il rigore, ma è un dato che a fine partita i guantoni di Buffon siano lindi. Si ricordano solo un’uscita di piede su Immobile, sul lato destro dell’area, e un paio di retropassaggi amministrati.
La Juventus, invece, non centra più lo specchio, ma di palle-gol ne confeziona molte altre: Dybala spreca clamorosamente due volte, Bonucci manda fuori d’un soffio, Pjaca nel suo spezzone appare dinamico ma non preciso, sbuca anche un gol di Higuain giustamente annullato per fuorigioco. Inzaghi prova a cambiare uomini e modulo, non riesce però a cambiare il risultato: gli resta la consapevolezza di un gap nitido, ma anche il rimpianto di un incipit insufficiente per concentrazione e cattiveria, decisivo per orientare la sfida. La Juventus - 27 vittorie di fila in casa - si ribella invece alle critiche e custodisce la vetta: ennesimo, forte segnale al campionato.
Il Messaggero titola: "La Juve boccia la Lazio. I campioni d’Italia superano agevolmente i biancocelesti che devono ancora rinviare la rincorsa all’altissima classifica. Dybala e Higuain sistemano la pratica nei primi 16 minuti gli uomini di Inzaghi non si rendono mai realmente pericolosi".
Prosegue il quotidiano romano: Il confronto è stato impietoso, a tratti imbarazzante. Troppo più forte la Juventus di questa Lazio sconfitta per 2-0. Ai bianconeri sono bastati cinque minuti per mettere subito in chiaro le cose e, di fatto, chiudere la partita. Un filo di gas per raddoppiare e poi per il resto della gara si sono limitati a controllare le deboli sfuriate dei ragazzi di Inzaghi. Inutile a quel punto la reazione laziale. La gara di ieri allo Stadium ha certificato, se ce ne fosse ancora bisogno, che tra le due squadre c’è un abisso di differenza. Un gap che richiede tanto lavoro per essere se non colmato, quanto meno ridotto. Una lezione di calcio, l’ennesima allo Stadium, da parte della Juventus alla Lazio che ormai in quel di Torino si eclissa ogni volta. A memoria non c’è partita dei biancocelesti nella "nuova" casa dei bianconeri che abbia regalato spunti positivi. Il copione è sempre lo stesso: Juve cannibale che con un paio di morsi sbrana i biancocelesti. Hanno sbagliato totalmente l’approccio alla gara gli uomini d’Inzaghi. Eppure le premesse lasciavano presagire qualcosa di meglio. L’ottima vittoria contro l’Atalanta sembrava aver regalato quel qualcosa in più. Niente, allo Stadium è sparito tutto.
Anderson è sembrato più spaesato che mai, il gigante Milinkovic, tra i migliori, schiacciato dai muscoli dei centrocampisti juventini, Immobile ingabbiato da Bonucci e Chiellini. Ciro prende anche il giallo e, diffidato, non ci sarà sabato contro il Chievo. Centrocampo fragile e con poche idee, per non parlare della difesa. Un pianto. Sulla corsia sinistra la Lazio regala discese libere agli slalomisti Cuadrado e Lichtsteiner. Non a caso i due gol nascono proprio da lì. Passino gli errori di Radu, Patric e Wallace, ma se a sbagliare è anche il pilastro de Vrij, che si lascia anticipare ingenuamente da Higuain, allora le speranze sono nulle. A chiudere Marchetti, che non salva mai i suoi. A dir poco goffo e lento il tuffo sul tiro dell’1-0 di Dybala. Marziani i bianconeri capaci di tradurre in furore agonistico le critiche piovutegli addosso dopo la sconfitta contro la Fiorentina. Una prova di forza quella dei ragazzi di Allegri, che bussano sempre più convinti alle porte del sesto scudetto di fila. Robe da fantascienza. Rabbia, voglia di vincere e pochissimi errori, nonostante Allegri avesse optato per un modulo definito scriteriato, ma che alla fine ha dato i risultati sperati. Bene l’esperimento di Pjanic mediano. Lezioni che la Lazio dovrebbe imparare in fretta.
La differenza, oltre che sul piano fisico e qualitativo, è stata soprattutto nella fame di palloni. I biancocelesti, oltre a sbagliare un numero infinito di passaggi e appoggi, non sono mai arrivati primi sulla palla né in prima battuta né sulla seconda occasione. L’unico a provarci un po’ più degli altri è Milinkovic, è suo il primo tiro della Lazio al minuto 25. Ai biancocelesti è mancata la cattiveria e soprattutto un leader capace di prendere per mano la squadra nei momenti più complicati della gara. Nemmeno i cambi di Inzaghi sono sembrati all’altezza. Lukaku improponibile su quella fascia. Così come Djordjevic in avanti. La Juve infila la vittoria numero 27 allo Stadium, che ormai non fa quasi nemmeno più notizia, e lancia un messaggio chiaro a Roma e Napoli.
Tratte dal Corriere dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
La delusione è profonda, Simone Inzaghi fatica a nasconderla, perché s’aspettava un’altra Lazio e invece non c’è stata partita. E’ finita dopo un quarto d’ora, la Juve era già sopra di due gol, gli altri 75 minuti sono stati quasi virtuali, servivano per arrivare in fondo ed evitare il cappotto. Hanno solo dato il senso dell’impotenza della Lazio a cui non bastava il massimo sforzo per riaprirla. Questa mattina, nello spogliatoio di Formello, ne parleranno. E’ la prima volta che la squadra di Inzaghi perde davvero, sovrastata e dominata. Simone dovrà in fretta rialzare i suoi giocatori. "Abbiamo regalato il primo quarto d'ora e poi abbiamo avuto la giusta reazione creando qualcosa, ma la partita purtroppo era andata". Sotto accusa l’approccio. Ecco la spiegazione. "Mancanza di cattiveria generale, non solo in difesa. Non dovevamo far calciare Dybala con tanta libertà e nemmeno far crossare Cuadrado. Sapevamo sarebbero partiti forti, sapevamo dell’impatto allo Stadium. I due gol hanno ammazzato la partita. Mi porto via la reazione e il secondo tempo, ma l'inizio no. Non so se sarebbe andata diversamente, ma ce la saremmo giocata di più anche perdendo. In certe situazioni il rischio è di mollare, almeno siamo rimasti concentrati sino alla fine".
Quei due gol non riesce a digerirli. "Non puoi venire qui e ritrovarti subito sotto per 2-0, mi sarebbe piaciuto un approccio diverso, non si può concedere il tiro a Dybala dai 25 metri, sul cross di Cuadrado potevamo fare meglio provando a impedire il cross e che loro arrivassero soli in area". Tutta la Lazio era ferma a guardare, ancora di più Felipe Anderson, ripreso più volta da Inzaghi quando transitava davanti alla panchina. Il brasiliano è stato travolto da Lichtsteiner, era distratto e senza mordente. Senz’anima anche Biglia, il capitano, sostituito al quarto d’ora della ripresa da Murgia. "E’ normale parlare di prestazioni individuali, ma tutti dobbiamo dare di più, una partita normale con la Juve non basta. Abbiamo sbagliato l’approccio, non era mai successo. Ci ritroveremo e vedremo dove abbiamo sbagliato. Sabato ci sarà un’altra partita con il Chievo". Un altro ko con le big e senza segnare. Facile parlare di ridimensionamento. Inzaghi prima ha provato ad attutire il colpo. "Questa ci servirà da lezione, ci sta di perdere con la Juve, ma all’andata avevamo perso in modo diverso, l’uno-due ha reso tutto più difficile". Poi è arrivata l’ammissione. "Un po’ di divario con le altre c’è, ma dopo 21 partite abbiamo 40 punti, ci troviamo davanti a Inter e Milan, costruite per altri obiettivi. Sono contento di allenare questo gruppo, c’è grande rammarico, perché avrei voluto giocarmela in un altro modo. In questo stadio la Juve ha battuto tutti".
Da salvare c’è il tentativo di riaprirla. "Per come era iniziata il passivo poteva essere più pesante, qualche situazione è stata creata, ricordo la palla di Milinkovic e poi di Lombardi, ci è mancata qualità nell’ultimo passaggio. Ci credevo, mi dispiace, i ragazzi li avevo visto convinti. E’ la prima volta che abbiamo perso meritatamente". Allegri ha sorpreso con la mossa Cuadrado. "Ci aspettavamo Dybala con due attaccanti, negli ultimi due giorni avevamo lavorato pensando al 4-3-1-2 della Juve, con Mandzukic e Cuadrado hanno fatto 4-2-3-1, ma ne avevamo parlato prima della partita, la squadra era pronta. Non contano i moduli, il problema è stato il primo quarto d’ora". Inzaghi ha dedicato l’ultimo pensiero ai tifosi laziali saliti allo Stadium. Erano un migliaio. "Mi dispiace per i tifosi, erano tantissimi. Fare un'analisi dopo aver preso due gol nei primi venti minuti non è facile, analizzeremo e capiremo dove abbiamo sbagliato. Dobbiamo farci scivolare questa sconfitta, in primis tocca a me, e ripartire. Subito testa al Chievo. Davanti al nostro pubblico possiamo dare il meglio come nel girone d'andata".