30 aprile 2017 - Roma, stadio Olimpico - Campionato di Serie A, XXXIV giornata - inizio ore 12.30
ROMA: Szczesny, Rüdiger, Manolas, Fazio (64' Perotti), Emerson Palmieri, De Rossi (73' Totti), Strootman, Salah, Nainggolan, El Shaarawy (46' Bruno Peres), Dzeko. A disposizione: Alisson, Lobont, Juan Jesus, Vermaelen, Mario Rui, Paredes, Grenier, Gerson. Allenatore: Spalletti.
LAZIO: Strakosha, Bastos, de Vrij (74' Hoedt), Wallace, Basta, Parolo, Biglia, Lukaku (43' Felipe Anderson), Milinkovic, Lulic, Keita (87' Djordjevic). A disposizione: Vargic, Adamonis, Patric, Radu, Murgia, Crecco, Luis Alberto, Lombardi. Allenatore: S. Inzaghi.
Arbitro: Sig. Orsato (Schio - VI) - Assistenti Sigg. Costanzo e Passeri - Quarto uomo Sig. Meli - Assistenti d'area Sigg. Damato e Di Bello.
Marcatori: 12' Keita, 45' De Rossi (rig), 50' Basta, 85' Keita.
Note: espulso al 92' Rüdiger per gioco violento. Ammonito al 46' Biglia per proteste, all'81' Hoedt e al 92' Parolo per gioco falloso, all'86' Keita per comportamento non regolamentare. Angoli 8-5. Recuperi: 3' p.t., 3' s.t.
Spettatori: paganti 24.772 per un incasso di € 1.234.907,50, abbonati 19.022 per una quota di 474.746.
La Gazzetta dello Sport titola: "Lazio spacca Roma. Giallorossi in frantumi nel derby. Dzeko sbaglia, poi imperversa Keita: dopo la Coppa Italia ora Spalletti rischia il 2° posto".
Continua la "rosea": Arrivederci Roma. Naufragio giallorosso nel derby, subito richiuso lo spiraglio aperto dal 2-2 della Juve venerdì a Bergamo. Ci si poteva arrampicare a meno sei dalla cima, si scivola a meno nove: a quattro turni dalla fine è un gap incolmabile, per quanto tra due settimane sia in programma lo scontro diretto all’Olimpico. Meglio guardarsi alle spalle, il secondo posto è in pericolo, col Napoli che incombe minaccioso a meno uno. Se Atene piange, Sparta ride a crepapelle. Lazio a quattro passi dalla stagione perfetta: l’Europa League garantita più la finale di Coppa Italia raggiunta previa eliminazione della Roma stessa. Comunque vada, sarà un successo. Nessuna ombra sul 3-1 di ieri. Anzi, al conto bisogna aggiungere il rigore regalato alla Roma e quello negato alla Lazio, ragion per cui, senza i disastri di Orsato, il risultato virtuale sarebbe di 0-4. E va ricordato come Inzaghi sia stato costretto a rinunciare a Immobile, il suo cannoniere, colpito da influenza. Chissà come sarebbe finita con Ciro il rapace a volteggiare sui resti della Roma.
La Roma ha cominciato il derby con le migliori intenzioni. Dieci minuti di assalti, Lazio traballante e rintanata davanti a Strakosha. Proprio il portiere, in questa fase, ha tenuto in piedi i compagni con due interventi decisivi su Dzeko e Salah. Sembrava il prologo di un mezzogiorno senza scampo per i laziali, ma le apparenze come sempre ingannavano. È bastata un’incursione di Lulic sulla sinistra, con annesso cross taglia-area, per destabilizzare la Roma, farla sentire vulnerabile, minarne la sicumera tecnico-tattica. "Lulic 71" decise la finale di Coppa Italia del 2013 proprio contro la Roma: al bosniaco piace l’odore del derby. Pochi secondi più tardi è arrivato lo 0-1 di Keita Balde, a disvelare certe fragilità difensive romaniste, e lì la partita si è rovesciata. Il piano tattico di Inzaghi, difendersi e ripartire, messo in crisi al principio dalla furia altrui, è diventato perfetto. Quel che pareva vecchio – una difesa a cinque con baricentro basso; il terzino Lukaku a sostituire bomber Immobile; Keita unico attaccante di ruolo – si è rivelato funzionale al massimo. Ogni ripartenza laziale seminava panico dalle parti di Szczesny.
La Roma è stata rimessa in sesto da Orsato. Il celebrato arbitro di Schio ha infilato due macrotopiche. Sullo 0-1 non ha visto l’abbattimento di Lukaku da parte di Fazio appena dentro l’area, poi, in coda al primo tempo, ha abboccato alla sceneggiata di Strootman, eccellente cascamorto sul non intervento di Wallace. De Rossi ha trasformato il rigore, il 13° penalty concesso alla Roma nel corrente campionato. Nessuno ne ha ricevuti di più e lo sottolineiamo a beneficio dei complottisti di ogni ordine e grado. All’intervallo, sull’1-1, Spalletti si è corretto: fuori lo sciapo El Shaarawy e squadra riallineata in un 3-5-2 d’antiquariato. In pratica la Roma si è messa a specchio, nella convinzione o presunzione di essere più brava negli uno contro uno. Scelta azzardata, perché la Lazio ha fior di giocatori e perché tanti laziali, per esempio il già nominato Lulic, avevano gli occhi da derby e si immolavano su ogni pallone. Impressionante il tasso di combattività del trio Milinkovic-Biglia-Lulic, sorta di triangolo delle Bermuda in cui tanti romanisti, Nainggolan incluso, si sono inabissati.
Il "moderno" 3-5-2 di Spalletti ha prodotto soltanto un’altra palla gol divorata da Dzeko o sventata da Strakosha con riflesso miracoloso, dipende da come si guarda l’azione. Basta, con caparbietà e fortuna, ha imbucato l’1-2 e la gara è diventata una mattanza, per quanto Spalletti, al 64’ sia tornato sui suoi passi e abbia rinfilato i suoi nel "file" del 4-2-3-1. Niente da fare, stanchezza e frenesia dei giallorossi hanno spalancato autostrade ai laziali. Anderson ha sprecato lo sprecabile, Keita ha incasellato il tris. Alto godimento biancoceleste, derby così restano a lungo nella memoria. La Lazio in campionato non ne vinceva uno da quasi cinque anni, novembre 2012. Pensierino di chiusura dedicato a Totti, cui Spalletti si è rivolto nel quarto d’ora finale per chiedergli l’impossibile. L’impatto del capitano sull’ultimo scorcio di match è stato nullo, quello di ieri non era un derby per quarantenni. Malinconia di fondo, ripensando all’immensità di Totti, ma pure Spalletti, capita l’antifona di giornata, poteva risparmiarsi l’innesto.
Il Corriere dello Sport titola: "Poca Roma, Keita e Basta show. Senza Immobile, ma con lo spagnolo scatenato. Il gol giallorosso solo su rigore inesistente".
Prosegue il quotidiano sportivo romano: Orsato non finirà mai di ringraziare Keita e pure Lulic, i laziali che hanno vinto il derby nonostante le sue straordinarie malefatte. Se fosse finita come lui e il suo collega Di Bello avevano stabilito, togliendo alla Lazio un rigore solare sull’1-0 e consegnandone uno assurdo alla Roma per riportarsi sull’1-1, sarebbe stato travolto da un’ondata di polemiche a cui non è abituato. Si dirà che col Var questi errori scompariranno, ma intanto ieri solo una Lazio enorme ha ristabilito la giustizia nel derby. Tre a uno, con una partita di cuore, di testa, di scatti, una partita vera di una squadra che è lo specchio del suo giovane allenatore. Roma schiantata: Juve a +9 e Napoli a -1... Ha deciso Keita con una doppietta, ma il derby si è piegato anche sotto i bulloni roventi di Lulic che da quel famoso 26 maggio di 4 anni fa gioca contro la Roma la partita della stagione. E come Lulic, anche Biglia, anche Parolo, anche Milinkovic, anche una difesa di ferro. Per un’ora e mezzo la Roma è rimbalzata su quel muro di cemento armato: sui palloni alti, sempre meglio i laziali; nei corpo a corpo, lo stesso. Difesa e ripartenza. Viene da pensare a come sarebbe finita se invece di Felipe Anderson, entrato a fine primo tempo al posto di Lukaku con un passo un po’ indolente, ci fosse stato Immobile, che invece era in panchina per una indisposizione notturna.
E’ difficile capire perché Spalletti non abbia cambiato tattica all’ultimo (per sua fortuna) derby stagionale. Ne ha giocati quattro, ha vinto il primo (di campionato) solo per una follìa di Wallace (altrimenti con ogni probabilità finiva 0-0), ha perso quello decisivo nell’andata in Coppa Italia (quando la Roma è stata stordita dalla Lazio), ha vinto il ritorno ma quando ormai la qualificazione era della Lazio e ha perso di nuovo in campionato. Bene: Inzaghi ha giocato per quattro volte lo stesso derby e Spalletti non ha mai capito come fermarlo, come togliergli lo spazio, come ostacolarne le ripartenze. Anche stavolta per 90 minuti è stato in balìa del più giovane allenatore della Serie A. Spesso la Roma gioca come se potesse schiacciare chiunque, lo ha fatto anche ieri quasi con presunzione, senza capire l’avversario, senza interessarsi al suo modo di stare in campo. Eppure è noto (e doveva esserlo soprattutto alla Roma) che la Lazio è specialista nella conquista degli spazi alle spalle della difesa avversaria. Sa difendersi soffrendo per poi ripartire e Inzaghi l’aveva imbottita di "ripartenti": Keita, Lukaku, Lulic, Basta e Parolo. I primi 10’ del derby sono stati tutti romanisti, ma al primo attacco Keita ha segnato infilandosi come uno scoiattolo fra Fazio ed Emerson Palmieri, a cui ha fatto passare la palla fra le gambe. Spietato il ragazzino, ma davanti aveva una difesa di pasta frolla. Ora la partita era come l’aveva pensata Inzaghi che quando, poco prima dell’inizio, si è ritrovato senza Immobile non ha messo un attaccante (Felipe Anderson), ma un esterno di difesa (Lukaku), avanzando Lulic e Milinkovic che doveva marcare De Rossi e poi rifinire l’azione.
Il possesso palla della Roma era senza ritmo, senza velocità. L’orario della partita, il sole e il caldo hanno inciso, forse anche su Orsato che è entrato sulla scena per togliere un rigore alla Lazio (Fazio su Lukaku) e per regalarne uno alla Roma che in realtà era una simulazione, sceneggiata perfino male, di Strootman. De Rossi dal dischetto ha rimesso la partita in parità. Strakosha ha tolto a Dzeko la palla del 2-1 e subito dopo la Lazio è tornata in vantaggio con un attacco di Lulic concluso da un tiro di Basta deviato da Fazio. Era il 5’. A inizio ripresa Spalletti aveva cambiato sistema mettendo Bruno Peres al posto di El Shaarawy e schierando la difesa a 3. E’ vero che El Shaarawy si era visto poco, ma che c’entra un terzino se doveva vincere e che c’entra uno poco affidabile come Peres in quel momento decisivo? La Lazio ha sbagliato qualche contropiede di troppo, ma sull’ultimo, partito e rifinito da Lulic, è arrivata la doppietta di Keita. Alla fine, per completare la figuraccia, Rüdiger si è fatto cacciare per un fallaccio su Djordjevic. Il Paradiso sognato da Spalletti è rimasto chiuso. Ha perso le chiavi.
Il Messaggero titola: "Keita affonda Spalletti. La doppietta del senegalese e la rete di Basta regalano il derby alla Lazio: Roma dominata sul piano del gioco. Inzaghi ancora una volta supera Lucio sul piano tattico, la vittoria è strameritata. De Rossi-gol su rigore fasullo".
Prosegue il quotidiano romano: La Lazio ci ha preso gusto e, sfruttando il primo derby all’ora di pranzo, si è pappata la Roma. Inzaghi, come nelle semifinali di Coppa Italia, ha umiliato Spalletti: 3 a 1, con Keita che ha scritto e presentato il conto, ridicolizzando i rivali. Il raccolto è pure misero, pesata la superiorità biancoceleste. Non c’è stata partita. Tatticamente, fisicamente e caratterialmente. Nemmeno la pessima giornata di Orsato è servita a tenere aperto il lunch match: i giallorossi sono usciti di scena prima di scendere in campo e, a 4 turni dal traguardo, hanno visto evaporare il sogno scudetto sotto il sole, perdendo il 2° derby stagionale. La Juve, pur pareggiando, ha allungato in classifica (+9): in vista il 6° titolo di fila. Il torneo, però, non è finito. Il Napoli, tenendo a distanza di sicurezza i biancocelesti (+7), si è riavvicinato alla Roma (-1): il 2° posto per andare direttamente in Champions, dopo il verdetto dell’Olimpico, non è ancora assegnato. Inzaghi, insomma, si è confermato padrone della sfida, staccando l’Atalanta (-3) e blindando il 4° posto che garantisce l’Europa League. Sabato non aveva bluffato, annunciando la replica del copione scelto per la Coppa Italia. Così ha vinto il suo 1° derby in campionato, interrompendo il digiuno della Lazio, durato 5 anni. Il dinamico 3-4-1-2 (5-3-2 in fase di non possesso) ha esaltato i suoi interpreti. Ma più del sistema di gioco ha pesato la strategia. Perché, senza Immobile (virus intestinale), ha sistemato Lulic accanto a Keita e schiantato il fragile 4-3-3 del collega. Aspettando e ripartendo. Proprio come il 1° marzo e il 4 aprile.
Spalletti, poco lucido e tanto distratto alla meta, c’è cascato di nuovo. Più che pensare a 7 anni fa quando lasciò la panchina a Ranieri, come ha fatto alla vigilia, e a come si sarebbe comportato a fine torneo, come ha urlato a lungo in questo 2017, avrebbe dovuto dedicarsi al presente. Preparando meglio la partita. La società gli ha permesso di dettare, dall’esclusivo pulpito, il proprio credo. E, per non mettere a rischio l’accesso diretto alla Champions, non è intervenuta. Adesso se n’è pentita. Perché quanto si è visto nel 4° derby stagionale non è ammissibile. Qui, a Boston e a Londra. La prestazione è stata scadente a 360° gradi, con l’allenatore inspiegabilmente in tilt prima, durante e anche dopo il match. In Paradiso è riuscito a spingere i biancocelesti che, con 8 punti di ritardo in classifica, hanno comunque mostrato di avere la stessa fame mostrata nelle semifinali di coppa. I giallorossi, invece, si sono presentati in campo con la solita paura di chi è abituato a fare cilecca sempre sul più bello. Impiattata l’ennesima figuraccia: per la prima volta, in questo torneo, hanno subìto 3 gol in casa (la Lazio ha copiato, però, il Porto nei play off di Champions e l’Austria Vienna in Europa League). Il capocannoniere Dzeko è il simbolo del flop, con le reti fallite all’inizio di entrambi i tempi. Keita, subito in fuga per la vittoria, ha invece indirizzato il match, con Fazio che, affiancato nel sonno da Emerson, si è addormentato.
Orsato ha negato a Lukaku, colpito da Fazio, il rigore per il possibile 2 a 0 e ha regalato a Strootman, nemmeno sfiorato da Wallace, quello trasformato da De Rossi, nel recupero del primo tempo, per l’1 a 1. In mezzo solo le chance della Lazio e l’infortunio di Lukaku, dentro Felipe Anderson con Lulic abbassato a sinistra. Il falso pari, con la Nord a urlare "Ladri" e la Sud in triste silenzio, è durato 5 minuti. Basta, 1° gol da biancoceleste (l’ultimo con l’Udinese proprio ai giallorossi), ha certificato il nuovo sorpasso: tiro sporcato da Fazio. La ripresa è stata a senso unico: sontuosa l’esibizione della Lazio, vergognoso il black out della Roma. Spalletti ha iniziato il secondo tempo con Peres al posto di El Shaarawy per mettersi a specchio con il 3-5-2. Correzione fatale: l’assetto si frantumato davanti ai velocisti biancocelesti. Inutile pure l’ingresso di Perotti, fuori Fazio che aveva appena steso Keita (2° rigore ignorato), per il 4-2-3-1. Confusione totale, ampliata con l’ingresso di Totti: 20 minuti, scambio della fascia con De Rossi, per farlo partecipe del ko. Si è fermato de Vrij: spazio a Hoedt. Lulic, divorandosi Peres, ha regalato la doppietta a Keita. La crisi di nervi dei giallorossi ha toccato l’apice a fine recupero: rosso a Ruediger, per il fallaccio su Djordjevic. Domenica a San Siro contro il Milan non ci sarà. Ma potrebbero essere squalificati, con la prova tv, pure Strootman (simulazione) per la sceneggiata che ha ingannato l’addizionale Di Bello e De Rossi (provocazione) per l’esultanza antisportiva davanti alla panchina avversaria dopo il suo 1° gol in questo campionato. Che ha scatenato la Lazio.
Tratte dal Corriere dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
"Ero troppo arrabbiato!". Era una furia, capitan Biglia. S’è scagliato contro l’arbitro Orsato dopo il rigore inventato e l’ha atteso al varco nel secondo tempo: "Abbiamo provato rabbia, siamo entrati nello spogliatoio pensando a quel rigore. Il pareggio ci ha fatto male. Nel secondo tempo ho chiesto a Orsato se avesse visto le immagini, ha riconosciuto l’errore. Accetto l’ammissione di uno sbaglio, può capitare a un arbitro e ai giocatori di sbagliare. Avevamo voglia di cambiare il risultato, ce l’ha trasmessa Inzaghi e ci siamo riusciti. Abbiamo fatto quello che ha detto lui". Biglia ha celebrato ancora di più Simone Inzaghi, la squadra pende dalle labbra dell’allenatore: "Inzaghi già da lunedì ha iniziato a caricare la squadra e ha fatto bene. Lazio e Roma alla pari? La Lazio è in crescita. Non dobbiamo paragonarci a nessuno. Se vogliamo migliorare dobbiamo apprendere dalle grandi". La domanda sul rinnovo, una cantilena, non è mancata: "Dobbiamo ancora parlare, conta la squadra". Biglia ha fatto i complimenti a tutti: "Abbiamo riconosciuto i limiti dei 3 derby precedenti e in base a quelli abbiamo preparato bene l’ultimo. Complimenti a Lukaku che è entrato al volo e a Felipe, ha avuto la rabbia giusta. Keita ha recepito i consigli, ci ha fatto vincere". Biglia è stato da record per palloni recuperati, intercettati, e per contrasti vinti, lui più di tutti: "I palloni recuperati? Mi aiutano i compagni, è più facile quando hai accanto uno come Parolo. La squadra è giovane, ma fanno bene anche i vecchietti". Biglia ha chiesto la maglia a Totti e non ha avuto remore nel dire che "è un’icona del calcio, un fenomeno, e la sua maglia è un bel regalo".
Biglia ha citato Parolo e Parolo è spuntato alle sue spalle in zona mista. Le sue emozioni hanno moltiplicato i sogni: "Dopo il rigore siamo ripartiti con la voglia di riprenderci ciò che ci era stato tolto. E’ stata una vittoria meritata e ce la godiamo. La squadra è cresciuta tanto rispetto al match dell’andata, spero che continueremo a farlo da qui all’anno prossimo. Abbiamo voglia di lavorare insieme e di crescere. Penso che questo sia l’inizio di un ciclo, abbiamo giocatori importanti, abbiamo i giovani e Inzaghi ha tanta voglia. L’ambiente è ritrovato, può essere l’inizio di qualcosa. Questa squadra vuole fare il record di punti in campionato. Vogliamo entrare nella storia. Europa? Siamo gli artefici del nostro destino". Parolo ha preso fiato e ha parlato di storia: "La Lazio è una squadra che ha capito come si affrontano i derby. Possiamo entrare nella storia, siamo una squadra importante". Tutta la Lazio ha elogiato la crescita di Keita: "E’ forte, gioca con voglia di lottare. E’ un campione. Noi ci abbiamo parlato e ha cambiato testa. Ha cambiato anche un po’ il ruolo. Spetterà a lui e alla società decidere il futuro. Giocatori come Keita sono forti e fanno la differenza, ma dipende anche dall’atteggiamento. Differenze con la Roma? La Lazio ha avuto più voglia di crederci, più umiltà. Abbiamo sempre rispettato i giocatori, non crediamo di essere i più forti. La finale di Coppa Italia? C’è l’atteggiamento giusto".
No Lulic, no derby, no party. Lui twitta solo dopo le partite con la Roma, è l’uomo delle congiunzioni stellari. Aveva cinguettato il 2 marzo, dopo Lazio-Roma 2-0, pubblicò una foto con la maglia celebrativa della Coppa Italia 2013: "Buongiorno...". Ha cinguettato il 5 aprile, dopo Roma-Lazio 3-2: "Finale". Si è rifatto vivo ieri sera: "Forza Lazio", ha scelto un grido sacrosanto. Non si ricordano altri tweet recenti. Lulic twitta quando serve, è l’uomo del 26 maggio, è l’uomo che non deve chiedere mai di essere ricordato. Nei derby, dove ti giri e ti volti, lo vedi: "Oggi ci sono tanti slogan sui social. I tifosi scrivono ciò che gli viene in mente. Per me l’importante è vincere il derby. Abbiamo fatto un selfie nello spogliatoio, lo vedrete sul web. E’ giusto festeggiare quando si vince. L’emozione della Coppa Italia è stata più forte. La sconfitta nel ritorno è stata ancora più bella di questa vittoria!". Lulic, l’inevitabile, al tweet ha aggiunto un pizzico di ironia. La vittoria di ieri la baratterebbe sempre con la sconfitta rimediata nel ritorno del derby di Coppa Italia, non è servita alla Roma per conquistare la finale, non le ha evitato l’eliminazione. Lulic twitta solo dopo i derby e ha evitato ai giallorossi il replay del gol 2013. Anziché tirare ha passato il pallone a Keita, c’era il suo riflesso: "Ogni tanto dovrei essere più egoista, ma se c’è un compagno posizionato meglio, io gli passo il pallone". Basta è diventato più social da ieri, lui segna solo alla Roma, l’ha bucata 79 giorni dopo l’ultima volta (marzo 2014, giocava nell’Udinese): "Da quando sono nella Capitale di gol ne ho realizzati pochissimi". A nessuna squadra ha segnato di più.
Tweet a raffica, click che fanno vedere e sentire. I cinguettii sono partiti dallo spogliatoio dell’Olimpico, hanno riecheggiato lungo la strada che ha portato la Lazio a Formello, sono rimbalzati sul web dal pullman, la connessione era diretta. Keita, oltre il selfie con i magazzinieri, ha scritto "gol, gol" e ha commentato il video della doppietta postando una parola che si rifà ad una preghiera musulmana. De Vrij, seduto accanto a Keita sul bus, è sembrato in estasi celestiale: "Che sensazione vincere un altro derby". Non ci si abitua. Thomas Strakosha, mani sante le sue, è rimasto a bocca aperta: "Non ho parole, daje!". Felipe Anderson, in pullman, ha contato e ricontato i gol segnati alla Roma. Il segno "tre" è apparso tra le Stories di Instagram, nel video è spuntata un’altra mano, era quella di Wallace. I due brasiliani, più Bastos, si sono scattati un selfie dentro lo spogliatoio. Bastos ha ringraziato Dio "per tutto". Sergej Milinkovic, l’eroe dei derby di Coppa Italia, ha pubblicato il video del dribbling multiplo firmato ieri, iniziato bruciando sullo scatto Bruno Peres (cascato a terra) e chiuso sprintando su Manolas. Il simbolo del videogame e il divieto di visione ai minori di 18 anni sono stati scelti a corredo della clip social, ha fatto registrare oltre 12mila visualizzazioni.
Sui social si sono scatenate le parodie. Trigoria è diventata "Rigoria" per via dell’ennesimo penalty assegnato alla Roma. Strootman ha preso le sembianze di celebri tuffatori, in questo caso di una tuffatrice. Il faccione dell’olandese è stato virtualmente trapiantato sul corpo di Tania Cagnotto, il risultato è stato mostruoso. Altre parodie l’hanno raffigurato accanto ad alcuni delfini, in procinto di tuffarsi e di increspare l’acqua. Qualcuno ha fatto notare che nella vita poche cose sono sicure, tra queste una: "Rigore per la Roma". Rigore solare è un altro slogan scelto ad arte, ma raffigurato durante un’eclissi. Per tornare a Strootman c’è chi gli ha voluto dedicare la statuetta dell’Academy Award, meglio conosciuta come Oscar. Per l’interpretazione. Tutte le parodie, tutte le ironie, si sono concluse con un grido ripetuto: "Basta!".
Da Il Messaggero:
Se qualcuno avesse avuto ancora qualche dubbio, ieri Inzaghi li ha fugati tutti. È lui il miglior acquisto in assoluto. Un laziale alla guida della Lazio. Meglio di così non poteva andare. Dal "Loco" Bielsa al Maghetto Simone. Sembrava un disastro, si è rivelata una benedizione. Il tecnico nato a Piacenza, ma diventato romano e soprattutto biancoceleste, ha saputo rovesciare il mondo. Il piccolo uomo di luglio è un gigante che non ha eguali. Nessuno provi a dire il contrario. Si è preso tutto da solo con la cultura del lavoro e grazie ai suoi più fidati collaboratori. A cominciare da Farris, lo stratega della difesa. Sono praticamente una famiglia. E come tale i giocatori sono tutti figli loro. Li coccolano, li rimproverano, li educano, ma cosa ancor più importante li stanno rendendo uomini. E così la Lazio ha messo le ali e ha spiccato il volo. Inzaghi e il suo staff hanno riportato la lazialità. Un ingrediente fondamentale, che da troppo tempo si era perso. Lui, cresciuto nella Lazio più forte di tutti i tempi, è la prima cosa che ha fatto appena è tornato sulla panchina biancoceleste. Non è un caso che a Formello abbia portato ex come Salas, Favalli, Fiore. Li ha fatti parlare con i suoi ragazzi e ha fatto spiegare loro l’importanza di un gruppo. Uniti si vince è lo slogan.
Dopo il derby d’andata in campionato, perso per 2-0, Simone ha fatto un balzo doppio in avanti. È come se nella sua mente gli si fosse accesa una luce e con quella ha illuminato il cammino dei suoi giocatori. Non ha sbagliato una sola mossa nelle tre stracittadine successive. Ha cambiato tre formazioni e ha schiantato la Roma. Fuori dalla Coppa Italia e addio sogni scudetto. Ieri poi è riuscito in un autentico capolavoro. Senza Immobile, indubbiamente uno dei giocatori più forti della rosa, ha dovuto ridisegnare la squadra, ma senza stravolgerne la natura. Ecco allora che Milinkovic si è abbassato sulla linea dei 5 a centrocampo e Lulic invece ha fatto l’ago per cucire attacco e mediana. Il resto poi è stato un lavoro sulla testa di Biglia e compagni. Stratosferici nel recuperare palloni e nell’aggredire gli avversari sul campo. "Dovevamo fare una grande impresa, ci davano in tanti come sfavoriti, ma abbiamo preparato bene la gara e l’abbiamo interpretata anche meglio. Si era messa in salita per defezioni all’ultima, per rigori netti non dati e quelli dati a sfavore. Siamo stati più forti di tutto e tutti", si è lasciato andare il tecnico biancoceleste in conferenza stampa. Quel rigore poteva essere davvero il colpo del ko, Simone è stato bravo invece ad incassare e trasformare la rabbia del torto in energia positiva. "Abbiamo subito un’ingiustizia, adesso giocando come sappiamo e con il cuore andiamo a vincere", le parole che risuonavano nello spogliatoio a fine primo tempo.
"È stato problematico, dal campo avevo subito avuto sensazione che il rigore fosse inventato. Poi sugli schermi ho visto anche il fallo su Lukaku. La rabbia è normale che potesse salire, ma ho calmato i ragazzi". Parole magiche visto che alla fine è arrivato lo strameritato successo. "Non abbiamo mai sofferto, quattro derby uno meglio dell’altro, compreso il primo che abbiamo perso per episodi che capitano raramente", conclude Simone Inzaghi. Qualcuno lo ha già ribattezzato Simeone Inzaghi. Da ieri ufficialmente il peggior incubo della Roma e dei suoi tifosi. Gode il popolo laziale per aver ritrovato un "Messia". Ora la società dovrà essere brava a blindarlo e seguirlo nelle sue scelte. Tradizione, senso di appartenenza, ma soprattutto la Lazio è e non proviene da. E tutto questo è Simone.