Domenica 24 novembre 2013 - Genova, stadio L. Ferraris - Sampdoria-Lazio 1-1 24 novembre 2013 - Campionato di Serie A - XIII giornata - inizio ore 15.00
SAMPDORIA: Da Costa, De Silvestri, Mustafi, Gastaldello, Costa, Palombo (93' Maresca), Obiang, Gabbiadini, Krsticic, Wszolek (59' Soriano), Pozzi (80' Petagna). A disposizione: Fiorillo, Fornasier, Poulsen, Regini, Bjarnason, Gentsoglou, Renan, Rodriguez, Gavazzi. Allenatore: Mihajlovic.
LAZIO: Marchetti, Ciani, Cana, Radu, Konko, Onazi, Ledesma (69' Hernanes), Lulic, Candreva (70' Ederson), Floccari, Keita (57' Perea). A disposizione: Berisha, Strakosha, Cavanda, Pereirinha, Novaretti, Vinicius, A. Gonzalez, Biglia, Felipe Anderson. Allenatore: Petkovic.
Arbitro: Sig. Orsato (Schio) - Assistenti Sigg. Iori e Padovan - Quarto uomo Sig. Stefani - Assistenti di porta Sigg. Giacomelli e Roca.
Marcatori: 67' Soriano, 94' Cana.
Note: osservato un minuto di raccoglimemento in memoria delle vittime dell'alluvione in Sardegna. Espulsi Krsticic al 46' per gioco scorretto, al 63' il preparatore della Sampdoria Bovenzi. Ammoniti: Cana, Obiang, Krsticic, Floccari, Lulic per gioco scorretto, Petagna per comportamento non regolamentare. Calci d'angolo: 4-3. Recuperi: 1' p.t., 4' s.t.
Spettatori: paganti 1.340 per un incasso di 25.800 euro; abbonati 19.012 per una quota di 155.757,69 euro.
La Gazzetta dello Sport titola: "Samp, che grinta. La Lazio acciuffa il pari in extremis".
Continua la rosea: Buona la prima (per Mihajlovic). La Sampdoria non è ancora fuori dal guado, perché questo dice la classifica, ma tre giorni di lavoro sono bastati al nuovo allenatore blucerchiato per arrestare l’emorragia in atto da tempo, e che riguardava gioco, punti, risultati, ma pure la mancanza di fiducia e autostima. La Lazio, viceversa, sta ancora a metà del guado: continua la sua astinenza da vittoria, che dura ormai da quasi un mese, ma soprattutto preoccupa l’incapacità (della squadra e pure di Petkovic) di trovare un’identità definitiva e una strada sicura sul piano tattico. Si naviga a vista e il 3-4-3 di ieri, subito cambiato in uno schema speculare a quello della Samp, sembra tanto un film già visto. Di buono, per gli ospiti, alla fine resta il punto, segno che almeno sino alla fine la squadra non ha mollato.
Il pari finale è maturato in coda a una sfida un po’ strana, poco elettrizzante nel primo tempo, molto accesa nella ripresa, paradossalmente quando la squadra di Mihajlovic — alla centesima panchina italiana — s’è trovata in inferiorità numerica dopo neppure mezzo minuto dal fischio d’inizio della ripresa. Fallo stupido di Krsticic (già ammonito), sino lì il migliore dei suoi, su Ledesma, rosso diretto (molto severo) e Samp in difficoltà . A quel punto Mihajlovic (partito con un concreto 4-2-3-1 e la coppia Obiang-Palombo a protezione della difesa) ha ridisegnato la squadra con un 4-4-1, rischiando qualcosa (palo di Perea al 16’, ma trovando comunque la forza per andare a segno poco dopo: azione di Gabbiadini, e doppia conclusione per Soriano (primo gol in A della carriera), sulla traversa con la deviazione di Konko e poi in rete. Lì è iniziato il lungo e sterile assedio della Lazio a caccia del pari.
La Lazio ha mostrato viceversa i suoi soliti limiti. Molta confusione, troppe giocate individuali, un tridente offensivo poco incisivo, la sensazione (poi ammessa dal tecnico) che pure Petkovic non riesca più a trovare una via d’uscita. Eppure, alla fine, almeno un punticino è arrivato, utile a mascherare i problemi. E’ successo tutto al minuto 48 della ripresa. Lì Petagna, unico innesto poco felice di Mihajlovic (un fantasma, molto simile a quello che fu il Macheda sampdoriano), ha tenuto in campo un pallone che s’è trasformato nella decisiva occasione da rete per gli ospiti, con Cana a segno dopo avere approfittato di un vano recupero di Mustafi e di un errore di Costa. Mihajlovic ha scelto una strada in salita, dicendo sì alla sua vecchia Sampdoria, ma ieri ha avuto la prima risposta che cercava. Mai come stavolta, forse, il punticino del Ferraris ha un peso ben diverso per Samp e Lazio.
Il Corriere dello Sport titola: "L’urlo-gol di Cana gela Mihajlovic e salva Petkovic".
Continua il quotidiano sportivo romano: Un gol di Cana al novantaquattresimo, improvvisato centravanti nell’assalto caotico dei quattro minuti di recupero, ha salvato Petkovic o forse ha semplicemente prolungato l’agonia della Lazio, sempre più scombinata, senza un gioco e una logica tattica. Il pareggio suona come una mezza sconfitta e ha solo evitato un altro tonfo pesantissimo, quasi insopportabile per il modo in cui la squadra biancoceleste ha tenuto il campo, nonostante la superiorità numerica per l’intero secondo tempo. Lotito gli ha concesso altre chance, Tare ha escluso a caldo ipotesi di ribaltone, ma è chiaro che da qui a Natale il tecnico bosniaco resterà in discussione: fiducia a tempo limitato, non svolta e non affonda. E’ una beffa per Mihajlovic, ormai convinto di festeggiare al debutto sulla panchina blucerchiata: avrebbe meritato il successo pieno. Gli sono bastati tre giorni a Bogliasco per trasmettere una carica speciale ai suoi giocatori, assatanati e cattivi su ogni pallone, molto più decisi e convinti della Lazio, anche quando sono rimasti in dieci per l’espulsione di Krsticic, espulso dall’arbitro Orsato per un’inutile entrata con il piede a martello su Ledesma. Il serbo era già ammonito e si trovava sulla linea di centrocampo. Rosso diretto dopo 25 secondi dall’inizio della ripresa. Quell’episodio avrebbe potuto stroncare chiunque e si doveva trasformare in un’occasione clamorosa per la squadra di Petkovic, incapace di prendersi la partita e di assestare il colpo del ko, come troppe volte è già successo in questa stagione, agli avversari.
La Samp ha saputo resistere e soffrire nel momento più complicato. Ha anche sfruttato l’unica occasione buona, concepita con la rabbia di chi sa di doversi salvare e con il talento di Gabbiadini, per passare in vantaggio con Soriano. E negli ultimi venticinque minuti, trascinata dall’atmosfera di Marassi, ha fatto intravedere l’inferno ai biancocelesti, sprofondati nel panico. C’è stata Lazio solo per cinque-dieci minuti, quando Konko ha spedito di testa a lato un bel cross di Lulic, e Perea, liberato da un altro raid del bosniaco, si è liberato sul dischetto e ha colpito il palo. Il risultato era ancora inchiodato sullo 0-0. Dopo lo svantaggio, giocando malissimo, la squadra biancoceleste ha avuto almeno la forza per reagire, credendoci sino in fondo. E ha rimontato, a venti secondi dalla fine, con un’invenzione di Cana. Era l’ultima azione di una partita in cui la Lazio non aveva quasi mai giocato da squadra. Al caos tattico ha contribuito Petkovic attraverso le sue scelte iniziali. A Parma, prima della sosta, si era vista una buona Lazio. Invece di insistere sulle certezze, come si fa nei periodi delicati, ha scelto di passare alla difesa a tre e ad un sistema (3-4-3) provato solo per tre giorni e che la squadra non ha mai dimostrato di saper digerire. Palombo e Obiang, superlativi, hanno preso subito il comando delle operazioni. Godevano di troppa libertà sulla mediana e sfruttavano le sponde di Krsticic: tre contro due (Onazi e Ledesma), messi sovente in mezzo. Fuori dal gioco Candreva e Keita. E sull’avvio dell’azione mancavano gli appoggi perché Konko e Lulic erano marcatissimi. Petkovic è stato costretto dopo un quarto d’ora a tornare al 4-4-2. Ha difeso appena meglio, senza mai ripartire. Era più motivata e pericolosa la Samp. Provvidenziale il salvataggio di Konko su Pozzi.
Petkovic, che aveva in partenza rinunciato a un centrocampista, ha tenuto in panchina per novanta minuti Biglia e per inserire Hernanes, involuto e inconcludente, è stato costretto a tirare fuori Ledesma. In precedenza aveva tolto Keita per inserire Perea. L’ennesimo pallone perso a centrocampo ha liberato Gabbiadini al tiro: sventola di sinistro dai 25 metri. Marchetti ha combinato una mezza frittata. Sulla respinta si sono avventati Pozzi e Konko. Possibile fallo da rigore. Il rimpallo è finito sulla traversa senza che il francese e Marchetti riuscissero a salvare. Soriano, velocissimo sul rimbalzo, ha messo in rete di testa. Era il ventiduesimo. La Lazio si è rovesciata in avanti senza costruire occasioni, è entrato anche Ederson. Fatale per la Samp è stata l’ingenuità di Petagna all’ultimo minuto. Konko gli ha soffiato il pallone sulla linea di fondo, lancio di cinquanta metri di Radu, assist di petto di Floccari. La difesa della Samp s’è fatta trovare scoperta e impreparata. Cana, che da cinque minuti stazionava in avanti, in corsa ha dribblato Mustafi a rientrare e di destro ha fulminato Da Costa.
Da La Repubblica:
Dodici maledetti secondi, il pallone che entra in porta all’ultimissima azione, la risata amara di Mihajlovic, la rabbia di Marassi. L’esordio perfetto rovinato da un giocatore chiamato Cana, che frantuma a un attimo dal triplice fischio quella che sarebbe stata un’impresa, un cambio di passo, un salto in avanti. Invece, la classifica dice sempre terz’ultimo posto. Per il nuovo allenatore della Sampdoria "nel calcio la ruota gira", ma la beffa è atroce e la squadra scesa in campo ieri non meritava di incassare il pareggio della Lazio al 48esimo e 48 secondi. Ai punti l’1-1 ci può stare, i numeri dicono che le occasioni dei padroni di casa e quelle degli ospiti sono state più o meno le stesse. Ma i blucerchiati sul campo hanno dimostrato tutt’altro carattere, voglia, determinazione, coraggio. Doti uscite fuori soprattutto dopo l’evitabile espulsione di Krsticic, appena al primo minuto della ripresa. Una brutta entrata su Ledesma, in netto ritardo ma non cattiva. L’arbitro Orsato, che nel famoso derby con il Genoa per un fallo anche più duro aveva estratto il giallo per Matuzalem, stavolta ha tirato fuori il cartellino rosso. Per il centrocampista, però, nessuna attenuante: era già ammonito e non avrebbe dovuto farsi prendere dalla foga. Lo si può chiamare eccesso di zelo, tanto che Mihajlovic non sembra così contrariato, "se Krsticic diventasse più cattivo sarebbe anche meglio, magari non così cattivo da farsi espellere".
In effetti i giocatori blucerchiati, apparsi tanto impauriti con Delio Rossi, ieri hanno mostrato altra pasta. Dopo un primo tempo equilibrato, con un uomo in meno hanno rischiato di andare sotto (palo di Perea, comunque in fuorigioco non segnalato), hanno trovato il gol con un Soriano finalmente simile a quello visto a Bogliasco e lo hanno difeso con i denti, senza mai sbandare. "I ragazzi hanno risposto benissimo – dice Mihajlovic – abbiamo lavorato insieme solo tre giorni ma siamo sulla strada giusta. Si gioca per vincere, lo abbiamo fatto anche in dieci. Una volta che metti a posto la testa puoi fare qualsiasi discorso tattico e l’obiettivo diventa vicino". Certo pareggiare così brucia, e non poco, "ma in questa stagione è capitato che fosse la Samp ad acciuffare alcune partite allo scadere. Non mi dispiace tanto per i tre punti, il campionato è ancora lungo, ma per il morale. Sarebbe stata una bella botta di autostima. Ora l’importante è non abbattersi. Incazzati va bene, ma martedì bisogna tornare a Bogliasco con allegria e voglia di fare, c’è ancora tanto da lavorare". Sul gol di Cana si possono trovare tanti colpevoli. Petagna che per cercare di tenere in campo un pallone regala la ripartenza immediata alla Lazio, Mustafi che si fa prendere fuori tempo, Da Costa non certo irresistibile. Mihajlovic non vuol sentire discorsi del genere ("Petagna ha cercato di fare il massimo, questo è il calcio"), così come mantiene grande fair play nei confronti di un Orsato sempre mediocre con il Doria, "se l’arbitro ha visto così va bene così". Ha funzionato il 4-2-3-1, con Palombo e Obiang rigenerati, Gabbiadini sempre nel vivo del gioco, Pozzi a far peso in attacco.
Certo restano le poche occasioni create, ma in dieci contro undici la Sampdoria di qualche settimana fa non avrebbe avuto questa reazione. La speranza è che non sia stata soltanto una questione di nervi, e che la Samp continui a seguire la strada tracciata da Mihajlovic. Di certo il clima è diverso e non è affatto un caso che in tribuna sia tornato Edoardo Garrone, l’uomo che in prima persona ha deciso di affidare il comando della nave al tecnico serbo. Anche il presidente ha visto e apprezzato la reazione del Doria, così come gli applausi che la Sud ha riservato ai giocatori reduci dall’impresa sfiorata.
Tratte dalla Gazzetta dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
"Testa alta e petto in fuori. I ragazzi hanno capito cosa volevo da loro, e se continueremo così, il nostro obiettivo finale (la salvezza, n.d.r.) diventerà più vicino": dice proprio così, Mihajlovic, per nulla abbattuto dalla vittoria mancata, il cui debutto sulla panchina blucerchiata ha avuto come spettatori speciali la moglie, seduta in tribuna al fianco di un amico come Stankovic, prossimo a un incarico di vertice nella federcalcio serba ("quale? Dovete chiederlo a lui..."). Sulla prestazione della Samp, il tecnico della Samp va oltre ("vista la prestazione, sarei stato soddisfatto anche se avessimo perso") ed assolve Krsticic per l’episodio dell’espulsione: "Se diventasse ancora più cattivo sarebbe ancora meglio, ma è giovane...". Se lui ride, non può fare altrettanto Petkovic. Mentre dalla Svizzera rilanciano nuovamente il suo nome come principale candidato per la panchina della nazionale. "Siamo stati poco squadra, ma pure il sottoscritto ha dato una mano perché in campo non avessimo un gioco brillante e, a tratti, mostrassimo pure un po’ di confusione". Una parziale ammissione di colpa che fa quantomeno riflettere. "Non siamo riusciti a sfruttare le fasce, ma sapevamo che ci saremmo trovati di fronte una Sampdoria molto combattiva e sostenuta dal suo pubblico".
Non fatevi ingannare dall’esultanza finale di gruppo, da un Tare che sfogava la sua rabbia/gioia come poche volte al fischio finale, da un Cana dribblomane sotto il settore dei tifosi biancocelesti e da un Radu che saltellava come un bimbo davanti a quelli della Samp. Non fatevi ingannare perché "questo pareggio è arrivato più per caso che per testa". Bastonata a firma Vlado Petkovic, che così demoralizzato non s’era mai visto. Non al punto da far immaginare scenari clamorosi — il tecnico ha sempre ribadito con forza il no all’ipotesi dimissioni —, ma abbastanza per annullare il giorno di riposo inizialmente concesso alla squadra. La vigilia di Europa League comincerà già oggi a Formello. E il futuro del tecnico, come in un infinito balletto, ora torna a dipendere dai risultati. Intanto oggi a Formello, ore 15, Petko proverà a capire perché una squadra che ha giocato un intero secondo tempo in superiorità numerica è riuscita a produrre solo un’occasione e mezza da rete, oltre al gioiello di Cana. Non è bastato neppure l’ennesimo cambio di modulo, peraltro durato appena 25 minuti. Il tempo, per Petkovic, di indicare alla squadra tramite Candreva che si sarebbe passati al 4-2-3-1. La Lazio è in confusione, la vittoria in trasferta continua a essere un miraggio e i passi in avanti mostrati a Parma sono solo un ricordo.
"Siamo tutti responsabili — ha confessato Petkovic —. Lazio senza identità ? Se la squadra non ha mostrato un gioco brillante, una piccola mano gliel’ho data anch’io". Autocritica che fa onore al tecnico di Sarajevo, ma che non cambia la sostanza. "Siamo stati poco squadra — ha aggiunto —, poco lucidi dopo il gol fallito (da Perea, ndr) e ancor di più dopo il loro vantaggio. Siamo stati troppi individualisti e l’approccio alla partita si è rivelato sbagliato: la Sampdoria ha mostrato più cattiveria di noi. Per fortuna ci siamo salvati con Cana: è stato tutto improvvisato, ma per fortuna Lorik si è rivelato l’uomo giusto al posto giusto e al momento giusto". Il momento era il minuto 94. Laggiù l’uomo che non ti aspetti, Cana, che per un giorno si è travestito da Keita: "Da bambino ero un attaccante, certe cose le so fare — ha sorriso l’albanese, al terzo gol in A —. E’ stata una grande gioia, una rete importante. Ma a livello di prestazione non abbiamo fatto bene. In 11 contro 10 avremmo dovuto fare meglio, invece per poco non perdevamo. Questo è un passo indietro rispetto a Parma, la Samp aveva più voglia di noi. In campo serve più grinta. Però piano con i giudizi: quando avremo la rosa al completo sapremo davvero quanto valiamo". Ammesso che non sia troppo tardi.
Dal Corriere dello Sport:
Oltre il tempo, oltre l’ultimo ostacolo, oltre tutte le zone Cesarini del mondo, oltre i limiti: "Questo non è il modo giusto di giocare a calcio. La Samp ha vinto la maggior parte dei contrasti, avevano più voglia di vincere, quando si incontrano difficoltà di giornata e un campo difficile bisogna trovare il giusto spirito. E’ un problema di mentalità ". Cana arrabbiato e felice, è stato l’ultimo ad arrendersi e ha tirato fuori dal cilindro un gol da attaccante puro. Ha preso palla, s’è inventato uno slalom, ha trovato l’angolo giusto, ha fatto tutto lui perché solo lui ormai ci credeva: "Sono contento per questo gol, abbiamo portato a casa un pareggio, fare punti fuori casa è importante. Ma il risultato non salva la prestazione della squadra. I piccoli dettagli nel calcio fanno la differenza, speriamo che la rete finale ci dia la forza per ripartire in modo definitivo". La mentalità non cambia, non è più vincente: "Abbiamo giocato contro una squadra molto più aggressiva di noi, siamo stati sfortunati sul gol, ma questo non è il modo giusto per vincere le partite. Siamo usciti dal campo con il merito di non aver abbassato la testa, non dobbiamo temporeggiare troppo in alcuni disimpegni difensivi e bisogna evitare di prendere certi gol".
Cana leader saggio, goleador d’emergenza (seconda rete con la Lazio): "Tra un po’ la Lazio avrà tutta la rosa a disposizione, ci serve un altro po’ di tempo anche se il tempo scarseggia. Dopo Parma eravamo chiamati all’appello, dovevamo dare continuità , invece abbiamo fatto un passo indietro. Ora dobbiamo concentrarci sull’Europa, dobbiamo assicurarci la qualificazione vincendo a Varsavia. Da qui a Natale ci aspettano gare importanti, chiediamo fiducia". Cana ha difeso Petkovic, i cambi di modulo secondo lui sono stati forzati: "Si sentono tante critiche verso l’allenatore e la squadra, ma bisogna dire che quando perdi 4-5 giocatori per infortunio non è facile trovare una fisionomia tattica. Tante volte dall’inizio della stagione non abbiamo giocato bene, è vero. Ma è anche vero che a volte non abbiamo vinto per poco. Spesso siamo stati accusati, ma io rispondo dicendo "provate voi a giocare con lo stesso assetto" nonostante la assenze". Cana vede una luce: "Sono convinto che la squadra tornerà a giocare ad alti livelli quando torneranno tutti gli effettivi". E’ tornato sul suo gol: "La finta? Quando ero giovane giocavo come punta, poi per gran parte della mia carriera ho giocato a centrocampo. Sono gesti che so fare e se posso dare qualcosa in più alla squadra lo faccio volentieri. In difesa mi diverto, mi trovo bene, l’importante è fare il bene della Lazio, una società gloriosa, con un passato fantastico. La maglia va onorata. Dedico il gol a tutta la mia gente, al mio popolo, dall’Albania mi seguono con affetto".
Cana, dopo il gol, s’è diretto verso i tifosi, ha alzato il pugno al cielo: "Ci seguono sempre, ci dispiace non potergli regalare le gioie che meritano, vogliamo riuscirci. Non è che la Lazio non riesce a giocare, a Parma a esempio abbiamo fatto bene, abbiamo giocato una buona partita. Penso che prima di giudicare bisognerebbe aspettare un po’. Ora dobbiamo ripartire tutti insieme, ritrovare le energie e la forma fisica migliore. Aspettiamo che la squadra faccia diverse partite con la rosa al completo, poi tracceremo i bilanci. Tutti si aspettano che facciamo bene senza cercare scuse, è giusto che sia così. Chiediamo un altro po’ di pazienza. Spesso manca quel cinismo che ci fa essere incisivi, sappiamo dove dobbiamo migliorare, cosa serve per crescere, vogliamo centrare la svolta definitiva". Il tempo passa, i rimpianti aumentano: "Sullo 0-0 abbiamo avuto due occasioni clamorose, siamo stati sfortunati e siamo stati puniti. Certe occasioni vanno sfruttate e in difesa non dobbiamo aspettare, dobbiamo essere sempre attenti, pronti a respingere gli assalti con precisione". La Lazio va difesa e onorata: "Sì, dobbiamo difendere la storia di questa società . E ai tifosi dico di starci accanto, non possiamo andare avanti senza di loro. I tifosi sono la Lazio, non la abbandonerebbero neppure in caso di serie C e non è certo una ipotesi, solo un esempio". Finale sul cambio di modulo dopo pochi minuti, dalla difesa a tre alla difesa a quattro: "E’ una qualità , possiamo cambiare modulo velocemente, abbiamo una squadra duttile, questo può essere un vantaggio nel corso delle partite".
Non era l’unico convinto che la difesa a tre e il nuovo cambio di modulo potesse rappresentare la svolta per la Lazio. Anche il diesse Tare aveva approvato la scelta, perché ci sono le pedine giuste in organico per interpretare diversi sistemi e nel calcio moderno non si può avere un solo tema di gioco. Ma tanti esperimenti sinora non hanno giovato alla stabilità della squadra biancoceleste e il campo, in quasi tutti i precedenti in cui era stata imboccata questa direzione, non aveva dato risposte confortanti. Ieri Petkovic ha puntato sul 3-4-3 e si è corretto quasi subito, passando al 4-4-2 dopo un quarto d’ora del primo tempo. Negli spogliatoi di Marassi, in fondo alla conferenza stampa, ha fatto pubblica ammenda e si è preso le sue responsabilità , mettendoci la faccia. "Durante la sosta avevo avuto buone sensazioni e la mancanza dei nazionali un pochino mi ha condizionato nelle scelte. Pensavo potesse andar bene così. Dopo una ventina di minuti, siamo tornati a quattro. Anche io ho contribuito ad aumentare la confusione" ha spiegato Vlado in modo sincero e onesto. Peraltro non si può dire che la brutta prestazione della Lazio sia dipesa soltanto dal modulo. Semmai dall’interpretazione dei giocatori. Ma certamente cambiare assetto non è stata un’idea felice. Il risultato è stato lo stesso di Parma (1-1), ma è arrivato in modo completamente diverso. E al Tardini i biancocelesti avevano almeno costruito molte più occasioni da rete, tenendo meglio il campo.
Neppure ieri, con una Samp in crisi e Mihajlovic arrivato a Bogliasco da tre giorni, sono riusciti a vincere, prolungando l’astinenza in trasferta. E l’agonia di una stagione anonima. Sinisa e Vlado sono entrati insieme in campo. Si sono salutati con affetto, non si erano mai conosciuti, hanno parlato della Nazionale serba per pochi istanti e si sono fatti gli auguri. Petkovic avrebbe immaginato un altro tipo di Lazio. Invece s’è vista ancora una volta una squadra senza mordente e dall’altra parte del campo correva una Samp indemoniata. Questo è stato l’aspetto che più ha intristito il tecnico bosniaco. "Sapevamo che avremmo incontrato una squadra arrabbiata e aggressiva. La Samp ha dimostrato di volere di più. Sul piano agonistico sono stati meglio di noi e noi non siamo stati bravi a far circolare velocemente il pallone. Il primo tempo è stato equilibrato. Nessuna delle due squadre meritava di passare in vantaggio. Poi, nella ripresa, dopo il gol sbagliato da Konko e il palo di Perea, sono passati in vantaggio loro. Ho visto una Lazio con poca lucidità e con troppi individualismi. Alla fine è arrivato il pareggio ed è una piccola soddisfazione. Ma si doveva fare di più. Oggi siamo stati poco squadra". Petkovic ha rimproverato i suoi giocatori. Non ha visto giocare la Lazio da squadra e sotto questo aspetto dovrebbe interrogarsi.
Ma non è tipo da arrendersi e l’idea delle dimissioni non lo ha mai sfiorato, neppure quando (un mese fa) erano circolate ipotesi prontamente smentite dall’interessato. Lotito gli aveva concesso altre chance. Cana ha prolungato la sua permanenza sulla panchina della Lazio. "Abbiamo avuto due occasioni per segnare, dovevamo essere più cattivi. In undici contro dieci, potevamo vincere la partita. Loro si sono chiusi. Tanti lanci verticali e lunghi hanno favorito la difesa della Sampdoria. Avremmo dovuto dare più ampiezza alla manovra, ma sarebbe servita maggiore velocità nel far girare il pallone".