16 febbraio 2020 – Roma, stadio Olimpico - Campionato di Serie A, XXIV giornata - inizio ore 20.45
LAZIO: Strakosha, Luiz Felipe, Acerbi, Radu, Marusic, Milinkovic, Leiva (80' Cataldi), Luis Alberto, Jony (63' Lazzari), Caicedo (63' Correa), Immobile. A disposizione: Proto, Guerrieri, Patric, Bastos, Vavro, Parolo, J. Lukaku, A. Anderson, Adekanye. Allenatore: S. Inzaghi.
INTER: Padelli, Godin (86' Sanchez), de Vrij, Skriniar, Candreva (76' Moses), Vecino, Brozovic (76' Eriksen), Barella, Young, R. Lukaku, Lautaro Martinez. A disposizione: Handanovic, Berni, Stankovic, Bastoni, Ranocchia, D'Ambrosio, Biraghi, Borja Valero. Allenatore: Conte.
Arbitro: Sig. Rocchi (Firenze) - Assistenti Sigg. Alassio e Costanzo - Quarto uomo Sig. Pasqua - V.A.R. Sig. Mazzoleni - A.V.A.R. Sig. Vivenzi.
Marcatori: 44' Young, 50' Immobile (rig), 69' Milinkovic.
Note: ammonito a 49' de Vrij, 51' Leiva, 58' Luiz Felipe, 79' Godin, 90'+4' Milinkovic per gioco falloso; 90' Lazzari per comportamento non regolamentare; 90'+3' Inzaghi per proteste. Angoli: 6-6. Recuperi: 2' p.t., 5' s.t.
Spettatori: 61.000 circa, incasso non comunicato.
? La Gazzetta dello Sport titola: "Inter no. Secondo k.o. di fila. L'anti-Juve è la Lazio. L'illusione Young, poi decide Milinkovic. I biancocelesti scavalcano l’Inter e ora sono secondi. Non solo Padelli e la difesa ballerina: i nerazzurri schiantati dalla qualità del centrocampo di Inzaghi".
Continua la "rosea": Sergej Milinkovic-Savic colpisce un palo, innesca il primo gol, segna il secondo decisivo, poi palleggia come una foca tra le maglie nerazzurre mentre l’Olimpico lo osanna. Quando Conte quest’estate chiedeva certi giocatori e quando ha sclerato a Dortmund, intendeva questo: a un certo punto, in certe partite, sono i campioni già fatti che decidono. Qualcuno serve, anche nelle squadre giovani in formazione. L’Inter non ha perso per gli errori di Padelli e di una difesa, per una volta, insicura. Ha perso perché è stata schiantata da Luis Alberto e Milinkovic, dalla qualità del centrocampo più forte d’Italia. Milinkovic è stato anche il carnefice della Juve. L’Inter, a San Siro, è stata messa sotto da Dybala. Non si scappa: è gente così, con la magia dentro, che decide a certi livelli. Forte di tante qualità, del capocannoniere del campionato (Immobile è arrivato a 26), di una difesa affidabile, di una nuova maturità, di un allenatore che non sbaglia una mossa e di un calendario senza coppe, la Lazio ormai non riuscirebbe a nascondersi neppure in una giungla. Ora è seconda a un punto dalla Juve che ha già battuto due volte in stagione. Rispetto a un anno fa, i biancocelesti vantano 18 punti e 22 gol in più. Numeri che danno il senso di una deflagrazione. Più Eriksen. In realtà, alle spalle dei numeri record della Lazio, c’è un lavoro sapiente e paziente, perfezionato negli anni, grazie anche alla conferma di totem come Milinkovic e Luis Alberto e a felici intuizioni di mercato. Per questo la sconfitta dell’Inter va inquadrata nel giusto contesto e non drammatizzata.
Conte, in pochi mesi di lavoro, ha portato la squadra a un livello impensabile quest’estate. Le ha dato anima e organizzazione. In futuro potrà perfezionarla, come ha fatto Inzaghi, immettendo quella qualità nella mediana che oggi la rende poco competitiva con le grandi. Dei cinque incroci d’alta quota (due con la Lazio, uno con Juve, Atalanta e Roma) ne ha vinto solo uno. Una difesa d’acciaio e i gol di Lukaku e Lautaro hanno nascosto spesso le crepe. Ieri, nella peggior notte della LuLa e della retroguardia, i limiti sono venuti fuori. Serve tempo e pazienza, ma una cosa Conte può già farla: accelerare l’ingresso stabile di Eriksen, che alla prima palla toccata ha fatto quasi gol. Possibile che possa permettersi meno di un quarto d’ora di gioco? Non è arrivato ieri. Possibile che atleticamente stia peggio di Ibra, che, quasi da fermo, ha cambiato il Milan con qualità e carisma? Lazio al palo. La sensazione di due squadre che si specchiano resta sul 3-5-2 del tabellino. Lazio e Inter sono due mondi diversi. I biancocelesti cercano sempre Milinkovic e Luis Alberto, cioè il meglio che hanno in costruzione. I nerazzurri alternano due soluzioni: lancio per le punte, scavalcando il centro di forza della Lazio, oppure scarico su Candreva che affonda. In altre parole, la Lazio gioca e fraseggia, l’Inter sceglie ripartenze e cross. Conte ha messo Barella in faccia a Milinkovic, nonostante il gap di centimetri, per mordere le idee del serbo. Per questo sono inspiegabili i metri che il ragazzo gli concede al 9’: Milinkovic incrina il palo con un tiro bellissimo. Siccome anche Vecino lascia troppo spazio a Luis Alberto, la Lazio può governare in mezzo, alla ricerca dell’imbucata buona.
Il morso di Young. La prima buona occasione dell’Inter spiega bene l’atteggiamento diverso. Brozovic porta palla per trenta metri e poi scarica a Lukaku che impegna Strakosha. La Lazio si passa la palla, l’Inter la spinge e la crossa. Quasi solo a destra, con Candreva, anche se Young si propone spesso sulla fascia opposta, ma la circolazione è troppo lenta e la Lazio ha tempo di riposizionarsi. Verso la mezz’ora, forte di un buon possesso, la Lazio ha la sensazione di poter mettere alle corde gli avversari e fa un passo avanti. È quello che aspettava il Biscione meneghino: pelle scoperta da mordere. L’onda nerazzurra riparte folta, mentre quella biancoceleste tarda a rientrare. Young questa volta può affondare: arma il tiro di Candreva poi va a calciare in rete il tap-in (44’). Re Milinkovic. Difficile vedere una squadra di Conte che si lascia sfilare l’osso dalla bocca dopo un amen di ripresa. Accade. Skriniar, in affannosa chiusura su Milinkovic, svirgola il rinvio, la palla s’impenna e mette fuori causa Padelli. De Vrij rimedia con un fallo da rigore che Immobile imbuca (5’). Conte cerca di arginare Milinkovic spostando Godin a sinistra, ma è proprio il serbo a decidere la notte al 24’, trovando l’angolino in mischia. Inzaghi ha già fatto entrare le gambe veloci di Lazzari e Correa per rincorrere la vittoria. Mentre Conte fa i primi cambi solo dopo la mezz’ora: la sgasata della disperazione. Eriksen, Sanchez... Da qui deve ripartire l’Inter: inserire la qualità che ha per scelta, non per necessità. Prima, non dopo. Senza qualità non si fa la guerra a chi sta davanti. Alla Lazio, che ha battuto due volte la Juve e una volta l’Inter, basta il "copia e incolla", poi vediamo come va a finire.
? Il Corriere dello Sport titola: "E' straLazio. Anche l'Inter si inchina. Young illude Conte, nella ripresa Immobile (rigore) e Milinkovic esaltano Inzaghi: 2º a -1 dalla Juve. Un’altra notte superlativa per la squadra biancoceleste".
Prosegue il quotidiano sportivo romano: Sventolano le bandiere, suonano i clacson, è una notte di festa e di gloria per i sessantamila dell’Olimpico, mai così pieno di amore. Il sogno, inatteso e non calcolato, si chiama scudetto. Inzaghi e la Lazio hanno piazzato il sorpasso, schienando anche Conte e balzando al secondo posto con un solo punto di ritardo dalla Juve. Un’altra rimonta, dopo il guizzo di Young a un sospiro dall’intervallo, ribaltando l’Inter con i due gol firmati nella ripresa da Immobile su rigore e da Milinkovic. Un successo limpido, figlio del gioco ma anche del cuore e della capacità di battersi su ogni pallone. E’ stato un combattimento lungo cento minuti e Inzaghi l’ha vinto sul terreno preferito da Conte, quello delle motivazioni feroci, senza dimenticare il gioco e le proprie qualità. Se la Lazio si è imposta sfruttando due fuoriclasse come Milinkovic e Luis Alberto, l’ex ct azzurro dovrebbe spiegare perché continua a rinunciare a un asso come Eriksen, sganciato solo nel finale, quando doveva rimontare. Anche Lautaro è rimasto sacrificato a lungo in marcatura su Leiva. A Conte bastava il pareggio e voleva colpire di rimessa, come è successo con Young ma non nel secondo tempo, quando è stato schiacciato dalla reazione prepotente della Lazio, senza mai ripartire.
La svolta con l’ingresso di Lazzari e il trasloco di Marusic a sinistra, dove Jony aveva sofferto troppo la spinta di Candreva. La Lazio ha allungato l’imbattibilità a 19 giornate consecutive, un girone intero da prima della classe. Conte sinora aveva perso solo con la Juve: per lo scudetto ora dovrà rimontarne due con il rischio, tra due settimane all’Allianz, di ritrovarsi già fuori. Mosse. La partita a scacchi tra Inzaghi e Conte è iniziata con le manovre di disturbo. Caicedo in prima battuta e Immobile si dedicavano alla marcatura di Brozovic e lasciavano il giro palla, lento e incerto, a Godin, Skriniar e De Vrij, fischiatissimo dall’Olimpico. Oscurato il play croato, l’Inter faticava a salire. La Lazio, invece, usciva benissimo a sinistra. Lukaku guardava Acerbi, ma Radu era libero e Luis Alberto si faceva trovare più arretrato del solito. Proprio in quel modo, cambiando gioco, è stato liberato Milinkovic al tiro. Il serbo ha preso la mira e ha sganciato un destro potentissimo dai 25 metri, respinto dalla traversa. Peso. La Lazio aveva più palleggio e precisione nei passaggi (258 all’intervallo di cui l’88% riusciti), ma dopo una ventina di minuti si è cominciata a vedere la differenza di peso e di fisicità. Conte ha spostato il gioco su tutti i suoi pesi massimi, sistemati sul centro-destra. Mancava Lulic. Assenza pesantissima. Jony ha un buon piede sinistro, ma non la corsa per tenere tutta la fascia ed è entrato in difficoltà quando Candreva ha cominciato a martellarlo. Radu restava stoicamente aggrappato alle spalle di Lukaku.
Vecino contrastava Luis Alberto, Barella incrociava Milinkovic. Tutto il primo tempo si è giocato su quella fascia. Sul versante opposto Marusic e Young non si sono mai visti sino all’azione del primo gol. Troppo forte il cross di Jony, Caicedo non lo ha intercettato e l’Inter è ripartita. Lo spagnolo, stanco e annebbiato, si è fermato senza rientrare. La Lazio era scoperta, spaccata in due. Young ha pescato Candreva e sulla sassata respinta di pugno da Strakosha è andato a segnare, anticipando Marusic. Doppietta. La Lazio ha avuto la forza di reagire e trovare il pari subito dopo l’intervallo grazie alla classe dei suoi tenori. Milinkovic si è inserito un’altra volta, Luis Alberto lo ha visto e scodellato un pallone su cui Padelli è uscito male, De Vrij è franato addosso a Immobile. Inevitabile il rigore trasformato da Ciro. Quel gol ha trasformato e "liberato" i biancocelesti. Simone ha tenuto in campo Leiva e Luiz Felipe (ammoniti) e ha optato per il doppio cambio: fuori Jony per Lazzari e Caicedo per Correa, spostando Marusic. Ora la Lazio, trascinata dall’Olimpico, era dentro la partita con le idee, con la forza, il contrasto, il talento di cui dispone. Lazzari ha conquistato l’angolo da cui è nato il raddoppio firmato da Milinkovic. Un pallone difeso di prepotenza nel mischione e infilato in rete dal serbo. Assedio. Gli ultimi venti minuti più recupero sono stati da cuore in gola. Conte ha tolto Candreva e Borozovic e ha inserito Moses ed Eriksen (3-4-1-2), poi anche Sanchez passando alla difesa a quattro. Il danese è entrato con una botta respinta da Strakosha e creando un paio di occasioni. Inzaghi si è giocato l’ultima carta con Cataldi per Leiva. La Lazio avrebbe potuto segnare il terzo, Correa ha sprecato, miracolo di Padelli su Immobile. Acerbi, nel lunghissimo recupero, si è immolato su Lukaku prima che esplodesse il delirio scudetto dell’Olimpico.
? Il Messaggero titola: .
Prosegue il quotidiano romano:
? Tratte dalla Gazzetta dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
A fine partita Simone Inzaghi corre con le braccia allargate. Chiedetegli che cos’è la felicità? In quel momento saprebbe rispondere. La sua Lazio ha appena battuto l’Inter e resta nella scia della Juventus, a un punto dalla vetta. Era l’esame per puntare allo scudetto. E c’era da riscattare una serie di tre k.o. interni di fila all’Olimpico contro i nerazzurri: un macigno quello del maggio 2018 che costò il salto in Champions. Il 2-1 all’Inter di Conte non è la rivincita di quella delusione, ma consegna altri progetti, quelli di puntare più in alto, in direzione dello scudetto. "Abbiamo fatto una grande partita contro una squadra forte. Stiamo tenendo un grandissimo ritmo, abbiamo meritato di vincere - dichiara il tecnico biancoceleste -. Nel primo tempo eravamo tanto convinti di vincere che abbiamo preso qualche ripartenza evitabile. Ho fatto in ogni caso i complimenti alla squadra, dicendogli che giocando in quel modo avremmo potuto ribaltare il risultato. Ora sono tutte gare pesanti, i ragazzi hanno fatto una settimana importante. Nel riscaldamento di stasera (ieri, ndr) li ho visti un po’ contratti, gli ho detto di stare tranquilli e mettere in campo quello che avevamo preparato". Ora Inzaghi non ha più timori a pronunciare la parola scudetto. "Guardando la classifica è normale parlarne, noi sappiamo il cammino che abbiamo fatto in questi anni. Ora siamo lì e dobbiamo continuare a rimanerci, sapendo che ogni domenica il campionato crea tantissime insidie. Se i miei ragazzi mi vogliono bene? Credo di sì, da quattro anni stiamo insieme e tra noi c’è un grande rapporto. Per me è un’emozione continua, lo scorso anno ci hanno criticato per l’ottavo posto. Dovevamo centrare l’obiettivo Coppa Italia e lo abbiamo fatto".
I suoi elogi all’uomo-partita, Sergej Milinkovic. "Su di lui le aspettative si sono alzate tantissimo, non dimentichiamo che gli chiedo tanta quantità oltre alla qualità. Sergej non ha mai fatto problemi, è volenteroso e lavora per la squadra. A volte gli chiedo qualche sacrificio in più, ha fatto tante gare ottime in cui magari non ha segnato e ha avuto meno risalto". Uno sguardo allo spogliatoio. "Contro l’Inter ci mancava il nostro capitano, Lulic. Ma sia Jony che Marusic non lo hanno fatto rimpiangere. Questo gruppo ha avuto qualche infortunio, qualche squalifica. Alla fine però in campo siamo sempre equilibrati e otteniamo risultati...". Esulta Inzaghi ed esultano ancor di più i suoi giocatori. La festa comincia in campo al fischio finale di Rocchi, con i giocatori che restano sul terreno di gioco a lungo per abbracciare idealmente tutto il pubblico, mai così numeroso quest’anno. Poi la festa continua negli spogliatoi. Ormai si sogna ad occhi aperti, ma la parola d’ordine è di restare con i piedi per terra. "L’atmosfera è bellissima, sul campo abbiamo dimostrato forza di squadra e di gruppo. Siamo lì, ma dobbiamo pensare ad una partita per volta, senza dimenticare che il nostro obiettivo di partenza è la qualificazione in Champions", dice Luiz Felipe. E il difensore, che salterà per squalifica la partita di Genova, aggiunge: "Sulla carta siamo inferiori alla Juve, ma abbiamo dimostrato di potercela giocare. Lo scudetto? Per ora è un sogno, ma se continuiamo così sarà inevitabile pensarci". E Caicedo gongola: "Bene così. L’obiettivo Champions è sempre più vicino, ma vogliamo dare fastidio a Juve e Inter fino alla fine".
Dal Corriere dello Sport:
Un gigante in mezzo al campo, padrone assoluto della partita. Potenza e controllo, tutto racchiuso in solo uomo. È stata la serata di Milinkovic, ancora una volta. Perché dopo aver deciso la sfida con la Juve, si è ripetuto pure contro l’Inter. Sta diventando sempre più il giocatore della provvidenza, quello capace di risolvere i big match. Nel corso di questa stagione qualcuno gli ha rimproverato di aver perso brillantezza in zona gol rispetto al passato, lui sta rispondendo con il classico "pochi, ma buoni", mettendo la sua griff e sui momenti cruciali di una cavalcata sempre più entusiasmante: "Ma non c’è solo la mia firma - ha detto al termine della gara - su questa partita, ci sono anche quelle di tutto il resto dei ragazzi che compongono questa squadra. Ribadisco quello che ho detto pochi giorni fa: siamo una famiglia, speriamo di continuare su questa strada". Un successo da condividere con il gruppo, ma il sigillo che ha completato la rimonta resta il suo. Più che una rete è una danza, quella di Sergej. Suola destra, colpo secco e diabolico di sinistro, entrato docilmente nell’unico punto dove Padelli (né Brozovic, che si era immolato pochi secondi prima su Marusic) non poteva arrivare. E la piacevole corsa verso il primo posto ora non può più essere nascosta: "Per noi l’obbligo resta la Champions League, non lo Scudetto. Poi se rimaniamo là possiamo anche provare a vincerlo, vediamo partita dopo partita. Che messaggio è per la Juve? Devono sapere che siamo lì, così come lo è l’Inter anche se ha perso contro di noi. Loro non mollano, noi non molliamo. Alla fine vedremo cosa succederà".
Intanto la Lazio ha messo lì altri tre punti, è arrivata a quota 56, a una sola lunghezza dai bianconeri in testa. Un trionfo pesantissimo, insomma. Ma quel gol che lo ha certificato è solo la ciliegina sulla torta per il serbo, l’ultima decorazione di un dessert dolcissimo servito a un Olimpico degno delle grandi occasioni. Controlli di suola, colpi di tacco, numeri da circo e chi più ne ha più ne metta. Ha "costretto" la Tribuna Monte Mario ad alzarsi in piedi per tributargli una standing ovation a partita in corso, quando è uscito con eleganza (e due sombreri) dal pressing di Eriksen e Barella. Si è messo sulle sue spalle l’intera squadra, ha suonato la carica per recuperare nella ripresa quello svantaggio con il quale la Lazio era andata a riposo nell’intervallo: "Loro non hanno giocato bene il primo tempo, abbiamo creato noi più occasioni. Alla fine però a segnare è stata l’Inter. Così siamo andati dentro lo spogliatoio, ci siamo parlati e detti che questa dovesse essere la nostra partita. E con quell’atteggiamento siamo risaliti in campo per giocare alla grande i secondi 45 minuti". Ci sono riusciti, Milinkovic e gli altri sono rientrati ancora più affamati, con la voglia di restare aggrappati alla volata. Il Sergente ha impartito gli ordini, ha dato l’esempio al resto della truppa. Si è sacrificato per garantire l’equilibrio in mezzo al campo, ha messo il fisico nei duelli a centrocampo, ha dato qualità in fase di possesso e alleggerito il forcing dell’Inter quando si è buttata in avanti per tentare di recuperare. E poi sì, ha fatto quel gol che ha regalato la vittoria. Da gigante in mezzo al campo, padrone assoluto della partita.