13 aprile 2019 – Milano, stadio Giuseppe Meazza - Campionato di Serie A, XXXII giornata - inizio ore 20.30
MILAN: Reina, Calabria (67'Laxalt), Musacchio, Romagnoli (68' Zapata), Rodríguez, Kessié, Bakayoko, Calhanoglu, Suso, Piatek (83' Cutrone), Borini. A disposizione: Donnarumma A., Plizzari, Abate, Caldara, Conti, Strinic, Bertolacci, Biglia, Castillejo. Allenatore: Gattuso.
LAZIO: Strakosha, Luiz Felipe, Acerbi, Bastos (81' Parolo), Romulo, Milinkovic, Leiva, Luis Alberto, Lulic (74' Durmisi), Correa (47' Caicedo), Immobile. A disposizione: Proto, Guerrieri, Patric, Wallace, Jorge Silva, Cataldi, Jordao, Neto. Allenatore: S. Inzaghi.
Arbitro: Sig. Rocchi (Firenze) - Assistenti Sigg. Meli e Costanzo - Quarto uomo Sig. Maresca - V.A.R. Sig. Mazzoleni - A.V.A.R. Sig. Paganessi.
Marcatori: 79' Kessie (rig).
Note: espulso all'86' il tecnico biancoceleste Simone Inzaghi per proteste. Ammonito al 9' Romulo ed all'85' Luis Alberto entrambi per gioco falloso, al 90'+2' Zapata per comportamento non regolamentare. Angoli 11-4. Recuperi: 0' p.t., 6' s.t.
Spettatori: 61.216 per un incasso di Euro 2.117.939,43.
? La Gazzetta dello Sport titola: "Kessie il freddo stende la Lazio. Gattuso incassa la sfida Champions. Un penalty di Durmisi su Musacchio decide lo spareggio europeo. Inzaghi espulso e polemiche".
Continua la "rosea": Spareggio Champions con coda western. Vince il Milan su rigore di Kessie la Lazio ne reclama un altro a gran voce verso la fine e al triplice fischio tutti al saloon, per una rissa vecchio stile. Cose che succedono quando ci si gioca un bel pezzo di stagione e di futuro. Milan di nuovo quarto in solitudine, aspettando Atalanta-Empoli. La Lazio perde contatto, ma mercoledì i biancocelesti recupereranno la gara contro l’Udinese all’Olimpico, per cui vanno loro accreditati 52 punti potenziali, a meno tre dalla quarta piazza, l’ultima utile per l’Europa che conta. Se fosse una favola di Esopo, diremmo che ha vinto la formica Milan e che ha perso la cicala Lazio. È stata premiata la regolarità milanista, la capacità dei "gattusiani" di stare dentro la partita dal primo all’ultimo con calcolo e cinismo. La Lazio è vissuta di fiammate, non ha capitalizzato quel che ha creato, le tre nette occasioni del primo tempo, costruite bene e buttate a mare.
Lì la Lazio ha iniziato a perdere perché forse si è autoconvinta che altre opportunità avrebbe architettato nel secondo atto, ma così non è andata. Ed è venuto fuori il Milan con il suo calcio metallurgico, un bullone dietro l’altro. Non la bellezza, ma l’efficacia e la tenacia: il Diavolo a immagine e somiglianza del suo allenatore. La stagione di Paquetà trequartista dietro due punte è durata meno della vita di una farfalla, quaranta minuti contro l’Udinese. Il brasiliano si è infortunato e il Milan è ritornato nell’alveo del 4-3-3, la coperta di "Linus" Gattuso. Contro la Lazio l’atteggiamento è stato giusto, si percepiva voglia di fare, ma nel primo tempo i rossoneri hanno goduto di un’unica grossa occasione, cross di Calabria per Piatek, colpo di testa e palla fuori di niente. È stata la sola vera volta in cui, nei primi 45 minuti, i rossoneri sono andati a un passo dal gol con conclusione ravvicinata. Nel complesso la soluzione preferita è stata il tiro da fuori di Calhanoglu, bravo a strappare, a evidenziare la scarsa attitudine alla copertura di Milinkovic, ma prevedibile e monotematico nei suoi tiri, tutti rimpallati dai difensori, tranne uno che ha costretto Strakosha alla deviazione impegnativa. La Lazio è stata più essenziale sull’asse Correa-Immobile.
I due si sono scambiati cortesie, l’uno ha messo l’altro davanti alla porta per due chance nitide. Sulla prima un grande Reina ha detto no a Immobile; sulla seconda Correa ha sparato alto dal limite dell’area piccola. Poi c’è stata una terza volta, Luis Alberto per Immobile e palo esterno. Questo per dire che la Lazio del primo tempo è stata diversamente pungente. Meno del Milan ha cavalcato la partita, più del Milan ha riempito l’area perché ha giocato con una punta e mezza, Correa dietro Immobile. L’obiezione a Gattuso è la solita: perché non Cutrone con Piatek? All’inizio della ripresa Correa si è fatto male ed è stato sostituito da Caicedo. Era successa la stessa cosa in Inter-Lazio di due settimane fa, ma l’argentino si era infortunato nel primo tempo, con i suoi già in vantaggio per 1-0, risultato che tale sarebbe rimasto. Stavolta Correa è uscito sullo 0-0 e Caicedo, prima punta quanto Immobile, non ha lasciato tracce di sé. L’importanza di Correa per la Lazio. Gattuso ha avuto un’intuizione, ha inserito Zapata per Romagnoli zoppicante e Laxalt per Calabria ed ha cambiato sistema: 3-4-2-1, con Borini e Laxalt esterni e con Calhanoglu e Suso meno larghi e più stretti dietro Piatek, più vicini alla porta. La variazione sul tema ha spostato le lancette del match.
Il Milan si è "alzato", ha messo pressione ai tre difensori laziali come poco aveva fatto fin lì. La Lazio si è scoperta vulnerabile. Infelice il secondo cambio di Inzaghi: proprio Durmisi ha provocato il rigore decisivo con uno stupido "scrollone" a Musacchio. Improduttivo, a seguire, il passaggio al 4-3-1-2 con Milinkovic trequartista. Cutrone, nel Milan, è entrato per Piatek: le due punte assieme ancora no, ma finché vince ha ragione Gattuso. Alla Lazio rimane la rabbia per l’intervento di Rodriguez su Milinkovic, però più si rivedono le immagini più la decisione di Rocchi pare corretta, rigore no. Inzaghi, espulso, farebbe meglio a riflettere su un dato: in questo campionato la sua squadra ha incassato il 33 per cento dei gol nel quarto d’ora finale, 11 su 33, record per il torneo. La Lazio "cicaleggia", scriverebbe Esopo.
? Il Corriere dello Sport titola: "Eurodiavolo, la Lazio urla. Kessie di rigore: il Milan è quarto. I biancocelesti contestano Rocchi. Lo scontro diretto di San Siro per la Champions finisce ai rossoneri. Ma che polemiche!".
Prosegue il quotidiano sportivo romano: Per la Lazio è l’addio alla Champions e peggio non poteva finire, piegata da un rigore di Kessie a undici minuti dal termine, Inzaghi espulso per proteste, e la rissa con i rossoneri a partita conclusa dopo la contestazione a Rocchi per il contatto dubbio tra Rodriguez e Milinkovic in pieno recupero che avrebbe potuto portare al pareggio. Un finale rovente, pieno di veleni, condizionato da un eccesso di nervosismo e dagli errori di cui la squadra biancoceleste è responsabile. Era in pieno controllo nel momento decisivo e non è riuscita ad approfittarne, ma si è fatta mettere sotto. Imperdonabile l’intervento di Durmisi su Musacchio, due minuti dopo il rigore tolto dal VAR per l’inesistente fallo di mano di Acerbi, e il modo in cui tutta la difesa della Lazio è stata sorpresa. Ha vinto il Milan, più scaltro e smaliziato. Ha giocato da squadra compatta, matura, aspettando l’attimo giusto per colpire, sapeva che prima o poi avrebbe trovato il gol e ha cercato di rischiare il meno possibile, facendo meno errori. Missione compiuta. Un successo pesantissimo per blindare il quarto posto e rispondere alla Roma in attesa dell’Atalanta. Gattuso ha interrotto la mini-crisi aperta dal ko nel derby con l’Inter: aveva raccolto un punto in quattro partite, si è rialzato nella notte più complicata. L’ha risolta con una mossa in grado a metà ripresa di rompere l’equilibrio.
Gli infortuni di Romagnoli e Calabria, sostituiti da Zapata e Laxalt, hanno aperto la strada al cambio tattico capace di mandare fuori giri la Lazio. Inzaghi non ha risposto, fedele nei secoli al solito modulo. Il Milan, passando al 3-4-2-1, ha rovesciato il gioco, togliendo ogni riferimento tattico ai laziali nelle marcature. Uno, due e tre sino all’assalto premiato dal rigore trasformato da Kessie. Una botta tremenda per le ambizioni della Lazio, che ora rischia di non entrare neppure in Europa League. Inzaghi paga i punti persi con Spal e Sassuolo, ma soprattutto la crisi dei suoi attaccanti. Correa non segna da mesi, Caicedo è tornato nella mediocrità e Immobile non è più in vena di miracoli. Il recupero con l’Udinese servirà per provare a ripartire, ma la corsa è compromessa. Un lampo di Correa aveva aperto la partita e Reina, come un gatto, era volato con un balzo felino a evitare che il destro di Ciro s’infilasse in rete. La Lazio, restituita ai suoi palleggiatori dopo lo strano turnover con il Sassuolo, aveva una logica perché tra le linee la contestuale presenza dell’argentino, di Luis Alberto e Milinkovic era fonte di ispirazione. Sono difficili da prendere e da prevedere, si scambiano le posizioni e non solo la palla con la dolcezza dei prestigiatori. L’impatto del Milan è stato prudente, pieno di timori e di ansie. I rossoneri erano sostenuti dagli impulsi di Bakayoko e dai contrasti di Kessie, prevalevano come fisicità e nei duelli (31 a 21 all’intervallo), ma doveva abbassarsi Çalhanoglu in regia per aiutare nella costruzione e dare qualche pallone agli attaccanti.
Bastos e Lulic non concedevano campo a Suso e Borini non riusciva a liberarsi dalla morsa di Luiz Felipe e Romulo. Alla Lazio mancava solo il cinismo, la cattiveria giusta per sfruttare le occasioni. Al Milan le idee per illuminare Piatek, tenuto bene da Acerbi. Solo una volta il polacco è riuscito a farsi vedere sul cross di Calabria, ma il suo colpo di testa non ha inquadrato lo specchio. Correa si era divorato il raddoppio alzando sopra la traversa e il palo aveva salvato Reina a un sospiro dall’intervallo dal sinistro di Immobile. In apertura di ripresa Inzaghi ha perso Correa per infortunio e lo ha sostituito con Caicedo. Il campo ha cominciato ad aprirsi e allungarsi. Calhanoglu da fuori era il più pericoloso, Luis Alberto e Leiva riuscivano a far ripartire meglio l’azione, ma Immobile finiva spesso in fuorigioco o veniva sbagliato l’ultimo passaggio. Venti minuti per arrivare al diagonale di Romulo parato da Reina e prima del doppio cambio di Gattuso: Romagnoli e Calabria fuori, sono entrati Zapata e Laxalt e il Milan ha virato sulla difesa a tre. Borini, da esterno sinistro del tridente, è scalato sulla fascia destra liberando Suso dietro a Piatek. Poteva essere l’inizio della fine per i rossoneri e invece no, hanno guadagnato dal cambio tattico prendendo in pugno il centrocampo. La Lazio s’è fatta scappare di mano la partita, neppure è bastato il salvataggio del Var per congelare la palla. Durmisi ha steso Musacchio e Kessie ha infilato dagli undici metri un pallone pesantissimo per la Champions.
? Il Messaggero titola: .
Prosegue il quotidiano romano:
? Tratte dal Corriere dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
Tare si è ribellato e ha attaccato l’arbitro Rocchi: "Lazio vittima del Var da due anni. E’ la storia di una morte annunciata. Rigore netto su Milinkovic, quantomeno il contatto si doveva rivedere. Arbitri in debito con noi, meritiamo che le nostre partite si decidano sul campo, così speravamo succedesse a Milano, e non che siano decise dagli episodi. La Champions la meritiamo. Noi meno considerati delle milanesi? L’importanza delle società in Italia la conosciamo...". San Siro, una polveriera. Si è scatenato l’inferno. Milan-Lazio è finita tra accuse e polemiche violentissime. Prima dell’attacco di Tare c’era stata la rissa Luiz Felipe-Kessie, con una decina di giocatori coinvolti. Scene da far west. Gattuso, per correre e fare da paciere, s’è quasi stirato. Inzaghi, quando è stato allontanato da Rocchi (proteste per il fallo di Luis Alberto su Borini condannato con un giallo), è stato sfiorato da una bottiglietta di plastica volata dal primo anello rosso. Già in partita c’erano state scintille tra le panchine. La maglia di Acerbi, offerta in dono a Bakayoko dopo le polemiche della settimana ("Siamo noi i più forti", "Ci vediamo sabato", il botta e risposta tra il primo e il secondo), è stata issata a mo’ di sfottò dai rossoneri. E Acerbi ha risposto per le rime: "Fomentare odio non è sport".
Le accuse. E’ finita con la ribellione della Lazio. Perseguitata dagli arbitri da due anni. Tare ha parlato a nome di tutti, di Lotito, di Inzaghi, dei giocatori, dei tifosi. Il diesse s’è scagliato contro Rocchi e il Var Mazzoleni, c’è stato un confronto anche negli spogliatoi di San Siro: "Rocchi è il miglior arbitro italiano - si è sfogato Tare - ma noi ci giochiamo tanto. Ci dispiace andare a casa dopo una partita giocata alla grande soprattutto nel primo tempo". Tare ha parlato degli episodi, contestandoli: "Mi riferisco subito alla velocità dell’arbitro di fischiare il primo rigore, si vedeva da mille metri non c’era! Il secondo poteva starci o no, è un contrasto corpo o corpo. Musacchio è caduto come se gli avessero sparato". Tare s’è infuriato perché Mazzoleni ha ritenuto il contatto Rodriguez-Milinkovic non passibile di rigore: "Quello su Milinkovic - ha detto e ridetto Tare - è rigore netto. C’è un minimo contatto con la palla, ma anche un grossissimo contatto fisico. Chi ha giocato a calcio conosce le dinamiche, poteva starci un rigore o almeno doveva venire il dubbio di vederlo al Var. Non voglio fare la vittima. Ma, lo ripeto, meritiamo che si decida tutto sul campo. Chiudiamo il campionato e alla fine tireremo le somme. Tra dieci giorni abbiamo una grande rivincita contro il Milan".
La difesa. Tare ha difeso la prestazione della Lazio: "La squadra meritava il vantaggio nel primo tempo. Nel secondo, con l’uscita di Correa, ci siamo abbassati di più e non siamo riusciti a fare la stessa partita". A chi ritiene Inzaghi "sopra le righe", il diesse ha risposto così: "Noi siamo dei dirigenti e dobbiamo essere lucidi. Vi ricordo però che la Lazio ha perso la Champions per un punto lo scorso anno e una delle gare incriminate era proprio Milan-Lazio con gol di mano di Cutrone neanche rivisto e chiamato dal Var. Abbiamo subito tantissimo, durante la gara si può essere nervosi. Ma non dimentichiamoci che è un anno intenso di preparazione. Ci dispiace, non siamo una squadra di vittime, siamo una squadra che può lottare per grandi obiettivi tra cui la Champions". Tare, prima che scoppiasse l’inferno, prima che iniziasse la partita, aveva parlato del futuro di Inzaghi: "Lui via? Fantacalcio. E’ sotto contratto con la Lazio, è più laziale di tutti. Non penso che ci sia quest’opzione, non ci pensiamo".