Domenica 20 ottobre 2013 - Bergamo, stadio Atleti Azzurri d'Italia - Atalanta-Lazio 2-1 20 ottobre 2013 - Campionato di Serie A - VIII giornata - inizio ore 12.30
ATALANTA: Consigli, Bellini, Stendardo, Lucchini (57' Yepes), Del Grosso, Raimondi, Carmona, Cigarini, Bonaventura (69' Brienza), Moralez (82' Baselli), Denis. A disposizione: Sportiello, Scaloni, Livaja, Canini, Brivio, Marilungo, Kone, De Luca, Nica. Allenatore: Colantuono.
LAZIO: Marchetti, Cavanda, Ciani, Cana, Lulic, Onazi, Biglia, Hernanes (79' Klose), Felipe Anderson (46' Candreva), Floccari (69' Keita), Perea. A disposizione: Berisha, Strakosha, Dias, Novaretti, Crecco, Pereirinha, A. Gonzalez, Ledesma, Ederson. Allenatore: Petkovic.
Arbitro: Sig. Russo (Nola) - Assistenti Sigg. Meli e Musolino - Quarto uomo Sig. Giachero - Assistenti di porta Sigg. Tommasi e Candussio.
Marcatori: 41' Cigarini, 53' Perea, 84' Denis.
Note: ammoniti Biglia e Onazi per gioco falloso. Angoli 8-2. Recuperi: 0' p.t., 4' s.t.
Spettatori: paganti 3.554 per un incasso di 70.800,90 euro; abbonati 8.573 per una quota di 114.569,98 euro.
La Gazzetta dello Sport titola: "Atalanta, tris con Denis. E ora Petkovic traballa".
Continua la "rosea": E poi venne Denis. Nel giorno peggiore, non un tiro in porta fino al gol, da sostituire se non fosse stato Denis. Eppure Colantuono lo tiene in campo perché sa che l’argentino può sempre sorprendere, anche se non immagina il come, cioè il "suicidio" di Cavanda nel finale, con il pari ormai scritto. Appoggio sballato a Onazi e palla persa: la Lazio è tutta sbilanciata e per Cigarini è uno scherzo lanciare Denis nel gran canyon. Marchetti messo a sedere, botta sicura, 2-1 senza più tempo per recuperare. Una palla, un gol: Denis per l’Atalanta è come Messi per il Barça. Terzo successo di fila con il redivivo 4-4-1-1 (dopo i tre k.o. consecutivi con la formula tre punte) e un Cigarini enorme. Ma tante grazie alla Lazio che sbaglia di tutto, di più: formazione di partenza, atteggiamento tattico e, infine, il tocco nel momento cruciale. Sarà una settimana di passione a casa Lotito. Primo imputato, Petkovic. Non a rischio esonero, ma sotto osservazione: continuando così saranno problemi, e in prospettiva circola già il nome di Mihajlovic. Tre i motivi d’attrito: e se sul primo è dura concordare con la società, che ritiene la squadra da terzo posto, sugli altri il tecnico non è facilmente difendibile. Uno: i tanti gol presi (12 in campionato) da una difesa insicura. Due: i troppi cambi di formazione e modulo, solo due volte la stessa squadra in 11 partite. Anche ieri: fuori Candreva e 4-3-3 con il tridente rotante Anderson-Floccari-Perea, tutti a girare senza posto fisso, confondendo rivali e compagni.
Ma l’Atalanta è stretta e corta, dovrebbe essere aggredita con "tagli", cambi e sovrapposizioni sugli esterni. Invece, dei tre davanti, nessuno abita di ruolo sulla fascia: così la manovra si stringe inevitabilmente a imbuto, lasciando Cavanda e Lulic a galleggiare a mezz’aria. In più i due teorici registi, Biglia e Hernanes, svogliati e imprecisi, costringono Onazi al doppio lavoro. Risultato: Floccari e Perea sempre spalle alla porta, dialoghi stretti e frenetici, pressione dei centrali sul collo. Niente sbocchi né pericoli: nessuno entra in area. E fortuna per la Lazio che l’Atalanta, senza profondità proprio perché Denis non reagisce e Bonaventura parte lento, rimane bassa e timorosa. Ma poi ecco Cigarini bello e prepotente: personalità, geometrie e fatica da medianaccio, il play è dentro in quasi tutte le azioni, gol personale compreso. Al 40’ scatena il mobilissimo Moralez, il cui tocco dolce è salvato sulla linea da Cavanda. E al 41’ stanga Marchetti con un gran tiro da fuori, 1-0 meritato che sveglia anche la Lazio. Dentro Candreva a destra, mentre Lulic prende coraggio a sinistra e diventa un martello che schiaccia non solo Raimondi: non è un caso l’1-1 di Perea, 8’ s.t., sul suo cross. Anche se con l’aiuto di Del Grosso (soprattutto) e Lucchini: il colombiano s’infila nella fessura giusta. Solo che, rimessa un po’ in ordine ma svagata in mezzo, la Lazio spreca il match-ball psicologico: si limita al possesso (60%), al giro palla, al tiro da fuori. Non fa male.
Stendardo e Yepes sono un muro anche per Klose, Perea fatica in un ruolo non suo, Candreva con poche energie rende più comprensibile la scelta iniziale. E il centrocampo scuce i collegamenti. Ha più tecnica, ma meno rabbia la Lazio, avrebbe bisogno di uno come Cigarini (Ledesma?) che dia geometrie e tranquillità, e sia sempre al posto giusto anche quando i rivali sbagliano, tipo largo a sinistra sul tocco scelerato di Cavanda. Ma in campo non ce l’ha. E così è sorpasso, anche in classifica.
Il Corriere dello Sport titola: "La voglia di vincere punisce la Lazio".
L'articolo prosegue: Ha vinto Colantuono con merito. Calcio pratico, essenziale, efficace. Ha perso Petkovic, smarrito in un labirinto di incertezze. Nel gol decisivo di Denis, contropiede pazzesco a sei minuti dalla fine, tenuto in gioco da Lulic e libero di fuggire davanti a Marchetti, non c’è solo l’episodio, ma si nasconde il confine tra il coraggio e l’incoscienza. L’ansia del risultato e la voglia di vincere ad ogni costo hanno tradito il tecnico di Sarajevo. Ha messo dentro Klose e ha tolto Hernanes, sguarnendo il centrocampo. La Lazio, che aveva avuto la forza di rimontare e di prendere il controllo della partita, s’è gettata in avanti nell’ultimo quarto d’ora con un improbabile 4-2-4. I primi due cambi (Candreva per Felipe Anderson dopo l’intervallo e Keita per Floccari) erano stati indovinati, perché avevano permesso alla squadra biancoceleste di allargare il fronte d’attacco e accerchiare l’Atalanta sulle corsie esterne. La terza sostituzione no, perché il gol di Denis è arrivato dopo aver rischiato un paio di ripartenze pericolose e perché alcuni giocatori, su tutti Lulic, erano in chiaro debito d’ossigeno. Proprio il bosniaco, terzino e ala sinistra per ottanta minuti, non ha avuto la forza e l’attenzione per restare in linea con Cana e Ciani, saliti per mettere in fuorigioco Denis, nell’azione decisiva della partita. E’ crollato per stanchezza, non aveva più le gambe. Come Cavanda, uscito male dalla difesa. Ha servito ancora peggio Onazi, che ha perso palla a centrocampo, favorendo il contropiede ispirato da Cigarini, abilissimo a lanciare l’argentino in profondità, scattato in posizione regolare.
La Lazio ha perso proprio quando annusava il colpo che le avrebbe consentito di interrompere la serie negativa lontano dall’Olimpico: solo una vittoria in 14 partite esterne nel 2013, tre sconfitte su quattro dall’inizio del campionato. Petkovic, che prosegue sulla china pericolosa del girone di ritorno della passata stagione, dovrebbe cominciare a interrogarsi. Non gli si poteva chiedere di lottare per lo scudetto, ma neppure ha una squadra da ottavo posto, come dice oggi la classifica. E sta ancora cercando un’identità precisa. L’Atalanta, tornata alle antiche certezze del 4-4-1-1, vola. Terza vittoria consecutiva e sorpasso sulla Lazio. Petkovic ha inizialmente rinunciato a Candreva e ha puntato sul tridente pesante formato da Felipe Anderson, Perea e Floccari. Un fantasista e due punte vere. L’obiettivo era creare imprevedibilità con il movimento e lo scambio frequente di ruoli. In realtà i tre si sono spesso pestati i piedi e così la manovra della Lazio si è imbottigliata al centro. Lulic e Cavanda erano costretti a salire per accompagnare il gioco, davanti non si trovavano sbocchi. Possesso palla e pressione sterile, 6 angoli a 2 per l’Atalanta (alla fine il conto salirà a 8-2), che si raccoglieva tutta a protezione della difesa. Undici giocatori dietro alla linea della palla, ma anche pronti a mordere appena si liberava lo spazio e fisicamente più forti nel corpo a corpo. Zero occasioni prodotte dalla Lazio, a parte un tiro a lato di Floccari. E’ bastato ai padroni di casa alzare il ritmo per passare in vantaggio. Una fiammata di cinque minuti in cui la squadra di Petkovic sembrava impotente e inerte. Parata di Marchetti su Bonaventura al 37', salvataggio di Cavanda sulla linea per respingere il pallonetto di Moralez tre minuti più tardi e al 42' la sberla di Cigarini dai venti metri senza che Hernanes e Biglia riuscissero a contrastarlo al tiro.
Dopo l’intervallo Petkovic ha inserito Candreva e ha tolto Felipe Anderson, ancora senza il ritmo giusto (e neppure la posizione) per incidere. Il tridente è diventato più logico. E Perea ha acciuffato il pareggio, firmando il suo primo gol italiano. Sul cross di Lulic, il ragazzo colombiano è stato bravo a infilarsi tra Del Grosso e Lucchini e ha messo dentro. Poteva essere il gol della svolta. La Lazio ha preso in pugno la partita, ma non ha avuto la cattiveria e l’intuizione giusta per creare i presupposti del raddoppio. Ci ha provato solo Hernanes da lontano e su punizione. Petkovic ha tentato di sfondare sulla fascia sinistra inserendo Keita al posto di Floccari. Mossa giusta. Dietro Cana e Ciani tenevano a freno Denis, vivacissimo su ogni pallone. Si giocava sul filo dell’equilibrio ma l’ingresso di Klose, invece di un centrocampista come Gonzalez o Ledesma, lo ha rotto in favore dell’Atalanta. Linea mediana slabbrata, squadra sbilanciata e il gol partita di Denis. La morale: se non riesci a tirare in porta, non vinci. E se hai troppo coraggio, smarrendo l’equilibrio tattico, nel campionato italiano finisci per perdere...
Da La Repubblica:
Centosei di questi giorni, cara Atalanta. I bergamaschi festeggiano la fondazione (17 ottobre 1907) prima distribuendo ai tifosi dei cartoncini nerazzurri che colorano lo stadio, poi con la terza vittoria di fila e il 7° posto, "ma il nostro obiettivo è sempre guardare bene la classifica, stando attenti che quelle dietro non ci raggiungano", fa esercizio di umiltà Colantuono. Intanto però sorpassa – e con pieno merito – proprio l’avversaria di ieri, la Lazio, che galleggia mesta a metà classifica. Ovvio, per com’è a pezzi. Candreva e Klose entrano solo nel 2° tempo, uno per scelta tecnica ("dovevo fare turn-over", spiega Petkovic), l’altro recuperato da un infortunio. Ledesma resta in panchina, frenato dall’influenza, e al suo posto Biglia in regia non fa mai un passaggio più lungo di dieci metri. E poi Hernanes, in campo ma per modo di dire. Coi quattro migliori a mezzo servizio, la Lazio perde moltissimo, partita compresa. Prestazione disarmante: ora la società riflette su Petkovic che per la prima volta in due anni va considerato in discussione. Certo, il gol decisivo, di Denis, arriva sul finire e nel momento migliore dei biancazzurri. Ma è colpa loro, cioè di Ciani, che tiene in gioco l’argentino (bravissimo a dribblare Marchetti) su lancio di Cigarini. "Un errore che non possiamo fare", dice Petkovic, omettendo di notare che certi errori vengono facili con una squadra squilibrata come quella che aveva disegnato nel finale a furia di immettere punte.
Equilibratissima invece l’Atalanta, grintosa, essenziale e veloce, con talenti come Bonaventura, Moralez e soprattutto Cigarini. Che ci mette il cervello, con l’assist a Denis, il piede col gol dell’1-0, un astuto tiro dal limite nell’angolo basso, ed entrambi al 38’ quando mette davanti alla porta Maxi Moralez (38’), il cui scavetto fa fare a Cavanda una perfetta imitazione del De Rossi di venerdì, nel senso del salvataggio sulla linea. Pur leggera in avanti (Felipe Anderson è impalpabile, Floccari è applaudito più dai tifosi atalantini, come ex, che dai suoi), la Lazio aveva pareggiato con Perea (non male il colombiano, al primo gol), su errata diagonale di Del Grosso e pisolino di Lucchini. Da lì in poi la Lazio gioca meglio, attacca ma è lenta, e i contropiedi dell’Atalanta sono pungenti. Fino alla puntura decisiva di Denis.
Tratte dal Corriere dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
Il "mal di trasferta" continua a tormentare la Lazio di Petkovic. Qui a Bergamo il tecnico bosniaco ha collezionato la terza sconfitta in questo campionato (bisogna poi aggiungere il rocambolesco pareggio contro il Sassuolo con gli emiliani in rimonta da 0-2 a 2-2), nonostante il tentativo di Petkovic di vincere la partita affidandosi a uno spregiudicato ma poco concreto 4-2-4. A fine gara l’atmosfera nello spogliatoio biancoceleste era abbastanza pesante. L’allenatore s’è presentato in conferenza stampa con un po’ di ritardo. Petkovic aveva il volto scuro: "Peccato, abbiamo dominato controllando per lunghi tratti la partita, ma torniamo a casa con una sconfitta – ha esordito – Ci è mancata la giusta convinzione. Abbiamo pagato a caro prezzo i nostri errori, soprattutto sul secondo gol (Denis; ndi) che abbiamo subito". Ma qual è il vero problema di questa Lazio quando si allontana dalle mura amiche? "Fuori casa non abbiamo lo stesso coraggio che mettiamo quando siamo all’Olimpico. Ne sono convinto: siamo stati competitivi, mantenendo un importante possesso palla, ma siamo stati troppo sterili, troppo leziosi. Credevamo di poter vincere ma abbiamo pagato cara questa convinzione. I 4 attaccanti nel finale? L’Atalanta si era rinforzata a centrocampo. Ha avuto paura di noi. Se non fosse stato per quell’errore sul secondo gol avremmo potuto anche vincere la partita". Petkovic ha subito sollecitato una pronta reazione da pate dei suoi giocatori: "Adesso chiedo a tutti il dovuto coraggio e la necessaria convinzione per ripartire".
Petkovic ha una certezza ben precisa per spiegare la negatività di certi risultati: "Paghiamo qualche ingenuità in difesa. Volevamo vincere, ci abbiamo creduto. Nel primo tempo mancava concretezza, ma nella ripresa siamo partiti bene". Cosa è successo? La Lazio a un certo punto sembrava sicura del risultato di parità. Petkovic ha cercato di vincere la gara con 4 giocatori offensivi in campo. Colantuono si è protetto addirittura con un centrocampo a 5 per evitare, a suo dire, una vera e propria beffa. "Abbiamo pagato caro un errore evitabile che ha favorito il secondo gol di Denis – ha confessato Petkovic – Contro queste squadre che si chiudono bene è necessario verticalizzare con maggiore velocità. Nella ripresa abbiamo aumentato il ritmo e s’è vista una Lazio migliore". Il tecnico non vuole piangersi addosso. È convinto che la stessa Lazio sia anche causa in questo momento del suo destino: "La classifica non ci dà ragione, siamo dove meritiamo. Dobbiamo dare di più ed essere più convinti e concreti pertcè continuiamo a essere penalizzati a ogni minimo errore". Le colpe vanno spalmate e suddivise su tutti, nessuno escluso. "Tutti devono dare un po’ di più, si perde tutti insieme, non ci sono individualità da colpire in questi momenti - ha ammesso Petkovic – Dobbiamo crescere dal punto di vista corale. Anche contro l’Atalanta ci abbiamo provato. La nostra squadra era la stessa messa in campo contro la Fiorentina (0-0 all’Olimpico; ndi). Abbiamo ancora una volta dominato, ma senza dare la giusta concretezza ai nostri sforzi. Complimenti ai nostri avversari, hanno difeso bene, hanno aspettato la nostra ingenuità che purtroppo è arrivata".
Capitolo Candreva. L’azzurro è subentrato nella ripresa per Felipe Anderson. Non sarebbe stato meglio gettarlo nella mischia da subito, considerata l’alto coefficiente di rischio di questa partita contro l’Atalanta? Petkovic aveva previsto tutto, anche perché pur subentrando a partita in corso è apparso prezioso come scelta tattica ma il suo rendimento non è stato efficace: "Candreva ha sempre disputato le ultime partite, gli serviva un po’ di riposo. Un piccolo "turnover" dovevo farlo".
Dalla Gazzetta dello Sport:
"La classifica? Siamo dove meritiamo". Vladimir Petkovic sembra quasi allargare le braccia, perché la Lazio non c’è. Non c’è più quella squadra che 14 mesi fa, da Bergamo, aveva cominciato una cavalcata che fino a gennaio l’avrebbe mantenuta ai piani alti del campionato. Ora a Bergamo la Lazio entra ufficialmente in crisi e il suo allenatore è di fatto in discussione. Il passo è compiuto, il confine sottilissimo è stato scavalcato. Il post partita è stato agitato, pure Lotito da Salerno ha commentato con disappunto al telefono la sconfitta. Sotto accusa c’è Vladimir Petkovic, per il futuro del quale le prossime partite saranno decisive. La società gli chiede un cambio di marcia immediato: la vittoria alla Lazio manca dal 25 settembre. A mettere in difficoltà Petkovic sono le aspettative della società, che ritiene di aver allestito un organico da terzo posto e non fa altro che ripeterlo urbi et orbi. Ci sono anche quelle parole dell’allenatore ormai diventato un ritornello: "Ci manca la cattiveria, la convinzione". Il pensiero del club è chiaro: chi altro deve trasmettere ai giocatori le motivazioni se non il tecnico? Ma a tradire il tecnico di Sarajevo sono anche i numeri, primo su tutti quello relativo al rendimento in trasferta. La Lazio si scioglie lontano dall’Olimpico: portato via solo un punto, a Reggio Emilia contro il Sassuolo, dopo una rimonta subita da 0-2 a 2-2.
Peggio in Serie A hanno fatto solo Udinese e Catania. In generale, in campionato, la squadra di Petkovic ha vinto una sola volta in trasferta in tutto il 2013: impensabile, così, solo immaginare di lottare per il 3° posto. E intanto le reti subite in campionato sono diventate 12, 19 in tutta la stagione: una media di 1,7 a partita. Che poi il centrocampo non è che faccia meglio: Biglia ed Hernanes hanno regalato all’Atalanta 34 palloni. "Ma molti li hanno persi perché hanno provato giocate rischiose", è stata la difesa d’ufficio di Petkovic. Intanto Hernanes continua a deludere. Ieri il d.s. Tare sul Profeta ha detto: "Ci parlerò, non penso che andrà via a gennaio". Ma è il presente del numero 8 a preoccupare. Come della Lazio tutta, ora a 8 punti dal terzo posto, con 7 lunghezze in meno rispetto alle 18 di un anno fa. E’ una squadra che ha perso la propria identità: solo 2 volte in stagione Petkovic ha confermato la stessa formazione tra una partita e l’altra. E così Vlado è entrato nel mirino (anche) dei tifosi. "Io a rischio? Tutti gli allenatori sono a rischio, ma io so esattamente cosa sto facendo".