4 dicembre 2015 - Campionato di Serie A - XV giornata - inizio ore 20.45
LAZIO: Marchetti, Basta, Mauricio, Gentiletti, Radu, Biglia, Parolo, Candreva (46' Felipe Anderson), Milinkovic (68' Matri), Kishna (46' Keita), Klose. A disposizione: Berisha, Guerrieri, Hoedt, Braafheid, Konko, Cataldi, Djordjevic. Allenatore: Pioli.
JUVENTUS: Buffon, Barzagli, Bonucci, Chiellini, Lichtsteiner, Sturaro, Marchisio, Asamoah (68' Evra), Alex Sandro, Mandzukic (82' Morata), Dybala (79' Cuadrado). A disposizione: Neto, Rubinho, Rugani, Lemina, Padoin, Vitale, Zaza. Allenatore: Allegri.
Arbitro: Sig. Banti (Livorno) - Assistenti Sigg. Costanzo e Barbirati - Quarto uomo Sig. De Luca - Assistenti di porta Sigg. Orsato e Celi.
Marcatori: 7' Gentiletti (aut), 32' Dybala.
Note: ammoniti Gentiletti, Mandzukic, Mauricio, Radu, Parolo, Alex Sandro, Evra, Klose tutti per gioco scorretto. Angoli: 6-1. Recuperi: 3' p.t., 4' s.t.
Spettatori: 25.000 circa.
La Gazzetta dello Sport titola: "La Signora è scatenata. Dybala come Tevez. Juve a forza cinque. La Champions ora è lì. L'argentino stende la Lazio con due invenzioni e regala ad Allegri il quinto successo di fila. Agganciata la Roma e terzo posto a -2, almeno per una notte".
Continua la "rosea": Più che una cronometro, quella della Juventus sembra diventata una corsa a ostacoli. Con il fine però di buttarli giù tutti. Da qualche tempo ci sta riuscendo. Cinque vittorie di fila in campionato. Non succedeva da un anno. La forza degli ostacoli conta, ovvio. Ma non è preponderante, se pensiamo con quali avversarie la banda Allegri ha persi punti per strada. Ciò che conta è quello che è successo nella testa e nei meccanismi della squadra. La Juve è diventata (tornata?) un rullo compressore, che si prende il bottino anche senza entusiasmare. La corsa solitaria, per dirla col tecnico bianconero, si sta mettendo in discesa e rischia di centrare l'obiettivo quarto posto prima ancora del Natale tanto citato. Per il momento la Juve va a dormire appaiata alla Roma, poi si vedrà. Certo, c'è anche qualcuno che gli facilita il compito. La Lazio, come tutte le belve ferite, poteva essere molto pericolosa. Invece è stata un gattino senza artigli. Come spinte da forze di gravità contrarie, le due squadre corrono le loro corse solitarie nella direzione opposta. La Juve sempre più su verso chissà che luna, la Lazio sempre più giù verso chissà che baratro. Una Lazio che più depressa non si può e nelle grinfie della legge di Murphy: se le cose possono andar male, vanno peggio. Che la Juve sia la bestia nera di Pioli si sapeva: in 12 sfide, adesso siamo a 9 sconfitte e tre pareggi. Ma forse questa è la peggiore, per come è stata subita ma anche perché lo mette a rischio panchina. Non un rischio immediato, forse. Ma un punto in 6 gare è davvero una miseria.
Nella partita che doveva essere della reazione, del siamo ancora vivi, l'aquila si tarpa le ali già all'alba con un'autorete di Gentiletti, costretto a un gesto disperato per anticipare Mandzukic. Ma possiamo affermare con una certa sicurezza che sarebbe andata a finire allo stesso modo. Troppo più in palla la Juventus, che tra l'altro per la prima volta in campionato va in buca nel quarto d'ora iniziale. Troppo più reattiva, con le idee chiare nel pressare e nel tenere le linee corte, e soprattutto con un Dybala in più nel motore. Paulo Sousa ha regalato una frase carina di recente: "La squadra deve essere il padre e la madre di ogni giocatore, pur grande che sia". Un pensiero sposato da quasi tutti gli allenatori. Anche quelli che da giocatori non la pensavano esattamente così. Squadra padre e madre sì, ma se hai un figlioccio come Dybala tutto diventa più semplice: 7 reti in campionato, 8 in stagione. La Juve ritrovata va di pari passo con l'esplosione del talento argentino che gioca a tutto campo, che regala assist e reti con naturalezza. Suo il cross teso che ha costretto Gentiletti al harakiri, suo il gol del raddoppio al 32' che ha chiuso la partita. Un gol bellissimo, un tiro nell'angolino dopo un palleggio da giocoliere, anche se c'è la complicità di un Marchetti poco reattivo. Come tutta la Lazio. Che come un pugile suonato non si è più ripresa. La Juve ha fatto la sua onesta, cinica, bella, tosta partita. Ma non è stata marziana.
Eppure nel primo round la Lazio non è esistita. Buffon ha fatto la sua prima parata, se così si può chiamare, raccogliendo senza muoversi un tiro centrale, al decimo del secondo round. Merito di Chiellini e compagnia, certo. Merito di un'attenzione in tutte le zone del campo e di una superiorità schiacciante nei duelli. Ma molto demerito di un avversario che avrebbe bisogno di uno psicologo. Son sparite le triangolazioni veloci, le volate sulla fascia di Candreva o Felipe Anderson, sono sparite le occasioni e dunque i gol. Per tacere della tremolante difesa. La Lazio si è persa e non sa più tornare. E uno dei simboli è lo smarrimento del guerriero Klose. Pioli ha provato ad offendere prima con Candreva e Kishna. Poi, nella ripresa, con Felipe Anderson, Keita e anche Matri, per una sorta di 4-2-4. Si è visto qualcosa di più, ma giusto il minimo sindacale mentre la Juve quasi si riposava. Una Juve che dimostra in questo momento di poter fare anche a meno di Pogba e Khedira, tanto sta bene. Per l'occasione, Allegri ha rispolverato il ritrovato Asamoah, prima volta da titolare. Il ghanese se l'è cavata egregiamente, poi ha lasciato il posto a Evra. Sarà una pedina preziosa per la lunga corsa. Corsa che adesso trova l'ostacolo più delicato sul traguardo di Natale: la Fiorentina. Questa sì sarà una sfida chiave. Delle squadre che ha davanti in classifica, la Juve ha preso solo un punto all'Inter. Se butta giù anche l'ostacolo viola, allora l'obiettivo quarto posto potrebbe rivelarsi stretto.
Il Corriere dello Sport titola: "Rimontona. Dybala meraviglia. Show di Paulo: due gol con un tiro e mezzo. I bianconeri agganciano la Roma al 4° posto".
Prosegue il quotidiano sportivo romano: E sono cinque. Ieri sera, all'Olimpico, la Juventus ha battuto la Lazio, gettandola nello sconforto più cupo, e agganciato la Roma che per liberarsi dall'inatteso e soffocante abbraccio bianconero dovrà almeno pareggiare a Torino. Quinta vittoria consecutiva, ottavo gol segnato nelle ultime tre trasferte e stavolta è bastato poco ai campioni d'Italia per prendere i 3 punti. Un autogol e una perla di Dybala, il giovin signore di questa squadra. E poi zero sofferenza, anche nel secondo tempo, quando la Juve ha lasciato la palla alla Lazio e si è ritirata per difendere comodamente il doppio vantaggio. Come difesa, e come fase difensiva, Juve e Lazio sono una l'opposto dell'altra: la micidiale solidità dei bianconeri e l'inconcepibile fragilità biancoceleste. Ieri la Lazio è piombata in una crisi che non conosceva da tempo, ha perso 5 delle ultime 6 partite e non si sono visti in nessun reparto segnali di ripresa. E' una crisi tristissima, dentro uno stadio ostile e le lacrime di Biglia, il capitano vice campione del mondo, erano il segno definitivo di una squadra sprofondata chissà dove. La Lazio è durata 5 minuti, quanto una candela in una tramontana. Sul primo gol c'era l'essenza di tutta la sua stagione, sul secondo la celebrazione dei suoi errori, della sua dissolutezza difensiva. Appena ha alzato la velocità sul fianco sinistro, Alex Sandro ha saltato Basta che non ha fatto in tempo a chiudere sul primo cross, il pericolo poteva essere annullato dall'intervento di Mauricio che invece l'ha trasformato in occasione da gol respingendo in area sui piedi di Dybala, rapido il cross dell'argentino e ancora più rapido il tocco di Gentiletti. Nella sua porta.
Le buone intenzioni della Lazio si sono fermate a quel punto. C'è stata, a dir la verità, una parvenza di reazione intorno al 25', con un paio di iniziative non andate a buon fine, ma poi, rientrando nel suo totale dissesto difensivo, ha preso il secondo gol. Altro errore di Mauricio che di testa ha rinviato sui piedi di Asamoah, palla a Mandzukic, palla a Dybala, primo controllo col destro, secondo con la coscia sinistra, labbrata al volo di sinistro, Marchetti in ritardo, con la palla a un centimetro dal palo. Un gol bellissimo in mezzo a una difesa inesistente, la seconda peggior difesa del campionato. La Lazio era senza rabbia, senza mordente, senza lo spirito che l'aveva sorretta nella splendida stagione scorsa. Ad Allegri mancava la parte nobile del centrocampo, Pogba e Khedira, giocava ancora Sturaro e, per la prima volta da titolare, Asamoah. La compattezza era il massimo che poteva esprimere, a meno che la palla non scivolasse fra i piedi di Dybala, allora sì che c'era da divertirsi. L'ex palermitano ha ormai preso la squadra in mano, ieri sera controllava Biglia quando la palla era della Lazio e ripartiva quando la palla era sua. Giocava alle spalle di Mandzukic in una coppia consolidata: all'Olimpico hanno segnato il loro decimo gol di coppia. Anche di fronte a un centrocampo non eccelso, la Lazio ha avuto troppe difficoltà a costruire gioco: Sturaro ha controllato Parolo ed è ripartito di continuo, Asamoah non si è mai fermato e Marchisio non ha mai sofferto il controllo di Milinkovic. Questo accadeva in mezzo.
Ai lati, per la Juve era ancora meno complicato visto che la potenza atletica di Alex Sandro aveva già escluso Basta dalla partita, mentre Radu aveva solo qualche problema in meno a difendersi dagli attacchi di Lichtsteiner. In questa situazione di mancanza totale o quasi di gioco e di controllo, si perdeva il già smarrito Klose. E' stato il tentativo estremo di Pioli nell'intervallo: cambiare gli esterni, fuori Candreva e Kishna, dentro Felipe Anderson e Keita. La Juve si è abbassata un po' e la Lazio si è impossessata del centrocampo bianconero, ma la sua circolazione della palla era così lenta, prevedibile e misera che Chiellini e Barzagli potevano tranquillamente respingere ogni attacco laziale. Tanto per dare l'idea, il primo tiro in porta è arrivato al 23' con Milinkovic, che poco dopo Pioli ha sostituito con Matri. Doppio centravanti e doppie ali d'attacco, la Lazio ha provato a riprenderla così, ma senza riuscirci. La Juve era già a Torino con i tre punti in tasca e con la Roma al suo fianco.
Il Messaggero titola: "Lazio spuntata e la Juve vola. I bianconeri vincono in scioltezza e salgono al quarto posto in classifica. Apre un autogol di Gentiletti, Dybala firma il raddoppio: Pioli in grossa crisi".
Prosegue il quotidiano sportivo: Profondo nero. Anzi, bianconero. La Lazio cade anche all'Olimpico annichilita dalla Juventus. Un due a zero tondo, ottenuto dalla squadra di Allegri con il minimo sforzo, che la dice lunga su quello che si è visto in campo. Un solo punto nelle ultime sei partite e per i biancocelesti è notte fonda. Non si vede il minimo spiraglio da una squadra che appena subisce un gol crolla irrimediabilmente. Sette minuti, il tempo di lasciare Dybala solo di fare quello che vuole in area e vedere lo sfortunato piede di Gentiletti tra?ggere la propria porta. Poi il crollo della Lazio e la serata del giovane argentino della Juventus illuminarsi come non mai. Da antologia il secondo gol. Il pubblico di fede laziale contesta squadra e dirigenza mentre la classifica dei biancocelesti si fa sempre più complicata. Pioli si aspettava una reazione contro una Juventus lanciata nella rimonta scudetto (ora è quarta, alla pari della Roma) e invece ancora una volta si è trovato ad assistere al naufragio dei suoi. Il cambio di modulo e la scelta di puntare su Kishna e Klose non ha pagato. E' mancato ancora una volta il carattere, quello che la Juventus ha sbattuto in faccia ai ragazzi di Pioli, come a dire: "Questo vuol dire avere fame". La Lazio è una creatura fragile e senza una propria identità: manca il gioco e la coralità di un gruppo che nelle difficoltà non sa mai reagire.
Dopo l'autogol di Gentiletti si è vista una timida voglia di riscatto ma decisamente un'inezia quando hai di fronte campioni del calibro di Dybala che con due lampi decidono una partita. Pioli in panchina è tarantolato, le sue urla furibonde però si perdono nella testa di giocatori che sembrano spaesati e senza la minima convinzione. Ancora una volta va in scena il difesa horror show. Pronti via e Gentiletti prima si butta dentro la palla poi si fa ammonire ed è così costretto a giocare l'intera partita con la paura. Stesso discorso per Mauricio abbonato ai cartellini. Con i due centrali avvisati per gli attaccanti della Juve è una passeggiata. Basta e Radu cercano di spingere come possono ma sono costretti a fare gli straordinari per tenere gli scatenati Alex Sandro e Lichtsteiner che scendono sulle fasce senza soluzione di continuità. Con le due subite ieri la Lazio sale a quota 24 reti incassate, una enormità. Penultima retroguardia del massimo campionato, peggio ha fatto solo il piccolo Carpi con 27. Inoltre è la quinta volta consecutiva che i biancocelesti vanno in svantaggio nel primo tempo, nessuno ha fatto peggio sinora in serie A. Quello che colpisce è proprio la fragilità del pacchetto arretrato. Ogni volta che viene attaccata la Lazio dà l'impressione di poter subire gol. Un disatro la Lazio fin qui, Verona a parte, nelle altre 6 gare giocate fuori casa sono arrivate solo sconfitte. E se si aggiungono pure le due casalinghe con il Milan e la Juventus fanno 8 in 15 partite, numeri che ricordano pericolosamente l'ultima retrocessione datata 31 anni fa.
Un solo punto nelle ultime sei gare che per ora hanno fatto sprofondare la Lazio al decimo posto in classi?ca e tra oggi e domani i biancocelesti potrebbero scivolare ulteriormente. Un andamento pericoloso che la Lazio ha intrapreso soprattutto perché manca la reazione e l'abitudine a lottare in certe zone della classifica. Manca tutto alla Lazio: gioco, idee e soprattutto la voglia. Da salvare c'è ben poco e Pioli lo ha capito ormai da tempo. Il suo equipaggio lo ha abbandonato mesi fa. E il silenzio della società è assordante. Lui si passa la mano nervosamente sulla testa e il suo sguardo perso nel vuoto fotografa perfettamente il momento che si vive nello spogliatoio. I suoi uomini sembrano più bambini dell'asilo che pestano i piedi che non sono più nemmeno in grado di tirane fuori l'orgoglio in big match come quello di ieri sera. Basti pensare che il primo tiro nello specchio la Lazio lo fa dopo 63 minuti di gioco. E così l'infreddolito Buffon, che non subisce gol da 454 minuti, è costretto a sporcarsi i guanti. Ognuno va per conto proprio, serve immediatamente una scossa, anche se a pagare dovesse essere il meno colpevole di tutti: l'allenatore. La situazione è ormai definita e gli alibi sono finiti. La panchina è rovente e Pioli dietro di se vede avvicinarsi mille fantasmi. Uno, Marcello Lippi, era in tribuna a godersi il triste spettacolo biancoceleste.
Tratte dalla Gazzetta dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
La Juventus sempre più un tabù per la Lazio di Pioli: cinque sconfitte in altrettante sfide. Anche il ruolino del tecnico contro i bianconeri è in rosso: 9 sconfitte e nessuna vittoria in 12 incontri. Ma è il presente a impensierire Stefano Pioli. Cinque k.o, nelle ultime sei giornate e la crisi della sua Lazio è ormai totale. Dal gioco ai risultati. Con la panchina che non sembra a rischio salvo colpi di scena. In tribuna c'era anche Marcello Lippi, possibile candidato per sostituire Pioli come direttore tecnico (Brocchi in panchina). Ma restano in ballo le piste per Guidolin, Simone Inzaghi. E ci sono anche le ipotesi straniere come Sampaoli e Yakin. La presenza dell'ex c.t. all'Olimpico era comunque prevista nelle scia di altri suoi impegni di questi giorni nella Capitale. Nel dopo partita l'amarezza di Pioli sconfina in una delusione enorme. La sua bella Lazio arrivata al terzo posto nel campionato scorso è ormai un fantasma indefinito. "La generosità e la voglia di far la partita ci sono state. Non deve però più succedere che alla prima occasione gli avversari mettono il naso fuori dalla propria metà campo e noi andiamo in svantaggio. Siamo stati troppo lenti e prevedibili dopi essere andati in svantaggio".
Sente le ombre sulla sua panchina anche se dal fronte societario non arrivano ultimatum. "Non ho incontrato il presidente Lotito o il d.s. Tare. Io in discussione? Non dovete chiedere a me, io lavoro per infondere certezze e fiducia alla squadra. Possiamo e dobbiamo fare tutti molto di più. No, non penso a dimettermi. Bisogna rialzarsi tutti insieme". Sin dalle prime battute di gioco, Pioli è apparso agitato davanti alla sua panchina. Tensioni accumulate e preoccupazioni scaturite dall'approccio alla gara da parte dei suoi giocatori. Al raddoppio di Dybala, il volto del tecnico zoomato dalle immagini televisive era impietrito. Come colpito dal presagio di un abisso contro la Juventus dal quale sarebbe stato difficile risalire. "Strano non segnare con una certa continuità. Strano anche non segnare in situazioni pericolose. La mancanza di fiducia ti fa cercare le giocate individuali. Dagli attaccanti ci si aspetta di più. Bisogna essere lucidi e ammettere che siamo in difficoltà. Il momento è delicato. Ci vuole più brio e intensità. La squadra sta perdendo idee e velocità". E forse Pioli sta perdendo la Lazio.
C'era una volta un portiere che era diventato l'incubo della Juve. Che quando incrociava i bianconeri si ricordava di essere cresciuto nel Toro e sfoderava prestazioni da fenomeno assoluto. Un portiere che, proprio per quelle prove, si era meritato il soprannome di Superman. Quel portiere era (è) Federico Marchetti. Che ieri, contro la Juve, non ha potuto neanche provare a ripetere una di quelle prestazioni che lo resero famoso. Non ha potuto perché dopo 5 minuti aveva già dovuto raccogliere un pallone in fondo alla rete. Come tante altre volte gli è accaduto in questa stagione, l'ultima appena cinque giorni prima a Empoli (anche lì gol subito dopo soli 5 minuti). Ma quel Marchetti che vinceva (o pareggiava) da solo non c'è anche perché davanti a lui non c'è più una difesa. Quella della Lazio è ormai ufficialmente diventata la banda del buco della Serie A. Con le due subite ieri sono diventate 24 le reti al passivo dei biancocelesti in 15 giornate. Come Verona e Frosinone (che hanno una partita in meno), peggio ha fatto solo il Carpi (27).
E quando davanti non hai più filtro diventa difficile fare miracoli. Magari diventa più semplice incappare in qualche infortunio. Come sul secondo gol della Juve sul quale, al netto della prodezza di Dybala, Marchetti qualche responsabilità ce l'ha. "Non ho visto partire la palla - spiega a fine partita - poi non ho fatto il possibile". Sul momento della squadra, Marchetti prova a "parare" le critiche: "È un periodo particolare, in cui non ci assiste neppure la fortuna. Anche stavolta abbiamo preso gol alla prima occasione subita". E anche la mancanza del pubblico, secondo Marchetti, non sta aiutando la Lazio: "Certo, un maggiore sostegno ci farebbe comodo, soprattutto in Europa League dove giochiamo nel deserto. Però sta a noi reagire e riportare il pubblico dalla nostra parte, abbiamo le qualità per risalire".