Domenica 22 marzo 2015 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Hellas Verona 2-0 Campionato di Serie A - XXVIII giornata - inizio ore 20.45
LAZIO: Marchetti, Basta, de Vrij, Mauricio, Radu, Parolo, Biglia, Candreva, Mauri (73' Lulic), Felipe Anderson (85' Perea), Klose (79' Keita). A disposizione: Strakosha, Novaretti, Braafheid, Cavanda, Cana, Onazi, Ledesma, Cataldi, Ederson. Allenatore: Pioli.
HELLAS VERONA: Benussi, Martic (53' Brivio), Moras, G. Rodriguez, Pisano, Obbadi, Tachtsidis (59' N. Lopez), Ionita (81' Campanharo), Christodoulopoulos, Toni, Hallfredsson. A disposizione: Rafael, Gollini, Marques, Sorensen, Agostini, Greco, Valoti, Fernandinho, Saviola. Allenatore: Mandorlini.
Arbitro: Sig. Massa (Imperia) - Assistenti Sigg. Di Liberatore e De Pinto - Quarto uomo Sig. Musolino - Assistenti di porta Sigg. Rizzoli e Abbattista.
Marcatori: 4' Felipe Anderson, 47' Candreva.
Note: ammonito G. Rodriguez per gioco scorretto. Angoli: 12-1. Recuperi: 2' p.t., 0' s.t.
Spettatori: 42.000 circa con 22.750 paganti e 17.369 abbonati.
La Gazzetta dello Sport titola: "La Lazio ingrana la sesta ma il sorpasso non riesce. Il nono gol di Anderson e una punizione di Candreva schiantano il Verona. Sesta vittoria consecutiva, Roma sempre avanti di un punto".
Continua la "rosea": Fonti bene informate danno Claudio Lotito in pellegrinaggio a Brasilia, in preghiera davanti alla casa di Felipe Anderson. Già che c'è darà la sua solidarietà alla presidenta Dilma Roussef, visto che nel suo piccolo di contestazioni se ne intende. Gli consiglierà di prendere uno tipo Felipe nel governo per far tornare i consensi. Il magico Anderson rischia di essere l'affarone del secolo per lui. Non solo ha firmato fino al 2020, così avrà tutto il tempo per far lievitare il suo valore per la gioia della cassa presidenziale. Ma si sta trasformando anche in una sorta di capo popolo. Dopo il prolungamento ha detto: "Ora tutti allo stadio". Beh, più di 40 mila tifosi hanno riposto all'appello. Una cifra così, per una sfida non di cartello, all'Olimpico si era registrata un anno fa contro il Sassuolo. Ma i 41mila presenti erano accorsi per un solo motivo: insultare Lotito. Come cambiano le cose. Stavolta un solo coro contro, tanto per non perdere l'abitudine, ma poi sono stati tutti strameritati canti e applausi per la Lazio, che col Verona coglie la sesta vittoria di fila in campionato. E la quarta senza prendere gol. De Vrij e Mauricio hanno blindato la difesa. È stata una pura formalità. La squadra di Pioli si conferma tra le più in forma del campionato. Il magico Anderson per l'occasione ha aggiunto un numero al suo repertorio: ha segnato il suo primo gol di testa. L'ha firmato dopo 4 minuti, grazie al cross di Basta e alla collaborazione di un incerto Benussi. E siamo a nove reti in campionato, che lo fanno diventare il capocannoniere delle aquile. Poi il dolce Felipe si è esibito nel repertorio classico. Un passaggio filtrato in un buco impossibile da pescare per i comuni mortali che ha creato l'occasione sprecata da Klose. Numeri d'arte varia di un uomo che fa innamorare di lui. E una galoppata di 60 metri nel secondo round conclusa con un tiro deviato da Benussi sulla traversa. Cose impensabili se pensiamo all'Anderson di un anno fa. Ma, appunto, le cose cambiano. Pioli l'ha tolto a una manciata dalla fine per regalargli il giusto tributo in solitaria.
Candreva, con una sassata su punizione sotto la traversa appena sfiorata da Mauri appostato in mezzo alla barriera, aveva già scritto le parole "The end" al tramonto del primo round. Il Verona è rimasto più che altro a guardare. Non c'è niente da capire. Troppa Lazio per questo Verona. Mandorlini ha provato a blindarsi cambiando il sistema con un 4-1-4-1, con Obbadi davanti alla difesa e il povero Toni orfanello nell'area avversaria. L'esperimento ha nuociuto all'offesa. E non è servito per fermare l'orchestra Pioli. Il tecnico è tornato al 4-3-3 dopo l'intervallo, quando ha inserito Nico Lopez per lo smarrito Tachtsidis a avanzato Christodoulopoulos ma non è cambiato molto. Un tiro per caso in porta per i veneti, a opera di Moras, finito sul palo. E un angolo a tempo scaduto. Tutta qui la misera produzione. Frutto di un atteggiamento passivo e di zero grinta. Il solo Hallfredsson si è guadagnato la pagnotta dannandosi l'anima per tentare qualche straccio di ripartenza. La Lazio invece di gol poteva farne altri. C'è de registrare un'altra traversa, del sontuoso Biglia, un faraone a centrocampo coadiuvato dal moto perpetuo Parolo. E qualche errore sotto porta di un Klose al solito generoso ma impreciso. Per chiudere il telegiornale delle buone notizie, si è rivisto Lulic dopo due mesi e mezzo ai box. Altro tassello prezioso per la corsa Champions. Già, la Champions. Non c'è il sorpasso sulla Roma, ma col pareggio del Napoli la Lazio ora ha 4 punti di vantaggio sulla quarta, che è diventata la sorprendente Samp di Mihajlovic. Anche la Fiorentina ha perso terreno. Pioli ha detto che vuole provare a vincerle tutte, senza guardare la classifica e le altre. Ma se le rivali si fanno male da sole beh, tanto meglio. Se poi il magico Anderson continua così, di notti felici ce ne saranno ancora parecchie.
Il Corriere dello Sport: "Volo Lazio, e' allungo Champions. Felipe e Candreva piegano il Verona e regalano la sesta vittoria consecutiva".
Continua il quotidiano sportivo romano: Vola la Lazio, spinta dai quarantamila dell'Olimpico, dai colpi di Felipe Anderson e Candreva a illuminare l'impianto costruito da Pioli. Oggi, si può dire, gioca il calcio più bello ed entusiasmante della serie A e sogna la Champions. Ieri la squadra biancoceleste ha infilato la sesta vittoria consecutiva, piegando con due gol anche il Verona e rischiando quasi mai, a parte un brivido in avvio. Due traverse e diverse occasioni sprecate avrebbero potuto rendere lo scarto più ampio. Un dominio assoluto, un altro monologo: 12-1 il conto degli angoli a favore. E' una macchina impressionante la Lazio: 14 gol all'attivo e solo uno subìto nelle ultime sei giornate di campionato. Niente sorpasso, ma il derby con la Roma, sopra di un punto, è destinato a continuare. E Pioli ha consolidato il terzo posto. Ora ha quattro punti di vantaggio sulla Sampdoria e cinque sul Napoli, fermato al San Paolo dall'Atalanta di Reja, vecchio cuore laziale. Nel finale il tecnico emiliano, applauditissimo dall'Olimpico, ha rilanciato anche Lulic, al rientro dopo due mesi di stop. L'abbondanza conterà in volata. Non c'è stata partita. Mandorlini ha pensato di alzare la diga sulla linea di centrocampo, avanzando Halfredsson nel finto tridente e tenendo Christodoupoulos largo sulla fascia destra. Tatchidis playmaker affiancato da Ionita e Obbadi. Era 4-1-4-1 con Toni davanti. Il Verona ha provato a sorprendere la Lazio e dopo appena due minuti ha favorito l'inserimento di Christodoupoulos in area. Il greco, toccato da Radu, è finito a terra, reclamando il rigore. Subito dopo la Lazio è passata in vantaggio, sfruttando un cross tagliatissimo di Basta e il momento magico di Felipe Anderson, fresco di rinnovo del contratto. Dev'essere un momento magico, perché il brasiliano s'è fatto trovare solo nell'area trafficata del Verona e ha colpito di testa (non proprio la sua specialità) segnando come se fosse un centravanti.
Quel gol ha acceso l'Olimpico, pieno di bandiere biancoceleste e ha esaltato le qualità tecniche della Lazio. Biglia e Parolo governavano bene la manovra e innescavano veloci ripartenze, aprendo il gioco sulle fasce o guadagnando metri attraverso verticalizzazioni nei corridoi centrali, dove Felipe e Candreva, sfruttando il movimento di Klose, andavano a cercare il pallone. Il Verona assisteva passivo, non riusciva a contenere quel fraseggio, a cui poteva opporre solo qualche calcio piazzato oppure i lunghi lanci a cercare le spizzate di Toni. Un solo pericolo. Sugli sviluppi di una punizione, Moras si è smarcato sul secondo palo e ha tirato al volo di destro. Il pallone, sporcato da Parolo, ha colpito il palo e poi è stato respinto da Marchetti, richiamato in azzurro dal ct Conte dopo l'infortunio di Perin. La Lazio ha continuato a cercare il secondo gol con intelligenza, senza esporsi, lavorando con pazienza come aveva fatto a Torino. Ma era sempre pericolosa. Klose ha concluso centrale dopo un triangolo da applausi tra Felipe e Biglia. L'argentino ha preso la traversa su punizione, ancora il tedesco ha girato alto da buona posizione. Nell'ultimo quarto d'ora si è messo in moto Candreva. Andava a prendere palla a centrocampo e partiva con le sue progressioni. Proprio a un soffio dall'intervallo, è scattato e ha puntato la porta del Verona, ha superato in velocità anche Rodriguez a cui non è rimasta altra scelta che falciarlo. Cartellino giallo e punizione dai 25 metri. S'è incaricato del tiro Candreva e ha inchiodato Benussi con una sventola potentissima. Il pallone, dopo essere passato tra la barriera del Verona e due laziali (Mauri e Klose), ha preso un effetto imprendibile e si è infilato sotto la traversa.
Dopo l'intervallo Mandorlini ha provato ad aumentare il peso offensivo inserendo Nico Lopez per Tatchidis. Serviva maggiore assistenza per Toni. La Lazio ha continuato a palleggiare, congelando il gioco, cercando gli spazi o le ripartenze accecanti di Felipe Anderson, devastante in campo aperto. Al diciottesimo ha recuperato palla sulla trequarti della Lazio, si è messo in moto e ha corso per settanta metri, accompagnato dall'Olimpico sino a quando non ha caricato il tiro, toccato sulla traversa da Benussi. Ci ha riprovato subito dopo angolando troppo il destro. Altre due volte è mancato l'ultimo passaggio per mandare a segno Klose. Dietro De Vrij, Mauricio, Basta e Radu erano rapidissimi ad accorciare le distanze e respingere il Verona, riconsegnando il pallone a Biglia, lasciato troppo libero da Mandorlini. Nell'ultimo quarto d'ora festa grande il ritorno di Lulic, gli spunti interessanti di Keita e l'ingresso di Perea. Ora se ne riparlerà dopo la sosta.
Il Messaggero titola: "L'inseguimento continua".
Prosegue il quotidiano romano: Uno show continuo, irresistibile, spettacolare in un Olimpico finalmente caldo e gremito, con la Nord che ha regalato uno scorcio di Hollywood. La Lazio, almeno per mezzora, è persino stata davanti alla Roma grazie al "Poeta del gol", in avvio di match, e a un aerolito di Candreva su punizione mentre si consumava il recupero del primo tempo. Assistere a una partita della Lazio è come sedersi a teatro, con i protagonisti che recitano a memoria il copione, rubando scena e consensi al pubblico entusiasta e incredulo. Basta soltanto avere pazienza, perché il finale è sempre lo stesso: la vittoria, con i contorni nel trionfo. La squadra di Pioli si è confermata una macchina da guerra: 18 punti consecutivi e una scalata prodigiosa alla zona nobile della classifica. Il successo, anche contro il Verona, non è mai stato in discussione, tranne un brivido sul palo di Moras. Pioli ha allestito un gruppo che si muove sulla stessa lunghezza, bravo soprattutto a interpretare la fase difensiva, disinnescando i pericoli che con le puntuali e coraggiose chiusure di Parolo, con l'abnegazione e il palleggio di Biglia e la copertura assicurata degli esterni, pronti al sacrificio nei ripiegamenti. Insomma, conoscendo la vivacità degli scaligeri nelle ripartenze, non si è mai fatta trovare scoperta portando anche 8-9 effettivi, all'occorrenza, a giocare sottopalla. Un atteggiamento da squadra "vera" che sa stare bene in campo, coprendo ogni spazio, "leggendo" con lucidità ogni momento.
La squadra biancoceleste ha sempre pressato alto, raddoppiando spesso sul portatore, attaccando la profondità con Klose e, in particolare, con Candreva e Anderson. Il brasiliano si è preso il proscenio con una serie di giocate di suggestione tecnica, il suo incedere e le sue finte hanno messo in costante ambasce la difesa veneta. Protagonista di un'altra prova maiuscola il fantasista ha ribadito di vivere un periodo di grazia, la cometa nella notte romana: il vero punto di forza della formazione. Ha l'argento vivo addosso e la sua presenza in campo vale da sola il prezzo del biglietto. A ogni prodezza lo stadio si è sciolto in un applauso lungo e riconoscente e, quando Pioli gli ha concesso la passerella, ha ricevuto la meritata ovazione del suo popolo. Messo a sicuro il risultato, al termine di una sontuosa prima frazione, la Lazio ha pensato gestire con agio assoluto la gara, a tenere lontano gli scaligeri dall'area di Marchetti senza dimenticare lo spettacolo. Anderson ha sciorinato altre giocate importanti, ha colpito una seconda traversa illuminando senza pause la serata. La squadra ha dimostrato personalità e compattezza e una crescente solidità difensiva: una sola rete subita negli ultimi 6 incontri. Non c'è stato il soprasso ma la terza posizione è stata consolidata, con forza e determinazione, da una nuova prestazione che ha meritato il commento agiografico. La Lazio continua a volare in cielo aperto, non teme la sindrome di Icaro: nemmeno lei conosce quanto siano ampi gli orizzonti del suo volo.
Tratte dal Corriere dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
E' una furia la Lazio, una macchina impressionante: 14 gol all'attivo, solo uno incassato, sei vittorie consecutive. Pioli non si ferma più. E' stata una notte magica all'Olimpico. Niente sorpasso, ma il derby con la Roma continuerà. Il terzo posto è saldo. Quattro punti di vantaggio sulla Sampdoria, cinque sul Napoli. Il tecnico emiliano sorride, perché la sua creatura continua a migliorare. La Lazio gioca un bellissimo calcio, attacca con imprevedibilità, tira, difende bene, senza rischiare. "Il segreto? La voglia dei giocatori di lottare insieme. E' un progetto di squadra, attaccano e difendono tutti. C'è spirito di sacrificio, un aspetto fondamentale" ha spiegato Pioli. Si è sforzato e ha evitato di guardare la classifica. "E' un momento importante della stagione e stiamo correndo velocemente, ma ci aspetterà un finale di campionato intenso e complicato. C'è tanta strada da fare. Dobbiamo spingere ancora sull'acceleratore. La corsa è su noi stessi". Le ambizioni restano. "No, non firmerei oggi per il terzo posto. Restano dieci partite di campionato e vogliamo giocarcele tutte". Pioli ha insistito sul concetto del sacrificio e del lavoro quotidiano a Formello. "Stiamo bene, ma non sono le prestazioni a fare la differenza. Le prestazioni sono la conseguenza di quanto facciamo ogni giorno. Basta vedere come si allenano i miei giocatori. Alleno un gruppo umile e con una professionalità elevata". La preoccupazione è riferita alla prossima tappa. La Lazio si deve fermare dopo sei vittorie consecutive. "Non so se sarà un bene la sosta, perderò undici giocatori per le nazionali e tra due settimane ci attende la trasferta difficilissima di Cagliari. C'è ancora tanta strada da fare". Cataldi aveva la febbre e ha aiutato Pioli a scegliere il 4-2-3-1 con Mauri a ridosso di Klose. La formula offensiva funziona. Il passato da centrocampista del capitano, di Candreva e di Felipe favorisce un certo tipo di manovra.
"Sono molto bravi a creare degli spazi e poi andare a occuparli. Riusciamo a trovare sempre a trovare soluzioni in verticale quando le squadre avversarie sono chiuse. Si sanno muovere e sanno collaborare. E poi, come dico sempre, conta la voglia di riconquistare il pallone. Vedere un giocatore come Klose rincorrere i difensori è tanto. Ho tutti giocatori di qualità che riescono a sacrificarsi". La Lazio avrebbe dovuto chiudere prima la partita. "La squadra ha giocato una buona partita, interpretata con maturità e intelligenza. Abbiamo comandato il gioco. Dovevamo segnare di più, siamo stati leziosi, sul 2-0 non abbiamo cercato il terzo gol con cattiveria. Nel calcio non si sa mai. Quando si può mettere sotto un avversario, bisogna farlo e non avere pietà. Capiterà il momento in cui non saremo al 100 per cento". Biglia super. "Non faccio graduatorie. Alleno una grande squadra". La difesa è diventata impenetrabile. "Lavoriamo su tutte le situazioni. Difendiamo tutti insieme. I miei giocatori sono sempre più consapevoli di poterlo trovare il gol. E se siamo bravi a non subirlo, abbiamo maggiori possibilità di vincere. E' aumentata l'attenzione di tutti nella fase di non possesso". Spiegato così sembra facile.
Rimarrà finché vorrà: "Roma è la mia seconda casa, porto la mia famiglia qui e rimango per sempre". E' bello sentirlo dire da Felipe Anderson, anche lui sa che forse non potrà accadere perché i faraoni del calcio prima o poi lo verranno a prendere. Tutti lo danno lontano da Roma, già venduto. Tutti lo immaginano nel Barcellona o nel Real, ma lui è diverso, è grato alla Lazio, per questo ha firmato il rinnovo, per questo rimarrà sicuramente un altro anno e forse per sempre. Ha detto che non andrà mai via con un sorriso gentile, per rispetto alla Lazio: "Ho imparato ad essere sempre grato nella mia vita, la Lazio ha creduto in me, sono felicissimo, sto bene, voglio rimanere ancora. Roma è bellissima, tutti vengono a visitarla, anche la mia famiglia, i miei amici. Le persone sono calde, agitate, urlano, in questo sono simili ai brasiliani. Non ho sentito tanto la lontananza del mio Paese". Felipe è un romantico, Felipe è un sognatore e vuole che tutti sognino con lui, è il senso del suo rinnovo: "Questa è una storia che inizia adesso!", ha detto. Questa è la sua storia e vuole viverla a lungo: "Credevo nel mio potenziale e la Lazio l'ha fatto per prima, sin dall'inizio. Ora la mia famiglia è molto contenta per ciò che sto vivendo". La storia è sua perché lui l'ha cambiata, perché lui la vuole così. Terzo posto blindato, nono gol in campionato, ora è capocannoniere solitario della Lazio. Di più non si può vedere, di più si può chiedere a Felipe Anderson? "Crediamo nel terzo posto, siamo lì, dobbiamo pensare solo a noi stessi, dobbiamo rimanere concentrati sulle nostre prestazioni. Ogni partita sarà una battaglia da qui alla fine". E' grato alla Lazio, è grato ai tifosi. E' un fenomeno dal volto e dal cuore umani: "Prima di venire qui i tifosi mi scrivevano messaggi, mi hanno dato ancora più voglia di arrivare in Italia. Dopo un anno difficile, in strada, mi dicevano di continuare, che credevano in me. La decisione di restare è stata mia e della mia famiglia, questo affetto è ciò che cerco nel calcio. Voglio dare il meglio, crescere ed aiutare la squadra. L'affetto dei tifosi è molto importante".
Questa è la storia di uno diverso, di Felipe il grande. C'è modo e modo di segnare, lui sa farlo in ogni modo. S'è inventato anche il gol di testa, una capocciata da centravanti per festeggiare il rinnovo sino al 2020: "Non avevo mai segnato di testa, il mister mi chiede sempre di entrare in area. Io sono abituato a stare fuori, ad aspettare le respinte, a tirare. Sono contento, voglio proseguire così. Segnare di testa, da dentro o da fuori area, non è importante, conta aiutare la Lazio". E' uscito con un graffio su un occhio, provano a fermarlo con le buone e le cattive: "Sono felice di aver segnato un'altra volta, questa è la vera Lazio, una squadra che corre, attacca e crea sempre gioco, ha calciatori che si aiutano a vicenda. Il segreto è la libertà, il mister ci vuole in movimento. Posso prendere molti palloni anche da trequartista. Pioli è molto importante per la nostra crescita e l'attuazione del bel gioco". Questa è la Lazio di Felipe Anderson, sempre di più. Questa è una Lazio ideale per uno come il brasiliano: "Il mister dice che non ci sono attaccanti o difensori, tutti devono aiutarsi e poi, una volta recuperata palla, dobbiamo mettere in mostra le nostre qualità. Stiamo crescendo di partita in partita". Si cresce di partita in partita, si vola di partita in partita. Felipe Anderson è il razzo che accende lo sprint, quando parte, quando accelera, arriva dritto in porta, non si fa buttare giù. Nove gol nelle ultime dieci partite, sono i numeri di un alieno. Nove gol, quasi dieci, l'ha fermato la traversa dopo un'altra cavalcata in stile Torino. Anzi, in stile Felipe Anderson. "In Brasile aspetti il pallone, in Italia no, mi urlavano sempre prima. Ora ho capito il calcio italiano".