15 aprile 2018 – Roma, stadio Olimpico - Campionato di Serie A, XXXII giornata - inizio ore 20.45
LAZIO: Strakosha, Luiz Felipe, de Vrij, Radu, Marusic, Parolo, Leiva, Milinkovic-Savic, Lulic (59' Lukaku), Felipe Anderson (59' Luis Alberto), Immobile (82' Bastos). A disposizione: Guerrieri, Vargic, Caceres, Wallace, Basta, Murgia, Di Gennaro, Nani, Caicedo. Allenatore: S. Inzaghi.
ROMA: Alisson, Fazio, Manolas (73' Florenzi), Jesus, Peres (82' El Shaarawy), Strootman, De Rossi, Kolarov, Schick (55' Under), Nainggolan, Dzeko. A disposizione: Skorupski, Lobont, Capradossi, L. Pellegrini, Silva, Gonalons, Gerson, Antonucci. Allenatore: Di Francesco.
Arbitro: Sig. Mazzoleni (Bergamo) - Assistenti Sigg. Preti e Paganessi - Quarto uomo Sig. Maresca - V.A.R. Sig. Rocchi - A.V.A.R. Sig. Di Fiore.
Note: espulso all'80' Radu per doppia ammonizione. Ammonito all'11' Leiva, al 31' Jesus, al 36' Luiz Felipe, al 39' Radu, al 62' Strootman tutti per gioco falloso. Angoli: 7-2. Recuperi: 0' p.t., 3'+1' s.t.
Spettatori: 50.000 circa.
La Gazzetta dello Sport titola: "Niente gol. Tutti felici. La Lazio è sprecona. Roma ferma sui pali. Il derby finisce qui. Solamente 2 tiri in porta, però le emozioni non sono mancate: due chance per Inzaghi, che chiude in 10, due legni per Di Francesco, con traversa di Dzeko al 92’. Corsa Champions: romane a +1 sull’Inter".
Continua la "rosea": In sottofondo, mentre la gente sta uscendo dall'Olimpico, non si sentono i frastuoni dei tuffi giallorossi nelle fontane e neppure l'entusiasmo laziale riacquistato dopo aver vissuto due rimonte terribili, quella romanista sul Barcellona e quella del Salisburgo. Il pareggio è giusto, con il disappunto distribuito in parti uguali: due occasioni da brivido per la Lazio, un palo e una traversa per la Roma. Lo 0-0 segue la logica dei due feriti che sono meglio di un morto, sostenuta anche da portieri famosi, prima di dedicarsi alla cardiologia arbitrale. Ma le ferite qui sono leggere escoriazioni, visto che il punto tiene sotto il ghigno di Luciano Spalletti: nella volata finale per due posti da Champions, Roma rimane unita davanti all’Inter. Il pareggio diventa così il rifugio ideale per tutte le tempeste. Il derby è sempre il terrore dei tifosi ipersensibili, che magari non vorrebbero mai giocarlo per allontanare l’ansia della sconfitta. Quindi l’esito sta bene a tutti. Ma se i tiri in porta sono soltanto 2 non significa che sia stata una serata noiosa. Un terzo di tensioni, un terzo di imprecisioni (manca sempre qualche centimetro al gol) e il resto di apprezzabile movimento tattico pur nelle stanchezza dovuta agli impegni europei. D’altronde le romane si conoscono e interpretano bene le mosse dell’avversario. Quindi la Lazio non è stupita dagli spostamenti nel primo tempo di Nainggolan, però non sempre riesce a evitarli. Il belga va da solo ma secondo schemi prestabiliti, non è un esterno sinistro, ma una variante continua tra trequarti e il lato.
La più gustosa giocata giallorossa è un taglio alle spalle di Lulic da vero dieci, si potrebbe definire alla Totti, ma qui si deve stare attenti a menzionare i monumenti. Il palo sulla conclusione di Bruno Peres non rende giustizia a quell’invito delizioso. Ma anche la Lazio ricambia con altrettanta grazia, nel secondo tempo, con un cucchiaino-assist di Milinkovic a Immobile. La conclusione va fuori, però la giocata riscalda. Arriva così a 20 la somma di pali e traverse della Roma, solo l’Inter ne ha uno in più. La testa di Dzeko nel recupero avrebbe dato a questa settimana romanista un posto nell’immortalità : rimonta sul Barcellona e derby vinto al 91’. Sarebbe stato anche troppo, meglio tenere qualcosa per il Liverpool, pensano sulle tribune. Il nuovo abito tattico sfoggiato contro il Barcellona in Champions (3-4-2-1) ha retto di nuovo in difesa, quasi silenziando un attacco da 109 reti stagionali, ed è stato in parte modificato, fra gli spostamenti di Nainggolan, anche trequartista o falso nove, quando è calato però di lucidità . Ma nel finale, con la Lazio in dieci per il rosso a Radu, Di Francesco ha provato con il 4-2-3-1, ricavando le due chance da infarto per i laziali. La seconda è una testata di Dzeko respinta da Strakosha. Anche per la Lazio va messa in conto la fatica, ha iniziato questa partita circa 70 ore dopo aver finito quella di Salisburgo.
Dietro non ha subito gol dopo i 10 nelle ultime 5 uscite. Davanti Inzaghi ha tentato con due tipi di soluzioni: al via il doppio sprinter, con Felipe Anderson titolare con Immobile e non Luis Alberto. Più anarchico, il brasiliano, però pure più contundente nella corsa palla al piede e senza una zona fissa: è partito da destra però per finire a calpestare anche altri terreni. Anche se non è andato male, l’allenatore lo ha cambiato nel secondo tempo e con Luis Alberto si è vista anche di più una sistemazione "2+1" dietro a Immobile. Al solito, Leiva doveva essere la chiave nelle due fasi, ma quando non lo si è potuto cercare, per eccesso di attenzione e pressing romanista, le traiettorie laziali si sono alzate, con i lanci da dietro. La Roma è stata così "alta" e soprattutto precisa, come l’assistente Preti, che nella prima parte i biancocelesti sono finiti spesso in fuorigioco (sei volte nei primi 26’). E quando Parolo è scattato a tempo, su eccellente chiamata di Milinkovic, ha affrettato troppo la conclusione, ciccandola. Ma nel secondo round, la Roma non ha più pressato in avanti con ordine, quindi i laziali sono arrivati nell’area opposta e Marusic, appena dopo l’espulsione di Radu, ha avuto la chance dell’apoteosi, ma su di lui ha recuperato El Shaarawy, cambio efficace come Under per lo spento Schick. Nessuno ha vinto però la gente è contenta di averla scampata.
Il Corriere dello Sport titola: "Pari e pali. Festa derby. La Lazio ha giocato di più, la Roma è andata più vicina al bersaglio. Legni di Bruno Peres e Dzeko, paratona di Strakosha, Radu espulso. Di Francesco e Inzaghi rimangono appaiati nella lotta per il terzo posto".
Prosegue il quotidiano sportivo romano: Senza gol, ma con un palo e una traversa della Roma e con lucide iniziative e buone occasioni della Lazio. Il derby non si è smentito, l’ha giocato di più la squadra di Inzaghi, ma è stata quella di Di Francesco ad avvicinarsi di più alla vittoria. Sommando i due tempi, un’ora di Lazio (i 30' iniziali del primo e del secondo) e mezz’ora di Roma, nei finali dei due tempi (nel secondo stava per sfruttare l’espulsione di Radu), con il palo di Bruno Peres e la traversa di Dzeko. Lo 0-0 alla fine strideva, per quanto si era visto in campo e per la costituzione tecnica delle due squadre. Del resto erano più di 4 anni che questa partita non finiva senza un gol. Il senso finale, in prospettiva classifica, è che oggi le due romane sarebbero in Champions, avendo sorpassato l’Inter anche se di un solo punto. La corsa è aperta e alla volata Roma e Lazio si annunciano in buone condizioni. Sono state le opposte condizioni psicologiche a indirizzare il gioco del derby. La Lazio sentiva la necessità di creare, di attaccare, per scrollarsi di dosso il trauma di Salisburgo. Aveva il bisogno di dimostrare a se stessa, e non solo alla Roma, che in Austria si era trattato solo di un terribile episodio, che era ancora salda, che aveva ancora forza e idee. La prima mezz’ora è stata tutta sua con due occasioni da gol (la seconda molto nitida su assist di Milinkovic), entrambe finite sui piedi di Parolo ed entrambe sfumate per poco.
La Roma, invece, era molto più soddisfatta di se stessa. L’impresa col Barcellona riempiva ancora d’orgoglio il petto dei romanisti che si preoccupavano di non scoprire troppo la difesa, perché con gli spazi la Lazio ci sa fare. Ma appena la squadra di Inzaghi ha rallentato, la Roma è balzata dentro la partita e stava per piegarla con un assist preciso di Nainggolan, nel corridoio aperto fra Radu e Lulic: il diagonale di Bruno Peres si è spento sul palo. Prima dell’azione finita sul palo, il lavoro di Nainggolan era stato molto più tattico che tecnico. Garantiva copertura in mezzo al campo quando la palla era laziale, si univa a Schick e Dzeko in attacco quando la palla era romanista. Il belga giocava vicino a Kolarov e alle loro spalle difendeva Juan Jesus, il difensore che Inzaghi aveva scelto di marcare con meno pressione conoscendone le modeste virtù tecniche: meglio far rilanciare lui che Fazio o Manolas. Nel suo momento migliore, alla Lazio è mancato però il solito contributo di mente e di precisione di Lucas Leiva, forse condizionato dall’ammonizione presa dopo 10'. Dopo aver concesso l’ultimo quarto d’ora del primo tempo, la Lazio si è riappropriata del gioco e ha ripreso a costruire le azioni più pericolose. Ha avuto altre due buone occasioni per segnare con Immobile e Luis Alberto che aveva preso il posto di Felipe Anderson.
Il primo cambio di Di Francesco aveva portato più velocità in attacco con Under al posto dell’inconsistente Schick. Inzaghi ha raddoppiato i cambi, uno giusto, l’altro un po’ meno: fuori Lulic (esausto) per Lukaku, che ha dato una bella spinta a sinistra, fino a costringere Di Francesco a togliere anche Bruno Peres per far entrare Florenzi; ma fuori anche Felipe Anderson, uno dei migliori della Lazio, per dare mezz’ora a Luis Alberto. L’espulsione di Radu (doppio giallo, il secondo per un fallo su Florenzi) al 35' ha costretto Inzaghi a togliere Immobile, pure lui in riserva, per confermare la difesa a tre con Bastos. Di Francesco si è ingolosito, ha pensato che era arrivato finalmente il momento della Roma, ha richiamato Bruno Peres e inserito a El Shaarawy, che ha salvato un gol con un gran recupero su Marusic. Il finale è stato un continuo "tu per tu" Dzeko-Strakosha, finito con una traversa (di testa in elevazione su Bastos), un altro colpo di testa respinto dal portiere e un destro uscito di poco, tutto a firma del bosniaco. Sono mancati i gol, non le emozioni.
Il Messaggero titola: "Il derby resta senza gol. All’Olimpico finisce in pareggio la sfida Champions tra Lazio e Roma che rimangono appaiate al 3° posto. L’Inter torna a -1. I biancocelesti giocano meglio, i giallorossi colpiscono i legni della porta di Strakosha con Bruno Peres e Dzeko".
Prosegue il quotidiano romano: Il derby non è di nessuno: 0 a 0 nella notte dell’Olimpico che si accende solo nel finale, con Dzeko e Milinkovic. Gli applausi, insomma, vanno più alle curve per le corografie che ai protagonisti per le giocate. Perché la Lazio e la Roma, dopo i risultati in antitesi nelle coppe europee, si accontentano di restare insieme al 3° posto e di staccare, anche se solo di 1 punto, l’Inter quinta. Testa a testa, dunque, nella volata Champions che, con 2 posti da assegnare, prevede ancora 6 partite. Il pari, comunque, è giusto: i giallorossi, in vantaggio (negli scontri diretti) grazie alla vittoria dell’andata, si avvicinano al successo con il palo di Peres e la traversa di Dzeko; i biancocelesti, sicuramente più vivaci, frenano nell’assalto finale per l’espulsionedi Radu. La partita vive di fasi intermittenti: gli strascichi dell’ultima settimana bloccano le gambe e azzerano le idee. Depressione e sbornia, per capirsi. Solo 3 novità , dopo i rispettivi impegni in Europa: i tecnici limitano gli interventi, fidandosi di chi li ha accompagnati fin qui. Inzaghi sostituisce sulla fascia destra l’infortunato Basta, portato comunque in panchina, con Marusic e, per avere più velocità alle spalle di Immobile, Luis Alberto con Anderson. Di Francesco, pure se avrebbe voluto confermare i protagonisti della straordinaria serata contro il Barça, risparmia inizialmente Florenzi e ripropone Peres da esterno destro.
La Lazio, anche se Anderson prova a lasciare il segno, segue la solita traccia, con il 3-5-1-1 che almeno in partenza è abbastanza aggressivo con il lavoro di Immobile, di Milinkovic e Parolo. E ovviamente di Anderson che va ad attaccare Jesus e Kolarov. La Roma, invece, cerca di ripetersi con il 3-4-2-1 che ha scoperto solo martedì sera: il sistema di gioco ha senso solo con il pressing che però non è continuo e asfissiante come quello mostrato nella sfida di Champions contro i blaugrana. Poche, dunque, le chance nel primo tempo: è la classifica a condizionare il match. I biancocelesti giocano più palla a terra e si chiudono con 5 giocatori: Marusic e Lulic arretrano per disinnescare Kolarov e Peres. I giallorossi privilegiano i lanci e alzano la difesa verso il centrocampo: Manolas, con successo, chiama spesso il fuorigioco. Strakosha e Alisson non hanno lavoro. Parolo calcia alto all’alba del match e ci riprova anche più tardi. La Lazio fa la partita, senza essere però efficace. Mai inquadrato lo specchio. Appena rallenta, dopo la mezz’ora, ecco che riappare la Roma. Nainggolan trascina i compagni verso Luiz Felipe, de Vrij e Radu. La linea difensiva, prima dell’intervallo, va in apnea. Nainggolan imbuca in area per Peres che prende il palo. Kolarov, avanzando sulla sua corsia, forza il sinistro a centro area, ma Dzeko non si fa trovare pronto davanti alla porta.
Di Francesco usa Under per uscire dal letargo (solo 2 punti nelle ultime 3 gare del torneo): fuori Schick. Inzaghi replica subito con Lukaku per Lulic e con Luis Alberto per Anderson che ci rimane male, passa per la panchina e rientra imbronciato negli spogliatoi. Milinkovic, a metà tempo, usa il pallonetto per lanciare Immobile: conclusione larga. La Roma è timida, la Lazio dà l’impressione di non pensare più al Salisburgo. Manolas si arrende ai crampi: dentro Florenzi. In mezzo alla difesa va Jesus, con Kolarov che arretra nella linea a 3. Peres si sposta a sinistra. Radu si fa cacciare (33° espulso dalla stagione 1994-95: record da derby) per doppia ammonizione: dopo il fallo su Schick nel primo tempo, si ripete su Under nel secondo. El Shaarawy per Peres e per sfruttare l’uomo in più. La risposta: Bastos per Immobile, con Milinkovic centravanti. El Shaarawy salva su Marusic. Ad inizio recupero Strakosha vola sul colpo di testa di Dzeko che si ripete dopo pochi secondi prendendo, ancora di testa, la traversa (20° legno in campionato e 23° stagionale). Milinkovic, invece, tira da 60 metri, con Alisson (19° clean sheet stagionale) fuori dall’area. Ma, dopo 4 anni (9 febbraio 2014), è 0 a 0.
Tratte dal Corriere dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
Testa e cuore. E’ stata la grande notte della Lazio, compatta e orgogliosa, trascinata dal suo popolo: ha messo paura alla Roma, ha cercato a lungo di vincere, è riuscita a difendere il pareggio nel finale sofferto dopo il rosso a Radu. Inzaghi era sollevato. "Devo fare i complimenti ai miei ragazzi. Sono stati bravissimi e lucidi, non era semplice. C’è stata la reazione dopo Salisburgo. Con maggiore precisione nell’ultimo passaggio e un briciolo di buona sorte potevamo segnare e vincere. Penso anche all’occasione di Marusic. Solo negli ultimi minuti, in inferiorità , come era normale abbiamo un pochino sofferto. In precedenza, a parte l’imbucata di Nainggolan per Bruno Peres, non abbiamo concesso niente alla Roma". L’Olimpico ha spinto la Lazio. "Potevamo essere stanchi, invece siamo stati sempre in partita, sapevo che con la coreografa e i nostri tifosi sarebbero tornate le energie. La Curva ha fatto qualcosa di speciale e ci ha trasmesso una grande carica. Avevamo 48 ore in meno di riposo, ma non si vedeva. I tifosi sono stati l’uomo in più, dobbiamo ringraziarli e credo possano essere orgogliosi della squadra".
Grande reazione caratteriale, ma anche dal punto di vista atletico è stata una prestazione super. "Tenevamo bene il campo, davamo la sensazione di potercela giocare sino in fondo, ho cambiato solo due giocatori rispetto a Salisburgo, volevo la reazione, ero convinto arrivasse. Quella macchia non cancella otto mesi di lavoro. La Lazio ha vinto la Supercoppa, è uscita nella semifinale di Coppa Italia ai rigori, ai quarti di Europa". Felipe Anderson, tra i migliori, non ha compreso la sostituzione. Forse si poteva aspettare per il cambio. Inzaghi ha smorzato. "Felipe stava giocando bene, quando uno esce non è mai contento, ma anche Luis Alberto non era felicissimo di stare in panchina. Felipe si è battuto, è stato bravissimo, ci sta dando qualità e aiutando tanto, è sempre positivo. Esiste questo dualismo, li ho fatti giocare insieme, ma nei sei mesi in cui è mancato ha fatto bene anche lo spagnolo". Poi ha aggiunto. "Quel doppio cambio sono contento di averlo fatto. Luis Alberto e Lukaku sono entrati bene".
Mancano sei tappe al traguardo, la corsa resta aperta. "Senza la Lazio sarebbe già chiusa... Siamo gli intrusi, dopo 32 giornate ci giocheremo tutto in volata. In estate non ci mettevano neppure tra le prime otto-dieci e mi dispiaceva leggerlo, perché sapevo che non era così, avevamo perso giocatori importanti ma ne erano arrivati altri di livello. Ce la giocheremo alla grande sino alla fine". Il finale è stato entusiasmante. "In dieci abbiamo cercato il gol della vittoria, avrei preferito vincere, ma sono stato felicissimo di vedere questa Lazio. Abbiamo rischiato solo sulla traversa di Dzeko". Questa volta l’ha vinta ai punti con Di Francesco. "Il derby d’andata era stato di insegnamento, dovevamo alleggerire le pressioni della Roma, ci siamo riusciti bene". Simone s’è messo un’altra medaglia al petto. "Alla Roma vanno fatti i complimenti per quanto sta facendo, ma l’anno scorso abbiamo chiuso con 17 punti in meno, ora siamo alla pari. Non ci nascondiamo più. Abbiamo giocato 16 partite in più rispetto all’Inter e 8 alla Roma. Se siamo lì non è un caso".