Domenica 9 febbraio 2014 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Roma 0-0 9 febbraio 2014 - Campionato di Serie A - XXIII giornata - inizio ore 15.00
LAZIO: Berisha, Konko, Biava, Dias, Radu, Ledesma, Candreva, A. Gonzalez (79' Onazi), Lulic, Keita (46' Mauri), Klose. A disposizione: Marchetti, Strakosha, Ciani, Cana, Cavanda, Pereirinha, Crecco, Felipe Anderson, Kakuta, Perea. Allenatore: Reja.
ROMA: De Sanctis, Maicon, Benatia, Castan, Torosidis, De Rossi, Strootman, Florenzi (65' Bastos), Pjanic (79' Ljajic), Gervinho, Totti (83' Destro). A disposizione: Skorupski, Lobont, Jedvaj, Romagnoli, Toloi, Nainggolan, Mazzitelli, Taddei, Ricci. Allenatore: Garcia.
Arbitro: Sig. Orsato (Schio) - Assistenti Sigg. Di Liberatore e Cariolato - Quarto uomo Sig. Stefani - Assistenti di porta Sigg. Rocchi e Mazzoleni.
Note: ammoniti Benatia, Lulic e Candreva per gioco scorretto, Mauri per comportamento non regolamentare, Strootman per proteste. Angoli: 7-6. Recuperi: 1' p.t., 2' s.t.
Spettatori: 50.000 circa di cui 37.000 paganti.
La Gazzetta dello Sport titola: "Roma rimpianto-derby. Stop Lazio e non s’avvicina alla Juve".
Continua la "rosea": Il brivido più autentico lo hanno dato gli schermi dell’Olimpico, quando è stato segnalato il 2-2 del Verona. Orsato ci ha subito fischiato sopra la fine di Lazio-Roma, scatenando l’ira funesta dei giocatori giallorossi, cui non sono piaciuti quei due minuti striminziti di recupero. Zero a zero era ed è rimasto, cosa che non capitava dal lontano 29 aprile 2007, Roma seconda e Lazio quarta, superstiti di quella partita Totti, De Rossi e Ledesma. Un risultato che, mini-turbolenze conclusive a parte, deve soddisfare tutti: la Roma di Garcia che vede inalterato il distacco dalla Juventus e tiene ancora a distanza di sicurezza (col permesso del Parma) Napoli e Fiorentina; la Lazio di Reja che continua la sua striscia di imbattibilità in campionato, sei partite senza sconfitte e dopo avere ospitato clienti scomodi come Inter, Juve e Roma. Non è stato un bel derby, anche se il primo tempo ha regalato diverse emozioni, un gol annullato a Gervinho per un fuorigioco centimetrico pescato dall’ottimo guardalinee Cariolato, e contenuti tecnici di una certa qualità . La ripresa, dopo un inizio a tinte giallorosse, è andata invece spegnendosi, per sopraggiunta stanchezza collettiva. Le sostituzioni attuate da Reja e poi Garcia hanno cercato di ravvivarla, ma alla resa dei conti tempi e modi delle medesime, come vedremo, non hanno sortito l’effetto sperato. E’ chiaro che a doversi rammaricare è soprattutto la Roma, sia per tutta la qualità depositata troppo a lungo in panchina, sia perché il calo della Lazio, prima volta in casa senza Hernanes, nell’ultimo quarto è stato davvero verticale.
La partita, anche in forza dei 19 punti in più in classifica, l’ha fatta la Roma. Maggiore qualità e un 4-2-3-1 che come schema s’era già visto contro Genoa e Catania (due 4-0) e come formazione nei minuti iniziali del Roma-Parma dell’altra domenica sospesa per impraticabilità del campo. De Rossi e Strootman mediani davanti alla difesa, Pjanic vertice alto del triangolo alle spalle di Totti e con ai fianchi, intercambiabili, Gervinho e Florenzi. Match dominato nei numeri, tre tiri nello specchio della porta, nove fuori e il gol annullato contro un sola conclusione peraltro imprecisa della Lazio, cinque occasioni da rete (due Pjanic e Gervinho, una Florenzi) contro nessuna degna di questo nome. Tutto senza però mai essere davvero sul punto di sfondare, complice una organizzazione difensiva della Lazio assai buona. Al punto che Berisha, puntuale su Maicon, Totti e Gervinho, non ha dovuto compiere miracoli. Reja ha puntato forte, come sempre, su Ledesma, venendone ripagato. L’uomo ovunque, chiave dello 0-0, l’unico degno del 7 in pagella, ha fatto da frangiflutti davanti alla solita difesa di veterani, dove Dias si è elevato sul resto della compagnia. Un 4-1-4-1 dove i quattro dietro Klose sono scalati molto spesso quasi sulla linea di Ledesma, occupando con efficacia le corsie laterali, Candreva da una parte, Keita e poi Lulic dall’altra, tanto che al solo Maicon è riuscito di aprirsi la strada un paio di volte. Nel primo tempo la Lazio ha dato l’impressione, pur non impegnando De Sanctis, di essere sempre in grado di ribaltare il fronte, nella ripresa no, anche se paradossalmente la ripartenza più ghiotta è arrivata nel finale, quando il subentrato Onazi ha dilapidato l’assist di Candreva.
Non è sembrata una buona idea quella di Reja che dopo l’intervallo ha tolto Keita e inserito Mauri, reduce dalla lunga squalifica, ultima apparizione la finale di coppa Italia vinta con la Roma a maggio. Troppa ruggine. Negli spazi che la Roma sempre più lunga ha concesso, il ragazzino avrebbe potuto far male. Ancor meno convincente la gestione dei cambi da parte di Garcia: il lancio di Bastos, cresciuto solo nei minuti finali quando è passato a sinistra, la sua corsia, meritava situazioni meno estreme di un derby. Tanto più che Ljajic e Destro sono rimasti a languire in panchina fino ai minuti conclusivi mentre Nainggolan nemmeno quelli. Quando Garcia li ha buttati dentro togliendo, dopo Florenzi, Pjanic e il consumatissimo Totti, la Roma si è come riaccesa. Ma era ormai troppo tardi.
Il Corriere dello Sport titola: "Roma senza gol. Lazio d’acciaio. I giallorossi fanno la partita, segnano una rete (Gervinho) in fuorigioco creano le migliori occasioni. Ma Reja non sbaglia nulla e centra l’obiettivo".
Prosegue il quotidiano sportivo romano: Quando in pieno recupero si è illuminato il tabellone sopra la Sud, annunciando l’avvenuta rimonta del Verona sulla Juve, la Roma ha capito di aver buttato via un’altra occasione. Reja no. Reja ha ottenuto nel derby quanto aveva pensato e sperato nelle sue notti insonni: non voleva perdere e non ha perso, non voleva prendere gol e non l’ha preso. L’intero campionato, non solo questa partita, aveva stabilito la superiorità tecnica della Roma sulla Lazio, se il derby si fosse giocato a viso aperto probabilmente sul viso dei laziali sarebbe rimasto qualche segno. Invece la strategia di Reja, già chiarissima alla vigilia, ha raggiunto l’obiettivo. Difendiamoci e ripartiamo. Per un tempo è andata così, anche se in quei primi 45' è stata la Roma a costruire le occasioni migliori, a segnare un gol in fuorigioco (con Gervinho) e comunque a tirare verso la porta di Berisha, portiere di una sicurezza disarmante. Nel primo tempo, la Lazio ha concluso una sola volta con Gonzalez dal limite: palla alta. Se la Roma poteva già pentirsi di aver buttato almeno un gol (quello sbagliato da Pjanic in area piccola), nella ripresa ha avuto ancora più campo e l’avrebbe dovuto sfruttare meglio. La Lazio aveva esaurito le energie che per 45 minuti le avevano consentito di ribattere colpo su colpo, grazie soprattutto a Candreva che aveva messo in crisi Torosidis, mentre la squadra di Garcia aveva ancora buone risorse da impiegare in partita. Per 20 minuti la Lazio non è uscita dal suo centrocampo, la Roma la stava schiacciando col solito arrembaggio sugli esterni, ma col solito buon cuore non infieriva. Commetteva errori nella conclusione e nella rifinitura e così, alla fine, non ha conquistato quello che col gioco avrebbe meritato. Se al termine del campionato sarà lì a mordersi le mani, dovrà pensare a partite come questa.
Reja e Garcia, protagonisti anche della vigilia, si sono rincorsi per 90 minuti cambiando spesso gli scenari. Il tecnico della Lazio aveva iniziato con Keita e Candreva sulle due fasce pronti al contrattacco. Al tempo stesso, però, i due dovevano arretrare per evitare quello che per Reja è una bestemmia calcistica: prendere gol in contropiede. Nel primo tempo Candreva aveva gioco facile su Torosidis, mentre Keita si è disinteressato subito di Maicon (e anche di De Rossi) che ha creato le vere occasioni da gol, con un primo assist per Florenzi (palla alta), col tiro respinto con difficoltà da Berisha e ricacciato in rete da Gervinho, ma in posizione di fuorigioco (bravissimo il guardalinee Cariolato), e con l’assist per Pjanic, il cui errore resta inspiegabile. Keita si è fatto inghiottire dall’emozione del derby, perché anche nelle ripartenze non era mai incisivo, così Reja l’ha tolto per far entrare Mauri (per controllare da vicino De Rossi), dopo 9 mesi dalla finale di Coppa Italia del 26 maggio scorso, e l’ha messo alle spalle di un disinteressato (alla partita) Klose. In questo modo, col 4-4-1-1, ha spostato Lulic sulla fascia sinistra e Maicon ha dovuto limitare la sua spinta. A quel punto, più che tecnica la differenza era atletica. La Roma era più continua e brillante, aveva più forza della Lazio ma continuava a mancarle il gol, per questo il tecnico francese ha cambiato i due terzi dell’attacco modificando lo schieramento. Al 20' ha fatto debuttare Bastos al posto di Florenzi, un quarto d’ora dopo è entrato Ljajic per Pjanic e infine Destro per Totti. Dopo il secondo cambio, la Roma è passata al 4-2-3-1, con Gervinho, Ljajic e Bastos alle spalle di Destro. Bastos si è scatenato nel finale, creando il panico nell’area laziale, ma come era successo prima, anche negli ultimi minuti le certezze che la Roma trovava nella costruzione della manovra in area, o nei pressi, si trasformavano in incertezze, la prontezza in indugio, la lucidità in amnesia, lasciando così incompiuta la sua partita. E quando si è acceso il tabellone col 2-2 di Verona tutti hanno capito che per vincere lo scudetto ci vuole più cattiveria.
Il Messaggero titola: "La Roma contro un muro".
Prosegue il quotidiano romano: Quando l’arbitro Orsato fischia la fine, lampeggiano d’incanto i due tabelloni. L’Olimpico riceve quel gol che il derby non gli ha dato, per la prima volta dopo 7 anni (0 a 0 come il 29 aprile 2007, sulle due panchine Spalletti e Delio Rossi): a segnarlo è Juanito Gomez al Bentegodi, il Verona completa la rimonta sulla Juve, avanti di due reti. Di testa l’argentino imita l’ex giallorosso Toni, sua la prima rete gialloblu, e la classifica cambia ancora. Nel senso che tutto resta (torna) come era. I campioni d’Italia hanno sempre 9 punti (e 1 partita) in più della Roma che lascia lo stadio rimpiangendo quello che non è stato e che poteva essere il pomeriggio ideale: con il settimo successo di fila, contando anche i 3 in Coppa Italia, avrebbe superato la Lazio e avvicinato la capolista. Invece il terzo attacco del torneo fa cilecca. Dopo lo 0 a 0 casalingo contro il Cagliari (l’unico prima di questo) e il 3 a 0 di Torino contro i bianconeri di Conte (l’unica sconfitta stagionale), ecco che si inceppa di nuovo. Ma accade nella partita più attesa. E dominata. Nel gioco e nell’atteggiamento. Non sono bastati. Festeggiano i biancocelesti. Il punto serve per il morale e la serenità . E magari, a metà maggio, per dire che quei 2 punti hanno inciso sulla corsa scudetto.
Reja si prende quello che voleva: il pareggio. E il sesto risultato utile in campionato, 3 vittorie (due esterne) e 3 pareggi. Imbattuto, ha fermato sia la Juve che la Roma, perdendo solo contro il Napoli delle tre di testa (in Coppa Italia e di misura, al San Paolo nella notte dell’eliminazione). Garcia, invece, non ottiene quanto cercava: la vittoria. Le intenzioni della vigilia diventano nitide nel film del match. La Lazio prudente e chiusa, a volte anche all’angolo, per non incassare il kappaò e finire al tappeto; la Roma spavalda e propositiva, per conquistare campo e creare chance. Anche nel sistema di gioco scelto per il duello, i due tecnici si mostrano coerenti. Difesa a quattro per Edy, per tirare su il primo muro davanti al tridente avversario. Ma non il 4-3-3. Ecco il 4-1-4-1, con Ledesma a proteggere con classe e agonismo la linea arretrata, Candreva e soprattutto il giovane Keita a presidiare le corsie. Già , il secondo fa per un tempo il terzino su Maicon, l’ala in più della Roma. Questo per dire che partita è stata. Gonzalez e Lulic si sacrificano da intermeti, con il primo più a suo agio. Rudi, invece, scegliendo Pjanic, punta sul 4-3-3 che si espande nel 4-2-3-1, in particolare nella ripresa. Dietro Benatia e Castan non sudano contro Klose, lasciato in solitudine e quindi inoffensivo. De Sanctis resta senza lavoro per tutta la gara: il reparto è sempre più il migliore del torneo, con 11 reti prese in 22 incontri.
La Roma crea, ma l’attacco si prende un giorno di vacanza. E’ questa la terza volta nella stagione. Steccano tutti: Gervinho, Florenzi, Totti e lo stesso Pjanic che, nel primo tempo, ha l’occasione più invitante, ancora per merito di Maicon che gli serve il tiro per il vantaggio sul destro. Bravo Gonzalez nella chiusura. Nella ripresa anche Bastos, al debutto di qualità (specialmente quando passa a sinistra), Ljajic e Destro non inquadreranno la porta. Garcia, a fine gara, chiarirà bene. Non solo gol mancati, ma anche passaggi sballati. In area e sul più bello. Bene la manovra, non la finalizzazione. Il gol, nella prima parte, lo aveva segnato Gervinho, lesto a riprendere la respinta di Berisha su fucilata di Maicon. Ma l’ivoriano parte in posizione irregolare, una ventina di centimetri oltre Biava: Orsato annulla, su segnalazione dell’assistente Cariolato, bravissimo nella chiamata. Sul pareggio pesano le mosse in corsa dei due allenatori. Se Garcia avrebbe dovuto far entrare prima sia Ljajic che Destro, anche perché Pjanic e Totti, i due sostituiti nel finale, erano davvero stanchi, Reja ha di fatto consegnato l’iniziativa alla Roma dopo l’intervallo, quando ha inserito Mauri, assente da quasi 9 mesi (ultima gara la finale di Coppa Italia), e ha tolto Keita. Il capitano non poteva essere in condizione e il 4-4-1-1 della ripresa, con Lulic e Candreva esterni, non risulta efficace. La Lazio usa il lancio per la spizzata di Mauri. Occasioni zero, a parte un contropiede sprecato da Onazi e interrotto dalla sentinella Torosidis. Dall’altra parte la serie degli sprechi. L’unico concreto è al Bentegodi: Juanito Gomez rallenta, al fotofinish, la Juve in fuga e con il traguardo comunque più vicino.
Tratte dal Corriere dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
Tutti con Reja, in campo e fuori: "Con Reja siamo cresciuti tantissimo a livello mentale, prima eravamo piatti. Io ho trovato molta fiducia, credo anche i miei compagni e si vede". Tutti con Reja, in primis Gonzalez. Il Tata ha incensato Edy e l’ha difeso a spada tratta: "Le parole di Garcia? Non so cosa abbia detto, ma so che mister abbiamo noi. Reja ha fatto tanto bene nella Lazio e si sta confermando, diamo il massimo per ripagare la sua fiducia". Il ritornello è sempre lo stesso, va migliorato il gioco: "Dobbiamo migliorare la qualità del gioco, ci stiamo impegnando in allenamento, è stata una partita aperta". Il piano-derby era stato preparato così: "Immaginavo una gara del genere, volevamo impedire alla Roma di giocare per poi ripartire. Peccato, siamo un po’ mancati nell’ultimo passaggio, credo che il pareggio sia giusto. Adesso è difficile farci gol!". Gonzalez ha assolto Onazi, nella volata finale ha ciccato un assist d’oro: "Può capitare, anche a Napoli ha sbagliato un’occasione simile, magari quell’episodio ha influito. L’ultimo passaggio l’abbiamo mancato tutti...".
Un Hernanes in più avrebbe fatto comodo: "Hernanes forse ci dava qualche opportunità in più calciando da lontano, ma il problema del gol non è legato alla sua assenza. Volevamo vincere il derby, è importante non aver subito reti. La sua partenza mi è dispiaciuta, è un bravo ragazzo. Abbiamo giocatori nuovi, c’è fiducia in loro e siamo contenti per il rientro di Mauri. E’ il nostro capitano, sarà un uomo importante per la Lazio". Gonzalez crede nell’Europa e invita i compagni a provarci, ad insistere, l’aggancio non è lontano, le speranze esistono: "Ci crediamo nell’Europa, abbiamo fiducia. Proviamo a cavalcare il sogno". Al coro del Tata s’è unito Ledesma: "Reja ha portato serenità , i risultati si vedono, prima c’era tanta confusione in mezzo al campo". Ha abbracciato Keita: "Ha fatto un’ottima partita, gliel’ho detto. Bisogna complimentarsi con lui, era il suo primo derby, sarà utile per il prossimo".
Ha mantenuto l’imbattibilità . Ha fermato la Roma. Aveva chiesto scusa per la gaffe di Verona e ha preferito evitare altre polemiche, anche se era molto disturbato dai toni offensivi di Garcia. Al contrario del francese, Reja non ha provato a condizionare l’arbitro Orsato e non ha parlato di gambe rotte. Ha solo chiesto rispetto. In tre tempi diversi durante le interviste. "Mi dispiace, lunedì ho chiesto scusa e non solo pubblicamente, anche a qualcuno della Roma. Ho fatto il mio dovere. Ho un curriculum, fatto non solo di numeri, ma di comportamenti. Mi sembra che sia andato oltre. Non era mia intenzione fare battute di quel genere". Sabato aveva speso parole di apprezzamento per Garcia. Ieri non lo ha nominato. Reazione umana se uno che neppure conosci ti fa una lezione di vita in mondovisione. "Ho già fatto delle dichiarazioni, anche a chi di dovere della Roma. Educazione e comportamento non mi mancano, sono onesto. Non intendo dare delle risposte. Lasciamo stare, è finita la partita". A denti stretti, ha resistito sino in fondo, pur sapendo di aver sbagliato per primo. "Non ho bisogno di chiarire niente. Ho un curriculum, fatto non solo di numeri, ma di atteggiamento e onestà . Ho chiesto scusa, ho fatto una battuta, chi l’ha vista in tv si sarà accorto che stavo scherzando. Vorrei chiuderla qui. Pensavo di meritare più rispetto, se non altro per il passato" ha risposto il friulano, molto dispiaciuto. Lazio "intimidatoria" sul campo per Garcia. Reja ha replicato: "Intimidito? Noi? Forse loro erano un po’ intimiditi, la Roma aveva paura nel primo tempo. Non ci sono stati falli. C’è stata solo un’entrata a piedi uniti di De Rossi. E basta. Era un’entrata con un po’ di energia".
C’è stata Lazio solo nel primo tempo. "Nella ripresa siamo calati fisicamente, la Roma è venuta fuori con palleggio e freschezza. E’ stata una grande prestazione difensiva, abbiamo avuto una sola palla con Onazi nel finale. La Roma ci ha schiacciato, ha avuto due opportunità , ma azioni nitide non le ho viste. E’ una squadra di grandissimo valore. Sono stati bravi i ragazzi". Così ha spiegato la sostituzione di Keita nell’intervallo. "Ho messo Mauri perché De Rossi iniziava le azioni, era il giocatore in più mezzo al campo, ma non siamo stati bravi a dare profondità . Mauri ce l’ha, ma non potevo pretendere che lo facesse dopo otto mesi. Forse ho sbagliato. Bastava metterlo a venti minuti dalla fine, potevo aspettare per il cambio. Mauri non è ancora in condizione, non l’ho visto come al solito. Era già stanco prima di entrare. Intanto l’abbiamo battezzato, vediamo se in futuro farà meglio". Si tiene stretto il pareggio. "Questo era un derby, bloccare la Roma ci dà fiducia. Avevamo bloccato la Juve. Avrei firmato per un pareggio. Più di così non potevamo fare. Mi è piaciuta la determinazione della squadra. A centrocampo mancava palleggio. Gonzalez ha speso energie enormi, Ledesma anche. Lulic doveva fare la fase offensiva e rientrare. Bene nel primo tempo. Poi sono mancate le ripartenze". E’ un’altra Lazio rispetto alla gestione Petkovic. "Non mi piace parlare dei colleghi. I ragazzi non avevano più un’identità , ci sono stati molti cambi, qualche vecchio era stato accantonato, inserire giovani all’interno di una squadra con un suo telaio diventa difficile". Aveva dormito poco in settimana. "E’ vero, il derby crea tensioni e preoccupazioni. Ci tenevo. Abbiamo lavorato bene dietro. Speravo qualcosa in più da centrocampo in avanti per poterli sgambettare".
Ha cambiato manico, sta tornando in corsa per l’Europa League, collocazione adeguata al valore di questa Lazio da quinto-sesto posto. Reja ha mantenuto l’imbattibilità e il pareggio nel derby ha soddisfatto in pieno anche Lotito, riapparso a fare il giro delle televisioni. "Abbiamo avuto diverse occasioni, è stata una partita aperta. Il pareggio è il risultato più giusto per quanto visto in campo. La Lazio è una squadra che se la può giocare con tutti. Abbiamo ottenuto un punto che penso vada bene ad entrambe le squadre". Gli è stato subito chiesto del Profeta, felice di essere andato all’Inter, mai scesa in B e mai coinvolta in scandali. "Non so se si riferisse alla Lazio, probabilmente ce l’aveva con la stragrande maggioranza delle squadre, altre sono state coinvolte in situazioni che poi abbiamo visto non si sono rivelate corrette. Caduta di stile? Evidentemente le mie considerazioni non erano errate... Ho fatto tutto quello che potevo fare e anche di più per tenerlo, è voluto andare via perché probabilmente aveva già preso un accordo. Per evitare di perdere un valore patrimoniale, siamo stati costretti a cederlo". Lotito è dovuto intervenire sulla polemica tra Reja e Garcia. "Era una battuta che sicuramente poteva essere evitata, ma Edy ha chiesto scusa. Tornare sul problema è stato un errore. Il calcio deve essere educatore, ma non vanno strumentalizzate alcune dichiarazioni perché si rischia l’opposto. Garcia? Evitiamo le polemiche, lui nemmeno ha salutato Reja. Poi educatore è un termine errato. Le scuse sono state chiare, e ora basta parlarne".
Forse avrebbe potuto esonerare in anticipo Petkovic. "La Lazio era una macchina con un pilota poco bravo. Il problema è nato sui rapporti. L’allenatore mi disse di non aver intrapreso nessun percorso alternativo, nel momento in cui lo ha fatto, è venuto meno il rapporto fiduciario. I fatti mi hanno dato ragione. La squadra non rispondeva. Dipendeva dal manico. Il problema era il guidatore. Il tecnico, in modo semplice, ha ridato ruoli e meccanismi giusti, e adesso i frutti si vedono. C’è meno confusione. Reja ha interpretato bene la partita, con quelle ripartenze potevamo far male. Sono state fatte delle valutazioni giuste in una partita aperta, e come tutti i derby possono esserci risultati a sorpresa. Noi schiacciati dietro? Era questa la nostra tecnica, con un 4-3-3 a specchio". Lotito e la Lazio hanno ripreso a pensare alla qualificazione europea. "Il gioco del calcio non è come quello delle bocce: non vince chi arriva più vicino, ma conta centrare gli obiettivi. Con una logica diversa, oggi ci troveremmo a parlare di altre posizioni in classifica. Il campionato è ancora lungo, mi aspetto cose buone dalla squadra, che ha dimostrato di essere determinata ed operaia. Obiettivi? Ho sempre pensato all’Europa League".
Lotito ha provato a chiudere l’argomento mercato, chiarendo i casi di quei giocatori che hanno preferito restare dov’erano. "Il fatto che nessuno sia voluto venire alla Lazio, è una leggenda metropolitana. I giocatori che abbiamo trattato erano Giovinco, Biabiany e Quiagliarella, con il quale avevamo già trovato un accordo ad agosto. Il 31 gennaio l’attaccante napoletano non ha rifiutato la Lazio, bensì ha rifiutato di lasciare Torino, per motivi soprattutto economici. Magari lo farà a giugno prossimo. Personalmente non ho mai parlato col giocatore, ma con il suo agente. Biabiany lo stesso. Non ha voluto lasciare Parma, tant’è che ha appena rinnovato il contratto. Alla Lazio nessuno sta piangendo per questi mancati arrivi. Dubito che questi nomi ci avrebbero fatto compiere il salto di qualità ".