14 ottobre 2017 – Torino, Allianz Stadium (Juventus Stadium) - Campionato di Serie A, VIII giornata - inizio ore 18.00
JUVENTUS: Buffon, Lichtsteiner (73' Sturaro), Barzagli, Chiellini, Asamoah, Khedira (64' Dybala), Bentancur, Matuidi, Douglas Costa (55' Bernardeschi), Higuain, Mandzukic. A disposizione: Szczesny, Pinsoglio, Benatia, Barzagli, Asamoah, Cuadrado. Allenatore: Allegri.
LAZIO: Strakosha, Bastos, de Vrij, Radu, Marusic, Parolo, Leiva, Milinkovic, Lulic (84' Patric), Luis Alberto (72' Nani), Immobile (75' Caicedo). A disposizione: Vargic, Guerrieri, Luiz Felipe, Mauricio, Murgia, Di Gennaro, Jordao. Allenatore: S. Inzaghi.
Arbitro: Sig. Mazzoleni (Bergamo) - Assistenti Sigg. Manganelli e Preti - Quarto uomo Sig. Giacomelli - V.A.R. Sig. Fabbri - A.V.A.R. Sig. Aureliano.
Marcatori: 25' Douglas Costa, 47' Immobile, 54' Immobile (rig).
Note: ammonito al 53' Buffon, al 90'+3' Sturaro, 90'+4' Patric. Strakosha al 94' para un rigore calciato da Dybala. Angoli: 4-2. Recuperi: 0' p.t., 4' s.t.
Spettatori: 40.544 (1.399 ospiti) per un incasso di euro 2.154.246 (paganti 14.172 per un incasso di euro 967.095; abbonati 24.973 per una quota di euro 1.187.151).
La Gazzetta dello Sport titola: "Incidente domestico. Una super Lazio. E la Signora scivola in casa. Juventus k.o. allo Stadium dopo oltre due anni. Un solo punto in 2 partite: frenata o crisi? Immobile travolgente: doppietta. Dybala sbaglia il rigore al 97’".
Continua la "rosea": E' calcio puro. Perché in uno stadio rimbombante di entusiasmo e con i caldi rumori dello spettacolo, con due squadre di grido e i calciatori più pagati (almeno quelli della Juve), si arriva all’ultima scena come nella piazza sotto casa, se ancora ne esiste una dove è permesso "il gioco del pallone". E’ calcio puro perché annulla le distanze tra chi si diverte a praticarlo: chi segna per ultimo vince, o non perde. Fa niente se la conclusione della partita viene decisa da una madre impaziente, da un arbitro tentennante o da un filmato impersonale. Il tempo è finito, resta soltanto un tiro. Dybala è il più bravo della piazza, però il portiere non ha paura di buttarsi sul selciato. Rigore parato al 97’, tutti a casa con lo sguardo in cielo o a terra. La Lazio porta la sua vita leggera, un impasto di freschezza, felicità e gol, in uno stadio dove non aveva mai vinto. Quindici anni fa, tanto distante è l’ultimo pieno nella Torino juventina, la casa bianconera era diversa, meno moderna, meno passionale. In questa cattedrale che adesso ha i fregi di un’assicurazione, la Juve non andava sotto da oltre due anni: 57 partite con 50 vittorie, in tutte le competizioni. Lo spirito dell’arena ha tentato di allungare la serie: palo di Dybala quando già era iniziato il recupero.
E poi il penalty regalato da Patric: l’argentino è al 2° errore consecutivo, dopo quello di Bergamo. La Juve, dopo il sei su sei, ha lasciato 5 punti. Dybala è rimasto in Argentina con la nazionale quasi due settimane, senza mai venir impiegato. Non doveva essere stanco ma Allegri lo tiene in panchina all’inizio proprio come un mese fa, contro il Chievo, dopo la prima sosta. Anche allora la Juve era a 4Â-3Â-3 e non 4Â-2Â-3Â-1. Poi entrò, ma l’impegno era piĂą facile (3Â-0). Stavolta la mossa è identica, ma non riesce. Proprio il centrocampo a tre, rafforzato per insabbiare Milinkovic e Luis Alberto, cede in maniera improvvisa a inizio ripresa. Le due reti del sorpasso, dopo l’1Â-0 di Douglas Costa prima dell’intervallo, nascono da percussioni centrali, sgorgano perchĂ© davanti all’area i due laziali, piĂą Immobile, hanno tempi e precisione migliori. Quando si rimpicciolisce la linea mediana, alla Juve spesso non si spaventano perchĂ© dietro ci sono i giganti: Chiellini, Barzagli, Buffon. Ora non piĂą, anche loro sono in affanno e in ritardo.
La Lazio sorpassa e non viene più presa. La Juventus non prendeva due gol nella sua arena in campionato da aprile 2015. E nessuno in questa annata. Ciro Immobile sale a 15 in stagione, con il club. Dietro a lui c’è il consueto, delizioso prodotto smerciato da Luis Alberto e Milinkovic: idee, tecnica, rapidità , vicinanza e occhio acuto nello spazio. E’ un risultato che rafforza il cambiamento, ingigantisce il punto di svolta del 13 agosto, quando Inzaghi acchiappò nel recupero la Supercoppa italiana. Riafferma un ruolo adeguato al cammino, non periferico. La Lazio, sempre priva di Anderson, Basta, Wallace e Lukaku, ha difficoltà nella partenza bassa che viene sporcata dagli juventini e sui tanti passaggi al portiere quasi Strakosha combina un guaio, tirando su Higuain: il rimbalzo va sulla traversa, è la giornata giusta. Nel primo tempo alla Lazio manca forza e velocità nei ribaltamenti. Tiene il meglio per la ripresa, quando tutti cercano di aiutare il trio più avanzato.
Davanti al suo possibile successore, Allegri cambia sistema perchĂ© ha buona memoria e ha sempre presente i suoi, nella Supercoppa, triturati dalle ripartenze. Il 4Â-3Â-3 dovrebbe costruire una superioritĂ di elementi dinnanzi alla circolazione altrui e nel primo tempo la Juve guadagna campo e tiri. Ma Bentancur è poco preciso quando osa (10 passaggi sbagliati, 12 palle perse) o sceglie la soluzione scontata. Senza Pjanic e Marchisio, con Douglas Costa che celebra il primo gol in A ma il resto è spesso magia con trucco in vista, sono Mandzukic e Asamoah a dare profonditĂ e occasioni a sinistra. Bernardeschi è timido, Dybala riporta il 4Â-2Â-3Â-1 e inviti da regista arretrato. Ma quando è pronta la cena, sbaglia l’ultimo tiro. E la Juve va a letto a digiuno.
Il Corriere dello Sport titola: "Legge Inzaghi. La Lazio vola. I biancocelesti sbancano lo Stadium dopo 783 giorni. Doppietta di Immobile, l’albanese para un rigore. Sfida bellissima, la squadra al top. Un super Strakosha frena la Juve".
Prosegue il quotidiano sportivo romano: Grande, grandissima Lazio. Prima di rovistare tra gli errori bianconeri, di riflettere sulla cattiveria perduta e sulla concentrazione intermittente, di ricordare il rigore intercettato da Strakosha sul filo del gong - secondo flop consecutivo dal dischetto di Dybala -, è opportuno sottolineare l’organizzazione, la compattezza e la personalità della squadra di Inzaghi. All’Allianz Stadium, quest’anno, nessuno aveva fatto gol: ne realizza due Immobile, sontuoso, ribaltando in avvio di ripresa il vantaggio di Douglas Costa - ancora in panne: la rete è un episodio - e così l’imbattibilità interna della Juventus si interrompe dopo 41 partite in campionato (in totale, non perdeva in casa da 783 giorni, dal match con l’Udinese del 23 agosto 2015: da allora 57 partite ufficiali senza sconfitte, 50 vittorie e 7 pareggi). E la Lazio sfata il suo tabù: vince in casa Juve in campionato dopo quasi 15 anni. La mossa di Allegri che smonta la trequarti, rafforza la mediana e modella il tridente vorrebbe togliere respiro al gioco biancoceleste.
Risucchia, in effetti, Milinkovic a metà campo - a supportare Immobile rimane solo Luis Alberto, mentre il serbo battaglia con Khedira e vive di strappi e accelerazioni -, ma la Lazio, pur senza Wallace, Anderson, Lukaku e Basta, però con Bastos recuperato, organizza un presidio efficiente, faticando solo per un momento nella pressione sui rilanci bianconeri: la maggiore libertà di costruzione è comunque svuotata dall’assenza di Pjanic, così, tra azioni a vuoto e controlli scaltri, per oltre venti minuti, si stiracchia tra gioco ingessato e possesso diviso, senza guizzi e senza emozioni. Nel cuore del primo tempo, la svolta apparente, l’illusione beffarda della Juve e della sua gente: Asamoah, preferito ad Alex Sandro, centra da sinistra, Khedira scaglia in porta e Strakosha s’oppone, il tap in di Douglas Costa non perdona. Niente off-side: un soffio oltre c’è Bastos. La Lazio non si disunisce, mantiene la linea alta e le posizioni salde, conferma una solidità e un’armonia specchio d’un eccellente allenatore, peccato solo che in questa fase non sposti l’asse e non disturbi mai Buffon, allertato giusto da un’incursione di Luis Alberto infine risolta da Chiellini. Rischia ancora, oltretutto, quando Khedira scaglia dalla distanza, esaltando di nuovo i riflessi di Strakosha, e quando il pallone respinto dal portierino albanese - unica macchia in una prestazione fiabesca - carambola su Higuain, in pressing, e s’infrange contro la traversa.
I varchi si aprono d’incanto in apertura di ripresa, dopo un tempo scivolato via senza tiri nello specchio: scatentato Immobile che prima calibra perfettamente il piattone su assist di Luis Alberto (Barzagli è complice, l’intera difesa ondeggia), poi irrompe sul filtrante di Milinkovic e, travolto da Buffon, trasforma il conseguente rigore. Tra i suoi due gol, Higuain ha la palla del 2-1: Strakosha si supera allungando il piede, ma il Pipita di solito certe opportunità non le spreca. Allegri manda in campo Bernardeschi, la Juventus spinge ma non ha lucidità , la Lazio monta la guardia lesta a sguainare il contropiede. I dispositivi di Inzaghi funzionano anche dopo l’ingresso di Dybala, quando riappare il 4-2-3-1 ripiegato in avvio. Cambia anche la Lazio, rimpastando l’attacco: tocca a Nani e Caicedo ripiegare e tener palla, rinculando per lo più in barricata. Il risultato viene custodito, ma il finale è un thrilling, un concentrato di emozioni: Dybala colpisce un palo, Buffon fa muro su Caicedo al culmine d’una ripartenza insidiosissima, infine c’è l’intervento di Patric su Bernardeschi in piena: troppa foga, il rigore può starci, il Var regala speranza al popolo bianconero ma, come già a Bergamo, i folletti del dischetto sgambettano Dybala.
Il Messaggero titola: "Quanto sei belle Lazio. Vince in rimonta in casa della Juventus grazie alla doppietta di Immobile e a Strakosha che al 96’ para un rigore di Dybala. I biancocelesti strameritano il successo, raggiungono i bianconeri in classifica e ora possono pensare in grande".
Prosegue il quotidiano romano: Il romanzo delle volte in cui la Lazio ha battuto la Juventus a Torino si arricchisce di un nuovo capitolo. Forse il più pazzesco. Quindici anni fa l’ultima volta. Epica quella del colpo di testa di Simeone. Cor core ieri pomeriggio. I biancocelesti mandano ko i bianconeri per 2-1, li agganciano in classifica a quota 19 e bissano il successo di agosto in Supercoppa. I ragazzi di Inzaghi riscrivono le statistiche dello Stadium, che non conosceva l’onta della sconfitta da 783 giorni, 57 partite tra campionato e coppe. Alla voce ultima sconfitta ora compare 14 ottobre 2017. Sogna la Lazio, la Juve vive un incubo. Immobile, il figlio mai amato, punisce la Vecchia Signora con due pennellate che squarciano il muro bianconero dell’Allianz. Ma il pomeriggio di Torino è per chi ha cuore. La Var tiene tutti con il fiato sospeso. Il rigore in pieno recupero e il tuffo di Strakosha. Estasi laziale. Depressione juventina.
Una partita bellissima fatta di carattere e voglia di dimostrare a tutti che la Lazio può sognare in grande. Scudetto? Perché no. Allegri deve arrendersi a casa sua, dopo il pari di Bergamo con l’Atalanta. La salita verso il settimo titolo di fila si fa sempre più difficile. E pensare che al minuto 96 c’è stata anche la possibilità di prendere un punto. Ma la fredda tecnologia è stata annullata dal sangue bollente degli uomini di Inzaghi sempre più gruppo granitico. La Juve rinuncia a Dybala e Bernardeschi. Il 4-3-3 iniziale sembra dare ragione ad Allegri, visto che i suoi nel primo tempo mettono alle corde la Lazio. La partita, specie nei primi minuti, è molto fisica e nessuno toglie il piede. Scintille soprattutto tra i giocatori di maggior personalità in campo. Protestano i laziali quando Mazzoleni convalida il vantaggio bianconero. In realtà ci vuole quasi un minuto affinché la Var decida di assegnare il gol. Sul tiro di Khedira, respinto da Strakosha, Douglas Costa, autore del tap-in vincente, è tenuto in gioco da Bastos. Ottimo il lavoro fatto dallo staff medico del dottor Rodia per recuperarlo visto che l’angolano è stato un muro. La Lazio subisce la sfuriata della Juve che preme per chiudere subito i conti. I biancocelesti si chiudono un po’ troppo lasciando la manovra ai ragazzi di Allegri. Il centrocampo non tampona mai a dovere concedendo quasi sempre il tiro da fuori ai battitori juventini. Prima un miracolo di Strakosha su Khedira, poi la Dea bendata che fa sì che il rinvio del portiere biancoceleste, calciato addosso a Higuain, s’infranga sulla traversa contro le leggi della fisica.
La partita si accende. Chiellini mena senza che l’arbitro intervenga mai, Immobile ne fa le spese e s’arrabbia. Inzaghi, a modo suo, carica tutti nell’intervallo. Ed è proprio Ciro a riacciuffare la Vecchia Signora a inizio ripresa. Immobile sfrutta un assist sublime di Luis Alberto e di piatto batte Buffon. Passa un minuto e Strakosha mette un piede sulla conclusione a botta sicura di Higuain. Ma è ancora Ciro a prendere per mano la principessa biancoceleste trasformando il rigore assegnato da Mazzoleni per fallo di Buffon. Rete numero 15 in stagione, l’undicesima in campionato che lo lancia in cima alla classifica dei bomber. E terza doppietta in campionato. Allegri sconfessa le sue scelte e mandando dentro Dybala e Bernardeschi. Risulteranno decisivi. L’argentino prima prende un palo incredibile, poi si fa parare il rigore. Un penalty concesso dopo più di un minuto e solo con l’aiuto della Var. Scomposto l’intervento di Patric su Bernardeschi. E allora riecco il cuore. Strakosha para. Esplodono le coronarie biancocelesti, si ferma il battito bianconero. La Juve dei marziani è sempre più umana. Il gruppo di ribelli laziali è pronto a conquistare vette impensabili.
Tratte dal Corriere dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
Simone Inzaghi non è solo un fenomeno della panchina, ha qualcosa di magico e inspiegabile, perché se Caicedo fallisce il gol della sicurezza e Patric combina la frittata a tempo scaduto (i suoi due cambi), senza veder arrivare il pareggio della Juve signifca proprio che questa Lazio è bella, irresistibile e ha dei meriti giganteschi altrimenti non raccoglierebbe questi risultati. Quindici anni dopo l’ex centravanti dello scudetto ha firmato il successo biancoceleste a Torino. Crolla il muro dell’Allianz Stadium. L’impresa entrerà nella storia, perché i bianconeri non perdevano in casa dalla prima giornata di tre campionati fa (23 agosto 2015). Simone è corso subito ad abbracciare Strakosha. "Gli ho fatto i complimenti, Thomas è stato bravissimo. In settimana gli avevo fatto una battuta: 'Il primo rigore che ci danno contro non lo fanno calciare e portano palla subito a centrocampo, tanto ti spiazzano sempre' ". Lo ha stimolato così tanto da farlo scattare come una molla. "Mi sarebbe dispiaciuto per i ragazzi pareggiare in quel modo. E’ stata una prova di personalità e di grandissima intensità ". Dopo aver resistito durante le interviste tv, ha avuto un attimo di cedimento in sala stampa, quando gli è stato ricordato che il suo scudetto con la Lazio lo aveva vinto il giorno 14, come ieri (mese diverso). Simone ha sorriso.
"Lo scudetto? Sì, ci penso tante volte, ma tante volte ho pensato agli ultimi 30 secondi, la partita era finita, prendere il rigore al novantacinquesimo e 50 secondi con il Var sarebbe stata una beffa, dura da digerire". Lo scudetto in proiezione ciclo sarebbe il suo sogno da allenatore della Lazio, ma ha già avvertito la squadra. E la stessa risposta ha dato in chiave Champions. "Bisogna restare con i piedi per terra, vedremo quello che capiterà . E’ normale, abbiamo fatto qualcosa di straordinario, ma sono solo 8 partite, ora si parlerà tanto della Lazio, giusto festeggiare, io penso al Nizza". Un successo del gruppo e anche dello staff medico coordinato dal dottor Rodia. Bastos recuperato in tempo, anche de Vrij e Marusic avevano dovuto gestire qualche noia muscolare in settimana. Un lavoro enorme: "Siamo stati bravissimi. Bastos ha giocato e veniva da un allenamento e mezzo completo, gli faccio i complimenti pubblicamente, bravo". Questo successo eguaglia o quasi la notte del 13 agosto. "Sono due gioie diverse, diffcile scegliere, la Supercoppa era un trofeo davanti ai nostri tifosi, qualcosa che resterà dentro in eterno, ma anche vincere qui a casa della Juve ha un gusto particolare".
La Lazio del primo tempo era stata solida, quella del secondo è devastante. "Per vincere serviva qualcosa in più. Ho chiesto ai ragazzi di essere più precisi, lucidi e cattivi nell'ultimo passaggio. Mancavano negli ultimi 20 metri...". Simone ha protestato con il quarto uomo. "Mi sono trattenuto, c’è il Var, altri due arbitri che controllano, dal campo non pensavo ci fosse; poi, le immagini hanno chiarito. La Juve sinora era penalizzata dal Var, a noi non era ancora capitato". La tv ha inquadrato un suo gesto scaramantico prima che Immobile segnasse su rigore. "Non me ne sono neanche accorto, devo rivedere anche io quello che ho fatto...". Adorabile.
Sembrava fuga per la vittoria, quando Sylvester Stallone, portiere improvvisato, para il rigore all’ultimo pallone di una partita da leggenda. Sceneggiatura da film. Thomas Strakosha, invece, è il nuovo fenomeno della Lazio, quello su cui Inzaghi e Tare già da molti mesi hanno puntato ad occhi chiusi. Personalità fortissima, istinto e reattività , non sa cosa sia la paura questo ragazzone di 22 anni cresciuto ad Atlene. Suo padre Fotaq, ex capitano e leggenda dell’Albania, era nascosto in tribuna all’Allianz Stadium. E’ scoppiato quasi a piangere quando ha visto volare Thomas a prendere quel pallone, si stressa quasi come se giocasse ancora a vedere suo figlio. Il ds Tare è entrato in campo ed è corso ad abbracciarlo. Come Inzaghi che nei giorni scorsi a Formello lo aveva pungolato perché sino a ieri non era andato vicino a pararne neppure uno. Questo di Dybala, però, ne vale venti. Ha aspettato, ha intuito e s’è tuffato sulla propria destra. Thomas, in quel momento, era l’angelo protettore della Lazio. "Sono contento, ma la vittoria è di tutti, non solo mia. Penso alla squadra, allo staff, ai tifosi". E’ finita in trionfo davanti al suo idolo Buffon. "Il rigore? In quei momenti pensi di tutto, meritavamo la vittoria. Dio mi ha aiutato e ci ha dato questo successo". Si era preparato a dovere su Dybala. "Con il nostro match analyst e con Grigioni avevamo deciso di andare a destra, anche mio padre me ne aveva parlato e finalmente ho parato un rigore. Ci serviva un po’ di fortuna. Se l’ho preparato? Certo, ogni portiere studia il rigorista avversario prima di ogni partita".
Così modesto da non mettere questo successo in cima alla lista delle sue prodezze. "Se è la partita più bella della mia carriera? Tra le prime cinque. Il successo in Supercoppa è stato ancora più bello. Noi guardiamo avanti, partita per partita, lavoriamo forte e sogniamo per restare tra le prime cinque in classifica, ma rimaniamo sempre con i piedi per terra". Dentro quel tuffo c’era tutto il suo orgoglio, è stato come un golden gol. "Volevo per forza parare perché la squadra aveva sofferto per questa vittoria, sarebbe stato un peccato pareggiare. Non cambiano i nostri obiettivi, noi ci aspettavamo di essere forti ma dobbiamo continuare a dimostrarlo. Basta una brutta partita per cambiare tutto, dobbiamo lavorare di più rimanendo sempre con i piedi per terra e credendo nei nostri mezzi. Questo inizio di campionato non me l’aspettavo ma sono contento, piano piano verranno risultati ancora più grandi".