3 novembre 2019 - Milano, stadio Giuseppe Meazza - Campionato di Serie A, XI giornata - inizio ore 20.45
MILAN: G. Donnarumma, Calabria, Duarte, Romagnoli, Theo Hernandez, Paquetá (53' Leao), Bennacer, Krunic (85' Bonaventura), Castillejo (35' Rebic), Piatek, Calhanoglu. A disposizione: Reina, A. Donnarumma, Caldara, Gabbia, Conti, Rodriguez, Biglia, Kessié, Borini. Allenatore: Pioli.
LAZIO: Strakosha, Bastos, Acerbi, Radu, Lazzari, Milinkovic (60' Parolo), Leiva, Luis Alberto, Lulic, Correa, Immobile (60' Caicedo, 82' Cataldi). A disposizione: Guerrieri, Patric, Vavro, Luiz Felipe, Marusic, Lukaku, Jony, Berisha, Adekanye. Allenatore: S. Inzaghi.
Arbitro: Sig. Calvarese (Teramo) - Assistenti Sigg. Costanzo e Alassio - Quarto uomo Sig. Sacchi - V.A.R. Sig. Manganiello - A.V.A.R. Sig. Paganessi.
Marcatori: 25' Immobile, 28' Bastos (aut), 83' Correa.
Note: ammonito al 43' Milinkovic, al 51' Duarte, al 55' Krunic, al 63' Parolo, al 64' Radu, al 70' Leiva ed all'87' Bennacer tutti per gioco falloso, all'88' Cataldi per comportamento non regolamentare. Calci d'angolo: 8-4. Recuperi: 1' p.t., 5' s.t.
Spettatori: 41.000 per un incasso di Euro 1.073.655,43.
? La Gazzetta dello Sport titola: "Milan al tappeto. Il diavolo affonda con la Lazio. Immobile-Correa, che stangata. Niente svolta per i rossoneri, già alla sesta sconfitta: è record di k.o. nel dopoguerra. Di Bastos l’autogol per il temporaneo 1-1".
Continua la "rosea": Nonostante tutte le variabili, il calcio talvolta sa anche essere lineare e logico. Questa Lazio è più forte del Milan: come classifica, impianto di gioco temprato negli anni, continuità nella guida tecnica e pure come valori dei giocatori e possibilità di alternative. Che vinca questa partita, allungando a tre i pieni consecutivi, non stupisce, giudicando soltanto il risultato: semmai si ribadiscono i ruoli delle due squadre in questo campionato. Però il Milan meritava di più, ha provato a raschiare tutte le variabili di sopra, quelle che abbassano per soli novanta minuti le differenze. Cede nel finale, facendosi trovare impreparato su un lancio dalla difesa. La Lazio in quel momento ha sfoderato tutte le sue qualità: la bellezza di tocco di Luis Alberto, la corsa faccia alla porta di Correa. Nessuno si sente di fischiare il Milan, anche se tocca la sesta sconfitta in campionato: mai nel dopoguerra ne aveva rimediate così tante dopo 11 giornate. Lo stadio diventa silenzioso come una chiesa, qualche preghiera e meno errori di posizione nelle scene difensive serviranno per far risalire i rossoneri.
I motivi. La Lazio non vinceva in campionato nella San Siro rossonera da trent’anni, però lo scorso aprile venne qui a prendersi con un successo la finale di Coppa Italia, togliendola a Gattuso. Insomma, certe date non mettono timore, semmai servono da spinta. Anche per Immobile, arrivato a 13 gol in campionato e a 100 con il club: prima di uscire per affaticamento, ci prova tre volte, compresa una traversa. Stefano Pioli non esce disintegrato, tenta sempre a ribattere colpo su colpo. Ma anche Inzaghi ha studiato le contromosse. Questo Milan sembra molto l’ultima Fiorentina del tecnico. Soprattutto per l’esterno sinistro difensivo che si alza quasi da punta con il possesso: allora era Biraghi, adesso Hernandez. Tocca all’altro esterno, Calabria, stringersi verso i centrali per lasciare almeno tre guardiani davanti a Donnarumma. Dalla parte di Hernandez c’è un altro sprinter come Lazzari, cui pure piace trasformarsi più in ala che in difensore. In quel settore, come interno, il Milan presenta anche Krunic, prima da titolare, al posto di Kessie. Siccome Inzaghi riempie quello spazio anche con Milinkovic, Pioli non lo lascia incustodito e fa arretrare Krunic. Il continuo botta e risposta del primo tempo è frutto dell’astuzia tattica e anche di tanti errori iniziali. Tipo Paquetà e Strakosha, che mandano al tiro Immobile e Piatek. Donnarumma e Acerbi impediscono l’esultanza.
Botta e risposta. Il Milan fatica a tenere fuori dall’area la Lazio: sul centro destra c’è Luis Alberto che perfora con classe il muretto costruito male da Paqueta e Calabria, ma Immobile rimanda la sentenza. Sull’altro fianco invece la latitanza voluta di Hernandez fa volare Lazzari, che crossa perfetto per la zuccata del centenario Immobile. Pioli fa segno a Theo di stare più basso, però il francese va ancora avanti e, da un suo "crossetto", Piatek tocca sullo stomaco di Bastos, il difensore colpevole anche di essere rimasto troppo basso. È l’1-1 che ribadisce quanto il Milan abbia voglia di rispondere alle combinazioni altrui, perché il pareggio è anche nel numero delle occasioni. Paga invece una mancata gestione del gioco nel finale. Prima del raddoppio, ci sono una serie di angoli e mischie che suonano da allarme. E anche una difesa abbandonata, che chiude a tre con il tremolante Duarte colpevole anche nel secondo gol. Ma pure Romagnoli tentenna.
Cambi e sorpasso. Suso è fuori per infortunio. Castillejo prova a scalare le gerarchie: si fa vedere, non vivacchia, trova alcune idee: il meglio è un’apertura sublime per Paquetà che sbaglia. Poi lo spagnolo esce per infortunio e le corse di Rebic non sono la stessa cosa. Anche Paquetà viene cambiato (con Leao), ma senza apparenti guai fisici: la scelta è condivisibile. Fra l’altro Calhanoglu passa al centro e il disegno offensivo diventa a rombo (3+1 o 1+3). Da Leao però arriva pochissimo e i rossoneri guadagnano ammonizioni e punizioni che non scalfiscono Strakosha. Invece la Lazio trova sempre subito un suo centro, tramite un gesto sintetico, semplice e sciolto, di Luis Alberto. Prima gli ospiti alzavano spesso anche Milinkovic, ma ha combinato poco ed è stato cambiato con Parolo, che dà spessore. Anche Correa cerca di spostarsi da trequartista, la Lazio infine vince anche perché individua tutte le crepe difensive del Milan.
? Il Corriere dello Sport titola: "Ciro fa 100. Perla Correa. Lazio d'oro. Il centravanti fa cifra tonda, poi autogol di Bastos. E a 7’ dalla fine decide la rete del jolly argentino. A San Siro una partita molto combattuta. Fanno tutto gli ospiti, anche l’1-1 del Milan".
Prosegue il quotidiano sportivo romano: Un urlo a San Siro. E’ la notte della Lazio, eroica e infinita, di nuovo quarta e in corsa Champions. Un colpo da consegnare alla storia, non solo per il record di Immobile. Centesimo gol realizzato alla Scala come Silvio Piola, il suo più nobile e antico predecessore in biancoceleste e in nazionale. Il raggio laser di Correa, a otto minuti dalla fine, per accecare e stendere il Milan trent’anni dopo l’ultima volta in campionato. Spezzato il sortilegio. Stessa porta: ha deciso di nuovo il Tucu, a sei mesi di distanza dal guizzo nella semifinale di Coppa Italia. Questa volta è caduto Pioli. Si è arreso il Milan, troppo fragile in difesa e sbilanciato in avanti alla ricerca di un successo che l’avrebbe riportato in quota. Bene per un’ora, l’eclisse è cominciata con l’uscita di Paquetà. Troppo forte e orgogliosa la Lazio, superiore nel complesso e venuta fuori ancora meglio nell’ultima mezz’ora, quando ha cercato e trovato il gol del raddoppio nonostante Immobile (e anche Caicedo entrato al suo posto) fossero stati costretti a uscire. Sontuoso Luis Alberto, regista a tutto campo, fornitore di idee e di assist.
100 e autogol. Pioli aveva studiato bene il piano. La chiave: inaridire la costruzione da dietro della Lazio attraverso la pressione esercitata da Castillejo su Radu e da Bennacer su Leiva. La palla scivolava su Bastos, il meno adatto a impostare. Krunic braccava Milinkovic e Paquetà, solo nei primi venti minuti, è riuscito ad arginare Luis Alberto. La prima vera occasione è capitata a Immobile, favorita da un errore in appoggio del brasiliano. Donnarumma si è allungato nello stesso modo in cui Strakosha ha deviato il sinistro di Castillejo. Velocità, forza nei contrasti, aggressività. Il Milan arrivava primo su ogni pallone. La Lazio ha faticato ad assorbire la veemenza rossonera. E’ riuscita a distendersi solo quando Luis Alberto ha acceso la luce, cominciando a muoversi per farsi trovare libero. Mancava Milinkovic, ma davanti Inzaghi può contare sul capocannoniere della Serie A, un incubo per Calabria e Duarte, perché con il suo movimento si infilava con puntualità nei corridoi. Una palla di Luis Alberto lo ha messo di nuovo davanti alla porta: traversa. Tre minuti dopo Ciro è riuscito a segnare incornando un cross al bacio di Lazzari. Un’altra intuizione del Mago spagnolo sfruttando la totale assenza di Hernandez. Gol di testa alla Bettega, anticipando Duarte. La Lazio, trovato il vantaggio, non ha avuto la lucidità per abbassare i ritmi e girare palla. Azioni da flipper, da un’area all’altra. L’ex esterno del Real Madrid ha aiutato i rossoneri a tornare in partita. Grave l’errore di Bastos, non allineato con Radu e Acerbi. Teneva in gioco Piatek, marcatura troppo lenta. Tocco del polacco, deviazione decisiva a spiazzare Strakosha.
Cambi. Pioli non aveva Suso, ha perso Castillejo per infortunio e lo ha sostituito con Rebic. Immobile si è avvicinato alla panchina, lamentando un affaticamento muscolare. Il Milan stava rallentando, la Lazio ha alzato il baricentro e preso il controllo. Due occasioni buone sono capitate a Correa, indeciso sotto porta. L’intervallo ha restituito fiato ai rossoneri. Aspettare sarebbe stato un suicidio. Duelli senza pause. Sono tornati su con l’idea di attaccare e hanno speso le ultime energie, ma non erano più pericolosi. Pioli ha richiamato Paqueta e sganciato Leao accanto a Piatek, 4-2-3-1 sbilanciato con Calhanoglu trequartista e Krunic accanto a Bennacer. Sono entrati Caicedo e Parolo al posto di Immobile e Milinkovic, restituendo energia e compattezza. Inzaghi ha preso campo. Voleva vincere la Lazio, già carica di cartellini gialli. Personalità, carattere e cattiveria. Si è fatto male Caicedo, è entrato Cataldi. Il Milan si era scollato non aveva più gambe, è stato fulminato dalla solita ripartenza letale. Il lancio dalla difesa di Bastos, Luis Alberto ha riconquistato palla e lanciato Correa verso Donnarumma con il contagiri. Destro potentissimo in corsa per sfondare la rete e tornare a sognare la Champions.
? Il Messaggero titola: "Lazio, il quarto potere. Il successo col Milan porta i biancocelesti in zona Champions. Immobile e Correa gol, sfatato il tabù di San Siro dopo 30 anni. Con Atalanta e Cagliari c'è la squadra di Inzaghi dopo Juve, Inter e Roma. Per i rossoneri tornano i venti di crisi".
Prosegue il quotidiano romano: Il graff?io di Correa toglie l'incantesimo che avvolgeva il Meazza rossonero. La maledizione crolla dopo 30 anni. La Lazio vince per 2-1. A riaccendere le luci di San Siro ci pensano due che con il Milan hanno un certo feeling: Immobile e Correa. Il primo sigla la rete numero 100, il secondo si conferma giustiziere del Diavolo. In cinque gare ha segnato tre gol ai rossoneri e tutti e tre decisivi. Un deja vu visto che il diagonale con cui lancia i biancocelesti sempre più in alto in classif?ica ricorda molto quello segnato lo scorso anno in coppa Italia. Un risultato reso ancora più pesante visti anche i grossi miglioramenti dei rossoneri rinvigoriti dalla cura Pioli. Si, la Lazio è diventata grande. Finalmente ha imparato a sfruttare le occasioni. Soprattutto quelle ghiotte. I ragazzi di Inzaghi volano al quarto posto insieme a Cagliari e Atalanta con una sola lunghezza di ritardo dalla Roma terza. La Champions è lì e mai come stavolta la chance di centrarla è enorme. Una settimana da Dio per Inzaghi che conquista 9 punti. L’approccio della Lazio non è sicuramente dei migliori. Strakosha, chiamato sempre a giocare il pallone, sbaglia in continuazione regalandolo al Milan.
Croce e delizia. I compagni non vanno meglio visto che sulle seconde palle arrivano spesso in ritardo. Molti gli errori anche in impostazione, tanto che Inzaghi si sbraccia in continuazione in panchina. In particolar modo non gli piace l'atteggiamento del centrocampo. Milinkovic, marcato a uomo da Krunic alla sua prima da titolare, non riesce a far cambiare passo alla manovra. Il bosniaco lo anticipa in continuazione. E proprio da uno di questi che nasce l’occasione più grossa per i rossoneri, fortuna per la Lazio che Paquetà calcia addosso a Strakosha. Inzaghi lo rimprovera in continuazione per l'atteggiamento. Il Milan comincia decisamente meglio. Pioli l'ha preparata tutta sull'aggressione alta dei portatori e le ripartenze fulminee. Dietro però la difesa balla parecchio. Calabria si perde Immobile che centra la traversa a Donnarumma battuto. Tante le occasioni concesse. Immobile ne ha tre nitide. Impossibile fallirle tutte. Alla terza gira di testa un cross perfetto di Lazzari. Cento volte Immobile. Il Meazza gli porta bene, rinominatelo San Ciro. Bellissimo l’abbraccio al compagno per l’assist al bacio. La Lazio però è squadra fragile e lo dimostra per l’ennesima volta. Bastano 8 minuti al Milan per pareggiare. Bastos sbaglia completamente la marcatura di Piatek tenendolo in gioco e deviando in porta il tocco di punta dei polacco.
Sbandano altre volte i biancocelesti. E sempre per svarioni difensivi. A centrocampo la squadra è lenta. Quando cambia passo si vede. Ad accendere la luce è Luis Alberto che per due volte mette Correa solo davanti a Donnarumma ma l'argentino dimostra ancora una volta di avere il braccino temporeggiando troppo prima del tiro. Fuga per la vittoria. Nello spogliatoio Inzaghi urla forte chiedendo maggiore cattiveria e maggiore attenzione in fase di possesso. Luis Alberto è ispiratissimo. Un piacere per gli occhi vederlo giocare. Anche Milinkovic ricomincia con piglio più deciso: salva su Leao in area di rigore. Inzaghi però lo sostituisce con Parolo perché a centrocampo i biancocelesti soffrono troppo gli scambi del Milan. Dentro anche Caicedo per un acciaccato Immobile. Anche lui costretto ad uscire poco dopo. Il lampo f?inale è di Correa, f?ino a quel momento non certo tra i migliori. Fuga per la vittoria e maledizione al Diavolo. Sì ora la Lazio può sognare da grande.
? Tratte dal Corriere dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
Il tabù non c’è più. Il muro di San Siro è caduto, è stato un travaglio lungo 30 anni. Il muro di San Siro, 30 anni dopo quello di Berlino (stesso anno, 1989), l’ha buttato giù Inzaghi a colpi di piccone. Vi scriviamo dall’interno di questo stadio che in campionato era diventato proibito, finalmente si ricomincerà a contare riazzerando i calendari, senza rievocare l’autogol di Maldini. Si è vinto come non avveniva più, come neppure gli eroi dello scudetto 2000 ci erano riusciti. La storia sta dentro gli uomini che la incarnano, era scritto che fosse Inzaghi il predatore della vittoria perduta, lui che nel settembre 1989 (quando la Lazio sbancò San Siro) aveva 13 anni. Simone ha ricevuto in diretta i complimenti di Paolo Di Canio, era ospite a Sky ieri e c’era in quel Milan-Lazio (0-1): "Le partite si vincono comandando! Ci ha fatto molto piacere vincere dopo 30 anni - ha detto Inzaghi - la dedica è per il mio staff, dieci persone che mi supportano ogni giorno, sono molto esigente. Volevamo spezzare questo tabù. L’anno scorso avevamo vinto a San Siro in Coppa Italia, conquistando la finale. Avevo detto ai ragazzi che dovevamo crederci, che ci eravamo già riusciti a vincere qui, che dovevamo giocare con personalità. Abbiamo l’obbligo di alzare l’asticella, di migliorarci sempre".
Non più schiavi a San Siro. E’ stata la notte del rintocco delle cifre, la vittoria che mancava da 30 anni, i 100 gol biancocelesti di Ciro. E’ una Lazio che vuole esercitare il comando: "Per noi era importantissimo vincere la terza partita di fila. Quando comandiamo la partita - ha detto più volte Inzaghi - 9 volte su 10 la vinciamo. Vogliamo sempre costruire da dietro, contro il Milan non erano semplici le uscite. Loro non potevano tenere i ritmi alti avendo giocato giovedì. E noi non possiamo limitarci a giocare su Milinkovic, lo facciamo stancare, gli togliamo lucidità e allunghiamo i reparti". Inzaghi ha consacrato Luis Alberto, incantevole, da venerare. E Correa, croce e delizia: "Luis sta meritando la nazionale, ha giocato tre partite in una settimana, da 90 minuti, una meglio dell’altra. A Firenze aveva fatto il record di chilometri ad altà intensità. Vuole arrivare in alto, sente la fiducia di tutti. E’ a livelli impressionanti. Correa? Mi sta piacendo tantissimo, sta diventando parte integrante, è uno dei leader. Anche quando non gioca dall’inizio è propositivo, ha ancora qualità da far vedere".
I rapporti. Simone ha sempre sentito la fiducia della società: "Non mi sono mai sentito in discussione, la società è sempre stata con me. Ho fatto una scelta a giugno, ho riflettuto e secondo me dopo aver vinto una Coppa Italia e una Supercoppa italiana questa squadra aveva ancora margini di crescita. Credo in questo gruppo, possiamo migliorarci ulteriormente. E’ quello che ho detto ai miei ragazzi in estate". Inzaghi incrocia le dita, spera che Caicedo (problema ad una clavicola, ha giocato solo 22 minuti) sia recuperabile per l’Europa: "Ciro, dopo 30 minuti, ha accusato un problema ad un polpaccio, poi mi ha rassicurato. Ho la fortuna, toccando ferro, di allenare tre attaccanti che stanno benissimo. Spero che Caicedo non abbia nulla, che si tratti di un problema di poco conto, mi sembrava tranquillo. Cercherò di gestirli sempre nel migliore dei modi". Da oggi, parlando di San Siro, non si parlerà della storia del passato. Si può scrivere la storia del futuro, con Inzaghi al comando.