25 settembre 2019 – Milano, stadio Giuseppe Meazza - Campionato di Serie A, V giornata - inizio ore 21.00
INTER: Handanovic, Godin, de Vrij, Skriniar, D'Ambrosio, Vecino (57' Sensi), Brozovic, Barella, Biraghi, Politano (77' Lautaro), R. Lukaku (82' Sanchez). A disposizione: Padelli, Ranocchia, Bastoni, Asamoah, Candreva, Lazaro, Borja Valero, Di Marco, Gagliardini. Allenatore: Conte.
LAZIO: Strakosha, Luiz Felipe, Acerbi, Bastos, Lazzari, Milinkovic (73' Berisha), Parolo, Luis Alberto (65' Leiva), Jony, Correa, Caicedo (53' Immobile). A disposizione: Proto, Guerrieri, Patric, Vavro, Marusic, J. Lukaku, Lulic, Cataldi, Adekanye. Allenatore: S. Inzaghi.
Arbitro: Sig. Maresca (Napoli) - Assistenti Sigg. Alassio e Paganessi - Quarto uomo Sig. Fabbrii - V.A.R. Sig. Calvarese - A.V.A.R. Sig. Meli.
Marcatori: 23' D'Ambrosio.
Note: ammonito al 31’ Luis Alberto, al 45'+2' D’Ambrosio, al 72' Bastos, all'81' Parolo tutti per gioco falloso, al 90' L. Martinez per proteste, al 45'+3' S. Inzaghi per proteste. Angoli 4-6. Recuperi: 2' p.t., 5' s.t.
Spettatori: 56.175, incasso non comunicato.
? La Gazzetta dello Sport titola: "Inter, dammi il 5. D’Ambrosio sfonda e la Lazio sbatte su super Handanovic. Conte vince ancora. Torna in vetta da solo. Con il gol dell’esterno i nerazzurri vincono la quinta di fila e superano la Juve. La capolista si gode una vittoria costruita con la forza di volontà . Inzaghi, che rimpianti...".
Continua la "rosea": Un terzino crossa, l’altro segna, il migliore è Handanovic. Bravissimo Barella, ancora generoso Lukaku, Sensi è entrato e si è sentito. Ok, ma l’Inter è soprattutto quella banda inespugnabile di bucanieri là dietro, plasmata dal furore di Antonio Conte. Un solo gol subìto in 5 match, come non accadeva da Mancini 2015-16 che sgommò con 5 vittorie su 5. Come ora Conte che è tornato al comando e ha lasciato il Napoli a 6 punti. Ma più di una classifica in fasce, conta lo spirito di una squadra che sta crescendo sempre più riconoscibile nella sua identità etico-tattica, a somiglianza del suo allenatore, che anche ieri è stato decisivo con scelte iniziali e cambi in corsa. L’Inter capolista è questa cosa qui che arriva in vetta strisciando sulle rocce, se serve, fino a sbucciarsi le ginocchia. Si trova davanti una Lazio dalla qualità di gioco superiore? La pareggia con l’intelligenza e con la forza volontà e va oltre. Per i traguardi più ambiziosi le manca ancora qualcosa a centrocampo. Un Milinkovic-Savic, per esempio, che ieri, sostituito, è stato applaudito dal pubblico di San Siro. Chissà che a gennaio Suning, esaltato dal campionato in corso, non regali qualcosa di importante a Conte per renderlo ancora più competitivo a primavera.
Correa, il simbolo. Il cucchiaio lezioso e tremebondo con cui Correa si è mangiato uno dei suoi tre gol è il simbolo di tutta la Lazio, eternamente incompiuta e immatura per spendere tutta la sua notevole qualità . La difesa, dal gol in giù, ha commesso ingenuità inaccettabili. Dopo un derby dominato e pareggiato, una sconfitta a San Siro che, alla luce dei valori, avrebbe potuto (dovuto) evitare. E dopo il mal di pancia di Immobile, la sostituzione di Milinkovic sul più bello. A Simone il lavoro non manca. Gol di Conte. Più robusto il turnover di Inzaghi. Su tutte spiccano due assenze: mancano il brontolone Immobile (punizione travestita da scelta tecnica) e rinuncia a Sensi che finora le ha giocate tutte. Senza il genietto di Urbino, con due terzini in fascia (D’Ambrosio e il debuttante Biraghi) gran parte della fatica creativa rotola sulle spalle di Brozovic, come il mondo su quelle di Atlante. Il primo quarto d’ora di impaccio nerazzurro alimenta il sospetto: ma dovendo rinunciare a Sensi, Conte non poteva permettersi almeno un esterno costruttivo (Candreva)? La Lazio, che ha già tanta qualità in mezzo, spinge con Lazzari e Jony che in Spagna faceva l’esterno alto. Ma il calcio a volte è come l’amore: quando credi di averlo capito, poi succede il contrario. Minuto 23: un terzino (Biraghi) crossa per l’altro (D’Ambrosio) che sbuca alle spalle di Jony, non abituato a marcare, e schiaccia di testa in rete. Lazzari è rimasto a guardare il cross di Biraghi. Come non detto. Inter, anzi, Conte in vantaggio.
Cresce la Lazio. Ma fondamentalmente il calcio ha una sua logica. E infatti, con il tempo, la qualità della Lazio viene a galla come l’olio e frutta tre plateali palle gol. Correa s’ingoia la prima sbagliando il cucchiaio finale su Handanovic (34’), le altre due le scrosta il portierone dal tabellino chiudendo lo specchio allo stesso Correa e sdraiandosi sul rasoterra velenoso di Bastos. San Handa a parte, l’Inter sopravvive perché Barella recupera un migliaio di palloni dai piedi degli avversari e, più in generale, tutti i nerazzurri pugnano con spirito contiano per sporcare le belle linee di gioco di Luis Alberto e Milinkovic. Vedremo spesso un copione del genere, magari già al Camp Nou mercoledì prossimo: un’Inter da battaglia che compensa con l’impeto e l’organizzazione avversari tecnicamente più dotati, chiedendo al suo gigante Lukaku di nascondere la palla tra i muscoli per far salire la squadra.
Ciro e poi Sensi. La Lazio comincia la ripresa sbagliando la quarta palla-gol con Correa: testa a lato su corner (6’). Entra Immobile. Conte capisce che, per non ritrovarsi all’angolo deve inventarsi qualcosa, cioè immettere la qualità che serve per far scattare qualche buona ripartenza. Ecco Sensi. E infatti, dopo un feroce contropiede morto tra piedi di Vecino, l’indemoniato Barella si fionda tutto solo davanti a Strakosha che si salva (14’) e respinge di piede il tap in di Politano. Sarebbe stato il morso letale del cobra. Conte in panchina infatti ha gli occhi di Greta davanti a Trump. Invece la partita resta viva, bellissima. Inter e Lazio se le danno a centro ring. Lo sforzo di de Vrij è quello di rialzare la linea difensiva, per evitare l’assedio e per compattare la squadra e non offrire profondità alla Lazio e togliere spazi alle imbucate. Spesso ci riesce e si accampa tra le tende di Inzaghi, a dimostrazione di un’ottima condizione atletica. Barella non finisce mai, Sensi ha cambiato la squadra. Lautaro e Sanchez entrano per le punte stremate e tengono la palla lontana. Meglio il cileno. Il Toro fallisce un altro morso da cobra (46’). Ma basta un gol. Una vittoria che conta più per la crescita che per la classifica. Anche se Conte sorride allo specchietto retrovisore: c’è di nuovo dentro Sarri.
? Il Corriere dello Sport titola: "La manita di Conte. L’Inter conquista il quinto successo consecutivo e blinda il primo posto. Tanti rimpianti per Inzaghi. Nerazzurri spietati: D’Ambrosio firma il gol della vittoria (1-0). Difesa solida e grande maturità nella gestione della partita. Lazio pericolosa: Correa spreca il pari davanti a Handanovic".
Prosegue il quotidiano sportivo romano: La manita dell’Inter. Se ne va, a punteggio pieno, senza perdere colpi e sognando ferocemente lo scudetto. Conte ha ingranato la quinta, tenendo dietro la Juve e staccando il Napoli. E’ la miglior partenza da quando allena, costruita sul cemento armato e sulle certezze della miglior difesa d’Europa, a cui ieri si sono aggiunte le prodezze di Handanovic. Questa volta è stato sufficiente un colpo di testa di D’Ambrosio per fare il pieno. Dove non sono arrivati Godin, de Vrij e Skriniar ci ha pensato il portiere sloveno e sono iniziati i rimpianti della Lazio, sottolineati dagli errori sotto porta di Correa, bravo a proporsi e meno a tirare. Non era mai capitato che l’Inter, un solo gol subito in cinque giornate di campionato, concedesse tante occasioni. L’argentino, 6 volte al tiro sulle 10 totali, ne ha fallite troppe. Inzaghi aveva lasciato in panchina Immobile, l’unico vero tiratore a disposizione, e poi lo ha sganciato per sostituire Caicedo, sino a quel momento il migliore per la capacità di creare varchi e palle-gol. La Lazio ha giocato con personalità producendo il massimo sforzo solo tra il ventesimo del primo tempo e il decimo della ripresa, stordita da un turnover esagerato per tenere a certi livelli. Jony, quasi un attaccante, ha pagato l’inesperienza da esterno nel 3-5-2. La vera delusione si chiama Lazzari. Luis Alberto non ha inciso, Milinkovic non era al top.
Timidezza. Conte ne ha cambiati tre rispetto al derby, ha tolto Sensi e inserito Vecino. L’uruguaiano aveva il compito di contrastare Milinkovic e disturbare Parolo. Barella ha cominciato da mediano in tandem con Brozovic. Inzaghi aveva rovesciato mezza Lazio, cinque novità tre giorni dopo il Parma, ma l’avvio è stato troppo timido e attendista, anche perché ogni volta in cui verticalizzava riusciva ad arrivare a contatto con Handanovic. L’Inter faceva girare palla, era in totale controllo, 70% di possesso al ventesimo, e ha trovato il gol al primo vero tiro in porta, approfittando della leggerezza (in fase difensiva) di Jony e della mancata uscita di Strakosha sul cross lungo del debuttante Biraghi. A segno D’Ambrosio, vera chiave tattica di Conte, un jolly indispensabile a cui trova sempre posto. Da quella parte la Lazio soffriva per l’irregolarità di Bastos e gli inserimenti di Politano. Che spreco. Ha fatto discutere l’esclusione iniziale di Immobile. Sono mancate le sue conclusioni. Caicedo, però, ha dimostrato di essere il chiavistello giusto per penetrare il muro dell’Inter formato da Godin, de Vrij (prima volta da ex) e Skriniar. Peccato che Correa non fosse ispirato. Tre occasioni limpide fallite o neutralizzate da Handanovic, più l’ultima di Bastos a un sospiro dall’intervallo.
L’ecuadoriano ci ha messo il piede e l’idea giusta tre volte su quattro. La Lazio, preso il gol, si era messa a giocare nonostante Lazzari fosse poco servito, Jony sentisse troppo la pressione di San Siro e Luis Alberto soffrisse il passo corto di Barella. Dentro Ciro. A inizio ripresa è aumentata la pressione offensiva della Lazio e Inzaghi, al primo pallone sbagliato, ha tolto Caicedo per sganciare Immobile. Ciro, nervosissimo, non è entrato bene. Non riusciva a far salire i centrocampisti. Conte invece ha richiamato Vecino e inserito Sensi. Si erano aperti gli spazi per volare in contropiede. Strakosha ha tenuto aperta la partita, ma la Lazio si era fermata e l’Inter stava prendendo sempre più confidenza, trascinata dal dinamismo di Barella, dalle chiusure di de Vrij e Godin, dal palleggio di Sensi. Sono entrati Leiva per Luis Alberto, in calo, e Berisha per Milinkovic, sofferente. Niente rimonta. L’Inter ha conservato il successo, centrando la cinquina.
? Il Messaggero titola: .
Prosegue il quotidiano romano:
? Tratte dal Corriere dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
Doppio sacrilegio: Ciro fuori a San Siro. Era furioso peggio dell’Orlando ieri pomeriggio, peggio di domenica. Si racconta che l’avrebbero addirittura sfiorato pensieri strani di mercato, è il senso della sua reazione istintiva. E’ passeggera, se lo augurano tutti. Ieri, nel prepartita, all’uscita dal tunnel degli spogliatoi, sorrideva con il preparatore Ripert. Dopo l’intervallo, sull’1-0, Inzaghi gli ha detto "scaldati" e lui ha obbedito. All’8' del secondo tempo s’è sentito urlare "Ciro", è valso come ordine a entrare. "Nessuna punizione - ha detto Simone Inzaghi - Semmai un piano tattico. Contro una squadra fisica come l’Inter volevo far giocare il più possibile Caicedo. Quando Ciro è entrato ha fatto bene, si è battuto e domenica giocherà certamente lui. Prima della partita ha tenuto un discorso alla squadra. E’ un trascinatore. Il tempo e la partita in realtà hanno aiutato Immobile a sbollire la rabbia, ma la tempesta di domenica è diventata un ciclone a poche ore da Inter-Lazio. Ciro pensava di aver chiuso i conti, di aver pagato la ribellione con la multa, pensava che fossero bastate le scuse pubbliche e private rivolte a Inzaghi, alla squadra e alla società nel chiuso dello spogliatoio di Formello (storia di lunedì). S’è ritrovato in panchina a San Siro come indicavano le indiscrezioni della vigilia.
La scelta gli sarebbe stata comunicata ieri mattina, dopo l’allenamento svolto dentro al centro sportivo Peppino Vismara, che ospita gli allenamenti delle giovanili del Milan. Inzaghi, declamando la formazione anti-Inter, ha citato il nome di Caicedo, non ha pronunciato quello di Immobile. Ciro qualcosa aveva subdorato, se ne parlava fuori, figuriamoci dentro, non crediamo al disincanto. Ma finché Simone non è uscito allo scoperto ha pensato di essere in corsa per giocare. E le parole dell’esclusione le ha volute sentire con le sue orecchie. Non può non essere letta come una punizione, era stata caldeggiata da chi pensava che servisse dare un segnale fortissimo allo spogliatoio. Il diesse Tare, prima del match con l’Inter, ha provato a richiudere il caso parlando solo di scelta tecnica: "Immobile? Non vedo nessuna polemica. La sua esclusione è semplicemente una decisione contingente dell’allenatore, rientra nella gestione della squadra. Giochiamo tante partite, domenica aveva accusato un problema muscolare alla fine del primo tempo". Inzaghi dopo la gara avrebbe volentieri sorvolato e parlato d’altro: "Non ricordo parate di Strakosha nel primo tempo. Per la prima volta quest’anno l’Inter non doveva vincere la partita. Usciamo a testa alta, volevo vedere personalità e c’è stata". Ma non ha potuto evitare l’argomento più scomodo.