3 marzo 2018 – Roma, stadio Olimpico - Campionato di Serie A, XXVII giornata - inizio ore 18.00
LAZIO: Strakosha, Luiz Felipe, de Vrij, Radu, Lulic (90' Murgia), Parolo, Leiva, Milinkovic-Savic, Lukaku, Luis Alberto (70' Felipe Anderson), Immobile (79' Caicedo). A disposizione: Guerrieri, Vargic, Bastos, Wallace, Patric, Crecco, Jordao, Nani. Allenatore: S. Inzaghi.
JUVENTUS: Buffon, Benatia, Rugani, Barzagli, Lichtsteiner (57' Douglas Costa), Khedira, Pjanic, Matuidi, Asamoah, Dybala (94' Chiellini), Mandzukic (72' Alex Sandro). A disposizione: Szczesny, Del Favero, Howedes, Sturaro, Bentancur, Marchisio. Allenatore: Allegri.
Arbitro: Sig. Banti (Livorno) - Assistenti Sigg. Costanzo e Vuoto - Quarto uomo Sig. Damato - V.A.R. Sig. Irrati - A.V.A.R. Sig. Peretti.
Marcatori: 90'+3' Dybala.
Note: ammonito al 27' Luis Alberto, al 30' Luiz Felipe, al 45'+2' Lichtsteiner, al 75' Alex Sandro, all'88' Lulic tutti per gioco scorretto. Angoli 4-4. Recuperi: 2' p.t., 3' s.t.
Spettatori: 50.000 circa.
La Gazzetta dello Sport titola: "Juve, Joya da scudetto. Dybala stende la Lazio e il Napoli. Capolavoro in pieno recupero. Allegri a un punto da Sarri con una partita in meno".
Continua la "rosea": Le grandi squadre inseguono, mai sazie, i traguardi. I fuoriclasse vincono le partite decisive per raggiungerli. Quando sembra andare in archivio una storia dall’esito ormai deciso, ecco il tocco di poesia inaspettato che cambia il finale e, forse, la Storia con la S maiuscola. Paulo Dybala è tornato. Paulo il caldo è tornato con un capolavoro di tenacia e classe che poi in fondo sono gli ingredienti principali della sua Juve. Tenacia nel resistere alla pressione di Parolo e classe nel disegnare quel tiro all’incrocio da terra. Chapeau. Con questa magia dell’ultimo respiro la Juve esce dall’Olimpico con una vittoria che le sta un po’ larga e che potenzialmente (deve recuperare la sfida con l’Atalanta) vale il sorpasso sul Napoli crollato in casa con la Roma. Se questo successo sarà davvero decisivo nella corsa scudetto si vedrà, di sicuro questa giornata ha un peso psicologico enorme sulle duellanti. Una bella Lazio, intanto, si lecca le ferite, turbata da una sconfitta che non meritava e arrabbiata per un possibile rigore sullo 0-0 non concesso da Banti per un entrata di Benatia a Leiva. Il poeta ha confezionato la vittoria, l’alchimista Allegri ha preparato la sfida per non perderla, prima di tutto.
Come si può dar torto a Marotta quando dice che se il Napoli è l’Olanda, la Juve è l’Italia perché vince? Il paragone ci sta tutto, grazie al conte Max che ormai ne sa una più del Diavolo. Poteva andare peggio, è staremmo a raccontare forse un’altra storia, ma la verità che il tecnico è riuscito, tra infortunati e turnover pesante per il ritorno di Champions, a imbastire una squadra per subire il meno possibile e dar fastidio alla Lazio. Quella dell’Olimpico era decisamente una Juve-2, con pochissima qualità. Con Pipita, Bernardeschi, Cuadrado (oltre a De Sciglio) in infermeria e Douglas Costa in panca, la fantasia era affidata a un Dybala ancora in palese convalescenza, che veniva spesso anticipato. Per giunta, il Mandzukic recuperato in extremis non è che stesse benissimo. Difficile tener su il pallone, difficile uscire e imbastire azioni pericolose. Ma Allegri, scegliendo di mettersi a specchio tornando per la prima volta al 3-5-2 dall’inizio, aveva messo in campo una squadra tosta ed ermetica per evitare le micidiali ripartenze della Lazio. All’inizio ha sofferto, soprattutto a centrocampo, sia in centro che dalla fasce. L’unico a lottare quasi alla pari era Matuidi con Parolo. La Lazio giocava meglio, a volte molto meglio, dimostrando di meritare la classifica che ha, ma non ha mai dato davvero l’impressione di poter affossare i rivali. Creava qualche occasione ma si perdeva in fronzoli dalle parti di Buffon.
Così in realtà nel primo round nonostante la superiorità di Inzaghi, c’è stata solo un’occasione vera per parte: quella sprecata da Mandzukic, con la sua zuccata a centro area finita alta e quella, sempre di testa, di Milinkovic parata a terra da Buffon. Merito anche dell’alchimista che verso la fine del primo round ha cambiato rotta: difesa a quattro e Lichtsteiner alto in fase di possesso, come terza punta in attesa dell’entrata di Douglas Costa, con Dybala falso nove e Mandzukic tornato a sinistra. Allegri aveva previsto anche la stanchezza della Lazio, che aveva giocato i supplementari col Milan. Infatti nella ripresa ha inserito Douglas e poi Alex Sandro, ha preso campo e ha tenuto il pallino. Pian pian la Lazio non è più riuscita a ripartire e i cambi di Inzaghi sono serviti a poco. Sarebbe comunque stato uno zero a zero scritto, senza il capolavoro di Dybala. L’Ital-Juve si è superata in cinismo, questa volta. Il tiro di Dybala è stato l’unico di tutta la partita ad arrivare nella porta di Strakosha. La capacità di soffrire come una squadra di provincia è sempre stata l’arma in più della Juve. E il fatto di essere solida come un fortino. In questo periodo lo è più del solito: nel 2018 non ha ancora subito un gol in campionato. È l’unica di tutti dei top-5 campionati europei. Con la Lazio ci è riuscita cambiando anche le pedine: Rugani e Barzagli sono stati bravissimi. Adesso arriva la sfida più delicata, quella col Tottenham, l’unico che è riuscita a bucare la Juve. Ma con questa vittoria, e la conseguente ipotetica possibilità di sorpasso sul Napoli dopo il recupero con l’Atalanta, la banda Allegri si presenta a Londra nella miglior condizione psicologica. Soprattutto perché ha capito che può tornare a contare su Dybala.
Il Corriere dello Sport titola: "Beffa Lazio. La Joya è di Max. Con la Juve una battaglia combattuta, equilibratissima ma Dybala la decide al 92’. Alta tensione, emozioni, due squadre convinte di poter vincere. All’ultimo respiro il capolavoro dell’argentino che infiamma il duello con il Napoli".
Prosegue il quotidiano sportivo romano: Un gol così, all’ultimo respiro e in pieno recupero, può valere il sorpasso scudetto. Un’invenzione di Dybala ha consentito alla Juve di passare all’Olimpico, risucchiando il Napoli, finito sotto pressione ancor prima di scendere in campo al San Paolo. La Lazio era raccolta davanti alla propria area e con il fiato corto, non riusciva più a ripartire. Il sinistro di Alex Sandro è stato murato da Milinkovic, sulla respinta Rugani ha appoggiato all’argentino, fuori partita sino a quel momento. La linea difensiva era schiacciata, posizionata male. I campioni sono così. Decisivi quando conta. Dybala ha arpionato la palla, si è girato e ha infilato Luiz Felipe con un tunnel, ha resistito alla carica di Parolo e in equilibrio precario ha infilato Strakosha di sinistro. Così la Juve ha vinto per l’ottava volta di fila in trasferta con il primo e unico tiro nello specchio. Mai successo che i bianconeri concludessero così poco. Gol pesantissimo, forse la svolta del campionato. Perché Allegri, con una partita da recuperare, ha praticamente riacciuffato Sarri. Una beffa per la Lazio, di nuovo quarta e scavalcata dalla Roma. Meritava almeno il pareggio per come ha condotto il primo tempo e perché è stata condannata dal colpo geniale dell’argentino. Nella ripresa non aveva concesso occasioni ai bianconeri, che avevano aggiunto Douglas Costa e Alex Sandro per produrre una spinta diversa sulle fasce. Allegri non aveva Cuadrado, Bernardeschi e soprattutto Higuain.
L’assenza di un vero centravanti si è avvertita. Ma la fame, la rabbia e il cinismo non mancano mai ai campioni d’Italia, impenetrabili in difesa: nelle ultime 13 giornate di campionato appena un gol incassato (con il Verona il 30 dicembre) e sesto successo per 1-0. Se gli scudetti si vincono con la miglior difesa, Allegri ha capito come cercare il settimo titolo consecutivo. Prima o poi, il gol lo segna. Hanno pagato Inzaghi e la Lazio. Copione ribaltato rispetto alla finale di Supercoppa e all’andata, quando i minuti di recupero (gol di Murgia all’Olimpico, penalty parato da Strakosha allo Stadium) avevano premiato la squadra biancoceleste. Pesa il rigore non concesso da Banti per il tackle di Benatia su Leiva, ma in avvio l’arbitro livornese aveva sorvolato anche sul tamponamento dell’ex Liverpool su Dybala. Nella prima mezz’ora si è vista solo la Lazio. Aggressivo l’impatto, ma anche possesso (pari all’intervallo, sarebbe sceso al 40% alla fine) e un piacevole giro palla. Inzaghi aveva perso Basta e ha rimediato inserendo Lukaku con lo spostamento sulla fascia opposta di Lulic. Allegri ha scelto in partenza il 3-5-2, forse perché voleva tenere Mandzukic più vicino a Dybala, controllato a turno da De Vrij e Leiva, perfetti sino all’ultima azione in cui è finito fuori controllo. La Lazio ha concesso un colpo di testa a Madzukic e un destro a Khedira. Era ispirata e stava facendo la partita molto più della Juve. Buffon ha parato su Milinkovic, sul tiro da fuori di Immobile e sull’angolo di Luis Alberto. Il movimento tra le linee dello spagnolo creava la superiorità, ma alla resa dei conti mancava l’imbucata decisiva per Immobile.
La difesa bianconera, con qualche difficoltà, ha tenuto. Il duello tra Lulic e Asamoah produceva scintille, ma era soprattutto Lukaku sul versante opposto ad attaccare con pericolosità Lichtsteiner. Lo svizzero non riusciva a tenerlo, così alla mezz’ora Allegri ha ordinato la difesa a quattro. Barzagli si è allargato da terzino destro, Asamoah è scalato sulla linea di Benatia e Rugani, la Juve si è risistemata meglio senza un tridente assortito bene. Dybala non riempiva l’area, Mandzukic restava defilato, Lichtsteiner era finito in una posizione illogica da attaccante esterno. Allegri ha finito di correggere l’assetto inserendo Douglas Costa, che ha subito dato un’altra ampiezza alla manovra bianconera. Il ritmo si era abbassato, la Lazio dopo un’ora ha cominciato a boccheggiare. Si sentivano i supplementari di Coppa Italia. Luis Alberto era in debito d’ossigeno e di idee, Milinkovic doveva guardare Khedira: compiti da mediano, non da incursore. Inzaghi si è giocato la carta Felipe senza essere ripagato (è entrato male), poi ha cambiato Immobile con Caicedo per cercare di tenere su palla e ha inserito Murgia per Lulic. Non poteva fare altro. La Lazio era sulle ginocchia, Dybala in agguato per il graffio scudetto.
Il Messaggero titola: "Lazio, la beffa è finale. Dybala punisce al 93’ la squadra di Inzaghi con un super gol e regala tre punti pesanti alla Juventus nella corsa scudetto. La fatica di coppa ha pesato sulle gambe dei biancocelesti che in classifica vengono scavalcati dalla Roma al terzo posto".
Prosegue il quotidiano romano: La Joya è tutta bianconera. Amarezza per la Lazio che perde un punto d’oro in chiave Champions. La Juventus vince 1-0 grazie ad una giocata da fuoriclasse di Dybala. L’argentino, che non segnava dalla doppietta di Verona del 30 dicembre, fa sparire la palla a Luiz Felipe, resiste spalla a spalla con Parolo e ricadendo con il mancino disegna un arcobaleno che trasforma una serata grigia a tinte tricolori. Minuto 93, lo stesso che aveva sorriso alla Lazio ad agosto in finale di Supercoppa. Uno in meno rispetto alla andata quando proprio Dybala fallì il rigore del pareggio. Impressionante il cinismo dei ragazzi di Allegri che portano a casa tre punti con un solo tiro in porta. Eppure i biancocelesti, che hanno vinto le due precedenti sfide, hanno provato a vincerla anche ieri giocando una partita superiore ai bianconeri che evidentemente avevano la testa alla sfida di mercoledì: ritorno degli ottavi di Champions contro il Tottenham. La Lazio parte subito forte e prova a sfruttare il fattore Olimpico. La Juve, invece, gioca di ripartenze cercando di innescare Dybala con palle profonde. L’argentino reclama per uno spintone di Leiva in area, ma Banti lascia correre tra le proteste bianconere. Stesso copione nella ripresa con Leiva a terra per un colpo da kung fu di Benatia. Inzaghi urla al quarto uomo Damato. La sensazione è che il penalty, in questo caso, fosse netto.
A centrocampo sono muscoli e tacchetti a prevalere, come quelli che Lulic fa sentire subito ad Asamoah. Domina Milinkovic tra le maglie juventine. Fisico da corazziere e piedi raffinati. I biancocelesti spingono molto sulla sinistra dove Lukaku, schierato a sorpresa per un forfait all’ultimo secondo di Basta, va come un treno e mettendo in difficoltà Lichtsteiner. L’approccio del belga è decisamente migliore rispetto a quello di mercoledì contro il Milan. Perso nettamente il duello con Calabria. Jordan però alla lunga cala. A destra viene dirottato Lulic che gioca una delle sue migliori partite: attacca e difende senza soluzione di continuità. La Juventus aspetta senza affannarsi troppo. Chiara fin dall’inizio la strategia di Allegri che schiera un 3-5-2 più accorto: lasciar sfogare la Lazio per poi aumentare i giri con un ritocco a metà tempo del modulo, ora 4-3-3. Nei primi 45 minuti vivono di episodi cercando di sfruttare soprattutto i calci da fermo. E su uno di questi i bianconeri avevano trovato il vantaggio (autogol di Lukaku) ma Banti annulla per un fallo di Rugani su Radu in area. La squadra di Inzaghi fa tanto possesso palla ma fa fatica ad entrare in area di rigore.
Nella ripresa inevitabilmente la Lazio cala d’intensità e allora Allegri manda dentro il velocista Douglas Costa. Inzaghi risponde alla mossa mandando dentro Felipe Anderson per un affaticato Luis Alberto. Lo spagnolo brilla di rado nelle grandi partite, soffre la fisicità degli avversari. Non va meglio il brasiliano che si vede per una sola accelerazione. I secondi quarantacinque minuti vedono la Lazio accusare le fatiche di coppa e la Juve alzare il baricentro. Ma le due squadre giocano troppo corte e non si scoprono praticamente mai. Difficile dunque trovare la via del gol. E quando ormai il pareggio sembrava un risultato scontato ecco la prodezza del fenomeno argentino. Tre punti pesantissimi in chiave scudetto per i bianconeri che lanciano un messaggio importante al campionato. La Lazio, invece, vede sfumare un punto preziosissimo per la corsa alla Champions. Resta l’amarezza per una sconfitta immeritata.
Tratte dal Corriere dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
Si è ribellato per mesi contro gli arbitri penalizzanti, ha urlato inutilmente contro il Var inutilizzato, contro le disparità di uso e trattamento. Ieri, davanti all’ennesimo rigore mancante, Simone Inzaghi ha risposto con ironia, con sarcasmo: "Ci sono degli addetti che devono vedere e valutare. Hanno valutato, rivisto, fermato l’azione, e deciso che il rigore su Leiva non c’era...". Inzaghi ha punzecchiato deridendo. L’arbitro Banti (che in passato ha negato una Champions alla Lazio) ha lasciato correre, il Var Irrati è andato liscio. Inzaghi, ironicamente, ha fatto intendere che per gli arbitri era tutto a posto quando tutto a posto non era. Simone, dall’ironia, è passato all’attacco: "Il contatto c’è, il rigore si poteva dare, ne sono stati dati di peggiori. Il rigore è simile a quello che ci hanno dato contro la Fiorentina. Ormai cambia poco". Inzaghi si è concentrato di più sulla prestazione della Lazio, l’ha inorgoglito: "C’è rammarico, c’è tanto dispiacere. Questo è il calcio, mancavano pochi secondi alla fine. Eravamo stati perfetti, non avevamo concesso nulla alla Juve. Ho fatto i complimenti ai ragazzi, hanno dato tutto. Non posso rimproverargli nulla"'.
Inzaghi era incredulo mercoledì, figuriamoci ieri: "Strakosha non ha fatto parate, Buffon sì. Da giocatore e da allenatore non ricordo una partita giocata contro la Juve con il nostro portiere così inoperoso. Contro questa Juve stellare il pareggio era il risultato più giusto. Chi poteva segnare era la Lazio". Una disattenzione finale c’è stata: "Tutti i gol si possono evitare. Avremmo potuto fare fallo prima, mancavano pochi secondi. Se Dybala avesse passato il pallone la Juve sarebbe finita in fuorigioco, eravamo saliti bene. Luiz Felipe ha subito il tunnel, era stato bravissimo. Non so quanto Dybala l’abbia cercato. Parolo, per paura di buttarlo giù, l’ha solo sbilanciato, l’argentino è riuscito a calciare da terra, in questo è stato molto bravo". A volte va così, il calcio è una beffa: "Era segnato che dovevamo perdere ai rigori contro il Milan e contro la Juve in questo modo. Le delusioni ci aiuteranno a crescere. In campo mettiamo sempre tutto. E’ una Lazio dal grande cuore. Ci poteva essere stanchezza, rispetto alla Juve abbiamo giocato domenica scorsa e poi con il Milan per 120 minuti. All’andata avevamo battuto entrambe. La stanchezza non si è vista, siamo stati molto bene in campo. Ripartiamo dalle convinzioni che abbiamo, dalla compattezza del gruppo".
Inzaghi ha creato una Lazio impermeabile a tutto, capace di rialzarsi, di giocare e rigiocare, di lottare, di rigenerarsi: "La corsa Champions? Mancano ancora tante partite, c’è tempo. Quello che dirà il campo verrà fuori e saranno delineate le gerarchie di classifica". Inzaghi non s’è dato pace, ha ripetuto lo stesso concetto più volte: "Abbiamo difeso molto bene. Gli attaccanti ci hanno aiutato. Ripeto, i rimpianti ci sono e sono tanti, ma non solo di questa partita". Ha scelto Luiz Felipe al posto di Wallace e Lulic al posto di Basta per questi motivi: "Non avevo Marusic, era squalificato. Basta e Patric non potevano giocare, ho scelto la soluzione Lulic, a destra aveva fatto benissimo in carriera. Luiz Felipe è giovane, sta lavorando molto bene, mi mette in difficoltà, era una partita adatta a lui". Ora l’Europa, la Dinamo Kiev: "Dovremo essere bravi a recuperare le energie, giovedì giocheremo un ottavo di finale molto importante. La Dinamo Kiev è una squadra che milita da tanto in Europa. Sono sicuro che ci lasceremo alle spalle le delusioni. Ho una squadra matura, nel calcio si perde anche non meritando di perdere. Ripartiremo sicuramente. Si va avanti".