29 dicembre 2018 – Roma, stadio Olimpico - Campionato di Serie A, XIX giornata - inizio ore 15.00
LAZIO: Strakosha, Luiz Felipe, Acerbi, Radu (57' Leiva), Marusic, Parolo, Milinkovic, Lulic, Correa (64' Wallace), Luis Alberto (84' Caicedo), Immobile. A disposizione: Proto, Guerrieri, Bastos, Patric, Lukaku, Murgia, Badelj, Cataldi. Allenatore: S. Inzaghi.
TORINO: Sirigu, Izzo (51' Moretti, 83' Lyanco), Nkoulou, Djidji, De Silvestri, Baselli (71' Lukic), Rincon, Meite, Ansaldi, Iago Falque, Belotti. A disposizione: Ichazo, Rosati, Bremer, Aina, Berenguer, Parigini, Soriano, Edera, Zaza. Allenatore: Mazzarri.
Arbitro: Sig. Irrati (Pistoia) - Assistenti Sigg. Peretti e Schenone - Quarto uomo Sig. Nasca - V.A.R. Sig. Orsato - A.V.A.R. Sig. Costanzo.
Marcatori: 45'+3' Belotti (rig), 62' Milinkovic.
Note: espulso all'86' Marusic ed al 90' Meite. Ammonito al 14' Djidji, al 27' Correa, al 41' Izzo, al 57' Luiz Felipe, all'80' Lukic, al 90' Rincon, al 90'+1' Leiva tutti per gioco falloso, al 75' Luis Alberto per proteste. Angoli 6-3. Recuperi: 3' p.t., 5' s.t.
Spettatori: 35.000 circa.
? La Gazzetta dello Sport titola: "Timbra il Gallo. Sergej incanta. Lazio e Torino, pari e due rossi. Belotti sblocca su rigore, poi Milinkovic inventa un gol favoloso: espulsi Marusic e Meité. Traversa e palo di De Silvestri".
Continua la "rosea": E dodici. Il Toro formato esterno prosegue nella sua imbattibilità saltando anche un ostacolo alto come la Lazio, tornata su cifre di gioco importanti ma nell’occasione frenata oltre che dalla difesa granata anche dagli errori sotto porta del suo attaccante principe. Due le occasioni d’oro capitate a Immobile sullo 0-0: la prima è neutralizzata da Sirigu (recuperato in extremis), sulla seconda il pallonetto davanti al portiere granata viene calibrato male e quindi finisce fuori (43’: di lì a poco il Toro passerà in vantaggio). Le palle gol laziali sono la naturale conseguenza di un predominio parso netto nei primi venti minuti e poi ricomparso in altri momenti (specie a pareggio raggiunto) di un confronto molto intenso e sempre incerto, nel quale il Toro ha mostrato quel carattere chiesto a gran voce da Mazzarri ("Vi voglio feroci") ma pure progressi sul piano della gestione della palla e della personalità collettiva. E focalizzandoci sulla zona gol è degli ospiti la dose maggiore di rimpianti perché lo scatenato De Silvestri (un ex che è riuscito a non passare inosservato) ha colpito due legni (traversa sullo 0-0 e palo sull’1-1), vedendosi poi respingere da Luiz Felipe, quasi sulla linea, un colpo di testa che aveva scavalcato Strakosha in una mischia a centro area. Sempre De Silvestri ha però fallito il più facile dei gol tirando alle stelle (minuto 60), da sei metri, un pallone arrivatogli dalla sinistra, docile-docile, rasoterra, dopo una fortuita deviazione.
L’esterno granata è solo soletto in mezzo all’area, potrebbe/dovrebbe stoppare e calciare con la massima calma davanti a Strakosha e invece impatta al volo, certamente tradito dalla foga di lasciare la sua firma su un successo all’Olimpico, che col 2-0 sarebbe stato probabile. Dall’erroraccio di De Silvestri si passa in novanta secondi al capolavoro con cui Milinkovic-Savic riporta in parità il punteggio. Un diagonale di destro micidiale, scagliato praticamente da fermo, da una ventina di metri, che finisce nel sette. Gol mangiato-gol subìto, Mazzarri non riesce a darsi pace: ha appena visto sfumare la rete ammazza-match ed ecco che si deve preoccupare di neutralizzare le mosse di Inzaghi (che cambia modulo due volte in sette minuti) e di risollevare psicologicamente i suoi. È una fase nella quale la sfida sembra pendere in favore della Lazio, che riprende a schiacciare il Toro nella sua metà campo come aveva fatto nella prima parte, quando gli uomini di Inzaghi, fallite le loro chance, avevano poi dovuto incassare il rigore di Belotti nel recupero. Il capitano granata ha trasformato di forza (Strakosha può sfiorare soltanto) il tiro dagli undici metri accordato per una spinta da dietro ricevuta da Marusic. Il calcio va così. Quella di Matuidi nel derby, magari più evidente, non è stata vista o forse giudicata irrilevante; questa (peraltro inutile, vero Marusic?) non solo è stata vista ma pure giudicata degna della massima punizione.
La Lazio ha molto protestato mentre Irrati si consultava via auricolare con il Var Orsato. Dopo quasi tre minuti Belotti ha avuto il via libera: è riuscito a mantenersi freddo e adesso i suoi gol sono sette. Sull’1-1 la sfida ha riservato momenti elettrizzanti poiché nessuna delle due voleva accontentarsi. E allora nella difesa granata è salito al proscenio Djidji con due recuperi provvidenziali su Immobile (specie il secondo, col centravanti murato a pochi passi dalla rete) e due forti conclusioni respinte con qualsiasi parte del corpo, anche quella meno nobile. Però quando Wallace ha perso palla banalmente dando via libera a un contropiede quattro contro due, è stato il Torino a sprecare la chance di mettere le mani sul bottino pieno (75’). Dietro la lavagna finisce così Meité, che avrebbe dovuto "fare il torello con i compagni" (parole del tecnico) per propiziare un tiro comodo. E invece si è intestardito in una improbabile azione individuale. Poi si è fatto pure cacciare, vanificando l’uomo in più: Mazzarri se lo stava mangiando...
? Il Corriere dello Sport titola: "Lazio, oltre la rabbia ci sono tanti rimpianti. Bellissima nei primi 25’, furente nella ripresa. Ma il cambio Correa-Wallace lascia perplessità. In una giornata dominata dagli errori di Irrati, restano spezzoni di gara giocati bene. Ma...".
Prosegue il quotidiano sportivo romano: Irrati un anno dopo Giacomelli. Un altro arbitro nel mirino. La stessa rabbia della Lazio e dell’Olimpico. Questa volta è diverso il risultato, Inzaghi ha pareggiato e non ha perso, ma il fischietto di Pistoia ha scatenato le proteste veementi del club biancoceleste in campo, nello spogliatoio e con atti d’accusa formulati nel post-partita. Si sentono danneggiati. Un rigore quasi regalato a Belotti all’ultimo sospiro del primo tempo, un altro (assai più limpido) non concesso per l’intervento di Meité su Acerbi alla mezz’ora della ripresa. E’ cambiato il metro di giudizio. Episodi condizionanti e una direzione nel complesso scadente, fuori controllo e incerta, dentro novanta minuti pieni di tensione. Inzaghi ha reclamato per la mancata espulsione di Izzo, già ammonito. Mazzarri per il rosso condonato a Luiz Felipe. Certo, nel campionato delle lamentele e dopo aver preparato per tempo il terreno, Cairo e il Toro sono usciti indenni dall’Olimpico e senza motivo di protestare. Dal punto di vista tecnico, il pareggio ci sta, è giusto. Un palo, una traversa, due occasioni fallite davanti a Strakosha da De Silvestri, ex laziale più pericoloso al tiro di Immobile, di Belotti, di Iago Falque e di tutti gli altri attaccanti scesi in campo. I granata, più volte, hanno avuto la possibilità di chiudere il conto sull’1-0 o di tornare in vantaggio dopo la perla di Milinkovic.
La Lazio, però, ha dei rimpianti. Bellissima nei primi 25 minuti in cui ha costruito gioco e dominato, furente nella ripresa quando ha raddrizzato il risultato, puntava al sorpasso e Djidji ha salvato tre volte (su Milinkovic, Luis Alberto, Immobile) nel giro di un minuto. Pesano tantissimo quei due rigori, uno dato e l’altro no, sul risultato. Certo bisognerebbe chiedersi perché negli ultimi 25 minuti, con la partita in pugno e la difesa a quattro, Inzaghi abbia tirato il freno e tolto Correa non per inserire un altro attaccante, ma per aggiungere Wallace (disastroso) e tornare al 3-5-2. L’atteggiamento conservativo lo ha portato al pareggio senza togliere pericolosità al Toro (palo di De Silvestri e salvataggio di Luiz Felipe) e non riuscendo più a costruire in attacco, perché Luis Alberto era esausto e aveva spento la luce. Era piaciuto, invece, il coraggio dimostrato da Simone nelle scelte iniziali. Ha mantenuto la formula fantasia con un solo mediano (Parolo) davanti alla difesa e il doppio trequartista (Luis Alberto e Milinkovic) a sostegno di Correa e Immobile. Luiz Felipe usciva dalla difesa e saliva bene per attaccare in combinazione con Marusic, incisivo al dribbling. Da quella parte Inzaghi ha portato la qualità di Milinkovic e gli strappi di Correa. Così i primi 25 minuti della Lazio sono stati scintillanti, attaccava soprattutto a destra, il lato considerato debole e poco sfruttato in questa stagione.
E’ mancata la precisione nell’ultimo passaggio, poco concreto Correa sotto porta, ancora meno Immobile. Ecco la vera differenza in negativo: un pallonetto fuori misura, una parata di Sirigu, un altro paio di situazioni non sfruttate a dovere. Ciro non sta più segnando e sembra nervoso, ma certo non lo si può condannare. Quel ritmo così alto la Lazio non poteva sostenerlo alla terza partita in sette giorni e dopo mezz’ora è tornato l’equilibrio. Mazzarri aveva disposto il Toro a specchio, con Baselli finto trequartista a disturbare Parolo, Meitè su [[Milinkovic], Rincon a mordere le caviglie di Luis Alberto. Quasi marcature a uomo. Squadra spigolosa e appiccicosa. Un corpo a corpo continuo, incessante. Partita di contrasto e alla fine si conteranno 38 duelli a 35 per la Lazio. Il totale (73) fa impressione, è un dato superiore alla media. Mazzarri non voleva perdere o concedere ripartenze, per questo motivo non ha impiegato Zaza, lasciando Iago Falque e Belotti davanti. Su quel rigorino di fine primo tempo, il Toro ha provato a costruire l’impresa. Sarebbe stato troppo. Inzaghi ha sganciato Leiva e ha tolto Radu passando al 4-2-3-1. Dopo cinque minuti è arrivato il pareggio di Milinkovic, il migliore in campo, non solo per il gol. Appoggio del brasiliano e tiro all’incrocio del serbo. Simone poi ha reinserito un difensore per cercare di non perdere più che provare a vincere la partita. La Lazio si è spenta nella fiammata prodotta intorno al 22’ e invece ha concesso un altro paio di palle gol ai granata. Nervosismo alle stelle. Marusic e Meité nel recupero sono riusciti persino a farsi cacciare. Ottavo pareggio esterno per Mazzarri, imbattuto in trasferta. Inzaghi resta quarto, ma alla ripresa lo aspettano Napoli e Juve e le concorrenti Champions si sono rifatte sotto.
? Il Messaggero titola: .
Prosegue il quotidiano romano:
? Tratte dal Corriere dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
Si sente come si è sentito l’anno scorso. Afflitto, sconsolato, scoraggiato. Simone Inzaghi, quando ha visto Irrati fischiare il rigore e indicare il dischetto a Belotti, s’è girato verso la sua panchina, ha allargato le braccia, il labiale "non si può andare avanti così" è stato catturato subito. Gli errori ininterrotti di un anno fa l’avevano spinto a chiudersi nel silenzio, a non parlare più degli arbitri e dell’odiato Var. Inzaghi ieri ha rivisto spuntare i fantasmi del passato: "Gli episodi hanno condizionato la gara - ha detto Simone in tv e in conferenza - l’espulsione di Izzo era netta, dopo qualche minuto ci hanno fischiato contro un rigore che non c’era ed era netto il rigore su Acerbi. Gli errori sono sotto gli occhi di tutti e altre situazioni sono sicuramente da rivedere! C'è amaro in bocca, ma siamo comunque quarti. Nel girone di ritorno servirà qualcosa in più". Inzaghi, a fine primo tempo, s’è fiondato in campo. Ha raggiunto l’arbitro Irrati, ha evitato che i suoi giocatori perdessero la testa: "Sono andato dall’arbitro per paura delle proteste dei miei ragazzi, volevo tornare in campo in undici. Alla squadra ho fatto i complimenti, meritavamo la vittoria, abbiamo avuto molte occasioni".
Le due difese. Inzaghi ha iniziato con la difesa a 3, ha scelto il modulo a 4 in corsa, poi è tornato a tre, ha spiegato il perché: "Ci eravamo messi a 4 concedendo subito un’occasione e mezza, appena abbiamo pareggiato ho scelto lo schieramento iniziale. C’è grande rammarico. Il primo tempo non è stato semplice, abbiamo creato tantissimo, ma non abbiamo concretizzato. Nel secondo ci siamo sbilanciati un po’ e il Torino ha avuto l’occasione di raddoppiare. Dobbiamo ripartire dalla prestazione dei ragazzi". Leiva è stato risparmiato per non correre rischi: "All’inizio ho cercato di cambiare qualcosa. Leiva era rientrato a Bologna dopo 50 giorni, aveva giocato 90 minuti, l’ho risparmiato dal primo minuto". Il mercato. Il girone di andata s’è chiuso a quota 32 punti. Inzaghi ha ammesso che nel ritorno si dovrà fare di più, accoglierebbe con piacere un rinforzo di mercato, ha rimesso la decisione nelle mani di Lotito e Tare, non troppo propensi agli acquisti (intanto si lavora alle cessioni di Basta e Caceres): "Siamo tanti in rosa - ha detto Simone - senz’altro qualcuno andrà via. Non è semplice mettere in panchina giocatori che si allenano bene. Parlerò con il direttore e il presidente, vedremo cosa fare". Inzaghi ha tracciato il bilancio del 2018: "E’ stato un anno intenso, abbiamo fatto ottime cose sia in campionato che in Coppa Italia e in Europa League. Ci faremo trovare pronti nel 2019. Volevamo vincere contro il Torino, chiudiamo il girone di andata al quarto posto. Sono soddisfatto, sto ritrovando dei giocatori importanti. Adesso vivremo una settimana di riposo, ci ritroveremo per lavorare tutti insieme e prepareremo la sfida di Coppa Italia col Novara e la trasferta di Napoli".
Urla e riurla "è uno scandalo!". Igli Tare a squarciagola, imbestialito, disgustato, sdegnato e con lui tutta la Lazio, tutti i suoi tifosi. Il diesse è esploso contro l’arbitro Irrati, ha tuonato da Dubai, si trova lì con la famiglia, aveva anticipato di qualche giorno le vacanze, se l’è guastate. Non era all’Olimpico, ha visto Lazio-Torino in tv, in diretta. Tare ha affidato la prima denuncia a Stefano De Martino, direttore della comunicazione: "Vi riporto le dichiarazioni del direttore sportivo Igli Tare, si trova all’estero, è completamente sconcertato dall’arbitraggio", questo è stato detto dopo la conferenza stampa di Inzaghi. Lo sconcertamento non era nulla in confronto all’accusa lanciata a metà pomeriggio da Tare. Il diesse ha aggiunto fuoco al fuoco girando alla stampa queste altre dichiarazioni: "Se la Lazio dà fastidio basta saperlo! Dopo tutti i torti dell’anno scorso si ricomincia. Non si può andare avanti così! Il rigore di Belotti? Inesistente! Se lo dai è dieci volte più netto quello su Acerbi" (fallo di Meité, ndr). La Lazio ha protestato per il mancato rosso a Izzo (blocco su Correa a pochi secondi dal primo giallo), per il rigore concesso a Belotti, per il rigore negato ad Acerbi e per tutta la gestione di Irrati, per l’interpretazione dei falli, non solo per gli episodi chiave.
Lotito negli spogliatoi. Lotito è infuriato quanto il diesse Tare, è peggio quando non parla. Ha lasciato l’Olimpico tra gli ultimi, senza dire nulla. Non lo fa mai in questi casi, si fa sentire nelle "sedi opportune", è un uomo delle istituzioni, è un suo modus operandi. Il presidente, a fine primo tempo, è stato visto nella zona spogliatoi. S’è incrociato con i collaboratori di Irrati, poi con l’arbitro. Si sono ritrovati faccia a faccia. Nessun confronto verbale, ma la presenza di Lotito può essere considerata simbolica. Fermano la Lazio, un’altra volta. E’ questo il timore del club. Le accuse di Tare sono state dirette, pesanti. Non ha fatto giri di parole denunciando lo "scandalo". Era stato ancora più pesante a marzo, dopo Cagliari-Lazio, dopo i torti infiniti dell’annata scorsa, iniziati a dicembre, terminati dopo quattro mesi, sono costati la Champions. Gli arbitraggi horror seriali, il Var che non s’accendeva, l’applicazione equivoca del protocollo (errori chiari e non chiari), le interpretazioni diverse, la moviola che non vedeva bene. Lo sanno tutti, nella stagione 2017-18 ne hanno fatte di tutti i colori alla Lazio. Tare, il 13 marzo, dopo il rigore non concesso a Immobile (senza l’intervento del Var), e quello assegnato al Cagliari (con il Var), gridò "basta, campionato falsato!", parlò di "malafede" in un’intervista concessa al Corriere dello Sport-Stadio: "Non sappiamo più quale sia il limite tra errori, falli visti e non visti, errori chiari e non chiari, malafede". E a domanda multipla "gli arbitri ce l’hanno con la Lazio? Vogliono colpire Lotito e non farvi andare in Champions?" il diesse rispose secco: "Vi siete già detti tutto da soli... Non c’è molto altro da aggiungere. Noi ci sentiamo colpiti e ogni volta che la Lazio si trova in alto qualcosa succede".
I sospetti. La squadra, l’anno scorso, faticava a parlare di calcio e di tattica, era amareggiata, stanca, si ritrova a vivere in un clima di sospetto. Lotito si è sempre mosso a fari spenti, ad inizio 2018 ha parlato più volte con Nicchi, presidente degli arbitri, nulla è mai cambiato. L’anno scorso Giacomelli, quest’anno Irrati, sempre Lazio-Torino (ricorderete il rigore non concesso a Ciro, l’espulsione seguente). I biancocelesti, un anno fa, iniziarono a sentirsi colpiti tra novembre e dicembre: "Quattro partite, una dietro l’altra, in cui la Lazio è stata danneggiata e ha perso le distanze dalla vetta, da Napoli e Juve", fu questa una delle denunce di Tare. Massimiliano Irrati di Pistoia è lo stesso arbitro di Milan-Lazio (28 gennaio 2018), è l’uomo che non vide il gol di braccio di Cutrone (sfuggì anche al Var Rocchi). Con gli arbitri toscani la Lazio s’è sempre detta sfortunata, per non dire altro.