5 maggio 2019 – Roma, stadio Olimpico - Campionato di Serie A, XXXV giornata - inizio ore 15.00
LAZIO: Strakosha, Wallace, Acerbi, Bastos (78' Neto), Romulo, Parolo, Leiva (78' Badelj), Luis Alberto, Marusic, Caicedo (55' Correa), Immobile. A disposizione: Proto, Guerrieri, Alia, Luiz Felipe, Kalaj, Durmisi, Zitelli, Cataldi, Jordao. Allenatore: S. Inzaghi.
ATALANTA: Gollini, Djimsiti, Palomino (46' Mancini), Masiello, Hateboer, De Roon, Freuler (83' Pessina), Castagne, Ilicic (65' Pasalic), Gomez, Zapata. A disposizione: Berisha, Rossi, Ibanez, Gosens, Reca, Colpani, Del Prato, Piccoli. Allenatore: Gasperini.
Arbitro: Sig. Calvarese (Teramo) - Assistenti Sigg. Carbone e Peretti - Quarto uomo Sig. Manganiello - V.A.R. Sig. Massa - A.V.A.R. Sig. Di Liberatore.
Marcatori: 3' Parolo, 22' Zapata, 58' Castagne, 76' Wallace (aut).
Note: ammonito al 26' Bastos, al 36' Masiello, al 40' Caicedo, al 54' Gomez, al 60' Leiva, all'83' Mancini, all'87' Correa tutti per gioco falloso. Angoli 2-5. Recuperi: 2' p.t., 3' s.t.
Spettatori: 25.000 circa.
? La Gazzetta dello Sport titola: "Atalanta puoi crederci. Anche la Lazio si arrende. La Champions è più vicina. Aspettando la Coppa Italia, il primo atto ai nerazzurri. La banda Gasp va sotto, poi si scatena: Zapata, Castagne e autogol di Wallace".
Continua la "rosea": E così fu, direbbe Claudio Ranieri. Ma qui non si è scansato nessuno. Qui, ieri, si sono scansati solo gli ultimi dubbi che dovessero ancora accompagnare l’Atalanta, sempre che a qualcuno ne siano rimasti: sarebbe irrispettoso di una partita vinta così, e di una classifica che dice Inter a +1 e Roma a Â3, il definire ancora un semplice sogno l’obiettivo Champions League. La Lazio non si è scansata: semplicemente è stata inferiore all’Atalanta. Che anche senza il miglior Ilicic ha avuto un’idea del proprio calcio e delle proprie forze piĂą chiara e ha rovesciato sul campo molto piĂą di tutto, rispetto alla squadra di Inzaghi. Che era andata in vantaggio dopo 2’25” (sponda di Caicedo su spiovente in area, incursione e rasoiata di Parolo); si era sentita padrona di una partita da mangiare con il suo pane preferito, riconquista e ripartenza; era andata vicina al 2Â-0 due volte (un contropiede sprecato da Luis Alberto, una grande risposta di Gollini a Immobile). Insomma, nettamente superiore e anche bella per 20’ scarsi. Poi improvvisamente smarrita e sparita: come se il brivido e poi il cazzotto dati nel giro di quattro minuti da Zapata, con una girata alta di sinistro e il gol del pareggio, l’avessero anestetizzata. Messa di fronte ai propri limiti attuali, che quell’inizio sembrava aver sconfessato.
Per la Lazio è la 12ÂŞ sconfitta in campionato (17 stagionali), e soprattutto è la seconda in casa di fila. E così fu, anzi furono, le sue speranze di Champions League: l’Atalanta è scattata a +7, che poi è un + 8 per gli scontri diretti. Ora per la Lazio il rischio concreto è di perdere anche l’Europa League, altro che Champions: resta la speranza di vincere la Coppa Italia, e l’appuntamento stesso stadio e stessa avversaria Âè fra dieci giorni. La sfida di ieri è stata un prequel di quella finale, ma riguardava anzitutto il campionato: le cose in una sfida secca possono cambiare, si sa, e però le indicazioni di ieri sono state molto chiare. Chiare come i numeri di questa Atalanta, che non dicono del suo modo di affrontare partite ed avversarie, ma del suo momento: è imbattuta da dieci partite di campionato, piĂą due di Coppa Italia. Ha il miglior attacco del campionato (71 gol, piĂą di due a partita) e non soffre di mal di viaggio, anzi: 40 li ha timbrati in trasferta, ben piĂą della metĂ . Sa soffrire come nei primi 20’ di ieri e poi reagire, come ha fatto di nuovo: è un difetto se vogliamo, ma è quasi come se volesse mettersi alla prova, illudere l’avversaria per poi toglierle le speranze. Come ha fatto con la Lazio: un altro gol preso nel primo quarto d’ora (11, record negativo), un altro handicap trasformato in punti, ora 23 guadagnati in campionato da situazioni di svantaggio. Il meglio nella ripresa è diventata un’abitudine: 12 degli ultimi 14 gol segnati.
Esattamente il contrario della Lazio, che in quella frazione (15 degli ultimi 16 gol incassati) continua ad evaporare, come spesso la benzina del suo serbatoio. I finali di partita, come giĂ le palle inattive, nuova specialitĂ di casa Atalanta: del resto, i finali di campionato lo sono da tre anni. Ecco perchĂ© Gasperini, che ne ha il copyright, a questo punto non si pone limiti: ieri ha indovinato tutto, dalla modifica dell’assetto difensivo dopo 45’ alla "tutela" di Ilicic con Freuler reinventato trequartista. Al contrario di Simone Inzaghi, che a posteriori ha completamente sbagliato la scelta fra Luiz Felipe e Wallace, colpevole su tutti e tre i gol: ha tenuto in gioco, perdendolo, Zapata sull’1Â-1,regalato a Gomez la fuga con assist per il 2Â-1 di Castagne, deviato in rete di testa nella sua porta il 3Â-1. Ma il complimento piĂą bello per il Gasp è un altro: la partita di ieri ha detto che la sua squadra magari non ha piĂą la stessa continuitĂ di purezza di gioco, ma in compenso è diventata piĂą pratica, esperta, paziente, chirurgica. In due parole - la chiave di tutto - piĂą sicura di sĂ©. E anche se spende tanto non appare stanca, ieri lo è sembrata sicuramente di piĂą la Lazio: come da foto precedente il 3-1, nato da un corner arrivato per un affannoso recupero di Acerbi su Zapata, perso da Bastos. Djimsiti ha saltato in testa a Wallace (e compagnia) esattamente come l’Atalanta, da un bel po’, stava saltando addosso alla Lazio. Così fu e così sarĂ fino al 26 maggio: questo si sa giĂ .
? Il Corriere dello Sport titola: "Lazio addio Champions. Tornado Dea. Parolo illude i biancocelesti poi Zapata, Castagne e l’autogol di Wallace spianano la strada all’Atalanta, che adesso è a un solo punto dall’Inter. Gasperini corre forte. Inzaghi mette a rischio il posto continentale".
Prosegue il quotidiano sportivo romano: Gasp corre verso la Champions. Una tripletta all’Olimpico per schiantare la Lazio, avvicinarsi all’Inter e blindare il quarto posto allungando sulla Roma, fermata a Marassi. Onore e applausi a Percassi e Sartori, hanno costruito un gioiello con un fatturato e un monte stipendi largamente inferiori alle big della Serie A. Lotito e Tare prendano appunti, sono stati surclassati sul terreno preferito del rapporto qualità -prezzo: Hateboer e Castagne, tanto per riferirsi agli esterni da 3-5-2, sono superiori a Marusic e Romulo. E non sempre si tira fuori il massimo dal potenziale disponibile. Inzaghi ora rischia l’Europa. Dodicesima sconfitta. Il suo campionato è quasi un fallimento, resta la Coppa Italia per salvare la stagione, ma se ci si dovesse basare sui 90 minuti di ieri per mettere sotto l’Atalanta nella finale del 15 maggio servirà un’impresa. La squadra di Gasp, almeno dalle nostre parti, può essere paragonata all’Ajax, perché gioca il calcio più bello e lo produce attraverso una corsa spaventosa, inesauribile, a cui aggiunge i colpi di un tridente fantastico. Ti tritano alla distanza. Quando gli altri cominciano a rallentare, loro accelerano. Non è un caso, ma il segnale di una condizione atletica super. Anche ieri hanno vinto in rimonta (dodicesima dall’inizio della stagione) e senza scomporsi dopo il gol in apertura firmato da Parolo.
Non si spaventano, sono consapevoli della propria forza, si appoggiano a un’organizzazione perfetta, quasi irresistibile. Qualcosa dietro concedono, ma è poco rispetto a quanto costruiscono. Sono bastati venti minuti scarsi a Zapata per trovare il pareggio e dopo mezz’ora la partita si era trasformata in un dominio. Nella ripresa hanno preso il largo con il raddoppio di Castagne e l’autorete di Wallace, sepolto dai fischi della gente laziale. Successo mai in discussione. Gasp ha scavalcato di nuovo Allegri sotto forma di produzione offensiva: miglior attacco del campionato con 71 gol, di cui 41 realizzati nei secondi tempi. Un tornado, come il diluvio caduto sull’Olimpico. La Lazio neppure aveva cominciato male, anzi. Al primo assalto, era il terzo minuto, ha trovato il gol con Parolo, forse l’unico in forma. Caicedo e Immobile combinavano bene, Bastos era incollato a Ilicic e dalla linea arretrata i lanci a scavalcare i tre difensori dell’Atalanta servivano per innescare le ripartenze. Ci sarebbero stati i presupposti per il raddoppio. Per vincere bisogna segnare e la Lazio sconta l’involuzione del suo bomber. Luis Alberto non ha stoppato davanti a Gollini, Immobile non ha rifinito un altro tre contro due che avrebbe dovuto proiettare Caicedo verso la porta. L’illusione è durata 20 minuti. La Lazio si è rintanata nel tentativo di agire di rimessa. L’Atalanta ha alzato il baricentro e ha cominciato a giocare come sa, attaccando in massa. Freuler più basso per impostare e permettere a Masiello di salire spingendo Castagne ancora più avanti, ma era Gomez il vero regista a tutto campo.
Interpretazione sontuosa del Papu, inseguito l’estate scorsa da Inzaghi. Vero e proprio trequartista, tornava indietro a prendere la palla, cuciva il gioco, si aggiungeva in attacco. Ha avuto il merito di attirare fuori Leiva dalla solita posizione. L’argentino è entrato nel primo gol tirando da fuori, ha calciato l’angolo del 3-1, ha confezionato l’assist per Castagne su cui è girata la partita. Il pallone glielo aveva consegnato con un errore clamoroso il brasiliano, coinvolto anche negli altri due gol. Sul primo, dopo aver respinto il tiro di Gomez, si è fermato e non è salito, tenendo in gioco Zapata sul destro di Freuler. Nel finale è arrivata l’autorete di testa: sull’angolo di Gomez, Wallace al contrasto con Djimsiti è saltato e ha toccato alle spalle di Strakosha. Era in bambola, doveva uscire. Anzi non doveva proprio giocare. L’errore è stato di Inzaghi, convinto che la sua fisicità potesse servire su Zapata: sotto la pressione dell’Atalanta, questa era la partita peggiore per puntare su Wallace, insicuro nel palleggio. Non ha convinto neppure il cambio tra Correa e Caicedo, perché l’ecuadoriano con il suo fisico era l’unico in grado di aiutare la Lazio a salire. Gasp nell’intervallo aveva sostituito Palomino (in difficoltà ) con Mancini. Il ct azzurro, in Monte Mario, avrà preso atto della crisi di Immobile, sempre più spaesato. L’addio alla Champions, un anno dopo il 20 maggio, non poteva essere più triste per la Lazio.
? Il Messaggero titola: .
Prosegue il quotidiano romano:
? Tratte dal Corriere dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
Inzaghi si è consegnato, si è arreso: "Il capitolo Champions è chiuso, ma penso che andremo in Europa. Una squadra come la nostra non può restare fuori". E’ andata, la Champions. Ma non da ieri. Adesso, Coppa a parte, si deve salvare il salvabile, e l’Europa. Non ci sono più parole nè ricette. La Lazio paga i soliti errori, le solite topiche, i soliti limiti, le solite amnesie, il solito menù a prezzo fisso del suo allenatore. Non è più tempo di mendicare spudorati alibi, è il momento di raccogliere le forze residue, di fare gruppo, di provarle tutte per vincere ciò che c’è da vincere, per restare a galla. Senza Europa, lo ha ammesso anche Simone, sarebbe un disonore: "L’obiettivo è conquistare un posto Uefa, non dobbiamo pensare che passi solo dalla Coppa Italia, può ancora arrivare dal campionato, bisogna arrivare almeno settimi. Ma per qualificarci e vincere la Coppa dobbiamo eliminare certi errori. Mancano 9 punti, il Milan non è lontano e abbiamo lo scontro diretto col Torino all’ultima giornata". Inzaghi non può parlare di settimo posto a cuor leggero in una stagione in cui si pensava che in Europa, quantomeno, si sarebbe andati in carrozza. Sconsolato, non ha potuto fare altro che ammettere la superiorità dell’Atalanta: "Dalla Lazio è lecito attendersi di più, l’Atalanta è stata più decisa, la vittoria è meritata. Dovremo parlare dell’atteggiamento avuto sul 2-1, bisognava aspettarsi di più, ci siamo disuniti. Era stata una buona partita, poi ci sono stati errori individuali troppo pesanti, sul secondo e sul terzo gol, tutto si è deciso lì".
Inzaghi, disperatamente, ha provato a difendere lo sciagurato Wallace e la scelta di farlo giocare: "Perché l’ho scelto? Eravate pronti a fare questa domanda già a Genova", ha contrattaccato, non è un incassatore di critiche. E ha aggiunto: "Io ho parlato di errori individuali in generale, non solo di quelli commessi in occasione dei gol. Wallace, contro la Samp, era andato molto bene e in settimana ha lavorato al meglio. Aveva fatto 50 minuti molto buoni. Ha commesso errori, ma non è stato l’unico. E’ un mio giocatore e lo difendo, li difendo tutti. Ha le stesse chance di giocare degli altri. Resta il fatto che non possiamo sbagliare così in partite in cui la posta in palio è alta. Gli errori hanno compromesso un risultato fondamentale per la Champions". Simone ha lasciato Wallace in campo nonostante fosse diventato bersaglio della Curva Nord: "Ho preferito togliere Bastos perché era ammonito. Inzaghi ha riconosciuto i meriti dell’Atalanta e gli errori della Lazio: "La sconfitta ci rammarica, ci abbiamo messo del nostro, abbiamo approcciato bene, ma in certe gare, dopo il vantaggio, non basta il compitino. Dopo il vantaggio non siamo stati squadra e questa è una cosa da non ripetere". Sul 2-1 s’aspettava una reazione che non c’è stata, ha inchiodato i suoi al muro della responsabilità : "Perdiamo ogni volta che commettiamo errori e non siamo intensi. Bisognava far qualcosa di più perché si può sbagliare, ma bisogna reagire. Nel secondo tempo sono entrati meglio loro, siamo mancati negli ultimi 20 minuti. Le partite si possono sempre raddrizzare". Simone ha ordinato di vincere a Cagliari e di arrivare pronti alla finale: "Dobbiamo rialzarci subito, dalla prossima partita contro il Cagliari. L’Atalanta è un avversario ostico, diucile da affrontare. La finale ce la giocheremo alla pari, i particolari faranno la differenza. Sarà un’altra gara aperta".