Sabato 25 gennaio 2014 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Juventus 1-1 25 gennaio 2014 - Campionato di Serie A - XXI giornata - inizio ore 20.45
LAZIO: Berisha, Biava, Cana, Dias, Cavanda (65' A. Gonzalez), Biglia, Ledesma, Konko, Candreva (84' Keita), Hernanes, Klose. A disposizione: Marchetti, Strakosha, Novaretti, Ciani, Vinicius, Pereirinha, Crecco, Felipe Anderson, Floccari, Perea. Allenatore: Reja.
JUVENTUS: Buffon, Barzagli, Bonucci, Ogbonna, Lichtsteiner, Vidal, Marchisio, Pogba, Asamoah (26’ Storari), Tevez, Llorente. A disposizione: Rubinho, Caceres, Peluso, Padoin, Isla, Pirlo, Pepe, Giovinco, Quagliarella. Allenatore: Conte.
Arbitro: Sig. Massa (Imperia) - Assistenti Sigg. Barbirati e Marzaloni - Quarto uomo Sig. Di Liberatore - Assistenti di porta Sigg. Bergonzi e Gervasoni.
Marcatori: 27' Candreva (rig), 60' Llorente.
Note: espulso Buffon al 24’ per chiara occasione da gol. Ammoniti: Biava e Bonucci. Angoli: 1-6. Recuperi: 2' p.t., 2' s.t. .
Nota particolare: la rete segnata da Antonio Candreva in questa gara rappresenta la numero 2.000 realizzata dalla formazione biancoceleste in casa in Serie A dal 1929/30, primo campionato a girone unico.
Spettatori: 65.000 circa.
La Gazzetta dello Sport titola: "Buffon la lascia in 10. Lazio-gol, pali, parate poi Llorente firma l’1-1".
Continua la "rosea": Llorente, un monumento. Tevez il suo piedistallo. Sono loro due a tenere in piedi la Juventus che non fa tredici (vittorie consecutive) ma rischia anzi di incassare la sua seconda sconfitta in campionato. Con la Lazio in vantaggio a metà del primo tempo, rigore di Candreva ed espulsione di Buffon, arriva grazie a uno straordinario colpo di testa del centravanti spagnolo la sesta rimonta. Ottenerla giocando più di un’ora in inferiorità numerica testimonia le capacità morali e psicologiche di una squadra di ferro, creata ad immagine e somiglianza del suo mentore Conte. E tuttavia, qualche scricchiolio, già intravisto nel 4-2 contro la Sampdoria, si avverte e investe l’intero reparto difensivo. Non c’era Chiellini, ma tra Buffon, Ogbonna e Bonucci si sono viste troppe disattenzioni, troppi errori. Un po’ di gossip in meno e un po’ di concentrazione in più non guasterebbero. Alla resa dei conti, se Llorente col suo gol e Tevez col suo moto perpetuo risollevano la Juve e la portano oltre l’ostacolo, sono poi le parate e la fortuna del subentrato Storari (legni di Klose e Keita), a tenere saldo l’1-1 nel finale. Oggi a pranzo se la Roma a Verona saprà far meglio del brutto Napoli visto col Chievo, si potrà dichiarare riaperto il campionato.
Preceduto da una chiara avvisaglia, il pasticcio Barzagli-Buffon con Klose che sfila la palla dai piedi del portiere ma la mette sul fondo, il fattaccio si consuma a metà del primo tempo. Quando Konko verticalizza una diagonale quasi dalla linea del fallo laterale la difesa della Juve è schierata, e nulla lascia presagire che Barzagli, Bonucci e soprattutto Ogbonna restino a guardare. Invece lo fanno, e lo faranno ancora quando Klose nella ripresa coglierà di testa Storari e traversa, e quella vecchia volpe del tedesco si infila alle loro spalle finendo a tu per tu con Buffon. Rigore ed espulsione diventano una ovvia conseguenza. L’arbitro Massa tiene la barra diritta, lo farà fino alla fine, e sulla trasformazione di Candreva, con Storari tra i pali e Asamoah negli spogliatoi insieme a Buffon, comincia per la Juve una partita quasi senza precedenti. In campionato l’inferiorità numerica c’era stata solo nei superflui minuti finali di Juve-Napoli (3-0, espulso Ogbonna) mentre quella in Champions di Madrid (espulso Chiellini senza colpe) era arrivata con la Juve già sotto. Conte la ridisegna col 4-4-1 abbassando Lichtsteiner, allargando Ogbonna e portando Tevez a sinistra, in linea con Marchisio – ancora preferito a Pirlo -, Vidal e Pogba. Un modulo che poi diventerà 4-3-2 nella ripresa, quando i bianconeri, fin lì assai pigri, accenderanno i retrorazzi e grazie a Tevez e Pogba, più di Vidal e Marchisio sottotono, riacciuferanno il match. Il gol di testa di Llorente, da cross di Lichtsteiner imbeccato da Tevez, è una palombella da mille e una notte.
Nell’Olimpico romano che evidentemente non piace alla Juve-due (sconfitta martedì dalla Roma in Coppa Italia) ma nemmeno alla Juve-uno la nuova/vecchia Lazio di Reja disputa una partita intelligente e coraggiosa. Funziona stavolta, più che a Udine, la difesa a tre dei vecchietti Biava-Cana-Dias e funziona soprattutto Ledesma frangiflutti. La piccola guerra a metà campo, con Biglia finalmente intraprendente e con Hernanes più vivo di Candreva, viene combattuta ad armi pari in forza anche di un pressing molto alto che reggerà per più di un’ora, mettendo in grande difficoltà i portatori di palla di una Juve che, senza Pirlo, si smarrisce troppo spesso. Alla fine, tra superiorità numerica e pali, ci può stare la sensazione di una occasione perduta. Ma riavvolgendo il film del campionato, e considerando che fin qui la Juve aveva perso con la Fiorentina e pareggiato con la sola Inter (che ritrova domenica) sempre di un’impresa Lazio si tratta.
Il Corriere dello Sport titola: "Reja ci riesce. La Juve frena".
Prosegue il quotidiano sportivo romano: Nella città eterna, la Juve ha lasciato in cinque giorni la qualificazione in Coppa Italia, due punti in campionato e una striscia di 12 vittorie consecutive che si è fermata. Ma eterna, nel senso che non finisce mai, sembra proprio la Juventus. Se in Coppa aveva rinunciato di fronte alla Roma, ieri contro la Lazio ha ripreso la partita e il pareggio giocando più di un’ora con un uomo in meno e partendo da 0-1. Prima del gioco, prima della tecnica, prima dell’equilibrio, prima di tutto arriva la rabbia feroce della squadra di Conte. Quando Candreva ha segnato su rigore e Buffon era già negli spogliatoi, la Lazio aveva tutto per piazzare il colpo della sua stagione e per darle finalmente un bel colore. Forse ha avuto paura di conquistare qualcosa che considerava più grande di se stessa e ha perso tempo: [[con un uomo in meno aveva vinto a Udine, con uno in più non ha tenuto il vantaggio in mano all’Olimpico. Voleva tenere palla, ma lo faceva con qualche incertezza di troppo; voleva cercare il contropiede, ma era troppo indecisa. Sull’1-1 è tornata a spingere e non ha avuto fortuna: una traversa, un palo e Storari hanno salvato la Juve.
C’era stato un avvertimento, in area juventina, prima dell’azione che ha portato la Lazio in vantaggio. Il sintomo che la difesa di Conte scricchiolava era stato registrato dopo un quarto d’ora, quando Barzagli ha cercato Buffon con un maldestro passaggio indietro, con la palla al piede il portiere è andato in crisi, Klose è riuscito a metterci la punta dello scarpino e per poco non segnava. Dieci minuti dopo, quella stessa difesa ha barcollato di nuovo e stavolta è miseramente crollata. Contropiede laziale, cross di Konko da sinistra, Ogbonna ha sbagliato l’intervento, Klose si è avventato sulla palla, Buffon l’ha steso. Inevitabili rigore ed espulsione. E’ uscito Asamoah per fare posto a Storari, battuto subito da Candreva. Conte ha rivoluzionato la squadra distribuendo i bianconeri con il 4-4-1, arretrando Lichtsteiner sulla linea della difesa, spostando Marchisio a destra a centrocampo, con Vidal e Pogba al centro e Tevez a sinistra, con un compito difficilissimo: doveva controllare le sovrapposizioni di Cavanda (comunque impreciso) a Candreva e, quando la Juve conquistava palla, doveva accentrarsi per giocare alle spalle di Llorente. Dopo 10’, altra modifica con Vidal a destra e Marchisio al centro.
La partita non aveva avuto un avvìo memorabile. Lazio e Juve stavano giocando a ritmo basso, con poca intensità , poche idee e zero brillantezza, ma dall’1-0 in poi diventerà elettrizzante, una bella partita di calcio italiano (da non confondere con calcio all’italiana). La squadra di Reja era equilibrata in mezzo con la coppia di registi Biglia-Ledesma, più lucido il primo del secondo. I due davano protezione al trio difensivo, dove Dias e Biava chiudevano la strada all’attacco bianconero. Una volta in doppio vantaggio (di partita e di uomini), la Lazio ha cercato di controllare la gara, Reja ha proseguito con la difesa a 3 per marcare un solo attaccante, Llorente, e così facendo sfruttava poco la superiorità numerica. La Juve ha avuto l’occasione per pareggiare già nel primo tempo, con una mezza girata di Llorente, cui Berisha ha risposto con una parata (è andato giù come un ghigliottina) che ha dato ragione alla scelta di Reja: ora meglio lui di Marchetti. All’ultimo minuto del primo tempo, un tocco di braccio (alto e largo) in area di Bonucci, dopo un guizzo di Hernanes, non è stato giudicato da rigore da Massa, lasciando pesanti dubbi.
La grandezza della Juve sta soprattutto in un carattere pazzesco. Quando tutto sembrava una congiura, ha ripreso in mano la partita. Tevez stava giocando per due, difesa e attacco a pieno ritmo, Conte lo utilizzava per annullare l’inferiorità numerica, e nonostante lo sforzo è stato Carlitos a inviare Lichtsteiner sul fondo, Konko non ce l’ha fatta a chiudere, cross dell’ex laziale, stacco di Llorente (e chi, se non lui?), colpo di testa in anticipo su Biava e palla dal primo al secondo palo. Era il premio a chi non molla mai. Forse non è un caso se la Lazio ha ricominciato ad attaccare, alzando il ritmo, una volta preso il gol. E’ ancora una squadra che ha più paura di vincere che di perdere. Su punizione da destra di Ledesma, Klose si è sganciato dal frastornato Ogbonna, da due passi ha mirato con forza la porta ma Storari ha fatto un capolavoro deviando sulla traversa. Stessa identica scena qualche minuto dopo, con altra parata di Storari. Reja ha messo Keita al posto di Candreva e il giovane senegalese ha centrato il palo. Magari, ci avesse pensato prima...
Il Messaggero titola: "Lazio da grande, la Juve trema".
Continua il quotidiano romano: Tocca alla Lazio fermare la Juventus dei record, che deve accontentarsi di un pareggio che non ne premia la superba prova. I campioni devono giocare un’ora con l’uomo in meno, e si salvano con l’orgoglio e la classe, ma i rimpianti maggiori sono per i tifosi biancocelesti. Una partita gagliarda, dai contenuti intensi ed emozionanti, che sconfessa i maligni che temevano una squadra remissiva e senza voglia di lottare. Onore alla Lazio di Reja, che ravviva il campionato. Trasformata nella tattica, nel carattere, nello sviluppo della manovra. Ben disegnata nei ruoli, nei compiti, votata al pressing e al sacrificio, che si muove e gioca da squadra. Il tecnico friulano, con attaccanti avversari che prediligono la palla sui piedi, e non la profondità e lo scatto, ripropone la difesa 3 con risultati positivi. Biava, Cana e Dias si applicano senza amnesie, anticipano, non concedono metri evitando persino di commettere pericolosi falli dal limite. Tatticamente la Lazio gioca un primo tempo perfetto, meritando il vantaggio. Klose, dopo aver sfiorato il gol su grave incertezza di Buffon, sfrutta una splendida imbucata di Konko costringendo il portiere, frastornato dalle voci sulla vita privata, al fallo: rigore ed espulsione. L’algido Candreva firma il vantaggio, spiazzando Storari.
Conte toglie il vivace Asamoah, portando sulla sinistra Ogbonna ma il gioco bianconero perde anche quel pizzico d’incisività evidenziata nella fase iniziale. Le azioni sono troppo elaborate e prevedibile con il portatore di palla, spesso aggredito e raddoppiato, costretto a riaprire o al passaggio indietro. Marchisio non ha il fosforo di Pirlo, Pogba viene tenuto bene da Biglia, dopo qualche impaccio, Vidal s’inserisce con parsimonia. I centrocampisti si muovono poco, nessuno che attacchi i pochi spazi che i biancocelesti concedono e la reazione si esaurisce in un fiacco tiro di Llorente, parato in due tempi. Anzi, la Juve, rischia per un altro fallo da rigore, un mani in area di Bonucci, non visto né dall’arbitro Massa, né dal giudice di porta. Davvero deludente la compagine di Conte, nel contesto di una prima frazione comandata, con agio, da una sorprendente Lazio, rinvigorita atleticamente dal lavoro svolto dal preparatore Bianchini.
Se il primo tempo è giocato con tatticismo, a volte persino eccessivo, la ripresa assume tutta un’altra fisionomia. La Juventus, nonostante giochi in inferiorità numerica, si riversa nella metà campo avversaria tirando fuori tutto l’orgoglio. Manovra più veloce, portata con almeno 4-5 elementi, esterni più presenti e maggiore determinazione. La Lazio può sfruttare la situazione tattica favorevole, aggredendo la profondità con Hernanes e sinistra e Candreva a destra. Il tono della partita lievita notevolemente, soprattutto grazie a una Juventus cresciuta che coglie il pareggio al quarto d’ora: percussione dell’ex, fischiatissimo Lichtsteiner sulla destra, cross sul quale si avvita di testa Llorente che anticipa il piantato Biava. La sfida assume una connotazione fisica molto accesa e diventa vibrante. La capolista, sospinta da Pogba, crede nell’impresa e Berisha deve superarsi per deviare in angolo un destro di Tevez. Il tema tattico della gara appare consolidato, con la Lazio chiamata a controllare l’arrembante avversario e a gestire contropiedi anche molto pericolosi. Entrambe le squadre voglio vincere. La Lazio, quando riesce a capovolgere il fronte del gioco, crea sempre problemi: Klose (31’) impatta di testa una punizione di Ledesma ma trova la parata d’istinto di Storari che si salva con l’aiuto della traversa. Sul replay, senza esito, la difesa campione d’Italia è ancora inspiegabilmente ferma, in particolare nel macchinoso Bonucci, rischiando il tracollo. Nel finale un’altra solare occasione firmata da un’interessante iniziativa di Keita, appena entrato, il cui destro si stampa sul palo. La Juve è salva, gli applausi sono tutti per la Lazio che adesso rivede l’Europa.
Tratte dal Corriere dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
E’ stata una notte d’altri tempi, poteva essere memorabile. Cuore, orgoglio e rimpianti. Un palo di Keita, la traversa colpita da Klose. Reja ha sognato a lungo di piegare i marziani della Juve, capaci di rimontare e restare in partita in inferiorità numerica. L’Olimpico non si divertiva così da mesi e ha applaudito la Lazio, a cui è mancato solo il raddoppio per stendere i bianconeri, bloccati sul pareggio dopo 12 vittorie di fila. E’ imbattuto il tecnico friulano. "E’ stata una grande prestazione. Siamo partiti male, non riuscivamo a fraseggiare. Meglio nella ripresa. Traversa di Klose, palo di Keita. Potevamo vincere. Sarebbe stato troppo bello. Volevo vincere, mi sta bene anche il pareggio. La Juve, in dieci, alzava la palla per Llorente e si buttava avanti. Avremmo meritato qualcosa di più" ha raccontato Reja sorridendo. Otto punti in quattro giornate. Ha rilanciato la Lazio. E ha cancellato i rimpianti. "Sul pareggio ci abbiamo provato, ma i bianconeri sono di grandissimo livello. Hanno sofferto sui calci piazzati. Sapevamo di poter avere difficoltà a centrocampo e nel controllo di Tevez e Llorente. Abbiamo chiuso bene le traiettorie, mancando in qualche ripartenza. Speravo qualcosa di più nella fase offensiva. Storari è stato bravo, gli ho fatto i complimenti. Due interventi di grandissimo livello, ma parare è il suo mestiere". Tra i pali della Lazio, invece, s’è confermato Berisha. Reja ha deciso di mandare Marchetti in panchina solo in extremis.
Così ha raccontato l’avvicendamento. "Berisha si sta comportando benissimo. Ha dato sicurezza al reparto, è bravo, mi dà affidamento. Marchetti doveva giocare. Ha avuto qualche problema in settimana, negli spogliatoi l’ho visto pallido, gli ho chiesto come stava. "Devo essere sincero, non sto benissimo" mi ha risposto. "Allora vai in panca e faccio giocare Berisha" gli ho detto. Federico ha passato una settimana travagliata, con lo stomaco non aveva recuperato bene. Non è ancora al top". Reja aveva preparato bene la partita nella fase difensiva. "Sappiamo che loro giocano in verticale su una punta, ho messo tre difensori per andare ad attaccare Tevez e Llorente. Sono stati molto bravi Ledesma e Biglia a chiudere i passaggi. Vidal si allarga sulla destra, Dias era preposto a chiudere i suoi inserimenti. Biava aspettava Pogba dall’altra parte. Abbiamo fraseggiato male nel primo tempo, ci sarebbe stato spazio per manovrare, eravamo troppo preoccupati". In 11 contro 10, ha pensato ma non deciso di tornare alla linea difensiva a 4. "Volevo mettermi a 4, ci ho pensato, ma poi ho visto crescere Hernanes a sinistra, anche dall’altra parte Candreva partiva, si cominciava ad andare. E se ti metti uno contro uno con Tevez e Llorente diventa difficile. Non volevo rinunciare al raddoppio di marcatura". E’ di nuovo la squadra di Reja. "La Lazio sta crescendo. Comincia ad avere autostima. Non è da poco giocare così con la Juve. E’ vero che erano in dieci, ma abbiamo creato tre o quattro opportunità ".
Per la prima volta si sono imposti Biglia e Ledesma in coppia. "Sono due giocatori intelligenti, hanno sempre chiuso i varchi e le penetrazioni centrali della Juve. Sono stati bravi dal punto di vista tattico. Sono stati gli artefici importanti nel rilancio dell’azione e nelle chiusure. Biglia lo considero un professore, dal punto di vista tecnico è molto bravo". Ora, più che i rinforzi, aspetta i recuperi. "Mauri sta lavorando, ma non potrà avere subito la condizione ottimale. Ci darà una grossa mano. Vorrei recuperare in fretta Radu anche per tornare alla difesa a quattro. Così possiamo dare una mano a Klose". Un braccio lo aveva messo Bonucci. Reja ha sorriso, parafrasando Boskov. "C’era la mano, non so se poteva starci, rigore è quando arbitro fischia, come diceva un mio vecchio collega". La cura Edy sta funzionando. "Non so dove possa arrivare la Lazio, ma vedo una squadra in salute. Ero facilitato perché conoscevo già quasi tutti i giocatori. Ho dato motivazioni. E credono nel lavoro che stiamo facendo".
Lo specialista non sbaglia mai. Nelle ultime sette volte che si è presentato sul dischetto, parliamo del campionato, Antonio Candreva ha sempre fatto centro, portando il suo score da cecchino a otto su nove in Serie A. Mira infallibile e nervi d’acciaio, nessuna esitazione in quel duello con Storari risolto a modo suo, senza pietà per il portiere. Era il gol che poteva valere una vittoria pesantissima contro la Juve, finora in A caduta solo a Firenze, resta un gol comunque legato alla storia della Lazio: è la rete numero duemila segnata dai biancocelesti in casa in Serie A, dal 1929-30, primo campionato a girone unico. Ma è una rete storica anche sul piano personale: per lui, che è passato anche per Torino, è la prima rete in carriera segnata contro la Juve. "La partita l’avevamo preparata così, siamo stati un po’ fortunati nell’azione del rigore, ma c’è stata la giusta mentalità ", ha spiegato all’intervallo, dopo aver portato in vantaggio la Lazio. Se solo non ci fosse stato Llorente...
E il pensiero corre proprio all’azione del pari: lo spunto di Tevez, l’assist di Lichtsteiner, il colpo di testa dello spagnolo. Spiega Cana: "Purtroppo quando concedi gol c’è sempre qualcosa che potrebbe andare meglio. E la Juve resta la Juve anche con un uomo in meno. Peccato, avevamo il match in mano e l’Olimpico ci aveva sostenuto... Avremmo meritato di vincere, la Juve anche in dieci si è resa pericolosa. Siamo stati bravi a non sbilanciarci". Il pensiero corre però anche al colpo di testa di Klose che Storari ha deviato sulla traversa: "Ero dietro Miro, quel tiro novantanove volte su cento è gol. Peccato, prendiamoci questo punto e ripartiamo. Reja ha lavorato sull’aspetto mentale, sa cosa tirare fuori dai giocatori. Possiamo giocare ancora meglio". E ora il Napoli, per prendersi la semifinale di Coppa Italia e i tre derby a stretto giro di posta, per difendere il trofeo alzato il 26 maggio: "Sarà difficile, incontriamo una squadra che non vuole mollare niente. La Coppa é nostra e non lasceremo nulla agli altri". Guarda avanti anche Biglia: "Voglio continuare così, penso sia stata la mia prestazione migliore con la maglia biancoceleste. Anche se un po’ di rammarico per il pareggio c’è perché avevamo un uomo in più e un gol di vantaggio. Con Ledesma mi sono trovato bene. Contro il Napoli sarà una partita difficile, stiamo già pensando a questo impegno". Squadra rinata con Reja: "Dobbiamo continuare così, è quello che si aspetta l’allenatore. Con il Napoli andiamo a giocarcela".
A Klose non si comanda. Tre derby, li vuole giocare tutti: "Ora pensiamo al Napoli perché potremmo giocare tre derby in una settimana". Tre derby di fila, uno dietro l’altro, un sogno tutto romano. Li vuole Klose, proverà a prenderseli la Lazio battendo il Napoli mercoledì in Coppa Italia, realizzando il disegno del destino. Dall’urlo finale di Miro a quell’urlo rimasto strozzato in gola quando il tedesco ha incornato a botta sicura. Sembrava dentro il pallone, neppure Klose sa come ha fatto Storari ad evitarlo, a deviarlo sulla traversa: "La Juve è stata fortunata, non so come Storari ha fatto a parare quella palla, è stato bravo nel momento decisivo. Avremmo meritato di vincere, ma loro sono stati pericolosi per tutta la partita". Klose e quella capocciata che sarebbe sfuggita a qualsiasi occhio umano, a qualsiasi radar, non a quelli di Storari. L’incornata era pronta a trasformarsi, non s’è realizzata. A Klose non si comanda anche se il gol gli rimane in canna, l’ha tenuto in serbo per il match del S.Paolo, dall’inizio o in corsa lo giocherà .
Klose contro Buffon prima di Klose contro Storari: "Il rigore è stato un momento importante...", ha confessato Miro all’agenzia tedesca Dpa, era presente ieri all’Olimpico, ha strappato alcune parole al tedesco prima che lasciasse lo stadio. Un rigore gliel’ha donato Buffon, due gol glieli ha negati Storari, questo è il calcio. Klose, pur non segnando, ha messo lo zampino nel tabellino. "Non abbiamo obiettivi, pensiamo partita dopo partita", ha sentenziato il Kaiser a domanda precisa. Partita dopo partita, bisogna andare avanti così, passo dopo passo. Gli è mancata la gioia perché gli è mancata la mira, ma davanti alla porta lui c’è sempre: "Sto bene, non ho più problemi alla spalla destra", ha detto tirando il respiro. Miro fa da apripista in campo e nel calendario, le lancette della storia le ha sempre spostate in avanti, vuole continuare a farlo. Lotito spera nel suo rinnovo, l’ha detto ieri, è convinto di strappare il suo sì, si vedrà a fine stagione, è ancora presto. Klose non guarda oltre, vive alla giornata, punta gli obiettivi che si presentano sul cammino. Ci ha provato e riprovato di testa ieri, nelle ultime uscite è stato impreciso e sfortunato anche di piede. Nel 2014 ha colpito contro l’Inter, ha ciccato il gol-vittoria a Bologna, non ha punto a Udine, ha sfiorato il bingo ieri contro Madama, è carico, basta questo per sperare, il gol è questione di attimi.
Miro vuole i tre derby, spinge la Lazio verso la rimonta, la vuole riportare in alto, non sarà facile, ci proverà . S’è messo alle spalle un 2013 da incubo, farcito di infortuni, l’hanno frenato e penalizzato. Il 2014 è iniziato sotto auspici migliori, lo porterà ai Mondiali, lo avvicinerà ai record da battere, ne ha tanti segnati in agenda. Loew non farà regali e sconti a nessuno, neppure a Miro il Grande. La sua convocazione non è in discussione, ci mancherebbe, ma il cittì della Germania vuole il suo bomber al massimo della forma. Klose lo sa, sta crescendo di condizione, ha lottato per 90 minuti, è cresciuto nella ripresa e la rincorsa continua. Con tutti i gol che il destino gli ha negato se ne vedranno delle belle, se li riprenderà con gli interessi. Magari nel derby triplicato.