13 agosto 2017 - Roma, stadio Olimpico - Supercoppa Italiana - inizio ore 20.45
JUVENTUS: Buffon, Barzagli, Benatia (56' De Sciglio), Chiellini, Alex Sandro, Khedira, Pjanic, Cuadrado (56' Douglas Costa), Dybala, Mandzukic (72' Bernardeschi), Higuain. A disposizione: Szczesny, Pinsoglio, Rugani, Lichtsteiner, Asamoah, Bentancur, Sturaro, Marchisio, Kean. Allenatore: Allegri.
LAZIO: Strakosha, Wallace, de Vrij, Radu, Basta (74' Marusic), Parolo, Leiva (80' Murgia), Luis Alberto, Lulic (74' Lukaku), Milinkovic, Immobile. A disposizione: Vargic, Guerrieri, Hoedt, Luiz Felipe, Patric, Di Gennaro, Felipe Anderson, Palombi, Caicedo. Allenatore: S. Inzaghi.
Arbitro: Sig. Massa (Imperia) - Assistenti Sigg. Meli e Crispo - Quarto uomo Sig. Fabbri - Assistenti arbitrali aggiunti Sigg. Irrati e Damato.
Marcatori: 32' Immobile (rig), 54' Immobile, 85' Dybala, 91' Dybala (rig), 90'+3' Murgia.
Note: nella Lazio esordio in una partita ufficiale per Lucas Leiva e Adam Marusic. Ammoniti: al 31' Buffon, al 41' Leiva, al 73' Pjanic, all'84' Parolo tutti per gioco falloso, al 52' Mandzukic e all'89' Immobile per comportamento non regolamentare. Angoli: 8-6. Recuperi: 0' p.t., 7' s.t.
Spettatori: 52.000 circa per un incasso di euro 1.650.000,00.
La Gazzetta dello Sport titola: "Sorpresa. E’ Super Lazio. Juve k.o. La squadra di Inzaghi va sul 2-0 con Immobile, si ferma, incassa il pari, poi fa festa. Dybala sveglia i campioni, Murgia li beffa".
Continua la "rosea": Supercoppa e super emozioni. Vince la Lazio all'ultimo metro, al fondo di una partita che sembrava chiusa sul 2-0 per i laziali e che la Juve ha avuto la forza di riaprire in coda alla ripresa, con una punizione e un rigore di Dybala. Quando i supplementari parevano ineluttabili, uno strappo in fascia sinistra dell’"altro" Lukaku, Jordan, ha permesso al giovane Murgia di trasformare un rigore in movimento. Fino alla fine è il motto della real casa juventina, ma fino alla fine stavolta ci ha creduto la Lazio e la cosa suona strana, assomiglia a un’inversione di tendenza. La Juve si è fermata a Cardiff, la batosta col Real ne ha minato la sicumera mentale e ne ha scosso le fondamenta tecnico-tattiche. È ferita, però chi ambisce allo scudetto non la sottovaluti: sotto di due gol ha reagito ed è risalita. Le gambe oggi non girano e forse è colpa della tournée americana, i principi di gioco si sono annebbiati e la cosa è più preoccupante, ma l’orgoglio resiste e Douglas Costa, entrato nella ripresa, ha elevato il tasso tecnico. Qui casca Allegri: perché non schierarlo dall’inizio? E perché lasciare fuori Marchisio in grandi condizioni per un Khedira a basso voltaggio?
L’allenatore ha puntato in partenza su nove degli undici titolari di Cardiff. I "ceduti", Bonucci e Dani Alves, sono stati sostituiti da Benatia e Cuadrado. È sembrato un messaggio ai "vecchi" dello spogliatoio: andate e rifatevi della batosta col Real. La psicomossa non ha funzionato se non per i primi 5’, quando la Juve tarantolata ha costretto Strakosha a tre parate in sequenza. Sulla prima e sul tocco ravvicinato di Cuadrado, il portiere ha deviato sul palo: bravura e fortuna. Nulla è mai come sembra, la Lazio via via si è scrollata di dosso ogni timore, si è alzata e si è impadronita del timone. Il giropalla juventino ha smesso di funzionare, sporcato dalla pressione e dagli intercetti dei laziali. Il ruolo chiave l’ha ricoperto Luis Alberto, l’uomo in più. Lo spagnolo si sdoppiava tra centrocampo e trequarti. In non possesso veniva giù e quasi si allineava a Lucas Leiva e Parolo, per un 3-5-2 di fatto. Non appena la squadra ripartiva, Luis Alberto saliva e affiancava Milinkovic-Savic sulla trequarti in supporto di Immobile, per un 3-4-2-1 a ventaglio. Luis Alberto creava superiorità nelle due fasi. Il trasformismo ha pagato, ha inibito Pjanic e Khedira, che parevano muoversi alla moviola, in differita di qualche istante sia in rabbocchi e ripiegamenti sia all’atto di far ripartire l’azione. Juve divisa in due, con centrocampo e attacco scollegati. Fuori quadro Mandzukic, boccheggiante a sinistra. Nocivo Cuadrado: è vero, Lulic gli ha fatto qualche "carezza" delle sue, ma il colombiano finiva a terra a ogni minimo contrasto e si rendeva poco credibile. Il disastro si è compiuto passata la mezzora.
Benatia ha servito Cuadrado sul centrodestra, l’ala juventina si è fatto anticipare e Milinkovic-Savic si è travestito da Dybala, invito in profondità per Immobile, da cui rigore e vantaggio laziale. Dinamica emblematica dell’incapacità dei bianconeri di costruire gioco e di rimediare all’errore, fase difensiva disconnessa. Lì si è compiuto il capolavoro tattico di Inzaghi, aggredire e ripartire rapidi. Allegri ha riproposto Barzagli terzino destro e così si è riformato l’equivoco della difesa a quattro o a tre secondo momenti. All’inizio della ripresa, incassato il secondo gol, con Immobile bravo a insinuarsi tra Barzagli e Benatia, l’allenatore ha ripiegato la coperta di Linus della pseudodifesa a tre: fuori Benatia e dentro De Sciglio per un 4-2-3-1 reale, con Barzagli e Chiellini centrali difensivi, e con Douglas Costa al posto di Cuadrado. La Juve ha assunto un’identità più definita, meno ondivaga, e trascinata da Douglas Costa si è riaffacciata alla porta di Strakosha. La Lazio è stata complice, più passavano i minuti e più era convinta di avercela fatta, madornale errore di inconscia presunzione. Mai dare per finita la Juve, finché la gara non è finita. Sostenuto meglio, Dybala ha onorato la maglia numero dieci e non sottilizziamo se l’ha fatto su due palle inattive, la punizione dell’1-2 e il rigore del 2-2. Contava che lo facesse. Riacciuffato il 2-2 la Juve si è dimenticata di essere la Juve, ha dato per scontati i supplementari. De Sciglio è stato rullato in fascia da Lukaku ed è arrivata la beffa, due volte bruciante, perché l’ex milanista è il terzino preso per traghettare la squadra verso una difesa a quattro nitida. Contraddizioni tattiche ed errori tecnici. La Juve è impigliata nella palude di se stessa, non riesce a rinnovarsi. Ha perso la seconda Supercoppa di fila, è ancora prigioniera dello spogliatoio di Cardiff, ma rimane la Juve e siamo soltanto a Ferragosto.
Il Corriere dello Sport titola: "Che show. Supercoppa alla Lazio. Il primo atto della stagione riserva la sorpresa: i campioni d’Italia perdono il loro primo trofeo sotto 2-0 rimontano, ma l’impresa dura poco... Doppiette di Immobile e Dybala, poi decide al 93’ uno dei baby biancocelesti, Murgia. Juve battuta a livello tecnico e atletico".
Prosegue il quotidiano sportivo romano: Se questo è l’inizio, sicuro che quest’anno ci divertiamo. La Lazio ha vinto la Supercoppa più folle di sempre, ha battuto la Juve al 93', dopo che Dybala aveva rimontato due gol con una magìa e un rigore al 90'. A un’ora di grande Lazio è seguita mezz’ora di sola Juve, di solo Dybala, da 2-0 a 2-2, un finale stupendo, con l’ultimo attacco laziale, con Lukaku che ha sfondato a sinistra e Murgia, il ragazzino di casa, che ha bruciato tutti. Erano entrati da poco, hanno portato la Supercoppa a Formello. La Juve ha perso come non perde mai, quando la partita era di nuovo sua, con i supplementari che facevano immaginare il supplizio della Lazio, ormai stanca, sfibrata, sfinita. E invece, ecco il calcio, un ribaltamento del gioco e la vittoria. Con la firma di Ciro Immobile, doppietta dentro una partita di grandezza assoluta, e di Simone Inzaghi, il Rommel della Lazio, la volpe del deserto. I primi 5' hanno fatto immaginare un altro diluvio di Juve. Basta ha aperto l’argine sbagliando il movimento del fuorigioco, Strakosha l’ha richiuso mettendo uno stinco sul tocco al volo di Cuadrado. Dagli angoli che sono scaturiti da quell’attacco, sono arrivate altre due conclusioni in porta di Dybala e Higuain. La Juve ha smesso subito di imperversare perché Inzaghi ha riassestato la Lazio e si è impossessato dell’iniziativa.
Ha ritoccato il modulo iniziale spostando Luis Alberto a destra e avanzandolo sulla linea di Milinkovic, così da dare una mano a Basta che altrimenti sulla destra sarebbe finito al manicomio, battendosi fra Alex Sandro e Mandzukic. Ma non era solo una ragione tattica a determinare la supremazia nel gioco della Lazio. C’era una evidente differenza di condizione, la Juve camminava come 8 giorni fa a Londra dove Cuadrado e Khedira erano stati i più impacciati, proprio come ieri sera. La loro presenza in campo lasciava perplessi. Inzaghi aveva giocato le sue carte meglio di Allegri. Con Keita a casa, aveva piazzato quattro centrocampisti di copertura e attacco dove la Juve ne aveva solo due. Leiva era già dentro il meccanismo, Luis Alberto era ovunque, Milinkovic faceva ripartire l’azione e la rifiniva, Parolo tamponava. Il centrocampo era pieno di Lazio e la Juve faticava anche perché non aveva il lancio da dietro, così come non lo avrà più per tutta la stagione. Della regia poteva occuparsi solo il traballante Pjanic. Dopo un quarto d’ora, la Lazio ha alzato il ritmo e la Juve ha boccheggiato. Il gol ha smascherato le debolezze dei campioni d’Italia ed esaltato le idee di Inzaghi: palla conquistata da Leiva su Cuadrado e in un attimo il contropiede, Milinkovic per Immobile, la difesa juventina slabbrata mentre stava salendo, Ciro si è infilato fra Benatia e Chiellini e Buffon l’ha steso. Rigore, gol, Lazio davanti e sempre più padrona.
Ha avuto altre due occasioni (una, splendida, nata da un colpo di tacco di Milinkovic), ma Basta e Leiva non le hanno sfruttate solo per merito di Buffon. Non ha sbagliato Immobile quando Parolo lo ha pizzicato in area con un cross da destra: Benatia era fuori posizione, Ciro di testa l’ha messa sull’altro palo. Con un ritardo imperdonabile, Allegri ha cambiato la fascia destra, fuori Benatia e Cuadrado, disastrosi entrambi, dentro De Sciglio e Douglas Costa, con Barzagli al centro. Non avendo quasi mai sfondato a sinistra, ci provava sull’altro versante. L’idea, pur tardiva, era giusta, la Juve è finalmente entrata in partita e ha spinto forte da quella parte. Allegri ha messo anche Bernardeschi al posto di un altro juventino spento, Mandzukic, spostando Douglas Costa a sinistra. La Lazio aveva esaurito ogni energia, si è ritirata indietro, troppo indietro, e Inzaghi ha cercato di rivitalizzarla cambiando gli esterni, anche per rispondere ad Allegri, con Marusic e Lukaku. C’era ancora da fare i conti con l’orgoglio della Juve e con quel demonio di Dybala che stava lottando come una furia e che, con una magìa su punizione, ha segnato il 2-1. Poi il 2-2 su rigore (fallo di Marusic su Alex Sandro) e il 3-2 di Murgia, alla fine di una storia fantastica.
Il Messaggero titola: "La coppa del cuore. La Lazio alza il trofeo grazie al gol in pieno recupero di Murgia dopo la rimonta della Juve. Immobile segna una doppietta, Dybala la annulla poi ci pensa il ragazzino di Formello".
Prosegue il quotidiano romano: Questo è il tempo di vincere con te, cantano a squarciagola i tifosi biancocelesti. E la Lazio quel tempo lo ha colto all’ultimo giro di lancette di una serata da pazzi. In un colpo solo ha schiantato tutti i tabù alzando al cielo di Roma la Supercoppa, la quarta della sua storia, la seconda dell’era Lotito. Battuta la Juventus per 2-3 al termine di una partita folle. La Lazio, infatti, aveva perso tutte le ultime dieci sfide contro la Vecchia Signora segnando un solo gol. Ciro il Grande ha abbattuto il muro armato di una doppietta: rigore e pallonetto di testa. Poi la doppia Joya juventina e quando tutto sembrava crollare ecco Murgia, baby d’oro. Estasi laziale. Continua, invece, l’incubo bianconero. La Juventus, dopo il ko in Champions a Cardiff, ha riacquistato sembianze umane e si è riscoperta piccola e fragile. Merito soprattutto di una Lazio perfetta e tutta cuore. Quello chiesto dai tifosi con una coreografia da brividi e che citava Anna Magnani in Mamma Roma: "Dice che chi c’ha l’oro sia un signore, ma pe’ me nun conta l’oro... conta er core". L’inizio è da incubo. Basta sbanda a destra e con lui tutta la Lazio. Fortuna che c’è Strakosha che nei primi 4 minuti compie almeno tre parate salvando il risultato. Da applausi, seppur con un pizzico di fortuna, quella su Cuadrado. Poi il portiere laziale si ripete su Dybala e Higuain che poi si eclissano.
I tre squilli svegliano i biancocelesti che iniziano a giocare affacciandosi più volte nell’area bianconera, complice una difesa ballerina. Allegri cambia tutto e mettendo Barzagli a destra con Benatia al centro e Chiellini a sinistra. La manovra, come già visto nelle amichevoli estive, non è fluida. L’assenza di Bonucci si sente tantissimo, manca un giocatore capace di cucire il gioco. Quando Pjanic e Khedira si abbassano sulla linea di difesa per far partire l’azione la Juve diventa terribilmente vulnerabile. E’ lì che s’infila spesso Lulic, instancabile nel doppio lavoro di recupero palla e attacco dello spazio. Aiutato da un Cuadrato non proprio al top. E da un suo errore nasce il rigore. Milinkovic, un gigante in campo, lancia Immobile nello spazio che viene atterrato in area da Buffon. Giusto il giallo al portiere, c’era Chiellini accanto. Ciro trasforma e fa esplodere lo stadio. Subito dopo Gigi Nazionale si supera su Basta e Leiva dalla distanza. Allegri si mette le mani nei capelli. Il problema della sua squadra è che ha i reparti troppo larghi e i giocatori sono costretti a portare il pallone cadendo spesso in errore. E così Parolo recupera una palla sulla trequarti la crossa al centro e Immobile di testa beffa Buffon con un pallonetto. Apoteosi biancoceleste.
Allegri cambia e leva Benatia e Cuadrado, peggiori in campo, mettendo De Sciglio e Douglas Costa. Niente da fare. Nemmeno Pjanic, graziato da Massa per un fallo di reazione, sembra avere più il piede fatato su punizione. Ce l’ha invece Dybala che si ricorda di avere il 10 di Del Piero e segna una punizione alla Pinturicchio. Poi realizza il rigore che sembra allungare il tempo della speranza. Ma questo è il tempo della Lazio e dei suoi giovani. Lukaku fa una cosa alla Garrincha e Murgia fa esplodere la Nord in un boato pazzesco. Superiore anche a quello prodotto dal tonfo della Vecchia Signora che deve subito correre ai ripari. Una vittoria da Lazio, da batticuore. Da lacrime. E nella notte del successo in Supercoppa, Keita è un ricordo in bianco e nero mentre Roma si tinge ancora una volta di biancoceleste.
Tratte dal Corriere dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
L’aveva già vinta la Supercoppa, sempre con la Lazio. Era un ragazzo lui e allenava i ragazzini della Primavera. Questa fa un altro effetto, perché l’ha conquistata contro la Juve vera, con un’ora da padrone del campo, subendo la rimonta e segnando quando nessun laziale ci sperava più. Questa è una vittoria che sa tanto di Inzaghi, che porta i segni della sua astuzia. Se a Simone dai un euro, la settimana dopo te ne restituisce dieci. La Lazio non segnava 3 gol contro la Juve da marzo 2001 (4-1), non segnava in assoluto da maggio 2015, zero gol nelle ultime 7 sfide, aveva perso le ultime 10 ufficiali con un parziale di 20 gol a 1. E lui, Simone, aveva perso le ultime 4 contro Allegri senza segnare mai. Ora parla di orgoglio, di sacrifcio, di lavoro. "Avevo detto ai giocatori che per battere la Juve ci voleva una partita di squadra, di gruppo. Sono orgoglioso di allenare questi ragazzi". Sul mercato: "Sappiamo qual è la situazione, domani (oggi, ndr) parlerò col presidente. Abbiamo un direttore (Tare, ndr) che lavora 24 ore al giorno per la Lazio. Anche l’anno scorso, quando avevamo preso Luis Alberto, avevo sentito un po’ di voci, in questa partita ha dimostrato di essere un grande giocatore. Non abbiamo i mezzi delle altre ma siamo arrivati davanti a queste squadre. Proveremo a farlo anche quest’anno".
Sulla vittoria: "È stata fatta giustizia perché la Lazio ha meritato la Coppa. La squadra sta bene fisicamente, ha lavorato dal 4 luglio per questa partita perché volevamo la rivincita della Coppa Italia. Abbiamo fatto la partita perfetta, abbiamo concesso poco o nulla. Abbiamo preso due gol su due palle inattive". Su Keita conferma: "Penso se ne sia parlato anche troppo. Anderson era indisponibile, ma Keita non l’ho visto sereno e quindi sono andato avanti con questi ragazzi. Abbiamo battuto la Juve che rispetto a noi compete per altri trofei, ma abbiamo dimostrato che con l’abnegazione tutto può succedere". Sono tutti per lui, non solo nella Nord, ma anche negli spogliatoi. Prima arrivano dai suoi tifosi, poi dai suoi giocatori. "Il nostro segreto è il lavoro e il grandissimo sacrificio. Questi ragazzi sono la mia fortuna, si sacrificano tutti. E’ una grande soddisfazione che ci porteremo dietro per tutta la vita. Anche chi è entrato dalla panchina è stato importantissimo per vincere questa coppa. Ora ci godiamo il trionfo, poi da domenica si penserà al campionato, testa alla Spal, sarà una partita importante e delicata. In questo anno e mezzo siamo cresciuti molto. I complimenti di Allegri mi rendono orgoglioso".
L'uomo giusto al posto giusto. Chissà quante volte Alessandro Murgia avrà sognato un finale così, lui che con la Lazio ci è cresciuto e che la maglia biancoceleste l'ha sempre vissuta e indossata come fosse una seconda pelle. Lukaku che ne se va sulla sinistra, cross in mezzo e piattone di Murgia: 3-2, Juventus sconfitta e Supercoppa al cielo. Non è un sogno, è la realtà. Ma il ragazzo stenta a crederci: "Ancora non mi rendo conto di quello che è successo - ha dichiarato quasi commosso al termine della gara - è stato un finale incredibile, ricco di emozioni per tutti. Ci meritavamo questo trionfo, siamo una grande squadra". E pensare che da bambino i suoi allenatori lo vedevano attaccante e lui, testardo e coraggioso, chiedeva di giocare a centrocampo, lì dove il gioco va costruito invece che finalizzato. Ha avuto l'intelligenza e l'umiltà di arretrare il raggio d'azione e adesso si è ripreso tutto con gli interessi, in una partita che lo fa entrare nell'ultracentenaria storia della Lazio dalla porta principale. La mossa tattica vincente l'ha azzeccata Inzaghi, facendolo entrare a 10' dalla fine al posto di un Lucas Leiva che aveva dato tutto.
Murgia non era tra i protagonisti più attesi, è diventato l'idolo dei laziali. Una gioia immensa per uno che si è sempre dichiarato tifoso prima che giocatore: "Erano in tanti a sostenerci, siamo felici per i tifosi. I laziali ci sono sempre stati vicini. Questa coppa la alziamo al cielo insieme a loro". La sua storia a tinte biancocelesti è legata a quella di Simone Inzaghi che ne ha fatto prima un punto fermo della sua Primavera - dove ha vinto due Coppa Italia e una Supercoppa - e poi uno dei giovani più promettenti della prima squadra, dove ha debuttato nella scorsa stagione segnando due gol in Serie A. Il tecnico ci ha puntato sempre, sottolineando la sua fiducia quando, a metà della scorsa stagione, ha preferito lasciar partire Cataldi piuttosto che perdere il suo talento. "Abbiamo il carattere del nostro tecnico - ha spiegato il centrocampista - Ci abbiamo sempre creduto, anche quando la Juventus ha pareggiato. Chi va in campo con questa maglia dà sempre tutto ed è merito del lavoro di Inzaghi e del suo staff tecnico. Noi non molliamo mai». Non poteva che essere il giovane Alessandro l'uomo del destino, l'eroe nella notte dell'Olimpico.
S’è spogliato sotto la Curva Nord, una festa meravigliosa e infinita per il bomber-trascinatore della Lazio, non voleva più lasciare il prato dell’Olimpico. E’ stata la grande notte di Ciro Immobile, raggiunto dalla moglie Jessica e dalle sue bambine (Giorgia e Michela) in campo, quando la Supercoppa sfilata alla Juve passava ancora da una mano all’altra e Lotito, per una volta, si godeva il trionfo vicino ai suoi ragazzi, senza essere respinto dai tifosi. Un gol su rigore, un altro di testa, quasi fosse salito sull’ascensore per rubare il tempo a Benatia. Doppietta da favola per il centravanti azzurro, sotto gli occhi del ct Ventura, il suo maestro. Non aveva mai battuto la Juve in carriera. Dieci precedenti, un pareggio e nove sconfitte il suo bilancio. L’ha riequilibrato con novanta minuti da paura, correndo sino allo sfinimento, seminando il panico nella difesa bianconera, spaccata in contropiede nell’azione del rigore conquistato e trasformato con la palla nell’angolo, dove il suo amico Buffon non sarebbe potuto arrivare. E poi il bis di testa, non proprio la sua specialità, saltando davanti a Benatia e Chiellini. Dentro la partita di Ciro, però, c’è stato anche tanto altro. Corsa, contrasti, rientri, dando un aiuto a centrocampo come gli aveva chiesto Inzaghi. "Sapevamo di dover fare una partita diversa rispetto alla finale di Coppa Italia e la stiamo interpretando in maniera perfetta. Servirà sicuramente qualcosa in più, non ci dobbiamo accontentare e cercare il secondo gol. La Juve è sempre pericolosa" aveva raccontato nell’intervallo ai microfoni Rai.
Ci aveva visto giusto, perdendo la pazienza solo al novantesimo, subito dopo il pareggio di Dybala su rigore, prima di andare in estasi per il gol decisivo di Murgia sotto la Nord. L’incantesimo spezzato. E una coincidenza clamorosa, perché Ciro il 13 agosto 2014 aveva vinto la Supercoppa di Germania con la maglia del Borussia Dortmund battendo il Bayern Monaco. Ieri, dopo la partita, lo ha salutato via social il suo amico Aubameyang, quel giorno facevano coppia nell’attacco di Klopp. "Immobile on fire, bella frate" il tweet dell’attaccante gabonese. Ciro a notte fonda ha festeggiato davanti ai microfoni. "Sono emozionato, ho pianto a fine partita, la squadra ha dato tutto. La gente meritava la Supercoppa. Ora godiamoci la vittoria, ci dà fiducia per il campionato". Generosità infinita. "Fa parte del mio carattere, lo dimostro in campo e fuori, a volte Jessica mi dice che lo sono troppo. Ma sono così e non mi piace perdere". Non smette di segnare. "Se la squadra gioca così, ne traggo beneficio al 200 per cento. Sarà difficile riconfermarsi, con il lavoro e con la caparbietà si può dare il massimo. Io cerco di trarre il massimo". Un gol di testa. "Bello, stranamente di testa, non ne faccio tanti. Non mi sembrava vero tra due mostri come Benatia e Chiellini".
Ha corso senza fine. "Bisogna fare entrambe le fasi e restare lucidi davanti alla porta. Grazie al prof Ripert, stavo bene, solo alla fine ero un po’ stanco, ma a stagione appena iniziata ci può stare". E’ stata la Lazio dei capitani. L’Olimpico ha riservato un’ovazione a Senad, alla prima con la fascia al braccio. S’è emozionato raccontando una vittoria memorabile. "Si sono visti undici giocatori che non mollavano su ogni pallone, lo avevo detto già sabato in conferenza, questo era l’unico modo, giocando così e da squadra si poteva battere la Juve". Inzaghi ha indovinato ogni scelta. Una punta sola, grande densità. "Avevamo velocità e qualità in mezzo al campo con gli uomini giusti, ha funzionato tutto sino all’ottantesimo. Negli ultimi dieci minuti abbiamo sofferto e dormito, prendendo due gol da evitare, faccio i complimenti a Lukaku e Murgia, sono entrati bene e hanno deciso la finale".