8 agosto 2015 - Supercoppa Italiana - inizio ore 20.00 (14.00 italiane)
JUVENTUS: Buffon, Barzagli, Bonucci, Caceres, Lichtsteiner, Sturaro (90' Pereyra), Marchisio, Pogba, Evra, Coman (61' Dybala), Mandzukic (80' Llorente). A disposizione: Neto, Rubinho, Isla, Rugani, Parodi, Padoin, Vitale, Tello, Zaza. Allenatore: Allegri.
LAZIO: Marchetti, Basta, de Vrij, Gentiletti, Radu, Onazi, Biglia, Cataldi (75' Kishna), Candreva, Klose (62' Djordjevic), F. Anderson (88' Morrison). A disposizione: Berisha, Guerrieri, Patric, Konko, Mauricio, Hoedt, Milinkovic, Oikonomidis, Keita). Allenatore: Pioli.
Arbitro: Sig. Banti (Livorno) - Assistenti Sigg. Cariolato e Meli - Quarto uomo Sig. Damato - Assistenti arbitrali aggiunti Sigg. Rocchi e Tagliavento - Arbitro di riserva Sig. Musolino.
Marcatori: 69' Mandzukic, 72' Dybala.
Note: nessun ammonito. Angoli 0-1. Recuperi: 0' p.t., 4' s.t.
Spettatori: 30.000 circa.
La Gazzetta dello Sport titola: "La nuova Juve subito in paradiso. In 4' Mandzukic e Dybala mandano la Lazio k.o. I bianconeri a Shanghai conquistano il primo trofeo della stagione. Pogba è già leader, ma la svolta la dà l'argentino con l'ingresso nella ripresa. Biancocelesti lontani dal top".
Continua la "rosea": Dybala e Supercoppa. Tutto in una notte. Non poteva pretendere di più Allegri da Shanghai. E non poteva fare di più la Lazio, pericolosamente lontana dagli standard campionato, con la Champions che incombe, con gambe e testa che non rispondono. Molti interrogativi bianconeri restano, Tevez, Pirlo e Vidal non li cancelli con una magia cinese, però il 2-0 illumina la ricerca della nuova identità: segnare può essere più facile che in passato, con l'irriducibile croato là davanti. Meno semplice costruirgli il gioco attorno: perché non c'è chi possa fare il doppio, immenso lavoro di Tevez, attaccante e play avanzato. Esatto: alla Juve serve maledettamente un regista, anche atipico, un "8 e mezzo" se non un "10" di ruolo, che dia meno casualità alla circolazione della palla, avvicinando i reparti. Discorsi da fare dopo le celebrazioni della 7° Supercoppa (record), 8° successo dell'era Conte-Allegri. Ma non si riparte tutti da zero, questo no: la Juve è sempre avanti. Aspettando il centrocampista, la distanza sulle inseguitrici potrebbe essersi ridotta. E probabilmente Tevez sarà rimpianto più dell'ultimo Pirlo. In fondo Marchisio s'era preso maglia e responsabilità da play con naturalezza, senza far rimpiangere troppo il predecessore. Colpi e qualità diverse, meno genio, ma più protezione della difesa. Una volta memorizzati i movimenti del regista, il suo agonismo aveva addirittura facilitato il passaggio alla difesa a quattro. E soprattutto c'era Tevez con cui dialogare in fase d'impostazione. Quello che manca alla nuova Juve: limite che Pioli intuisce al punto da virare il consolidato 4-3-3 in una specie di 4-2-3-1, spostando Cataldi al centro per togliere libertà e creatività a Marchisio. Bella mossa, in teoria, ma c'è la controindicazione: con o senza "schermo", lo juventino non è ispiratissimo e così la Lazio finisce col perdere peso a centrocampo dove Biglia non ha 90', ben inseguito da Sturaro, e Onazi non può opporsi a Pogba. Del limite si rende conto anche Allegri. Non è un caso che, dopo tanti pensieri, s'affidi saggiamente allo storico 3-5-2, recuperando un ottimo Barzagli e inserendo soltanto un nuovo: Mandzukic.
A sorpresa il partner d'attacco è Coman che però spreca un'altra occasione e, leggero com'è, permette alla Lazio di non soffrire troppo in difesa. La storia cambia improvvisamente quando, dopo un'ora, arriva il momento di Dybala. Non è un caso che in 12' la Juve la metta dentro due volte: prima Mandzukic di testa, su cross al millimetro di Sturaro; poi Dybala, ancora su azione del croato, imprecisione di Onazi e assist in area di Pogba. Due debuttanti, due gol (per non dire della rete sprecata dal croato, lanciato tutto solo da Pogba a inizio ripresa). Pogba, appunto. Sempre più dentro la Juve. Trequartista il francese non lo sarà mai, non ha movimenti e testa, però quel "10" gli dona: per quasi un'ora sembra di un altro pianeta, una mezzala mai vista, che corre sulla fascia come un esterno, dribbla come un fantasista, recupera palloni impossibili come un mediano, poi ogni tanto esagera. Questo Pogba può davvero fare la differenza con strappi, incursioni e aperture improvvise. Mandzukic non si ferma mai ed è un centravanti nato. Dybala è più pronto di quanto Allegri immaginasse ma "sente" di non essere al centro dell'attenzione, come nel Palermo, dove osava spesso l'impossibile riuscendo nell'impresa. E manca ancora Morata. Un avversario meno fragile della Lazio avrebbe forse affollato il centrocampo e chiuso le non esaltanti linee di passaggio juventine. Forse anche un 4-4-2 poteva essere utile: lo studio tattico del match spiega come la tendenza di Candreva (almeno lui generoso) e Anderson (deludente) ad accentrarsi abbia impoverito le difese di Basta e Radu, costretti a restare bassi, e soprattutto il secondo a subire le prepotenze di Pogba. In più i bioritmi negativi di Klose, la condizione precaria di de Vrij, la non totale serenità di Biglia: la Lazio sa giocare, e per un po' la manovra si sviluppa con continuità, ma dietro cede e davanti deve fare i conti con l'arma segreta della Juve. La difesa. Dove non si passa: Bonucci è essenziale e Caceres non sbaglia una diagonale. Neanche l'entrata di Djordjevic per Klose risveglia l'attacco, benché Kishna sembri un'interessante variazione sulla fascia sinistra. Ma è il tempo di svegliarsi: per la Lazio, i preliminari con il Leverkusen sono più importanti della Supercoppa. E a questi ritmi le prospettive non sono delle migliori.
Il Corriere dello Sport titola: "Mandzukic e Dybala cin cin Juve. A Shanghai i due nuovi attaccanti bianconeri segnano e brindano in coppa all'esordio stagionale vincente. Tanto equilibrio, poi l'uno-due decisivo".
Prosegue il quotidiano sportivo romano: I cannibali della Juve hanno vinto la Supercoppa, centrando l'ottavo titolo in quattro anni tra la gestione Conte e Allegri, la soluzione migliore (come duttilità tattica) per gestire una fase di ricambio generazionale come questa. La Lazio è come se si fosse allenata a Shanghai in previsione dei preliminari, dove servirà un'impresa vera per superare i tedeschi del Bayer Leverkusen. Troppi giocatori in ritardo, nuovi acquisti di prospettiva ma appena arrivati per poter essere subito decisivi, i soliti dubbi sull'attacco affidato a Klose e Djordjevic, ieri impalpabili. Basteranno per entrare in Champions? Un colpo come Mandzukic ancora Lotito non se li può permettere e forse è proprio questa la differenza, almeno vista ieri a Shanghai, tra la terza e la prima dell'ultimo campionato. Lo avesse avuto la Lazio forse sarebbe finita in modo diverso. Allegri ha vinto con un gol del croato e un altro di Dybala (subentrato a Coman), i due attaccanti presi per cancellare il rimpianto di Tevez. Senza Vidal e Pirlo, tutto il resto era ancora la vecchia, cara Juve, finalista di Champions. La Lazio, invece, non è ancora ai livelli di forma della passata stagione, bisognerà interrogarsi sullo spiritoe e le motivazioni di alcuni giocatori (su tutti il nuovo capitano Biglia) e all'orizzonte, dichiarato chiuso il mercato, non ci sono nuovi acquisti in grado di decidere. Porteranno qualcosa di nuovo nel tempo, ma agosto è adesso e queste settimane indirizzeranno la stagione. E' come se la Lazio portasse avanti il suo progetto slegato dagli impegni a cui è chiamata.
Non è stata una partita entusiasmante. Il vento disturbava e il campo osceno per una finale di Supercoppa non hanno certo aiutato. Allegri ha puntato sul 3-5-2, Pioli ha risposto con un 4-2-3-1 elastico, di fatto ruotando la posizione di Cataldi. Era un trequartista di contenimento e per un'ora ha giocato bene, muovendosi tra le linee e tamponando l'azione di Marchisio. Duelli individuali a centrocampo, l'unico modo per giocare una partita in cui conta solo il risultato. Davanti, però, mancava l'ultimo passaggio. Candreva non è riuscito a rifinire alcune azioni pericolose. Felipe non è quasi mai partito. Il primo tiro in porta della Lazio è arrivato con Radu al minuto 53, la Juve ci aveva provato con Lichtsteiner al ventisettesimo. Il primo tempo è scivolato via a ritmi molto lenti, quasi esasperanti, tra rimbalzi strani e stop improbabili del nuovo pallone della serie A che sul quel campo ha fatto uno strano effetto. Zero angoli, neppure uno straccio di occasione pulita. La riprese si è aperta con il gol divorato da Mandzukic (uscita di Marchetti) ed è proseguita in equilibrio sino al 24', quando una palla persa da Felipe e l'inserimento di Sturaro hanno prodotto la scossa. Bellissimo il cross del centrocampista under 21, ancora più bello lo stacco di Mandzukic tra de Vrij e Basta. Uno schiaffone per la Lazio, abituata a prendere due gol alla volta e non uno solo. Quattro minuti dopo ecco il raddoppio dell'argentino. Strappo a destra e cross di Mandzukic, palla spizzata da Onazi, assist di Pogba e sinistro volante di Dybala. Partita chiusa.
Il Messaggero titola: "La Juve stende la piccola Lazio. In Cina i bianconeri ripartono da dove avevano lasciato: battendo i biancocelesti. Male la squadra di Pioli, sbiadita e senza attacco. Decidono Mandzukic e Dybala".
Prosegue il quotidiano romano: La Juventus che vince non fa notizia: a Shanghai ha arricchito la bacheca conquistando anche la Supercoppa. Un successo firmato nella ripresa dai nuovi Mandzukic e Dybala che, nello spazio di neppure 5 minuti, hanno spezzato l'equilibrio e cambiato il destino di una partita deludente. Da una parte una Lazio sbiadita, dall'altra una Juventus appena sufficiente che ha sfruttato la qualità di alcuni singoli. Ai biancocelesti non sono bastati i guizzi di Candreva e di Anderson, per sperare di portare a casa il trofeo, poca la personalità complessiva, scarsa la forza d'urto. La squadra, preoccupata di non concedere spazi, è rimasta ancorata su posizioni di attesa e i centrocampisti non hanno mai appoggiato la manovra offensiva, così l'evanescenza è diventato un limite insormontabile. Una gara povera di contenuti, più tattica che giocata, che ha alimentato qualche rimpianto in casa Lazio perché l'avversario è apparso sottotono e sarebbe bastato poco di più per batterlo. La vittoria dei bianconeri è stata meritata, anche se non facile. Allegri ha cambiato formazione all'ultimo, optando per la difesa a 3, senza il trequartista, proprio per bloccare le fasce, con Lichtsteiner ed Evra, settori dove la Lazio poteva creare pericoli: con queste scelte ha di nuovo vinto il duello con Pioli e la Supercoppa.
E ha indovinato anche nel mandare in campo Dybala nella ripresa in quanto l'argentino, oltre a conferire vivacità alla manovra, ha siglato il 2-0. Tra i biancocelesti sono stati in pochi a meritare la sufficienza piena e sono emersi gli stessi problemi delle amichevoli, quelli che dovranno essere risolti in fretta per non pregiudicare le possibilità di qualificazione in Champions. Una squadra, la Lazio, che produce poco e che incassa troppi gol. La coppia centrale ha sofferto la tracotanza fisica di Mandzukic che ha sbloccato il risultato con un colpo di testa, il suo pezzo forte, e avviato l'azione del raddoppio. Era l'elemento più incisivo e temibile: de Vrij e Gentiletti avrebbero dovuto concedergli meno libertà. Il tecnico ha poi tenuto troppo tempo in panchina i nuovi, schierandoli solo nel finale quando ormai la partita era decisa. Avrebbe dovuto osare qualcosa di più prima, se davvero voleva giocarsela fino in fondo, invece di penalizzare ancora Klose con un cambio (con Djordjevic, come nella passata stagione) che non prodotto niente di concreto. Ma questo è un canovaccio già visto e rivisto, l'allenatore emiliano ha così perso la quarta sfida consecutiva contro la Juventus. La Lazio ha confermato ritardo di condizione, difficoltà di gioco e prevedibilità. I campanelli d'allarme, scattati nelle sconfitte d'estate, hanno trovato conferma in Cina perché, bloccati Candreva e Anderson, la squadra diventa prevedibile e con poche risorse offensive, anche se vanno comunque considerate le assenze di Parolo e Lulic.
C'era interesse per vedere i rinforzi, sui quali la società ha puntato forte, ma hanno giocato soltanto un inutile scampolo di gara. Se davvero il tecnico credeva in Kishna e Morrison, perché non li ha impiegati in anticipo? La Juve ha perso la qualità e la velocità di Tevez ma ha trovato esperienza e forza nell'ariete croato, pericolosissimo sui cross, e la fantasia di Dybala. Forse sarà meno forte dello scorso anno ma comunque resta la squadra migliore, con ottime risorse anche dalla panchina e in attesa di altri rinforzi. Quelli che anche Lotito dovrebbe acquistare.
Tratte dal Corriere dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
Spirito e cuore, ha ricominciato a vedere la Lazio. E' una notte triste e senza lampi, Pioli avrebbe bisogno di una scossa e di un entusiasmo volato via in due mesi non si sa come. Non era semplice battere la Juve e prendersi la Supercoppa, ma ora ci vorrebbe un gol, oppure un centravanti in forma, per tornare a sorridere. A nove giorni dal preliminare con il Bayer Leverkusen, i progressi rispetto all'amichevole di Mainz non possono bastare. Il dato statistico dice quinta sconfitta consecutiva dell'estate, la prima in una partita ufficiale. "Volevamo vincere, contava solo il risultato, non possiamo essere soddisfatti, ma per la prima volta ho rivisto la Lazio che mi piace, con spirito e cuore. Da una situazione sfortunata, un rimpallo di Felipe, è nato il primo gol della Juve. Loro sono stati bravi a punirci, il campo non aiutava. Chi andava in vantaggio per primo aveva buone possibilità di vincere. Questa finale, però, mi dà grande speranza, ci potremo togliere delle soddisfazioni". Pioli è abituato a pensare positivo e ricordando come stava la Lazio dieci giorni fa questo dovrebbe essere già considerato un bel passo avanti. Chi era davanti alla tv, invece, c'è rimasto male. "Dobbiamo migliorare in tutte le situazioni, alzando il livello, perché presto ci sarà un appuntamento importante, ma credo ci arriveremo bene". Il dibattito infuria sul centravanti. Klose e Djordjevic basteranno? Pioli s'è aggrappato e ha spesso risolto con il gioco. I suoi dovranno tornare a correre forte. "Nella fase offensiva dobbiamo migliorare, ritrovando lo spunto vincente. Devono inserirsi di più i nostri centrocampisti, torneranno a inserirsi. La Lazio non è stata perfetta, lavorando bene nei prossimi giorni ci faremo trovare pronti per il preliminare e per l'inizio del campionato".
E ancora. "C'è mancato l'ultimo passaggio, la Juve ha vinto la partita facendo benissimo un cross. Mandzukic ci ha sorpreso. C'è stato un errore in marcatura. Riuscivamo a creare situazioni che ci potevano portare in vantaggio, ma è sempre mancato qualcosa per finalizzare". L'olandese ex Ajax è entrato bene. "Kishna è un giocatore di qualità, veloce, un mancino, ne avevamo bisogno, penso abbia fatto bene, deve andare di più in profondità, non ricevere la palla addosso, ha avuto problemi di salute, non si è allenato con continuità. Ci può aiutare, ha buone qualità". Pioli non ha cercato alibi. "Inutile attaccarsi alle condizioni del meteo e del campo, perché erano uguali per le due squadre. Juve e Lazio hanno faticato a livello fisico e tecnico, ci sono stati errori inusuali". La risposta mentale c'è stata. "Non credo che siamo mancati a livello caratteriale, abbiamo vinto tanti duelli e combattuto ad armi pari. La squadra teneva bene il campo, l'errore è stato non marcare bene Mandzukic sul cross. Quando vai sotto è difficile riprendere la partita e attaccare, ma dal punto di vista caratteriale ho rivisto lo spirito della squadra che voglio". Ancora una sconfitta con i bianconeri. "La Juve è la più forte d'Italia, arrivare già in finale significa aver fatto buone cose, dobbiamo guardare al futuro, ho rivisto lo spirito giusto, ora ci credo ancora di più".
Per settanta minuti è stato equilibrio totale. "La Juve ha cambiato tanto, ma l'unico nuovo era Mandzukic. Abbiamo giocato alla pari, mancavano due come Parolo e Lulic. Klose e Djordjevic hanno avuto dei guai, de Vrij e Radu erano alla prima partita, Biglia si allena da una settimana". La stagione si decide in 180 minuti durissimi con i tedeschi. "Con il Bayer Leverkusen saranno due partite complicate, noi non siamo molto contenti di incontrare loro, ma anche loro di incontrare noi. Prevedo due partite equilibrate. Ci vogliamo arrivare bene. Sono contento di giocare la prima in casa davanti ai nostri tifosi". L'Olimpico si trasformi in un alleato.
Dalla Gazzetta dello Sport:
Delusione per l'ennesima coppa sfumata (e ancora contro la Juve), ma anche l'orgoglio e la soddisfazione di aver ritrovato la sua squadra. Nonostante il k.o., nonostante la nuova occasione fallita di mettere le mani su un trofeo, Stefano Pioli applaude ugualmente la Lazio. "Per la prima volta in questa stagione siamo tornati a esprimerci come è nostra abitudine. Mi è piaciuto l'impegno, il cuore che ci abbiamo messo, purtroppo non è bastato. È stata una partita equilibrata in cui contava solo il risultato. L'ha decisa un episodio, un cross indovinato dei nostri avversari. Ma la Lazio è tornata a giocare da Lazio e questo mi conforta, anche se resta l'amarezza di non aver portato a casa la coppa". In effetti, specie nella fase centrale del primo tempo, i biancocelesti avevano dato l'impressione di poter mettere le mani sul match. "Ci è mancato l'ultimo passaggio. Avevamo preso il controllo delle operazioni, ma non siamo riusciti a sferrare il colpo vincente". Cosa di cui è stata invece capace la Juve nella ripresa. "Tutto è nato da un rimpallo sfavorevole di Anderson che ha favorito l'incursione di Sturaro. Ma Mandzukic andava controllato meglio". Supercoppa addio, ma non c'è tempo per rammaricarsi. "Tra dieci giorni ci aspetta la gara di andata del playoff di Champions. Quello è un appuntamento che non possiamo assolutamente fallire. Ma dopo questa prestazione con la Juve sono sicuro che contro il Leverkusen saremo all'altezza della situazione".
Nota: aspre polemiche si sono registrate in riferimento alle riprese televisive della partita proposte al pubblico e sulle condizioni del manto erboso del campo. Negli articoli che seguono, tratti dal Corriere dello Sport, il racconto di questi eventi.
Il caso TV. Colpa dei cinesi. La Rai è furiosa. Regia e telecamere di Shanghai Tv in tilt. La Lega si scusa: "Non accadrà mai più".
Tutta colpa dei cinesi. Hanno reso difficile la serata allo Shanghai Stadium per i piedi raffinati di juventini e laziali, ma hanno anche reso impossibile il nostro stano pomeriggio, sul divano o sulla sdraio in spiaggia, per questa Supercoppa all'ora di pranzo o giù di lì. Un disastro la diretta tv dalla Cina, non c'è altro modo di dirlo. E l'accostamento terreno di gioco-service tv non è casuale e spiegheremo il perché. Restando per ora sulla tv, la colpa è del service che ha prodotto l'evento, Shanghai Tv, che per la prima volta si è cimentato con la Supercoppa Italiana. Nelle precedenti edizioni di Pechino, infatti, l'evento era stato ripreso da CCTV, la tv di stato cinese, decisamente più abituata alla copertura dei grandi appuntamenti - dalle Olimpiadi alla Formula 1, per esempio - secondo elevati standard di qualità. Quelli ai quali, per esempio, è abituata la Rai. Che ha potuto fare ben poco, se non scusarsi immediatamente e ripetutamente con i telespettatori, come ha fatto in telecronaca Alberto Rimedio. Poi le scuse le ha ricevute la Rai: Infront le ha fatte a Rai Sport, Beretta per conto della Lega al dg di Viale Mazzini, Antonio Campo Dall'Orto, contatto che è il preludio ad un incontro. "Abbiamo scelto una linea chiara, chiedere scusa ai telespettatori, facendo capire che la Rai non c'entra nulla", spiega Carlo Paris, direttore di Rai Sport. La Rai ha acquisito, per 67 milioni di euro, i diritti alla messa in onda della Supercoppa italiana per tre stagioni, ma la produzione dell'evento resta in carico alla Lega. Nel caso della Cina, per quel vecchio contratto scaduto proprio con questa edizione, la produzione tv è stata affidata interamente alla UVS, la United Vansen Sport, l'advisor locale che ha garantito 3,3 milioni di "borsa" (1,5 a testa per le due squadre).
Quest'anno la UVS ha deciso di affidarsi ad un'altra emittente e al suo regista, chiamato all'improvviso a controllare 18 telecamere senza sapere come fare. "E' una mia vecchia battaglia: l'editore che trasmette un evento deve avere un controllo, almeno il regista deve essere il nostro, questo per poter costruire il racconto come vogliamo. E noi in Rai abbiamo grandi registi. Per me la regia è sovrana, insieme alla telecronaca, ed è indice di grande libertà", aggiunge Paris. Chiara la nota del Cdr Rai: "Tornare ad avere registi Rai per le partite che mandiamo in onda. E' questa l'unica ricetta possibile per evitare figuracce". La linea della Lega è chiara: grande rammarico per i tifosi italiani, una cosa del genere non accadrà più. Anche perché il contratto con la Vansen Sport è appena scaduto. E la Vansen - e qui torniamo sulla questione dell'erba - è quella che ha impedito agli agronomi italiani di intervenire sul terreno di gioco. Se non altro non ha impedito agli uomini della Lega, guidati dal dg Brunelli, di entrare nel pullmino della regia nell'intervallo per dare alcune dritte al regista: meno telecamere e replay solo a palla ferma. Su un campo così era difficile inquadrare la porta e il regista in effetti c'è riuscito raramente. Fa quasi sorridere allora il fotogramma simbolo del sabato cinese: l'arbitro fischia la fine del primo tempo ma il cronometro è ancora a 43 minuti e 30 secondi. Ma si sa: in Cina, il Paese largo quattro ore che usa però un solo fuso per tutti, il tempo è un concetto più relativo che altrove.
L'altro caso. Wang Hui e il terreno della vergogna.
Sabbia per riempire le buche, erba buttata sul terreno per regalare un effetto cromatico diverso al campo spelacchiato. I cinesi ieri hanno provato invano a nascondere la vergogna dello stadio di Shanghai senza peraltro salvare da una figuraccia il calcio italiano. Ha vinto Wang Hui, il capo della UVS (United Vansen Sport): ha finito di pagare la Lega di serie A, era l'ultima edizione da contratto della Supercoppa, e ha imposto le sue regole, disattendendo gli accordi presi a luglio. Niente agronomo e giardinieri italiani, tenuti fuori dallo stadio anche ieri, dopo una trattativa durata cinque ore con Lotito, con il presidente Beretta e con il direttore generale Brunelli venerdì notte. La UVS avrebbe dovuto dare in gestione alla Lega il campo da mercoledì 5 agosto, il giorno dopo l'amichevole tra il SIGP (la squadra di Eriksson e l'Atletico di Madrid, invece non l'ha fatto. Quattro giorni sarebbero bastati per risistemarlo all'agronomo Giovanni Castelli (a Shanghai da metà luglio) e ai suoi giardinieri, che avevano lavorato sui campi di allenamento consegnati a Juve e Lazio. E' stata una brutta finale su un campo indecente: il pallone rimbalzava male, le zolle di terra saltavano per aria. Mercoledì 5, come ha fatto sapere la Lega, all'ultimo sopralluogo per l'ispezione sul campo avevano partecipato anche la Lazio e la Juve. In quel momento esistevano due possibilità: tornare a casa e non giocare la Supercoppa oppure, come tutti ritenevano, lavorare sul campo. La variabile Wnag Hui ha, però, fatto saltare il piano.