20 gennaio 2019 – Napoli, stadio San Paolo - Campionato di Serie A, XX giornata - inizio ore 20.30
NAPOLI: Meret, Malcuit, Albiol, Maksimovic, Mario Rui, Callejon (87' Hysaj), Fabian Ruiz, Diawara (72' Verdi), Zielinski, Milik, Mertens (82' Ounas). A disposizione: Ospina, Karnezis, Ghoulam, Luperto, Rog. Allenatore: Ancelotti.
LAZIO: Strakosha, Luiz Felipe (28' Bastos), Acerbi, Radu, Lulic, Parolo, Leiva, Milinkovic (72' Patric), Lukaku (46' Correa), Luis Alberto, Immobile. A disposizione: Proto, Guerrieri, Wallace, Durmisi, Badelj, Cataldi, Berisha, Neto, Caicedo. Allenatore: S. Inzaghi.
Arbitro: Sig. Rocchi (Firenze) - Assistenti Sigg. Tegoni e Alassio - Quarto uomo Sig. Massa - V.A.R. Sig. Manganiello - A.V.A.R. Sig. Peretti.
Marcatori: 34' Callejon, 37' Milik, 65' Immobile.
Note: espulso al 70' Acerbi per doppia ammonizione. Ammonito al 20' Milinkovic, al 36' Acerbi, al 90'+1' Lulic tutti per gioco falloso, all'87' Luis Alberto, all'88' Zielinski per comportamento non regolamentare. Angoli 7-8. Recuperi: 2' p.t., 6' s.t.
Spettatori: 19.448, per un incasso totale di Euro 438.247.
? La Gazzetta dello Sport titola: "Napoli calda. Notte a -6. Milik & Callejon gol e pali. Lazio stesa, Juve piĂą vicina. Mancano quattro titolari, ma la squadra di Ancelotti dĂ spettacolo e lotta. Bianconeri a tiro, in attesa del posticipo di oggi".
Continua la "rosea": Una notte da Napoli, una notte a meno sei dalla Juve, anche se oggi la Signora ospita il derelitto Chievo e il meno sei sembra un'illusione ottica. La vittoria sulla Lazio è però importante per diversi motivi. Perché mancavano Koulibaly, Allan, Hamsik e Insigne, più di un terzo dei titolarissimi. Perché Fabian Ruiz ha confermato d’essere il nuovo straniero più interessante della Serie A 2018-2019, CR7 escluso. Perché il Napoli di Ancelotti ha una visione più laica del gioco, rispetto al meraviglioso "talebanesimo sarrista", e dunque, se resterà attaccato alla ruota della capolista, sarà meno volubile. Perché Milik ha ritrovato il tempo perduto nelle cliniche e oggi si mostra per quello che è, un gran centravanti, di fisico forte e di tecnica asciutta, essenziale, esatta. La Lazio ha cominciato con discreta baldanza, ma le buone intenzioni si sono affievolite presto. Al Napoli è bastato alzare la velocità dello scorrimento del pallone e le occasioni hanno preso a fioccare come le nespole di biscardiana memoria. La Lazio è andata in affanno. A ogni uscita dal basso la palla scottava tra i piedi degli "inzaghiani", preda della fretta di liberarsi dell’attrezzo.
La squadra ha cominciato a lanciare o a sbagliare passaggi in impostazione, esercizio ad alto rischio contro un avversario rapace. Milik ha scosso due pali e il primo è stato una palese ingiustizia, la bellezza del gesto tecnico del polacco avrebbe meritato il gol: una girata prepotente e fulminea, botta inequivocabile, sintomo di forte personalità . Se la tenti con tale sicumera, vuol dire che ce l’hai dentro, che la possiedi e che non hai timore di farla valere. Il gol dell’l-O è stato frutto di una reminiscenza sarrianna. Pressione avanzata di Mario Rui, il portoghese ha rubato palla con destrezza ai tremebondi Bastos e Lucas Leiva e alla fine del percorso Mertens ha servito Callejon in coppa al suo taglio. Un "flashback" del sarrismo che fu, e non ci sia chi si offenda o pensi male, è giusto sfruttare ogni conoscenza, vecchia o nuova che sia. Il raddoppio è arrivato nello spazio di un battito d’ali. Gran punizione di Milik da posizione proto-maradoniana, con pallone all’incrocio come i migliori specialisti del genere. Il senso di Milik per le punizioni: a Cagliari aveva mandato la boccia in buca da una zolla più centrale, ieri da un punto più laterale, ma insomma, due indizi fanno una prova. "Mara-Milik", diciamo con battuta blasfema.
I fratelli Inzaghi sono ancorati al dogma della difesa a tre, retaggio di un football che odora di antico. Pippo al Bologna, complici i nuovi arrivi, sta cercando di uscirne, ieri a Ferrara ha varato un 4-3-3. Simone, nell’intervallo del San Paolo, si è corretto, forse perché ha capito che il problema principale della Lazio è diventata la prevedibilità . Il 3-5-1-1 che funzionava e piaceva nelle passate stagioni oggi sa di muffa. Lazio corretta tra i due tempi, inizio di ripresa all’insegna di un propositivo 4-3-1-2, con Correa al posto di Lukaku. Tentativo lodevole, anche se timido: pochi minuti e altro ritocco, passaggio al 3-4-1-2. Oscillazioni tattico-strategiche che però hanno ridato fiducia e colore ai laziali, più presenti e vivi, meno succubi della sana arroganza del Napoli. Tutto però sul filo degli episodi, come calcio comanda. In poco tempo il Napoli è passato dal possibile 3-0 — palo di Fabian Ruiz, il terzo colpito dagli azzurri — al 2-1 dell’inquietudine, per "colpa" o merito di Immobile, che ha disegnato un diagonale di alta precisione.
La partita è rimasta aperta nonostante l’espulsione di Acerbi per doppio giallo. La Lazio si è rimodellata con un inevitabile 4-4-1, Ancelotti ha fiutato l’aria e immesso Verdi per uno spericolato 4-2-4, ma gli "inzaghiani" hanno tenuto il Napoli sul chi vive fino all’ultimo. Inzaghi, colto da camaleontismo acuto, ha fatto in tempo a ridisegnare i suoi con un ardito 3-4-2. La fiera del cambio di sistema, ma è giusto. Come il fratello maggiore, Inzaghi ha capito che bisogna rinnovarsi. Nel calcio contemporaneo funziona, neppure per sempre, la ripetitività ossessionante, la reiterazione compulsiva, ma nemmeno il calcio di Guardiola è rimasto lo stesso di dieci anni fa.
? Il Corriere dello Sport titola: "Non basta Ciro. Splendido confronto al San Paolo con gli azzurri che piegano la Lazio, blindano la Champions e continuano a salire. Immobile, gol inutile dopo quelli di Callejon e Milik. Per il Napoli anche quattro pali! Rosso ad Acerbi".
Prosegue il quotidiano sportivo romano: Il calcio è scienza inesatta e in novantasette minuti (complessivi) esprime se stesso in ogni sua varia espressione: Napoli-Lazio è un rompicapo in cui c’è tutto, gol, prodezze, invenzioni, quattro pali partenopei, venti minuti di inferiorità per Inzaghi e poi un finale da evitare ai cardiopatici, perché dentro quella striscia di partita c’è ogni tipo di emozione e di paura, d'esaltazione e anche di umanissimo terrore. La notte è strameritatamente del Napoli ma la Lazio ne esce con fierezza, resistendo, riemergendo, credendo sino allo stremo delle proprie forze in un’impresa che avrebbe avuto del miracoloso. Il Napoli va oltre le proprie lacune - quelle ferite aperte in ogni zona del campo per le assenze di Allan, Hamsik, Koulibaly e Insigne - e pure al di là della presenza indiscutibile d’un nemico occulto, si chiama sfortuna, che l'induce a sbattere per quattro volte con la faccia sul legno; e però inventa, costruisce, crea: Ancelotti "battezza" la corsia di sinistra per osare, va attraverso l’ispirato tandem Mario Rui-Zielinski, al resto procede la capacità della squadra di aggredire il campo e lo spazio, di pressare, di esaltarsi attraverso le caratteristiche di uomini nati per stupire.
Napoli-Lazio è equilibrata, almeno così pare e poi così (quasi) diventa, e tale la rende la "paratona" di Meret su Milinkovic (5') ma quando Fabian Ruiz - che conquista la scena anche in mezzo - e Milik si prendono la partita, la Lazio si spaventa, si sgretola (guarda un po’) dopo che Luiz Felipe (27') deve arrendersi e lasciare a Bastos (e a Lulic) l’opposizione su una corsia cavalcata in scioltezza. Il Napoli ha smesso di rimpiangere il primo palo, quello che trema sulla girata strepitosa di Milik (12') e anche il secondo (22'), quello sul quale Strakosha ha scaraventato il pallone con un colpo di reni fulminante, e si è rimesso a togliere il fiato sulle uscite assai sufficienti di Leiva, tra cui quella letale: da Milik a Mertens a Callejon è un attimo che cancella venti gare di astinenza dello spagnolo e certifica che la Lazio è la sua musa ispiratrice, perché siamo al sesto gol in sei anni. La Storia di una serata gradevole, con il Napoli che esprime calcio assai cerebrale, palleggiando come gli pare anche se su ritmi non devastanti, viene scritta in centottanta secondi e stavolta, senza giri di parole, siamo al capolavoro balistico di un centravanti che ormai non sa più come evitare che si evochi un considetto fuoriclasse: la punizione al limite area è di Milik, si sa da Cagliari, e stavolta, affinché il San Paolo si esalti, la traiettoria è una ancor più una dolcissima carezza all’incrocio dei pali, un raffinato gesto da top player.
La Lazio è arrivata - dalla distanza - da Meret, l’ha fatto con Milinkovic e senza mai riuscire a trovare profondità in Immobile o aggiramento con una manovra nella quale restano marginali tutti gli altri, gli esterni e gli interni, da Lukaku a Lulic, da Leiva a Parolo. Inzaghi deve spostare il baricentro, ci prova con Correa che va al fianco di Immobile e Luis Alberto lasciato come presunto rifinitore, mentre il Napoli continua a rubare l’aria ai portatori di palla, evitando sofferenze, anzi esagerando, con una percussione fulminante di Fabian Ruiz che vale la traversa. Immobile si mette in proprio, scovando dal repertorio una mezza girata utile prima per scaldare il talento di Meret poi per riaprirla, un minuto dopo l’ennesimo palo (il quarto) di Callejon, quando non sembrano esistere le condizioni: è 2-1 e c’è da starsene svegli, per chiunque, perché il calcio fa da sè, è paradossale, e dall’espulsione di Acerbi genera stress, qualche ammucchiata, palloni che galleggiano nell’area di Meret e Strakosha. Napoli che ora è a quindici punti dal quinto posto, blindato nella sua zona Champions, e a sei dalla Juve, che però pare un’utopia. Ma novantasette minuti sussurrano che c’è una speranza....
? Il Messaggero titola: .
Prosegue il quotidiano romano:
? Tratte dal Corriere dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:
Gli arbitri non si smentiscono, a loro s’aggiunge il masochismo di Inzaghi, è lui ad infierire sulla Lazio, a fare gli autogol, le sue mosse sono diventate impopolari. La cosa buffa è che aveva promesso una squadra "propositiva", è stato il primo a non avere coraggio. L’esitazione di Simone è stata fatale. Aveva svoltato con il modulo-fantasia (3 vittorie, 10 gol fatti). E’ tornato clamorosamente indietro, ha riconfinato Correa in panchina a favore di un mediano in più (Parolo). Poi, va detto, è stato bravo a capire e a correggere la Lazio con i cambi, fino a rimettere la gara in bilico. Inzaghi non se l’è presa solo con l’arbitro Rocchi, non ha potuto farlo: "La premessa è che il Napoli ha fatto meglio di noi, ha meritato di vincere però nell’occasione del secondo gol è Callejon che si ferma, che cerca Acerbi, è stato più furbo di noi. Non so se sia fallo, ma l’ammonizione non c’era, così come non c’era il secondo giallo perché Acerbi colpisce nettamente la palla, si vede che cambia direzione. L’espulsione è inventata. Acerbi forse tocca anche l’avversario, ma non era fallo. Me ne sono accorto subito e mi sono arrabbiato".
Inzaghi si lamenta perché con Rocchi la Lazio raccoglie spesso cartellini rossi, era successo contro l’Inter a maggio, nello spareggio Champions: "A Rocchi ho detto che secondo me non c’era nessuna delle due ammonizioni. L’anno scorso, nella partita decisiva contro l’Inter, siamo rimasti in 10, ma sul secondo giallo di Lulic non c’era niente da dire. Ricordo un rosso nel derby. Siamo sfortunati. Rocchi è un arbitro internazionale, è bravissimo, ha il mio rispetto. Ma delle due ammonizioni contro il Napoli non me ne sta bene nessuna. Fermo restando, lo ripeto, che gli azzurri non hanno rubato nulla". Poi è toccato ad Acerbi parlare. Lo ha fatto via Instagram. Nonostante la rabbia per le ammonizioni ritenute ingiuste, si è sentito in dovere di scusarsi: "Chiedo scusa per aver lasciato i miei compagni in dieci, in un momento così difficile della gara". E infine: "Le 149 partite consecutive che ho giocato devono essere solo un punto di partenza".
Povero Correa. Non si riesce a capire perché Inzaghi abbia riportato Correa in panchina. A parole lo celebra, nei fatti appena può lo "taglia": "Correa è una risorsa per noi. Le ultime partite le aveva giocate tutte, la Coppa Italia l’aveva saltata per l’influenza, a Napoli ci ha aiutato. Nel primo tempo siamo andati male anche se l’approccio era stato discreto, ricordo l’occasione clamorosa di Milinkovic, poi siamo stati troppo passivi. Ho manifestato la mia rabbia ai ragazzi nello spogliatoio. Il Napoli è andato meritatamente in vantaggio, ma una volta riaperta la partita, se fossimo rimasti undici contro undici, ce la saremmo giocata. Nessuna scusante, in queste partite dobbiamo fare meglio. C’è amaro in bocca perché nelle ultime domeniche, nelle decisioni, siamo stati sfortunati". La Lazio ha perso il quarto posto, ha subito il sorpasso della Roma e oggi giocherà il Milan: "Spiace perché le altre corrono, ma nulla è compromesso. Dobbiamo crescere, ripartiamo dal secondo tempo sapendo che domenica ci aspetta la Juve. Dovremo cercare di farci trovare pronti".
Luis Alberto. Inzaghi ha spiegato così la scelta di confermare Luis Alberto in avanti, un fantasma contro le big: "Ultimamente avevamo fatto ottime partite, Luis era cresciuto. Milinkovic e lui avevano fatto bene, erano cresciuti di condizione. Correa ha avuto un buon impatto, ha fatto rialzare la squadra, giocando così troverà sempre più spazio. Avevamo preparato determinate cose, non le abbiamo messe in pratica". Con Correa la Lazio è cambiata: "Cambiando assetto siamo andati meglio, siamo rientrati in partita. Abbiamo creato buone situazioni, è stato bravo Meret. Loro hanno colpito 4 pali, l’ultimo in off-side. La sconfitta ci serve da lezione, in classifica siamo tutti lì, mancano 18 partite alla fine, sarà un campionato aperto per il quarto posto e l’Europa League". La sostituzione di Milinkovic: "Era ammonito, contro la Juve mancheranno Acerbi e Luiz Felipe. Ho pensato a domenica". Ci pensi bene, Inzaghi. E si pensi al mercato: "Stiamo valutando, se uscirà qualcuno arriverà qualcuno". Troppi se.